CAVALLINI (Caballino), Gaspare
Si era creduto per molto tempo che quello del C. non fosse il nome di un personaggio reale, ma solo uno pseudonimo del giurista francese Charles Dumoulin (1500-1566: Placcius, p. 148; C. G. Jöcher, Allg. Gelehrtenlex.,III, Leipzig 1751, p. 591; Encicl. Ital.,XIII, p. 271). Induceva a questo errore la circostanza che alcuni scritti del Dumoulin, proibiti dal S. Uffizio, furono pubblicati sotto il nome del C. in Italia e in Germania.
Il C. nacque intorno al 1530 a Cingoli (ora in prov. di Macerata) da Giovanni Battista e Margherita Boccacci, sorella del giurista Virginio. Studiò umanità a Padova e giurisprudenza a Pavia, Perugia, Macerata e infine nel 1555 a Bologna, dove conseguì il dottorato. A Bologna fu allievo del futuro cardinale Gabriele Paleotti, del quale conservò il favore ancora molti anni dopo. Il C. iniziò la sua carriera giuridica al servizio di alcune città, Fano, Fabriano, Piombino e Savona, ma non si hanno notizie più precise di questa attività. Più tardi, nel 1563, esercitò l'avvocatura a Concordia Sagittaria (ora in prov. di Venezia), come ebbe ad affermare egli stesso. Rimase però sempre molto legato alla sua città natale, come dimostra il suo matrimonio con Faustina Falcetta da Cingoli. Dopo la morte di lei pensò in un primo momento di abbracciare la carriera ecclesiastica e iniziò a studiare teologia a Padova. Ma abbandonò questo progetto e si risposò con Antilla Benvenuti, anch'essa di Cingoli. Morì nel 1589.
La sua lunga attività forense costituisce la base di un gran numero di opere, che privilegiano la pratica rispetto alla dottrina. Pubblicò la prima, il Tractatus de evictionibus, nel 1569, e con successo, se fu ristampato nel 1571 a Venezia e nel 1574 a Colonia, e fu infine inserito in quella sorta di enciclopedia giuridica che èil Tractatus universi iuris (VI, Venetiis 1584). All'inizio del Seicento, il trattato del C. fu studiato anche dai giuristi della Germania meridionale che preparavano una codificazione del diritto civile. Fu ristampato di nuovo a Colonia nel 1615.
Maggiore gloria il C. raggiunse con la glossa alle Constitutiones Aegidianae, il corpus di leggi promulgato dal cardinale Albornoz nel 1357, che nel 1544 era stato aggiornato e ripubblicato dal cardinale Pio di Carpi, ma che non era stato ancora studiato scientificamente. Ricollegandosi a un'antica tradizione giuridica che aveva prodotto nel Regno di Sicilia numerose glosse alle costituzioni di Melfi e in Francia un approccio scientifico al droit coutumier, il C.intendeva commentare il diritto vigente nello Stato della Chiesa, codificato nel Medioevo e in parte superato. Lavorò a questa glossa dal 1570 fino alla metà del 1571, rivolgendo la sua attenzione soprattutto al diritto penale. L'opera poté uscire nell'autunno del 1571, con dediche a papa Pio V, al cardinale Alessandro Farnese, a Ferdinando Farnese, Angelo Cesi, Ludovico Cesi e ai Quaranta riformatori dello stato di libertà di Bologna (Aegidianae constitutiones cum additionibus Carpensibus... cum glossis non minus doctis quam utilibus praestantissimi viri Gasparis Caballini de Cingulo, Venetiis 1571) e fu ristampata ancora molte altre volte (ibid. 1572, 1585,1588, 1605). Il commento del C. non è certo da considerare il frutto di una riflessione scientifica innovatrice. Decisamente contrario ad ogni novità, egli trasse spunto piuttosto dal passato che dal presente. E tuttavia, quest'opera anacronistica, condotta ancora secondo il metodo dei glossatori ormai definitivamente tramontato, non è priva di interesse nella storia del diritto del sec. XVI: molti punti della glossa tradiscono infatti una profonda conoscenza della pratica giuridica del tempo.
Delle altre opere del C. mette conto di ricordare soltanto il voluminoso trattato Milleloquia iuris (I-II, Venetiis 1575), nel quale l'autore raccolse casi giuridici di svariata natura (egli stesso avverte nella prefazione: "mille iuris decisiones in theoria praxique frequentiores a probatissimis auctoribus collegi"). Successivamente sembra essersi impegnato soprattutto nella revisione e ristampa di opere altrui. Pubblicò tra l'altro Consilia di Antonio di Budrio e di Felino Sandei (a Venezia, rispettivamente nel 1575 e 1582). Da respingere è invece l'attribuzione al C. delle seguenti opere: De eo quod interest (Venetiis 1574; Coloniae 1576, 1596, 1598), Tractatus commerciorum et usurarum (Venetiis 1576; Coloniae 1577; Lugduni 1582; ristampa anastatica dell'edizione veneziana Tonino 1972), Tractatus dividui et individui (Venetiis 1576) e De evictionibus... cui accessit libellus de aediliis actionibus (ibid. 1571, e nel Tractatus universi turis, VI, ibid. 1584). Questi scritti furono inseriti nell'Index librorum prohibitorum (Rotondò, p. 167,per l'anno 1583, e Capodiferro, p. 242, per l'anno 1632), dove figurano come lavori del Dumoulin pubblicati sotto il nome del Cavallini. Che si tratti di opere del grande giurista francese è indubitabile, non è affatto chiaro però perché fosse adoperato il nome del Cavallini. Pare che egli sia stato incaricato dalla Curia - o da Pio V nel 1567 (Lattes, p. 16) o dal cardinale Paleotti nel 1574 (Colliva, p. 858) - di rivedere qualche opera del Dumoulin, morto nel 1566, per eliminare i punti incriminati. Sembra però che questo lavoro non abbia soddisfatto i censori, visto che furono proibite anche le sue edizioni delle opere del Dumoulin. Si arrivò così a dimenticare per un certo periodo chi ne fosse il vero autore. Tratti in inganno dalle indicazioni sbagliate dei frontespizi delle varie edizioni, molti cataloghi e repertori indicano come autore il C., il quale dal canto suo sembra avere avallato questo errore: nella sua prefazione ai Milleloquia iuris si qualifica infatti come autore sia del De eo quod interest sia del Tractatus commerciorum et usurarum. Sui motivi che indussero il C. ad agire in questo modo si possono avanzare soltanto delle ipotesi. Può essere che inizialmente cercasse di appianare alle edizioni da lui curate ed agli altri scritti del Dumoulin la difficile strada verso i meandri della censura ecclesiastica, ma che col tempo avesse provato gusto a farsi bello delle penne altrui.
Fonti e Bibl.: F. Capiferreus, Elenchus librorum omnium prohibitorum, Romae 1632, p. 242; N. Toppi, Biblioteca Napoletana, Napoli 1678, pp. 102 s., 342 s.; A. Fontana, Bibliotheca legalis amplissima, Parmae 1688, I, coll. 163 s.; V. Placcius, Theatrum anonymorum et pseudonymorum, Hamburgi 1708, p. 148; M. Lipenius, Bibliotheca realis iuridica, I-IV,Lipsiae 1757-89, ad Indicem; Bibl. Picena, a cura di F. Vecchietti - T. Moro, III, Osimo 1793, pp. 193-195; E. Faber-A. Schlossberger, Die Vorarbeiten zum Württembergischen Landrechte vom 1. Juni 1610, Stuttgart 1859, pp. 195, 198; J. M. Quérard, Les supercheries littér. dévoilées, I, Paris 1869, p. 614; R. Foglietti, Le Constitutiones Marchiae Anconitanae, Macerata 1881, pp. 42 s.; F. H. Reusch, Der Index der verbotenen Bücher, I, Bonn 1883, p. 442; Id., Die Indices librorum prohibitorum des 16. Jahrhunderts, Tübingen 1886, p. 406; F. Raffaelli, Le Constitutiones Marchiae Anconitanae bibliotecnicamente descritte, in Arch. stor. per le Marche e per l'Umbria, II, (1885), pp. 91 s.; E Weller, Lexicon pseudonymorum, Regensburg 1886, p. 91; A. Pertile-P. Del Giudice, Storia del diritto ital, II, 2, Torino 1898, p. 74 n. 26; L. Colini-Baldeschi, Constitutiones curiae generalis Marchiae Anconitanae anteriori alla riformaz. albornoziana, Macerata 1905, pp. XLV s.; A. Lattes, Carlo Dumoulin e Gaspare Caballino, in Arch. giuridico, n.s., XI (1926), pp. 7-19; E. Spadolini, Di un giureconsulto marchigiano e delle Constitutiones Aegidianae, in Atti e mem. della R. Deputaz. di storia patria per le Marche, s. 4, III (1926), pp. 143 ss.; G. Ermini, Guida bibliogr. per lo studio del dir. comune pontif., Rocca San Casciano 1934, nn. 152 s., p. 13; A. Rotondò, Nuovi docum. per la storia dell'Indice dei libri proibiti (1572-1638), in Rinascimento, s. 2, III (1963), pp. 145 ss., 167; A. Erler, Aegidius Albornoz als Gesetzgeber des Kirchenstantes, Berlin 1970, pp. 34 s.; R. E. Giesey, "Quod omnes tangit" - A post scriptum, in Studia Gratiana, XV (1972), pp. 325 n. 12, 329 n. 20; P. Colliva, Due studiosi cinquecenteschi delle "Constitutiones" dell'Albornoz: Virginio de' Boccacci e G. C. da Cingoli, in Storiogr. e storia. Studi in on. di E. Dupré Theseider, II, Roma 1974, pp. 815-66.