ASELLI, Gaspare
Nacque a Cremona nel 1581. Studiò medicina a Pavia e, addottoratosi, si trasferì a Milano, dove si affermò come ottimo anatomico e chirurgo, anche militare. Nel 1624 ottenne la cattedra di anatomia nell'Ateneo pavese. Morì a Milano il 9 sett. 1625.
L'A. è lo scopritore dei vasi chiliferi, dato che anche i più recenti anatomisti, come l'Eustacchi e il Falloppia, pur avendoli identificati, ne avevano ignorato la funzione. Il 23 luglio 1622, sollecitato da alcuni anúci, sottopose a vivisezione un cane, alimentato da poco, con il proposito di mettere in evidenza i nervi ricorrenti ed i movimenti del diaframma. Mentre si adoperava a spostare la matassa intestinale per scoprire la fascia addominale del diaframma, venne attratto dalla presenza di numerosi filamenti bianchi, ramificati lungo tutto il mesenterio e sulla superficie peritoneale dell'intestino. In un primo momento quei filamenti si sarebbero potuti considerare come nervi. Ma bastò inciderne uno tra i meno sottili, perché ne uscisse fuori un umore biancastro, simile al latte. L'anatomico propose di denominarli "aut lacteas, sive albas venas". Ebbe da qui inizio uno studio sistematico di quelle formazioni e l'A. tosto riconobbe i rapporti cronologici tra la loro turgescenza e il pasto dell'animale. Tale constatazione sperimentale gli consentì di mettere in evidenza successivamente i clifideri in diverse specie animali, seguendone il decorso fino alle ghiandole mesenteriche (Pancreas di Aselli, di alcuni autori). L'ulteriore decorso dei vasi fu probabilmente identificato con i linfatici del fegato; per tale ragione all'A. non fu possibile vedere il dotto toracico. Conviene ricordare che l'ipotesi galenica dei fegato, centro dell'apparato vascolare sanguigno, era a quell'epoca ancor valida e che lo stesso Harvey per tutta la vita credette che il riassorbimento del chilo si effettuasse attraverso le vene mesenteriche, essendo concepito il fegato come un organo emopoietico. L'A. descrisse pure i dispositivi valvolari dei chiliferi e tentò d'interpretare in sede fisiologica e patologica il significato di quei vasi.
Tra gli anatomici stranieri che confermarono tra i prinú i reperti asewani, meritano ricordo N. Tulp, W. Rolfinck e J. Vesling. La scoperta dell'A. suscitò vero interesse e fu compresa nel suo pieno significato solo trenta anni dopo, allorché fu confermata e completata nel quadro più vasto delle nuove scoperte di J. Pequet sul dotto toracico e sulla presenza dei vasi linfatici ubiquitaria nel corpo.
La scoperta e le indagini sperimentali dell'A. furono affidate all'opera, pubblicata postuma a cura degli amici, De lactibus sive lacteis venis, quarto vasorum mesaraicorum genere novo invento dissertatio qua sententiae anatomicae multae, vel perperam receptaeconvelluntur, vel parum perceptae illunstrantur, Mediolani 1627. Un'altra edizione venne stampata a Basilea nel 1628, e una terza a Lione nel 1680.
Il volume si apre con una prefazione, scritta da A. Tadino e S. Settala e un'avvertenza del tipografo. Le tavole, che precedono l'opera, meritano un discorso a parte. Artisticamente sono prive di pregio, quantunque si faccia il nome di un Bassano (Cesare ?), che firmò il rame con il ritratto dell'anatomico nell'edizione del 1627, oppure di Domenico Falcini, collaboratore del Bassano. La loro importanza risiede, oltre che nell'intrinseco valore anatomico, nella nuova metodica tecnica che viene adoperata: sono le prime illustrazioni anatomiche, e forse non solo anatomiche, stampate a colori (xilografia a 4 legni). In esse è apprezzabile l'esigenza nuova, che si fa sentire nell'anatomista, parallela allo sviluppo ed al perfezionamento delle ricerche sempre più minuziose, di poter disporre di mezzi cromatici allo scopo di differenziare, per ragioni didattiche, con più spiccata precisione i diversi tipi di vasi.
Dell'A. si conservano inoltre manoscritti, di cui il più importante si trova nell'Archivio dei Museo civico di Pavia e contiene l'intero testo delle lezioni svolte dall'anatomico nel 1625 sui vasi chiliferi, ed altre lezioni e carte. Un altro gruppo di manoscritti, ceduti attorno al 1920 dalla famiglia Belgioioso alla Biblioteca Trivulziana, riguarda tra l'altro un nucleo di Consultationes.
Bibl.: G. Zoia, Cenno sulla vita di G. A..., Pavia 1875; Memorie e documenti per la storia dell'Università di Pavia, a cura di A. Corradi, Pavia 1878, I, p. 136; III, pp. 97, 98, 99, 282; V. Ducceschi, I manoscritti di G. A., in Arch. di storia della scienza, III (1922), pp. 125-134; P. Capparoni, Profili biobibl. di medici e naturalisti celebri italiani dal sec. XV al sec. XVIII,II,Roma 1928, pp. 70-72; Id., Il manoscritto di G. A. sulla scoperta dei vasi chiliferi, in Bollett. d. Ist. stor. ital. dell'arte sanitaria,XIII (1933). pp. 299-313; L. Premuda, Storia dell'iconogr. anatomica, Milano 1957, pp. 163 s.