CECCHINELLI, Gaspare
Nacque a Sarzana nel 1587 da Paolo e da Caterina Zacchia, sorella del cardinal Laudivio, vescovo di Montefiascone e Corneto. Scarse sono le notizie sui suoi primi anni, ma si può arguire che, grazie alla parentela con lo Zacchia, ben presto il C. entrò nella vita ecclesiastica. Infatti il cardinale era impegnato in varie legazioni ed uffici curiali, e, non potendo rispettare l'obbligo della residenza, affidò l'ufficio di suo vicario generale nella diocesi al C.; rinunziò poi al vescovato il 22 apr. 1630, e il C. gli successe. Si deve, tra l'altro, all'iniziativa del C. il compimento della facciata della cattedrale di Montefiascone nonché la costruzione della cappella del coro.
Sin dal principio del 1641, come dimostra una sua lettera del 22 febbraio a Madama Reale, il C. fu destinato alla nunziatura di Torino, con l'incarico di mediare un accordo tra principisti e madamisti che ponesse termine alla guerra civile che sconvolgeva il ducato.
In realtà il C. non aveva nessun desiderio di quell'incarico, a causa soprattutto dell'eccessiva spesa che comportava, spesa che si aggirava sui 500 scudi al mese, dei quali soltanto 112 erano rimborsati dalla Camera apostolica. E anche quando ebbe accettato la nomina il C. continuò a lamentarsi della situazione economica scrivendo a Roma: "io non veggo altro rimedio se non mandarmi un successore più economo: io non fo bagordi; non gioco, non spendo a puttane; questo è certissimo... e sono pur troppo sicuro di tornarmene a casa povero come sono venuto" (Claretta, I, p. 853). In realtà la ricca corrispondenza conservata nell'Arch. Vaticano, e pubblicata da vari autori, quali il Claretta e la Maggiorotti, ci dà un quadro esatto e particolareggiato del carattere del C.: egli infatti, pur interessandosi attivamente alle questioni concernenti la sua missione, nutriva un marcato amore per un'esistenza tranquilla, dimostrava apertamente la sua avversione verso l'agitata politica del ducato di Savoia in quegli anni, e una cura talvolta eccessiva della sua salute e delle comodità terrene. Nelle sue lettere esprimeva senza mezzi termini il rincrescimento per aver dovuto abbandonare il suo tranquillo vescovato.Il C. partì da Montefiascone il 27 agosto e dopo una breve sosta a Genova, giunse a Torino dove, con molta prudenza, prese a svolgere la sua missione, contando sull'appoggio della Francia, che proponeva un accomodamento tra Madama Reale e i suoi cognati. Già verso la metà del dicembre 1641, grazie anche all'appoggio del presidente patrimoniale Monetti, si giunse ad una base di intesa: Madama Reale avrebbe lasciato Nizza e il suo contado al cardinale Maurizio e Ivrea, Crescentino, il Biellese e la Val d'Aosta al principe Tommaso fino al compimento del quattordicesimo anno di età di Carlo Emanuele.
Tre punti restavan o però controversi: Cristina infatti pretendeva che il cardinal Maurizio prestasse il giuramento di fedeltà di vassallaggio; che costui dovesse prendere la patente di governo dalla duchessa e farla interinare dai magistrati; che i contrassegni delle fortezze dovessero recare tutti lo stemma di Madama Reale. Il C. cercò di eliminare queste ultime difficoltà, incaricando delle trattative il vicario Bergera, uomo di fiducia anche della duchessa. Il C. proponeva che il giuramento venisse prestato dal cardinal Maurizio inmaniera da tener conto della sua dignità cardinalizia, che la patente di governo gli venisse direttamente dal duca e che le piazzeforti fossero consegnate al duca quando fosse diventato maggiorenne o al cardinal Maurizio, in caso che il duca fosse morto minorenne. Ma queste proposte non raggiunsero alcun risultato positivo e nel dicembre 1641 il C. angustiato scriveva a Roma che si sarebbe arrivati ad una soluzione della questione grazie solo ad un miracolo o ad un intervento del re di Francia su Cristina, giacché "la maggior difficoltà si riduce a persuadere alle due parti a fidarsi l'una dell'altra" (Claretta, I, p. 859).
A complicare i rapporti tra Cristina e il principe Maurizio sorse anche la questione del matrimonio di costui con la principessa Ludovica Maria, figlia di Cristina; bisognava che il principe rinunziasse al cappello cardinalizio nelle mani del C., il quale nel frattempo aveva chiesto urgentemente al pontefice la dispensa matrimoniale essendo gli sposi zio e nipote.
In base al contratto matrimoniale Maurizio si impegnava a restituire Nizza alla reggente, ma si discusse anche sul fatto se la restituzione dovesse precedere o seguire il matrimonio. La buona volontà con cui il C. affrontò anche questo nuovo problema appare da tutti i suoi dispacci, in cui auspicava la fine della guerra civile, sia per evitare un inutile massacro, sia per "chiudere la porta" dell'eresia in Italia, porta ora aperta dalla presenza dei Francesi in Piemonte.
Indotti i Francesi a riconoscere gli accordi, il 15 giugno 1642 il C. poté finalmente annunziare a Roma che la pace era stata firmata con due scritture di Madama Reale, una con la Francia, l'altra con i principi.
Tutti si mostrarono soddisfatti, tranne gli Spagnoli, che si lagnarono del C. presso il papa. Costui inviò allora al pontefice una lettera assai circostanziata per invitarlo ad intervenire presso Spagnoli e Francesi, onde indurli a restituire al più presto le terre occupate al ducato di Savoia, essendo "molto più utile per i Signori Spagnoli di vedere riunita la casa di Savoia... che il franzese dominatore di tutta questa Provincia", (Maggiorotti, p. 125) perché in questo secondo caso, l'integrità del ducato di Milano, sarebbe stata in pericolo. Il 7 sett. 1642 il C. partì per Nizza, dove il 17 dello stesso mese avvenne la remissione delle piazze di Nizza, Villafranca e San Sospiro nelle mani dei rappresentanti di Madama Reale. Il 20 Maurizio rinunciò al cappello cardinalizio e il C. celebrò la messa nuziale. Nel 1643 il C., pensando di aver portato a termine la sua missione, chiese al cardinal Barberini di essere liberato dal "carcere" che per lui rappresentava Torino. Ma il 30 aprile dello stesso anno Madama Reale emanò un editto in base al quale, pena la vita, si proibiva ai sindaci, ai consiglieri, agli agenti delle Comunità di mutare il catasto senza stretta osservanza delle regole prescritte. Ciò per impedire che, con il pretesto di costituzioni di patrimoni ecclesiastici o donazioni fatte alla Chiesa, si commettessero frodi fiscali. Per trovare un rimedio a tale editto, il C. organizzò una riunione dei maggiori rappresentanti della Chiesa in Piemonte, tra cui l'arcivescovo di Torino. Data però l'irriducibilità di Madama Reale, il C., in un dispaccio al cardinal Barberini, in cui pronosticava spoliazioni indebite e pignoramenti forzati, chiedeva di lanciare l'interdetto sulla città. Per fortuna a Roma prevalse una linea più prudente.
Finalmente il 24 maggio 1644 il C. poté ripartire da Torino e riprendere possesso del suo vescovato. Proposto per il cardinalato, gli fu però preferito il Rondanini.
Morì a Montefiascone nel 1666.
Assai colto, fu autore di diversi trattati: Relatio brevis sanctorum virorum Sarzanae aliorumque virorum orae ligustice, s.l. né d.; Viridarium politicum ex quo decerpuntur flores et fructus pro ministri regum, Augustae Taurinorum 1650; la Regola di San Benedetto per le monache del suo ordine, Viterbo 1656; le Tenebre illuminate della lingua latina, Roma 1664; Compendiaria moralis via qua... principum, ministri, patres familias, necnon viri universi facile ad felicitatis iugum pervenire, Augustae Taurinorum 1684, nonché di una lettera, che inviò ai curati del Piemonte, tendente a dimostrare l'illiceità del duello, che fu edita a Torino nel 1642.
Fonti e Bibl.: G. Cappelletti, Le chiese d'Italia, V,Venezia 1846, p. 665; A. Bazzoni, La reggenza di M. Cristina, Torino 1865, pp. 273 s., 341 ss.; G. Claretta, Storia della reggenza di Cristina di Francia, I-II,Torino 1868-69, ad Ind.; G. De Benedetti Certuti, G. C. e la composizione del trattato di pace tra Madama Cristina di Savoia ed i principi suoi cognati, Sarzana 1911; M. Maggiorotti, In Piemonte dal 1637 al 1642, Città di Castello 1913, pp. 101-129; E. Gerini, Mem. stor. d'illustri scritt. insigni dell'antica e moderna Ltmigiana, I,Massa 1929, pp. 121 ss.; A. Kraus, Das päpstliche Staatssekretariat unter Urban VIII., 1623-44, Freiburg 1963, p. 208; P. Gauchat, Hierarchia catholica..., IV,Monasterii 1935, p. 247.