GAS (XVI, p. 407)
Gas di gassogeno (p. 422). - Fra i gas di gassificazione dei combustibili solidi, il gas d'acqua, sia di composizione normale (CO/H2 = 1), sia in rapporti variabili fra CO e H2, è tuttora il più ampiamente adoperato.
Agli apparecchi di produzione a marcia discontinua, tuttora in uso, si sono aggiunti, in numero sempre crescente, quelli a marcia continua. Tale marcia può essere ottenuta per due vie:
a) riscaldando dall'esterno, attraverso le pareti, l'ambiente nel quale avviene la gassificazione affinché il combustibile vi si mantenga alla temperatura necessaria per la reazione col vapor d'acqua;
b) insufflando direttamente col combustibile nel gassogeno una mescolanza dosata di ossigeno (o aria notevolmente arricchita, in ossigeno) e vapore d'acqua così che, per la totale (o parziale) eliminazione dell'azoto e il rapido ed omogeneo riscaldamento, il bilancio termico risultante sia tale da mantenere la temperatura al livello voluto per la velocità e l'equilibrio del più complesso sistema di reazioni di gassificazione.
Ognuna di queste vie presenta evidentemente, nella realizzazione pratica, vantaggi e svantaggi che occorre giudicare tenendo anche presente il tipo di gas che si vuole ottenere. Col riscaldamento esterno si potranno trattare solo piccoli spessori di combustibile solido che ha sempre bassa conducibilità termica, onde le camere o storte di gassificazione, se costruite in refrattario, dovranno avere pareti non molto erte e quindi non molto resistenti; se fabbricate in metallo, saranno assai costose per l'impiego di leghe speciali, sempre per altro soggette a forte usura.
Souo preferiti pertanto i metodi di gassificazione con vapore ed ossigeno per i quali però necessitano forti quantitativi di questo gas a basso costo, ciò che si realizza in pratica ad es. nelle adiacenze di stabilimenti di ammoniaca sintetica, e con i sempre maggiori perfezionamenti degli impianti di produzione e distillazione dell'aria liquida.
Tra le varie realizzazioni industriali di produzione continua di gas d'acqua con gassogeni a riscaldamento esterno, citeremo i gassogeni Didier-Bubiag coi quali in Germania nella seconda Guerra mondiale si ottenne il 70% circa del gas di sintesi necessario agli impianti Fischer-Tropsch. Lo schema del processo è riportato in fig. 1. Il combustibile fossile dalla tramoggia di alimentazione passa in un preriscaldatore (tenuto a temperature crescenti da 250 a 400 °C), ove, perduta l'umidità, subisce una distillazione a bassa temperatura con eliminazione di gas ricchi in CO2 e in catrame. Il semicoke perviene quindi in un'alta e stretta camera di reazione riscaldata esternamente a temperature dell'ordine dei 1300 °C. Nella parte inferiore e media della camera il semicoke viene distillato completamente ed i gas di distillazione, permanendo per un certo tempo ad alta temperatura, si crackizzano a fondo in un miscuglio prevalentemente formato da CO e H2. Nella parte inferiore della camera di reazione il coke è investito, e reagisce in gran parte, con il vapore, surriscaldato a 350-400 °C. La miscela di gas acqua e gas di craking esce a metà altezza della camera e passando in una caldaia di recupero produce il vapore necessario. Dal fondo della camera di reazione il coke residuo e le ceneri vengono evacuate automaticamente. I gas di bassa distillazione, depurati dal catrame, dall'H2S, ecc. e (aggiunti eventualmente di gas residuati dalle sintesi) miscelati a gas di un generatore alimentato dal coke residuo della gassificazione, sono inviati in un recuperatore e quindi ai canali di riscaldamento della camera di reazione: i fumi, dopo il recuperatore, alimentano il preriscaldatore.
Con camere di 12 metri di altezza, 4 di profondità e 0,33 di larghezza si possono produrre 2000 mc. circa di gas per tonn. di carbone non molto agglomerante e per ora. Partendo ad es. da una lignite della seguente composizione: H2O 14,4%, ceneri 5,6%, potere calorifico 4900 Cal/kg. ed usando kg. 0,63 di vapore/kg. di combustibile, si è ottenuto un gas della composizione media H2 56,3%, CO 29%, CO2 11,8%, CH4 1,2%.
Altri processi di gassificazione a riscaldamento esterno, come quello a storte metalliche anulari concentriche, non sono ancora entrati nell'uso industriale, ma sono in fase di esperimento con impianti pilota.
Tra i processi continui di gassificazione che impiegano ossigeno e vapore ricordiamo anzitutto il Winkler che ha una relativamente lunga vita industriale (dal 1921). Nel gassogeno Winkler la corrente di ossigeno e vapore penetra nella camera calda di reazione con una velocità tale da mantenere in sospensione in essa il combustibile previamente macinato che così rapidamente distilla, brucia e gassifica. La fig. 2 mostra uno schema del gassogeno nella sua forma più recente: il combustibile (in genere semicoke di lignite) i cui granuli non debbono superare le dimensioni di 6-7 mm., passa dai silos, per mezzo di una coclea, nella parte inferiore del generatore propriamente detto: cilindrico, verticale, costruito in lamiera di acciaio rivestita internamente di buon refrattario. Sul fondo una piastra formata di refrattario, munita di fori di meno di 1 cm. di diametro, permette l'ingresso nel generatore di buona parte (80-90% circa) della miscela ossigeno-vapore. Il rimanente 20-10% della miscela vi penetra invece attraverso una corona di ugelli situati in un piano distante un paio di metri dalla griglia refrattaria. La massima parte del combustibile reagisce mentre è mantenuta in sospensione dalla miscela di ossigeno e vapore soffiata sotto griglia.
Il combustibile più minuto sfuggito a questa prima operazione viene raggiunto dalla miscela proveniente dagli ugelli, che mantiene in moto vorticoso la massa gassosa. Si completano così le reazioni e si mantiene una temperatura elevata nella parte superiore del gassogeno per crakizzare catrame ed idrocarburi ancora miscelati al gas acqua. Gran parte delle ceneri si separa per gravità sulla griglia, donde viene di continuo allontanata da un raschiatoio di acciaio, refrigerato ad acqua, ruotante sulla griglia stessa e che convoglia dette ceneri in un'apertura di scarico laterale alimentante una coclea che le versa in un serbatoio. I gas che escono dal generatore contengono però ancora, sotto forma di sottile pulviscolo, una certa quantità di ceneri e un po' di combustibile. Questi gas, dopo essere passati in una speciale caldaia di recupero del calore sensibile, producente il vapore necessario alla gassificazione, vengono depurati in cicloni e per lavaggio in torri. Occorre che la temperatura di marcia del gassogeno non superi quella di rammollimento delle ceneri per evitare l'attacco dei refrattarî e le ostruzioni della griglia. Impianti Winkler di notevole importanza sono stati costruiti soprattutto in Germania a Leuna, Böhlen, Zeitz, Magdeburgo, Most. Il complesso degli impianti comprendenti una ventina di generatori poteva produrre 560-600.000 mc. di gas all'ora. Dai dati di esercizio di Böhlen, partendo da un semicoke di lignite bruna (braunkohle) col 71% di C, 2% di H2, 25% di ceneri e 2% di umidità, si otteneva un gas con una composizione media di 24% CO2, 27,6% CO, 45,3% H2 e 1,5% CH4 consumando, per mc. di miscela (H2 + CO), 0.79 kg. di semicoke; m3 0,32 di O2 e 0,86 kg. di vapore.
Le varie reazioni possibili di formazione del metano che, nel funzionamento di un comune gassogeno ad alta temperatura e a pressione appena superiore all'atmosfera, non hanno sensibile importanza, diventano invece interessanti quando si lavori a pressioni nettamente più elevate. Nel grafico della fig. 4 sono riportate le variazioni della composizione di equilibrio dei componenti il miscuglio gassoso CO2, CO, H2 O, CH4 alle due pressioni di 1 e di 20 atm. ass., in funzione della temperatura che può essere raggiunta in un determinato gassogeno con diversi rapporti O2/H2 Ovap. Dai diagrammi risulta evidente la notevole influenza sultenore di CH4 dell'aumento di pressione contrastata da quello della temperatura. Si sta pertanto diffondendo in Germania, in Cecoslovacchia, negli Stati Uniti, ecc. il processo Lurgi di gassificazione continua sotto pressione, da 20 a 30 atm., secondo il tipo di carbone usato.
Il generatore Lurgi (fig. 3), schematicamente assai semplice, è costituito da un recipiente in acciaio a doppia parete. Solo la parete esterna sopporta la pressione di esercizio poiché nell'intercapedine circola acqua a pressione all'incirca uguale a quella che regna nell'interno del generatore. La lamiera interna, non a contatto dell'acqua, è rivestita di refrattario. Il gassogeno è munito di griglia ruotante; la carica del combustibile e lo scarico delle ceneri avvengono con un normale valvolismo doppio in modo da assicurare la continuità del funzionamento. Due di tali generatori furono installati nel 1936 ad Hirschfeld per gas di città, cinque a Bohlen nel 1940 seguiti da altri cinque nel 1944 per una capacità totale di 475.000 mc. di gas/giorno; altro impianto per 250.000 mc. di gas/giorno incominciò a funzionare a Most nel 1942. In Cecoslovacchia, in Olanda e negli S. U. incominciano a diffondersi i Lurgi a pressione; era previsto anche un impianto in Italia a S. Giovanni Valdarno, ma le vicende belliche ne impedirono la costruzione. I generatori hanno dimensioni all'incirca di: diametro esterno m. 2,50, interno di m. 2,35; altezza m. 5,15 con una capacità di 35 m3; la tramoggia ha la capacità di circa 7,5 m3.
A Böhlen, usando un combustibile col 23% di umidità, col 12% di ceneri e col 65% di sostanza combustibile si produceva un gas grezzo col 14,5% CH4, 37,5% H2, 12,1% CO, 32,1%, CO2, consumando kg. 1,8 di vapore, m3 0,144 di O2 e kg. 1,48 di combustibile grezzo per m3 di gas depurato. L'elevato tenore di metano presente nel gas lo rende particolarmente adatto per gas di città più che quale gas di sintesi, per le quali però si può usare benissimo.
Fra i numerosi altri sistemi di gassificazione apparsi in questi ultimi anni accenneremo ancora a quello Koppers nel quale il combustibile, di qualsiasi tipo, polverizzato assai finemente viene insufflato nel generatore formato da una piccola camera cilindrica con l'asse orizzontale. Il polverino entra insieme all'ossigeno da due aperture poste di fronte all'estremità opposte della camera. La reazione rapida di combustione produce un'elevata temperatura, ed un alto tenore di CO; il vapore surriscaldato che entra da un tubo anulare che circonda quello d'entrata dell'ossigeno e del combustibile, gassifica il restante polverino dando H2, CO, CO2. Il carbone è mantenuto in sospensione nella camera della turbolenza prodotta dallo incontro dei due getti, posti di fronte. Partendo da una lignite col 13% d'umidità, 5% di ceneri, 56% di C, 4,71% di H2 si può avere un gas al 19% CO2, 35% CO, 45% Hs.
Altri sistemi di gassificazione con O2, assai meno usati, come il Leuna e il Thyssen-Galocsy prevedono un dosamento della miscela vapore-ossigeno tale da portare la temperatura del gassogeno ad un livello così alto da far fondere le ceneri. In taluni sistemi (Thyssen-Galocsy) questa temperatura è raggiunta rapidamente a mezzo di un combustilhile gassoso ausiliario che può essere anche una parte del gas stesso di gassificazione.
In Italia per la gassificazione dei combustibili anche poveri ha trovato applicazione il gassogeno Natta di cui uno schema è indicato nella fig. 5. La lignite che scende dalla tramoggia passa prima in una vera e propria camera di distillazione A, il semicoke prodotto scende nel generatore B. La maggior parte del gas di gassificazione prima di uscire da C circola attorno alla storta A fornendo il calore necessario alla distillazione della lignite; solo la rimanente parte del gas esce attraverso la storta facilitandone così la eliminazione del gas di distillazione da E. Parte del gas di distillazione può essere riciclata sotto griglia e crackizzata. La temperatura di marcia può scendere fino a 750-800 °C.
La gassificazione continua con ossigeno-vapore viene oggi largamente usata perché con essa varia soprattutto il rapporto O2/H2O e si possono produrre miscele gassose contenenti H2 e CO nel rapporto desiderato, per ottenere più o meno direttamente la materia prima per numerose sintesi: alcool metilico, alcooli superiori, benzina Fischer, ammoniaca, ecc.
Poiché è possibile alimentare i gassogeni anche con aria arricchita in ossigeno, l'azoto può essere presente in limitata quantità nel gas di sintesi, ciò che può essere utile, quando questo è destinato, dopo conversione, a dare idrogeno per la sintesi dell'ammoniaca.
Particolare interesse presenta poi la gassificazione sotto pressione per avere gas per riscaldamento cittadino partendo da combustibili poveri o non adatti ad essere distillati nei comuni impianti.
Bibl.: H. H. Lowry, Chemistry of coal utilis., New York 1945; B. I. O. S., Final Report, n. 333, n. 521; C. I. O. S. Rept., XXIX, 51; C. C. Hall, in J. Inst. Fuel., XX, 1947, p. 65; A. Thau, in Oel und Kohle, XII, 1942, pp. 12, 721.
Gassificazione sotterranea.
Procedimento di gassificazione di un combustibile solido fossile che si fa avvenire in situ, cioè entro il giacimento stesso del combustibile. Il problema, già preconizzato nel 1868 da Siemens, ristudiato nel 1888 da Mendeleev e successivamente da altri scienziati, ha trovato pratica attuazione da circa una decina di anni in Russia ma i dati tecnico-economici forniti al riguardo dalle pubblicazioni dell'URSS non sono invero molto dettagliati e precisi. Più recentemente, tentativi, anche di notevole importanza, si sono invece svolti in altri paesi: in Inghilterra, in Belgio, negli S. U. d'America ed anche, in questi ultimissimi anni, in Italia, ma qui con risultati non particolarmente interessanti. I sistemi adottati sono varî, ma possono riassumersi in tre principali: quello a gallerie parallele, quello a filtrazione o percolazione e quello a corrente.
Secondo il primo (fig. 7) lo strato di carbone viene raggiunto in due estremità diametralmente opposte, mediante due pozzi: uno per l'entrata dell'aria e l'altro per l'uscita del gas, ambedue regolabili. Partendo dalla base dei pozzi, si scavano nello strato di combustibile due gallerie parallele, con pareti opportunamente rese impermeabili ai gas; tali gallerie sono collegate trasversalmente da una serie non molto rada di condotti. Le estremità di imbocco nelle gallerie dei varî condotti sono chiuse, ma possono venir aperte a volontà. Tenendo aperta l'estremità dell'ultimo condotto si innesca in esso la combustione parziale che si regola controllando l'ingresso dell'aria. Quando il condotto si blocca e per le ceneri e per il cedimento del terreno di tetto, si aprono, successivamente, le bocche degli altri condotti. Questo metodo può applicarsi per i combustibili non ricchi in materie volatili ed a stratificazione orizzontale o quasi; può usarsi in terreni anche poco compatti, ma necessita di molto lavoro sotterraneo.
Il sistema a percolazione (fig. 8) consiste nel raggiungere lo strato di combustibile, penetrandovi, con un certo numero di pozzi (sino ad 1 m. di diam.) dei quali uno centrale e gli altri disposti a opportuna distanza, secondo circonferenze concentriche. Nei pozzi è introdotto a tenuta un sistema di due tubi di acciaio di diametro diverso, perché fra essi sussista una determinata intercapedine. Innescata la combustione al fondo del pozzo1, alimentandola con aria regolata e proveniente dal condotto centrale, si fanno inizialmente risalire i gas nell'intercapedine fra i due tubi. Quando la combustione si è propagata e lo strato circostante di carbone si è fessurato, i gas possono filtrarlo ed uscire quindi dall'intercapedine del sistema dei tubi del pozzo 2. Esaurito il carbone esistente fra i pozzi 1 e 2 si mette in funzione il pozzo 3 e così di seguito. Il metodo, che non richiede lavori sotterranei, si può applicare a giacimenti con strati orizzontali o quasi, ma poco profondi.
Il sistema a corrente (fig. 6) si adatta invece a giacimenti con strati di combustibile inclinati. Anche in questo caso dall'esterno si raggiunge lo strato di combustibile nella sua parte più alta, a mezzo di due pozzi, a partire dalla base dei quali si scavano nel carbone, seguendo la pendenza dello strato, due gallerie che vengono raccordate da una terza trasversale, che si svolge al limite inferiore del banco. Il quantitativo di carbone racchiuso fra le tre gallerie può assommare fino a circa 10.000 t. Innescata la combustione nella galleria trasversale il fuoco procede verso l'alto del banco, lasciandosi alle spalle le ceneri e le eventuali frane del terreno. Le correnti dell'aria e del gas vengono regolate alla bocca dei pozzi.
In tutti i metodi schematicamente descritti l'alimentazione può essere effettuata, a seconda dei casi: con aria, con aria arricchita di ossigeno o con questa e vapore.
Nei casi più favorevoli l'utilizzazione percentuale del carbone del giacimento può raggiungere l'80%, ma può anche scendere sotto il 30%. Il procedimento si manifesta con aspetti assai seducenti per l'utilizzazione dei giacimenti di combustibili poveri o quando il giacimento di carbone sia di potenzialità tale da non presentare convenienza economica di coltivazione normale. Il risparmio di mano d'opera, l'apparente semplicità di esercizio e, quindi, l'economia generale del metodo, debbono ancora essere confermati da prove condotte su larga scala e per tempo sufficiente. Occorre in ogni caso che il giacimento da sfruttare sia molto ben conosciuto nei suoi dettagli geo-minerarî.
Bibl.: J. D. Clendenin, in Chemical Engineering Progress, XLIII, 1947, p. 581; P. Demart e J. I. Graham, in XI Internat. Congress of Pure and Applied Chemistry, Londra 1947; J. V. Hightower, in Chem. Eng., LIV, 1947, p. 107; Z. F. Tschuchanov, in Brit. Coal Utilisat. Research Assoc. Bull., X, 1946, p. 1494.