CARPEGNA, Gaspare
Nacque a Roma l'8 maggio 1625 da Francesco Maria e da Marzia Spada. Si dedicò prima a studi letterari, poi al diritto canonico e civile, in cui si addottorò molto giovane (la data precisa è ignota). Entrato in prelatura, ebbe la commenda dell'abbazia di S. Maria della Vittoria in Marsi. Avendo acquistato presto grande fama per la sua dottrina, durante il pontificato di Innocenzo X fu nominato uditore della Segnatura di giustizia e segretario della Congregazione delle Acque; ricoprendo quest'ultima carica, risolse in modo assai favorevole per la S. Sede una controversia sorta col granducato di Toscana circa il corso delle Chiane, che scorrevano al confine dei due Stati. Salito al pontificato Alessandro VII, il C. fu nominato uditore del cardinale Flavio Chigi, nipote del papa, canonico di S. Pietro, referendario dell'una e dell'altra Segnatura e segretario della Congregazione del Buon Governo; tra l'ottobre e il dicembre del 1664 fu eletto uditore di Rota; il 3 dic. 1669 infine Clemente IX lo nominò consultore del S. Uffizio.
Solo l'ascesa al pontificato di Clemente X (un cui nipote, Antonio Altieri, aveva sposato Virginia, sorella del C.) consentì però al C., avviato già ad una brillante carriera ecclesiastica, di raggiungere una posizione di primo piano nella Curia romana. Eletto datario il 29 apr. 1670, al posto dell'Ottoboni, rimase in carica solo durante il pontificato di Clemente X, sostituito il 25 sett. 1676 da S. Agostini.
Il C. suscitò violente critiche nell'esercizio della Dataria: il 29 sett. 1674 fu pubblicata persino, anonima, una Scrittura contro il cardinal datario, che metteva in luce gli abusi da lui commessi, in primo luogo nell'imporre sui benefici pensioni eccedenti le rendite.
Il 16 giugno 1670 il C. era stato nominato arcivescovo di Nicea (si dimise non appena promosso al cardinalato) e nel luglio vescovo assistente al trono pontificio. Finalmente, il 22 dic. 1670, nella prima promozione di Clemente X, fu creato cardinale prete col titolo di S. Pudenziana, che cambiò per quelli di S. Maria in Portico (23 febbr. 1671), ancora S. Pudenziana (18 marzo 1671), S. Silvestro in Capite (14 nov. 1672) e S. Maria in Trastevere (19 ott. 1689), fino a quando, il 27 genn. 1698, entrò nel novero dei cardinali vescovi col titolo di Sabina, che conservò fino alla morte.
Il culmine della ascesa del C. fu rappresentato dalla nomina a cardinale vicario di Roma, avvenuta il 12 ag. 1671, all'atto della rinunzia da parte del cardinal Paluzzo Altieri; lo stesso giorno (Bull. Rom., XI, p. 336) una costituzione di Clemente X concedeva la "iurisdictio cumulative in omnibus causis" al vicario di Roma (che sarà abolita il 17 sett. 1692 da Innocenzo XII). Il 10 ott. 1671 il C. divenne protettore degli ospedali e dei possedimenti della Congregazione dell'Ordine di S. Giovanni di Dio in Spagna.
Il 13 gennaio 1672 Clemente X, nell'intento di contrastare le sempre più frequenti sottrazioni di reliquie dai cimiteri di Roma e dai luoghi vicini, stabiliva che nessuno sarebbe potuto più entrare in essi senza l'autorizzazione del C.; non sappiamo se proprio in seguito a questa disposizione papale il C., che, pur tra tutti i suoi impegni, non cessò mai di coltivare le sue inclinazioni artistico-letterarie ed ebbe una ricchissima biblioteca, cominciò a raccogliere una preziosa collezione di monete antiche (che, negli esemplari più rari, avrebbe già costituito oggetto di un dotto opuscolo del Monterchi, pubblicato a Roma nel 1679 e ristampato ad Amsterdam nel 1685) e di reliquie di martiri (fu il C. per esempio a ritrovare nel cimitero di Callisto il corpo di s. Ilario, poi donato nel 1675, come attesta un'iscrizione, alla chiesa di S. Maria in Cosmedin).
Il 10 genn, 1675 il C. fu eletto prefetto della Congregazione dei Vescovi e Regolari e, sempre durante il pontificato di Clemente X, fu consultore delle congregazioni dei Riti, dei Concili e della Riforma. Diede prova di grande solerzia nell'applicare una bolla di Clemente X, del 26 febbr. 1676, che irrigidiva le disposizioni sulla clausura. Nel conclave del 1676 cercò di far eleggere papa il congiunto Ulderico Carpegna, ma non riuscì nell'intento per la ferma opposizione della Francia, che intuiva i suoi ambiziosi progetti di potere. Col nuovo pontificato di Innocenzo XI (un cui tentativo di far approvare una bolla contro il nepotismo fallì per l'opposizione di buona parte del Collegio cardinalizio con l'autorevole sostegno dell'Ottoboni e del C.), fu tra i componenti la congregazione speciale creata dal papa per la soluzione della controversia della régale con la Francia che iniziò i suoi lavori il 3 genn. 1678; e al suo interno si distinse, accanto all'Ottoboni, per la sua linea di intransigente difesa dell'autorità pontificia. Quando però il papa si mostrò deciso ad andare fino in fondo nella direzione suggeritagli dalla Congregazione, ed ispirata dall'Ottoboni, dall'Azzolini e dal C., invano i tre cardinali cercarono di farlo recedere dai suoi propositi di fermezza, attirandosi l'implacabile ostilità della Francia. Per il resto, il C. continuò in questi anni a esercitare le sue molteplici attività (se si esclude un soggiorno a Carpegna di alcuni mesi, a partire dall'aprile 1682; per questo periodo fu sostituito nel vicariato dal cardinale Casanate), segnalandosi sempre nelle numerose congregazioni di cui faceva parte per la grande dottrina canonistica (in cui, a detta dei contemporanei, solo l'Ottoboni gli era pari) e la vigorosa levatura intellettuale; a questi anni, al 1683 per la precisione, risalirebbe anche l'unico libro- un'opera morale in latino - a lui attribuito. Nel governo quotidiano della Chiesa romana, invece, la sua inflessibile severità nel reprimere ogni abuso, che egli non esercitava con altrettanto rigore verso se stesso (gli si rimproveravano avidità ed esosità), lo aveva reso estremanente impopolare alla cittadinanza.
Nel conclave del 1689 una serie di intrighi diplomatici escluse dal pontificato il C., che era sostenuto dal gruppo Altieri e aveva buoni appoggi nel Collegio cardinalizio.
A tessere le trame che impedirono la sua elezione fu in prima linea il granduca di Toscana che, mal disposto verso il C. per l'intransigenza con cui egli aveva difeso e difendeva i privilegi pontifici nei conflitti con l'autorità secolare, provvide a sollecitare la esclusiva dell'imperatore e del re di Spagna nei suoi confronti, mentre la Francia non aveva dimenticato la parte da lui avuta nella Congregazione della régale. È da sottolineare, comunque, che le reazioni del popolo romano di ftonte all'eventualità di un'ascesa al pontificato del C. furono talmente negative che al passaggio della carrozza del cardinale Medici, che si recava a una seduta del conclave, la folla gli gridò di impedire l'elezione del C. perché era un tiranno e un ladro.
Il gran rumore fatto nel conclave del 1689 attorno alla persona del C. pregiudicò per sempre la sua possibilità di essere eletto papa: nei due conclavi successivi, in cui pure fu avanzata la sua candidatura, esso fu, insieme con la persistente ostilità delle corti europee e con le polemiche che il suo operato continuava ad alimentare, il motivo determinante del suo rapido accantonamento.
Durante il pontificato di Innocenzo XII, l'unica iniziativa di un certo rilievo promossa dal C., per espressa volontà del pontefice, fu la soluzione del problema dell'accompagnamento del viatico, regolato dauna istruzione del 2 febbr. 1695.
Nello stesso anno il C. fu acclamato in Arcadia col nome di Ermete Aliano (non si ha però notizia di suoi componimenti poetici) e spesso in seguito intervenne alle adunanze degli arcadi; fu uno dei giudici nella prima celebrazione dei giuochi olimpici, avvenuta nel 1697. D'altra parte, già in precedenza, alcuni giovani letterati, poi divenuti membri dell'Arcadia romana, proprio grazie alla generosa protezione del C. avevano potuto continuare a Roma i loro studi: così fu per il Severoli, e particolarmente per il Fabbretti, a cui il C. conferì numerosi incarichi, tra cui quello di sovrintendere allo scavo delle reliquie dei cimiteri e di custodirle.
Più intensa fu l'attività del C. nel pontificato di Clemente XI, anche se non è facile distinguere nel suo operato le iniziative promosse per volere del pontefice e quelle che gli stavano a cuore personalmente. Ricordiamo tra esse un ordinanza del 5 febbr. 1701che costringeva tutti i sacerdoti obbligati alla residenza a ritornare alle loro sedi, sotto la minaccia di perdita di tutte le prebende; la serie di editti successivi alla scossa di terremoto che colpì Roma il 14 genn. 1703, tra cui quello, severissimo, sul riposo festivo e la santificazione delle feste, che il C. cercò di estendere a tutto lo Stato pontificio; infine la revisione delle precedenti istruzioni sulle "quarantore", che condusse alla pubblicazione di nuove regole il 20 genn. 1705, seguite pochi mesi dopo, per alcune polemiche sorte con le confraternite, da un editto che minacciava pene particolarmente severe ai trasgressori. Inoltre il C. partecipò con assiduità alle sedute della congregazione creata per il problema dei riti cinesi, che iniziò i suoi lavori il 17 genn. 1704.
Nel 1707 il C. fu ridotto in condizioni di pressoché totale inabilità da un colpo apoplettico; e l'anno dopo, il 22luglio, il papa con 35 cardinali in congregazione si recò a casa del C. ancora infermo per ascoltare il suo parere (l'episodio è ricordato in un quadro che il C. volle fosse dipinto per l'occasione).
Morì a Roma il 6 apr. 1714. È sepolto nella tomba di famiglia, nella chiesa di S. Maria in Vallicella.
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