COLONNA, Gaspare
Appartenente al ramo di Riofreddo della famosa famiglia, nacque sul finire del sec. XIV da Antonio. Fratello di Giacomo (Iacopo) e di Giovanni (Gian) Andrea, probabilmente nipote - per parte di madre - del card. Oddone Colonna (poi divenuto pontefice col nome di Martino V), abbracciò la carriera ecclesiastica. Compì - ignoriamo presso quale università - un regolare corso di studi, giungendo a laurearsi in diritto canonico: a partire dal 1421, infatti, nei documenti a noi noti a lui relativi egli viene sempre indicato come "decretorum doctor". Come gli altri Colonna di Riofreddo, godé delle promozioni e dei privilegi elargiti dallo zio cardinale, asceso al soglio pontificio nel novembre del 1417.Il 16 giugno 1421gli venne concesso dal papa un canonicato con prebenda presso la cattedrale di Tournay, e il 12novembre di quello stesso anno, per il tramite del suo procuratore Iacopo de Veneriis, si impegnò a pagare i censi annui ad essa relativi. Gli furono anche assegnate due pensioni di venticinque fiorini d'oro annui sull'arcidiaconato della Chiesa di Porto e sull'erario della Chiesa di Toul.. Il 23 ag. 1424gli fu accordata in commenda l'amministrazione del monastero di S. Maria de Matina nella diocesi di San Marco Argentano in Calabria.
Per quanto sia indicato in una bolla pontificia del 10 sett. 1424, insieme con Ludovico vescovo di Alatri, come governatore di Bologna per gli affari temporali, non sembra però che egli abbia mai effettivamente esercitato tale carica. Il 22aprile 1426, in seguito alla morte dell'abbreviatore papale Gerard West, ottenne un canonicato e una prebenda nella chiesa di S. Valburga ad Arnhem (diocesi di Utrecht): era allora - come risulta dalla bolla di nomina - chierico della diocesi di Tivoli e cubicolario papale. Il 6 settembre successivo ottenne l'importante e lucroso ufficio di chierico della Camera apostolica. La sua nomina, che fece salire gli impiegati di Camera oltre il numero fissato dal decreto di riforma promulgato dal concilio di Costanza, offre anche uno dei primi esempi della concessione a un nipote di papa di un importante ufficio curiale, che rappresentava in realtà una sinecura fiscale: infatti non ci restano prove che il C. abbia mai effettivamente assolto alle mansioni di chierico della Camera apostolica. Il 10 ottobre di quello stesso anno, infine, fu creato vescovo di Reggio in Calabria, ritenuta probabilmente la sede più adatta per un uomo di Curia, il quale - come era prevedibile - non vi si sarebbe mai trattenuto stabilmente. Il C. non aveva infatti alcuna intenzione di lasciare Roma per assumere direttamente la cura pastorale della sua diocesi, come è provato dal fatto che il 28 dicembre ottenne dal papa il permesso di delegarne possesso, governo e amministrazione ad altri in sua vece. Una volta di più la nomina di un nipote di pontefice come vescovo non residente di una diocesi dell'Italia meridionale costituì un precedente, che sarebbe stato seguito per secoli dai papi successivi.
In questo periodo, in data non precisabile, al C. venne concessa in commendam l'amministrazione del monastero cisterciense del Santo Pastore in diocesi di Rieti. È molto probabile che questo provvedimento sia da mettersi in relazione con gli interessi territoriali dei Colonna di Riofreddo, i cui possedimenti confinavano appunto con quelli del monastero. Questa ipotesi sembra confermata dal fatto che alcuni anni più tardi, durante il pontificato di Eugenio IV, il C. fu accusato di aver illegittimamente acquistato terreni da quel monastero, al tempo della sua amministrazione.
Il 7 genn. 1429 il C. venne trasferito alla sede di Benevento e creato arcivescovo. A possibile che tale nomina sia da mettere in rapporto con un tentativo compiuto dal papa per recuperare l'enclave di Benevento al dominio temporale pontificio, cui era stata sottratta durante il periodo del grande scisma per opera di Muzio Attendolo Sforza ed era quindi passata al figlio di questo, Francesco. ù da notare che, una volta promosso all'episcopato, il C. non era stato invitato - come invece accadeva di norma, quando un funzionario di Curia diventava vescovo - a rinunziare ai benefici minori, di cui aveva sin'allora goduto. Questo era ancora un altro dei privilegi che gli derivavano dal fatto di essere nipote del papa. Il C. fu utilizzato da Martino V anche per il governo di città di dominio pontificio: il 9 genn. 1429 venne nominato governatore di Città di Castello, dopo che quest'ultima era stata strappata alla famiglia di Braccio da Montone. Il 12 marzo, per conto del C., il tesoriere emanò un'ordinanza sul governo della città umbra, elencando i salari dovuti ai diversi ufficiali municipali: è possibile che ciò stia ad indicare che il C. non abbia esercitato direttamente i suoi poteri di governatore, limitandosi a goderne le rendite.
La morte di Martino V (20 febbr. 1431) comportò per il C., come per gli altri membri della famiglia Colonna la perdita di privilegi, anche se egli continuò ad avere un certo peso politico durante il breve concistoro che seguì la morte dei papa. Il 21 febbraio, infatti, egli confermò all'inviato senese Pietro de' Micheli, che Kaspar Wandofen - il procuratore dell'Ordine di Prussia presso la Curia romana - era stato creato dai cardinali C astellano del Castel Sant'Angelo. Il 23 aprile, in occasione della prima rivolta dei Colonna, egli si mantenne - almeno così apparve - su una posizione di lealismo nei confronti del nuovo pontefice: ma in un secondo tempo, forse perché volle seguire l'esempio del fratello Gian Andrea, si trovò gravemente implicato nel nuovo tentativo di rivolta contro Eugenio IV compiuto dai Colonna il 20 giugno. Il complice accusato di aver collaborato con lui a Roma era un campano, certo fra' Tommaso Masi: il C., col suo aiuto, avrebbe progettato di introdurre nel Castel Sant'Angelo armati della fazione colonnese nascondendoli entro casse di legno! Il Masi fu torturato e, quindi, giustiziato mediante squartamento; il C., che riuscì a sfuggire ad una simile punizione solo grazie alla sua dignità episcopale, fu imprigionato nel castello. Le conseguenze di questo rovescio non tardarono a concretarsi nella perdita di alcuni dei lucrosi benefici di cui il presule godeva: il 1°ottobre dovette lasciare la prepositura della chiesa di S. Valpurga di Arnhem, che gli fu tolta ed assegnata a Pietro de Arssen. La motivazione ufficiale di questo provvedimento non fu tuttavia il fatto che egli avesse trascurato di rinunziare alla prebenda quando era stato promosso all'episcopato, bensì l'accusa di aver usurpato il possesso di terreni che appartenevano al monastero del Santo Pastore in diocesi di Rieti. Si può presumere che in tale occasione egli sia stato privato anche della commenda di questo monastero, così come lo era stato per quella di S. Valpurga.
Il C. fu probabilmente compreso nel provvedimento di perdono concesso ad alcuni membri della sua famiglia con la tregua del 1433: fu autorizzato infatti a ritirarsi nella sua archidiocesi di Benevento. Preso possesso della sua sede, modificò ed ampliò le norme sinodali che regolavano la vita del clero diocesano. Dette anche il via ad una certa attività edilizia, facendo completare la cupola della basilica di S. Bartolomeo. Morì il 4 luglio 1435, e il suo corpo venne seppellito sotto l'altar maggiore della sua cattedrale.
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