BIASSA, Gaspare
Figlio primogenito di Astigiana de' Franchi e di Antonio. L'esponente più in vista della potente famiglia della Spezia, nacque verso la metà del sec. XV. Sposò Bartolomea de' Mari, di antica famiglia genovese, imparentandosi quindi anche con Giovanni Battista Cybo, il futuro Innocenzo VIII, figlio di Teodorina de' Mari.
Nel 1477 nel corso di una delle tante insurrezioni genovesi contro il dominio milanese, il B. e il fratello minore, Baldassare, si schierarono dalla parte degli insorti, contribuirono a scacciare il presidio ducale dalla Spezia e occuparono tutte le fortezze della città. Si rifiutarono però di distruggerle nonostante l'ordine dato loro il 6 apr. 1477 dai capitani della libertà di Genova, e specialmente da Ibleto Fieschi, ritenendo che potessero ancora servire contro assalti nemici. Probabilmente l'indugio nell'eseguire l'ordine salvò il B.: infatti qualche giorno dopo, soffocata l'insurrezione e entrato in Genova come governatore Prospero Adorno, i due Biassa e i loro seguaci furono da lui perdonati. L'Adorno, il 19 apr. 1477, trasmise una disposizione a tutti i funzionari della Riviera di Levante, in cui assolveva dall'accusa di sedizione contro lo Stato e di tradimento i due fratelli, che furono lasciati capitani nel vicariato della Spezia. Rimasto nell'anno seguente unico commissario del vicariato, nell'estate del 1478 il B. assecondò nella Lunigiana genovese la nuova politica di Prospero Adorno contro il duca di Milano, opponendosi con i suoi uomini ai Fiorentini, che miravano ad entrare nel territorio genovese. Il 3 sett. 1478 riceveva dall'Adorno l'ordine di difendere una fortezza, vicina al confine con il territorio fiorentino, contro cui puntavano i loro assalti i nemici di Genova raccolti a Sarzana.
Ritroviamo il B. a Genova il 20 ott. 1480, quando stipulò un contratto con il doge e con gli Anziani: egli s'impegnava a rimanere per un anno al servizio della Repubblica con due triremi, senza alcuno stipendio, con l'incarico di assicurare l'approvvigionamento di viveri alla città. Da parte loro il doge e gli Anziani gli fornivano le due triremi, promettevano di dare cento biscotti al mese, o l'equivalente in danaro, per il panatico di ogni trireme, e autorizzavano il B. a disporre a piacimento delle navi pirate che egli avesse catturate. Essi pretesero, però, garanzie per il contratto e il 30 dic. 1480 quarantatré cittadini genovesi si offersero come fideiussori e sottoscrissero in favore del B., quale garanzia, ben quindicimilaquattrocento libbre di genovini.
Il B. dovette compiere con zelo il proprio compito, perché il 10 febbr. 1481, dopo che una delle sue triremi era stata catturata da Gerolamo di Montenegro, il doge e gli Anziani decisero di affidargli lo scafo di un'altra triremi e cento libbre per poterla mettere in mare al più presto. Qualche tempo dopo egli prese un'imbarcazione, probabilmente catalana, come deduciamo da un inventario del 10 marzo 1481, in cui sono elencati tutti gli oggetti su essa rinvenuti.
Durante l'anno passato al servizio della Repubblica sul mare dovette affrontare specialmente Gerolamo di Montenegro e Paolo Fregoso, i quali con le proprie navi corsare assalirano le galee genovesi e osavano talvolta attaccare gli stessi paesi costieri. Il 5 marzo 1481 egli ricevette l'ordine di portarsi rapidamente con le sue triremi a Portovenere, dove si stava dirigendo Gerolamo di Montenegro per impossessarsi delle barche e dei navigli, carichi di grano, ancorati in quella località; gli si comunicò pure la buona disposizione degli abitanti di Portovenere verso Genova e l'imminente arrivo di un'altra triremi in suo aiuto. L'ordine fu ripetuto l'8 marzo, e il B. ebbe ampia libertà d'azione e l'autorizzazione a far scaricare il frumento dalle imbarcazioni, qualora lo avesse ritenuto necessario. Non sappiamo come si concluse la questione, ma il 14 aprile dello stesso anno il B. ricevette sulle sue triremi la visita del commissario Gabriele Cattaneo, inviato con un incarico segreto trasmesso da Genova. Probabilmente fu dato ordine al B. di trasferirsi con le sue triremi sulla Riviera di Ponente, ove lo troviamo nel giugno dello stesso anno: il 23 giugno, infatti, il doge e gli Anziani gli comunicarono a Villafranca, dove stazionava, l'ordine di rimanere con le sue imbarcazioni in quel porto per sorvegliare che una galea e una caravella genovese, assoldate dal duca di Savoia, non si muovessero di lì; gli scrissero anche di guardarsi dagli attacchi nemici e di ritornare al più presto a Genova, perché la sua salvezza stava loro a cuore.
L'alta considerazione di cui godeva il B. in Genova è attestata anche dal fatto che in quello stesso anno egli fu scelto come uno dei ventitré patroni genovesi che, sotto il comando di Paolo Fregoso, la Repubblica inviò a papa Sisto IV, per allestire una potente armata contro i Turchi, sbarcati in Puglia.
Le navi genovesi, dopo aver risalito il Tevere per ricevere la benedizione del pontefice, raggiunsero le coste pugliesi e si unirono all'armata napoletana dinanzi ad Otranto: si limitarono però a catturare qualche imbarcazione che portava approvvigionamenti ai Turchi dalla costa greca, senza tentare di liberare Otranto, che fu invece evacuata dagli stessi Turchi per contrasti dinastici sorti alla morte del sultano Mehmet. Mentre i Napoletani avrebbero voluto inseguirli e assalire le coste greche, i Genovesi, malcontenti dei loro compagni e disgustati dalla loro avidità di saccheggio, non accettarono e si diressero verso Genova.
Al termine di questa impresa il B. ritornò alla Spezia e fu di nuovo vicario e capitano in quella zona.
Il 16 nov. 1482 chiese a Genova l'autorizzazione a tenere presso di sé venti fanti forestieri per meglio difendere il territorio, ma non fu accontentato. Il doge infatti rispose, il 3 e il 20 dello stesso mese, che il governo doveva limitare le proprie spese e affrontare altrove i nemici. L'anno dopo fu accusato da un tale Luchetto Noari di Taggia di aver sequestrato in Spezia centoquaranta mine di frumento, destinato alla comunità di Taggia, e invitato a scolparsi presso il doge che, il 12 ag. 1483, lo sollecitò a restituire il mal tolto per comporre pacificamente la vertenza.
Divenuto papa con il nome di Innocenzo VIII Giovanni Battista Cybo, il B. e il fratello Baldassarre vennero subito chiamati a Roma, nel 1484, e nominati ammiragli delle galee pontificie: il 29 nov. 1485 furono inviati a Genova dal pontefice con quattro triremi, due genovesi e due pontificie, e raccomandati caldamente al doge Paolo Fregoso. Appena tornato in patria, il 19 dicembre, il B. riceveva dal doge l'ordine di restituire agli abitanti di Portovenere una barca carica di merci, che costoro avevano catturato e che egli aveva loro sottratto.
Nel 1486 egli riprese la sua attività sul mare a favore di Genova, scortando o trasportando sulle galee frumento lungo la Riviera di Levante. Il 16 gennaio stava per partire dalla Spezia con un carico di frumento, ma ritenendolo troppo esposto agli attacchi nemici, il doge e gli Anziani gli ordinarono di attendere l'arrivo delle galee del fratello Baldassare, richiamato da Savona ed invitato ad andargli incontro. Di nuovo il 21 gennaio gli scrissero di non muoversi e di attendere altre triremi che potessero scortarlo nel viaggio.
Dopo questa data non si hanno più notizie di lui, fino al 1489: da quell'anno fino al 1492, quando morì, egli svolse a Perugia le funzioni di tesoriere della Camera apostolica per conto di papa Innocenzo VIII.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Genova, Diversorum comunis Ianue, filze 38/3058 (1477)-42/3062 (1483); Ibid.,Litterarum comunis Ianue, registri nn. 25/1801 (1478-79)-31/1807 (1483-87) A. Giustiniani,Ann. della Repubbl. di Genova, IIGenova 1854, pp. 534-36; C. Manfroni,Storia della marina italiana..., III, Roma 1897, pp. 117-18; U. Mazzini,Notizie intorno ai Biassa, in Giorn. stor. e lett. della Liguria, II(1901), p. 441; F. Poggi, Lerici e il suo castello, II, Genova 1909, p. 288.