GAS
(XVI, p. 407; App.II, I, p. 1019; III, I, p. 700; IV, I, p. 894)
Gas naturale. - Nel corso degli anni Settanta e Ottanta ha continuato ancora a crescere l'impiego del g. naturale, iniziato, su grande scala, negli anni Cinquanta e Sessanta.
Dopo una fase iniziale durante la quale viene utilizzato in prossimità dei centri di produzione, il g., anche in relazione alle sue elevate caratteristiche qualitative, che determinano per alcune applicazioni un elevato valore d'uso, comincia a essere trasportato su distanze sempre più lunghe; i progressi tecnologici consentono inoltre di realizzare sistemi con capacità di trasporto sempre maggiori.
Al sistema tradizionale di trasporto via metanodotto, si aggiunge quello a mezzo di speciali navi (metaniere) che collegano i centri di produzione e di liquefazione dell'Africa, del Medio Oriente e dell'Asia ai centri di rigassificazione e di consumo dell'Europa, dell'America del Nord e del Giappone.
Nel 1950 la quota del g. nel soddisfacimento del fabbisogno energetico mondiale era del 4,5%, nel 1960 è passata al 12,2% e nel 1975 ha raggiunto il 17,3%, in presenza di un continuo aumento delle riserve che vengono progressivamente evidenziate. La crisi del 1973 ha rappresentato una spinta all'ulteriore espansione del g., che diviene un elemento molto importante nella politica di diversificazione dal petrolio di molti paesi; d'altra parte, l'aumento dei prezzi dei prodotti petroliferi in più diretta concorrenza, come l'olio combustibile e il gasolio per riscaldamento, migliorano l'interesse economico di molti progetti per la realizzazione di reti di trasporto e di distribuzione.
Nel 1980 la quota del g. è arrivata al 18% dei fabbisogni energetici mondiali; nel 1990 è oltre il 22%. Negli USA questa quota è pari al 22,3%, in Europa occidentale al 17,5%, in Unione Sovietica al 37,8%, in Giappone al 9,1%. Le differenze sono dovute alle diverse dotazioni di risorse interne, di infrastrutture per il trasporto e la ricezione di g. da altre aree e al peso dei settori di utilizzo: prevalenza di usi civili e industriali in Europa; di usi termoelettrici in Giappone; utilizzo generalizzato negli usi civili, industriali e termoelettrici negli USA e in Unione Sovietica. Negli ultimi anni, per effetto della sempre maggiore attenzione alla necessità di non compromettere ulteriormente la situazione ambientale, la tendenza a un più esteso ricorso al g. naturale si è sempre più rafforzata in tutte le aree economiche e geografiche.
Dal punto di vista produttivo l'Unione Sovietica occupa, a partire dal 1983, il primo posto, fino a raggiungere 815 miliardi di m3 nel 1990, seguita dagli Stati Uniti − una volta il massimo produttore mondiale − con 495,5 miliardi di m3; l'Europa occidentale è il terzo produttore con quasi 200 miliardi di m3, ma anche l'area di destinazione di un importante flusso di esportazione dall'Unione Sovietica e dall'Africa. I maggiori produttori europei di g. naturale sono i Paesi Bassi (71,8 miliardi di m3 nel 1990), il Regno Unito (46,3 miliardi di m3) e la Germania (32 miliardi di m3, ripartiti in 16 miliardi di m3 estratti nell'ex Repubblica Federale e 16 nell'ex Repubblica Democratica); l'Italia occupa il quinto posto (17,8 miliardi di m3, dei quali 2,5 miliardi localizzati all'estero) dopo la Norvegia (25,4 miliardi di m3). La produzione del Giappone è molto limitata (2 miliardi di m3); i suoi elevati consumi vengono soddisfatti con importazioni di g. naturale liquefatto dal Medio Oriente e dall'Asia.
Nel 1990 il commercio mondiale di g. naturale è arrivato a 308,5 miliardi di m3 (pari al 12,3% della produzione mondiale).
Le riserve di g. naturale, secondo le più recenti valutazioni della World Energy Conference, ammontano a poco meno di 130.000 miliardi di m3 (oltre 110 miliardi di tep): fra le grandi aree è l'Europa orientale (con oltre 52.000 miliardi di m3, in buona parte stanziati nella Comunità di Stati Indipendenti, l'ex Unione Sovietica) a possedere le maggiori riserve, seguita (38.000 miliardi di m3) dal Medio Oriente (in particolare Iran ed Emirati Arabi). Seguono l'Asia e l'Oceania (10.500 miliardi di m3, complessivamente), l'Africa (8200 miliardi di m3, per quasi la metà posseduti dalla Nigeria), e i due sub-continenti americani (con 7600 miliardi di m3 per il Nordamerica e 7100 per il Sudamerica). Le riserve dell'Europa occidentale si aggirano su 5500 miliardi di m3.
La distribuzione geografica delle riserve di g. naturale presenta differenze rilevanti, rispetto a quelle di petrolio, pur evidenziando un notevole ruolo dei paesi del Medio Oriente. I paesi OCSE dell'area nordamericana ed europea possono contare comunque su riserve consistenti che contribuiscono alla sicurezza e flessibilità dei rispettivi sistemi di approvvigionamento. Il rapporto riserve/produzione, a livello mondiale, è di quasi 64 anni di consumo nel 1989, un indice molto favorevole che conferma la potenzialità per l'ulteriore progresso di questa fonte nel soddisfacimento dei fabbisogni mondiali di energia.
L'espansione del gas naturale in Italia. − A partire dal 1975, con l'inizio delle importazioni dall'Olanda e dall'URSS, si apre una fase nuova nel campo dell'approvvigionamento di questa fonte che si avvia a diventare la più consistente alternativa al petrolio. Questo processo interessa in un primo tempo le aree del Centro Nord ma, a partire dagli anni Ottanta, la situazione muta radicalmente con la realizzazione del gasdotto transmediterraneo che collega l'Algeria all'Italia. Questa infrastruttura diviene uno dei pilastri del sistema di approvvigionamento gassifero del paese e il presupposto per l'estensione della rete di distribuzione del g. all'intero territorio nazionale. I quantitativi di g. resi disponibili (12 miliardi di m3/anno) consentono, infatti, di puntare alla realizzazione di una rete integrata con il sistema del Centro Nord e in grado di alimentare una pluralità di utenti industriali, civili, chimici e termoelettrici.
La stretta integrazione tra produzione nazionale, importazione dall'estero e sistema di stoccaggio, diviene una delle caratteristiche di fondo del sistema in Italia, che è in grado di offrire un servizio (21.772 km di reti principali di trasporto a fine 1988) esteso a tutto il territorio nazionale (a eccezione della Sardegna), e di far fronte a interruzioni di flussi d'importazione per lunghi periodi di tempo.
Negli ultimi anni, in relazione alla sempre maggiore sensibilità ai problemi dell'ambiente, le resistenze locali alla costruzione di nuovi impianti di generazione a carbone e nucleari si fanno sempre più forti, mentre il g. naturale diviene un punto di riferimento anche per il settore termoelettrico.
Nel 1990 i consumi complessivi di g. raggiungono i 39,3 milioni di tep (poco meno di un quarto del fabbisogno in fonti primarie), di cui 19,1 utilizzati per usi civili, 17,2 per usi industriali e 8,3 per produzione di energia elettrica. Nel 2000, secondo le proiezioni del Piano Energetico Nazionale, i consumi di questa fonte sono destinati ad aumentare sino a 50 milioni di tep.
Dal punto di vista della disponibilità, i contratti in essere dall'Unione Sovietica, dall'Olanda e dall'Algeria, gli attesi incrementi della produzione nazionale, il potenziamento dei gasdotti già esistenti possono assicurare, nel breve e medio termine, il soddisfacimento dei crescenti consumi. In una prospettiva di più lungo termine le infrastrutture esistenti andranno gradualmente verso la massima capacità; sono peraltro già allo studio, utilizzando le esperienze già acquisite, nuove infrastrutture di approvvigionamento per collegare l'Italia a nuove aree europee (Mare del Nord) ed extraeuropee (Africa, Medio Oriente), così come l'ulteriore potenziamento delle infrastrutture di trasporto interno e del sistema di stoccaggio strategico.
Bibl.: CNR, ENEA, ENEL, ENI, Rapporto sull'energia, Roma, anni vari; Cedigaz, Le gas naturel dans le monde, Parigi, anni vari; C. Paoloni, Storia del metano, Milano 1988; V. D'Ermo, Energia, sviluppo e ambiente, in ECOS, 180/182 (1988); World Energy Conference, Survey of energy resources, Londra 1989.
Gas di sintesi. - Negli ultimi decenni i g. di sintesi, definiti come miscele contenenti prevalentemente ossido di carbonio (CO) e idrogeno (H2), hanno avuto nuovi e sempre più vasti impieghi e, di conseguenza, numerose sono state le innovazioni introdotte nelle tecnologie di preparazione e di purificazione.
Preparazione. - I processi industriali più diffusi per la preparazione dei g. di sintesi si basano sulla reazione (endotermica) tra metano (g. naturale) e vapor acqueo denominata reforming con vapore (processi ICI, Kellog, ecc.): CH4 + H2O ⇄ CO + 3 H2, che viene condotta a 700÷900°C e a qualche MPa di pressione, in presenza di catalizzatori a base di NiO supportato su Al2O3, in reattori tubolari, riscaldati con fumi caldi. In alcuni casi, anziché metano, vengono utilizzati benzinoni (virgin naphtha) vaporizzati. In questi processi i composti solforati eventualmente presenti nell'idrocarburo di partenza vanno eliminati prima della reazione, in quanto veleni del catalizzatore.
Altri processi (Texaco, Shell, Lurgi, BASF, ecc.) si basano sull'ossidazione parziale con O2 (esotermica) del metano (CH4 + 1/2 O2 ⇄ CO + 2H2), o di altri idrocarburi (anche oli residui di distillazione) condotta in assenza di catalizzatori, a oltre 1000°C, e sotto pressione di qualche MPa, in reattori cilindrici verticali, rivestiti internamente di refrattario, alla base dei quali viene iniettata acqua per raffreddare la miscela di reazione ed effettuarne un primo lavaggio. In questi casi i composti solforati (che negli idrocarburi liquidi utilizzati sono sempre presenti) si trasformano in idrogeno solforato e in composti solforati organici gassosi. Si ha altresì formazione di nero fumo.
Anche il carbone e altri combustibili solidi (lignite, torba, legno, residui organici) sono utilizzabili per la produzione di g. di sintesi. In passato veniva preparato un ''g. d'acqua'' ottenuto in processi ciclici per reazione (endotermica) tra vapor acqueo e carbone rovente (preventivamente riscaldato mediante combustione con aria): C + H2O ⇄ CO + H2.
Negli anni Trenta e Quaranta sono stati realizzati gassogeni a elevata potenzialità che sfruttavano processi continui autotermici, basati sull'alimentazione contemporanea di ossigeno e vapor acqueo. Vennero allora messi a punto (in Germania) essenzialmente tre tipi di gassogeni: a letto fisso (Lurgi, alimentato con carbone in pezzi), a letto fluido (Winkler, alimentato con carbone, lignite o torba, polverizzati) e a letto trascinato (Koppers-Totzek, alimentato con carbone in polvere). Tra i vari gassogeni a letto fisso, da menzionare il Thyssen-Galocsy a ceneri fuse. Anche in questi casi si ottengono g. contenenti composti solforati e polveri. Questi processi vengono attualmente utilizzati su vasta scala solamente in Sud Africa, ove esistono alcuni impianti aventi ciascuno una capacità di 40.000 t/giorno di carbone.
Le ricerche sull'impiego del carbone per la produzione di CO e H2 sono riprese negli anni Settanta, in particolare negli USA e in Germania. Nei gassogeni sperimentali più moderni, del tipo a letto trascinato (Texaco), si opera a pressioni prossime ai 10 MPa. Ricerche dello stesso tipo sono state riprese anche per la gassificazione del legno.
In tutti i processi fin qui menzionati i g. ottenuti contengono anche CO2, CH4, H2O, N2 e g. rari. La loro composizione dipende, oltre che dalla natura della materia prima, da vari fattori, quali rapporti tra i reagenti, temperatura e pressione di reazione, parametri che condizionano gli equilibri che s'instaurano nei processi:
CH4 + H2O ⇄ CO + 3H2
CO + H2O ⇄ CO2 + H2
C + CO2 ⇄ 2CO
CH4 ⇄ C + 2H2
Alcuni dati sulla composizione dei g. ottenuti nei tipi di processo menzionati sono riportati in tabella.
Purificazione dei gas, correzione del rapporto CO/H2. − Le sostanze che devono essere eliminate dal g. di sintesi, l'eventuale correzione del rapporto CO/H2, nonché i tipi di processo che sono utilizzati allo scopo e la loro successione dipendono, oltre che dalla composizione dei g., anche dal loro impiego finale.
La separazione del nero fumo e di altre polveri viene generalmente effettuata con lavaggi ad acqua. Assai gravosa risulta la fase successiva, della separazione del nero fumo dall'acqua di lavaggio.
La separazione dei composti solforati si effettua con metodi che dipendono dalla natura e dalla concentrazione dei composti stessi. Tra i processi più diffusi per separare l'idrogeno solforato (H2S) vanno citati i lavaggi sotto pressione con soluzioni basiche contenenti, a seconda dei casi: etanolammine; K2CO3 e As2O3; K2CO3 e glicina; Na2CO3, vanadato sodico e un sale di un composto chimico.
Nel primo caso l'H2S viene separato dalla soluzione di lavaggio mediante decompressione e riscaldamento. Negli altri casi in una fase del processo viene insufflata aria, con conseguente ossidazione indiretta di H2S a zolfo elementare. I composti solforati organici (solfuro e ossisolfuro di carbonio, mercaptani e tiofene) sono separabili previa trasformazione in H2S, ottenuta mediante reazione con H2 e vapor acqueo in presenza di catalizzatori a base di Cr2O3−Al2O3, con o senza CuO, se il CO presente nei g. non dev'essere convertito (a CO2), a base di Fe2O3−Cr2O3, se il CO può essere convertito.
Altri processi, applicati per la separazione contemporanea di tutti i composti solforati sopra citati e operanti a pressioni superiori a 2÷3 MPa e a temperature anche inferiori a 0°C, si basano su lavaggi fisici con solventi quali metanolo, carbonato di propilene, N-metil-2-pirrolidone, dimetiletere di un glicol polietilenico, sulfolano. Qualora i vari composti solforati siano presenti in piccole concentrazioni (〈 0,1%), la loro eliminazione può essere effettuata con vari metodi quali il trattamento con NaOH (o KOH) in soluzione acquosa o allo stato solido, il contatto con ZnO che, a 300÷400°C, fissa in modo irreversibile tutti i composti solforati. I vari processi sopra citati, eventualmente tra loro combinati, consentono di ottenere concentrazioni residue dell'insieme dei composti solforati anche inferiori a una parte per milione.
L'anidride carbonica è anch'essa separabile mediante lavaggio con soluzioni acquose basiche; tra i processi più diffusi va citato quello con ''carbonati a caldo'' che utilizza soluzioni di K2CO3 e un ''attivatore'' quale, per es., As2O3 (processo Giammarco-Vetrocoke), operante sotto pressione di qualche MPa e a circa 100°C, al fine di aumentare la velocità del fenomeno di assorbimento. La CO2 è separabile anche con i processi di lavaggio di tipo fisico sopra citati per l'eliminazione di composti solforati. Questi ultimi metodi separano quindi contemporaneamente CO2 e tutti i composti solforati, mentre i lavaggi basici separano CO2 e H2S. Anche per la separazione delle ultime tracce di CO2 sono applicabili trattamenti con KOH o NaOH in soluzione o allo stato solido. La CO2 è separabile dai g. di sintesi anche mediante lavaggio con acqua sotto pressione. Questo processo, che implica consumi di energia relativamente elevati e che fornisce un g. lavato contenente oltre l'1% di CO2 residua, è stato utilizzato in passato.
Il vapor d'acqua viene separato dai g. di sintesi mediante condensazione seguita, qualora sia necessaria una purificazione spinta, da adsorbimento su setacci molecolari, trattamento con KOH o NaOH, lavaggio con glicoli o con ammoniaca liquida.
Per alcune utilizzazioni anche il CO e i g. inerti (metano, argon) debbono essere separati, almeno parzialmente.
La correzione del rapporto CO/H2 viene generalmente ottenuta sfruttando la reazione detta ''di conversione'': CO + H2O ⇄ CO2 + H2 (mediamente esotermica), condotta a 350÷400°C in presenza di catalizzatori a base di Fe2O3Cr2O3, oppure a 180÷350°C in presenza di catalizzatori a base di ZnO-CuOAl2O3. Il primo di questi catalizzatori consente di ridurre il tenore di CO fino a circa 3% e il secondo a circa 0,3%; quest'ultimo è particolarmente sensibile ai composti solforati, che devono quindi essere preventivamente eliminati. I reattori utilizzati contengono da due a quattro strati adiabatici di catalizzatore, con raffreddamento intermedio. Un altro metodo (Monsanto), più recente, sfrutta un processo di separazione parziale, operante sotto pressione (ca. 2 MPa), basato sull'impiego di separatori costituiti ciascuno da 10.000÷100.000 fibre cave porose di polisolfone rivestite di silicio: l'H2, data la sua maggiore velocità di diffusione, permea attraverso le fibre ed è recuperato a bassa pressione, mentre la miscela residua di CO e H2 è ottenuta alla pressione di esercizio.
Impieghi. - Si riporta un quadro panoramico delle utilizzazioni dei g. di sintesi, articolato secondo i principali prodotti ottenuti (ammoniaca, metanolo, aldeidi, CO e H2 molto puri, carburanti di sintesi). Si dà anche un cenno sulle ricerche in atto.
a) Ammoniaca. Rappresenta il più importante impiego dei g. di sintesi. In questo caso i processi più diffusi per l'ottenimento della miscela H2/N2 in rapporto 3/1 sfruttano il reforming del g. naturale con vapor acqueo. A questa reazione fa seguito il reforming secondario (o postcombustione) con aria, condotto in modo autotermico sotto pressione, a oltre 1000°C, in presenza di catalizzatori a base di NiO-CaO-Al2O3.
Questa operazione, oltre a introdurre nei g. il quantitativo di N2 necessario alla successiva sintesi dell'NH3, consente di ridurre la concentrazione del metano presente a circa 0,2%. Al reforming secondario fa seguito la conversione del CO che, negli impianti moderni, si effettua con i due sistemi catalitici in serie menzionati in precedenza. L'operazione successiva è la separazione della CO2, generalmente mediante lavaggio a caldo con un processo che utilizza K2CO3. A questa fase seguono le reazioni di metanazione:
CO + 3H2 ⇄ CH4 + H2O
CO2 + 4H2 ⇄ CH4 + 2H2O
(condotte in presenza di Ni supportato) che consentono l'eliminazione (fino a parti per milione) degli ossidi di carbonio residui. I g. così ottenuti contengono H2 e N2 in rapporto 3/1, 0,3÷0,5% di g. inerti, umidità, oltre a tracce di CO e CO2. Vengono poi compressi a circa 20 MPa, essiccati e inviati alla sintesi dell'ammoniaca. Nei processi basati sull'impiego di oli pesanti o di carbone la sequenza delle operazioni è la seguente: gassificazione con ossigeno e vapore, separazione di nero fumo e polveri, eliminazione dei composti solforati, conversione del CO, separazione della CO2, purificazione finale dei g. (da umidità, CO e CO2 residui e CH4) mediante raffreddamento e lavaggio con N2 liquido (con conseguente immissione dell'N2 necessario alla sintesi di NH3) e compressione dei g. a circa 20 MPa.
b) Metanolo. È ottenuto dai g. di sintesi tramite la reazione: CO + 2H2 ⇄ CH3OH, che, nei processi moderni, viene condotta a circa 8 MPa. Per questa sintesi viene vantaggiosamente utilizzato il processo di combustione parziale con O2 del g. naturale che può fornire direttamente una miscela CO(+ CO2)/H2 nel rapporto 1/2 necessario per la sintesi del metanolo. In questo caso i composti solforati eventualmente presenti nel g. naturale vengono eliminati prima del processo di combustione parziale.
c) Aldeidi. Sono ottenute dalla miscela CO/H2 in rapporto 1/1 mediante idroformilazione di olefine (oxosintesi) quali etilene o propilene:
CH3CH=CH2 + CO + H2 → CH3CH(CHO)CH3,
CH3CH2CH2CHO
I processi più tradizionali operano in fase liquida a 10÷30 MPa e 110÷150°C in presenza di catalizzatori costituiti da carbonili di cobalto. Nei processi più moderni, che operano a pressioni inferiori, il catalizzatore è a base di complessi di Rh (v. catalisi: Catalisi e catalizzatori, in questa Appendice).
d) Idrogeno e ossido di carbonio. I due componenti del g. di sintesi possono essere ottenuti a un grado di purezza anche molto elevato tramite particolari processi separativi. La separazione criogenica, ottenuta sotto pressione (fino a 4,5 MPa) e a −140÷-170°C (le frigorie necessarie vengono fornite dall'espansione di frazioni liquide di CO e CH4 condensate nel ciclo) consente di ottenere H2 generalmente al 90÷92% di purezza, ma anche fino al 99%. Tale processo, accoppiato a una successiva purificazione mediante adsorbimento su gel di silice, allumina o setacci molecolari, fornisce H2 a purezza più elevata. Questi processi necessitano di miscele CO-H2 esenti da umidità e CO2, che nelle parti più fredde solidificherebbero, nonché da N2, che non è facilmente separabile dal CO mediante condensazione.
Altri processi, particolarmente indicati per l'ottenimento di H2 puro (fino al 99,9999%) a partire da miscele, meglio se con tenori di CO 〈 4%, ma che possono contenere piccole percentuali di CO2, H2S, N2 e CH4, sfruttano il solo adsorbimento su una serie di letti adsorbenti di setacci molecolari, operanti a fasi alterne tra 1 e 4 MPa e 4 e 40°C. La separazione del CO dall'H2 è ottenibile anche con l'ausilio di membrane costituite da metalli nobili (Pd, Pd-Ag, Ag-Au) dello spessore di 0,02 mm, oppure di tipo polimerico. Con questi processi è ottenibile H2 fino al 99% di purezza. L'H2 è separabile da correnti CO-H2 anche con l'ausilio di leghe metalliche quali LaNi5, FeTi, Mg2Cu, CaNi, che hanno la capacità di fissarlo (formando idruri) in modo reversibile. Il CO è separabile dai g. di sintesi mediante lavaggio a circa 20 MPa con soluzioni acquose ammoniacali di un sale rameoso, che lo fissano in modo selettivo e reversibile. In un processo più recente (Cosorb) viene utilizzato un complesso rameoso (CuAlCl4) che consente di operare in toluene anziché in acqua, con conseguente riduzione dei fenomeni di corrosione. I g. da trattare debbono essere esenti da composti solforati che avvelenano i complessi. Lo stesso dicasi per l'umidità nel processo Cosorb.
e) Carburanti sintetici. Notevole importanza ha avuto in Germania, nel corso dell'ultima guerra, la preparazione di benzine sintetiche a partire da g. di sintesi (processi Fischer-Tropsch) ottenuti da carbone, lignite o torba. Nell'immediato dopoguerra i processi FischerTropsch sono stati abbandonati, data la disponibilità di petrolio a basso costo. Fa eccezione il Sud Africa, ove con tali processi vengono tuttora ottenuti (a partire da carbone) carburanti e svariati altri derivati, che altrove vengono preparati a partire dal petrolio o dal g. naturale (v. anche carbochimica, in App. IV).
f) Recenti ricerche sulle sintesi da CO e H2. A seguito della crisi petrolifera del 1973 le ricerche sulle sintesi da CO e H2 sono riprese, senza tuttavia condurre a realizzazioni industriali significative. Particolare attenzione hanno ricevuto la sintesi del metano (Gas Naturale Sintetico, SNG) con catalizzatori a base di metalli dell'ottavo gruppo e altri di transizione, a partire da g. di sintesi ottenuti dal carbone, e la sintesi di miscele di alcoli, utilizzabili come additivi a elevato numero di ottano, per benzine. Per quest'ultima sintesi sono stati indagati, o messi a punto, alcuni catalizzatori costituiti da ossidi di Zn, Cr, K (o Cs), ossidi di Cr, Mn e K, ossido di Cu, Al, Co e Na, ossidi di Cu, Th, Pd, Na e altri a base di MoS2. Questi sistemi sono utilizzati a temperature e pressioni diverse da caso a caso, ma comprese fra 250÷440°C e 5÷40 MPa. Miscele contenenti alcoli sono ottenibili a partire dai g. di sintesi, per reazione sotto pressione, anche con catalizzatori eterogenei, a base di metalli dell'ottavo gruppo (Rh, Ru, Pt, ecc.) supportati su TiO2, La2O2, SiO2, ecc., oppure omogenei.
A partire dagli anni Settanta sintesi da CO e H2 sono state indagate anche per la preparazione di olefine leggere, idrocarburi aromatici, paraffine, cere, carburanti per motori Diesel, con svariati catalizzatori, molti dei quali derivati da quelli Fischer-Tropsch. L'etilene è ottenibile anche per decomposizione termica (ad acido acetico ed etilene) dell'acetato di etile preparato per reazione tra CO, H2 e acido acetico in presenza di un catalizzatore solubile a base di Ru.
L'addizione di CO e H2 su acidi carbossilici può condurre anche agli omologhi superiori dell'acido di partenza, qualora si operi sotto pressione in presenza di sistemi catalitici solubili a base di Ru o di Rh e di un opportuno promotore (per es. ioduri).
La reazione di omologazione del metanolo con CO e H2, effettuata in presenza di carbonili di Co, di Fe e Mn e di un attivatore, utilizzati sotto pressione tra 200 e 250°C, fornisce etanolo con buone selettività; con catalizzatori a base di carbonili di Co e di ioduri, utilizzati a temperature inferiori (100÷120°C), anziché etanolo viene ottenuta acetaldeide. Questo prodotto è anche ottenibile per carbonilazione dell'acetato di metile condotta a circa 150°C e sotto pressione di CO e H2 in presenza di acetato di Pb-tributilfosfina e CH3I.
Da menzionare infine i vari tentativi di preparazione del glicol etilenico a partire da g. di sintesi. Tale composto è ottenibile (assieme ad altri prodotti) per sintesi diretta da CO e H2 operando a temperature superiori a 200°C a elevata pressione (oltre 159 MPa) in presenza di Rh e Ru carbonili; gli stessi catalizzatori, utilizzati in acido acetico, consentono di operare a pressioni inferiori (35 MPa). Lo stesso risultato è ottenibile con composti di Ru dispersi in un sale fuso di ammonio quaternario. Complessi di Rh e Co, utilizzati in fase liquida, consentono l'addizione, in condizioni più blande, di CO e H2 sulla formaldeide, con formazione dell'aldeide glicolica, dalla quale il glicol etilenico è ottenibile per idrogenazione. Dagli stessi reagenti, ma operando in presenza di una resina acida (Nafion B) utilizzata in diossano, si forma acido glicolico, dal quale si perviene poi al glicol etilenico. Altre sintesi si basano su reazioni (con CO) di carbonilazione o di carbonilazione ossidativa di un alcole, per ottenere un intermedio che viene poi idrogenato a glicol.
Bibl.: H. H. Storch, N. Columbie, R. B. Anderson, The Fischer-Tropsch and related synthesis, New York 1951; Catalysis, a cura di P. H. Emmet, voll. 3°, 4°, 5°, ivi 1956, 1957; J. Meunier, Gazeification et oxydation des combustibles, Parigi 1958; Ammonia, a cura di H. Y. Slack, G. Russell e altri, New York 1973, 1974; Organic synthesis via metal carbonyls, a cura di F. Wender, P. Pino, ivi 1977; Kirk-Othmer, Encyclopedia of chemical technology, ivi 1978-843; S. Strelzoff, Technology and manufacture of ammonia, ivi 1981; M. E. Dry, The Fischer-Tropsch synthesis, in Catalysis - Science and technology, a cura di J. R. Anderson, M. Boudart, vol. 1, Berlino 1981; I. Pasquon, La nuova chimica dai gas di sintesi, in La Chimica e l'Industria, 66, 618, 700, 776 (1984); I. Pasquon, G. Guerreri, Princìpi della chimica industriale, Milano 1985; Ullmann's Encyclopedia of industrial chemistry, vol. A12, Weinheim 1989.
Impianti di gas (v. impianti edilizi, XVIII, p. 920). - Rispetto all'uso pressoché esclusivo, negli anni precedenti la seconda guerra mondiale, del g. di città (derivato dal carbon fossile per distillazione − da solo o miscelato con ''g. acqua'' −, con diffusione limitata alle grandi città e per uso quasi esclusivamente di cucina), si sono manifestati profondi mutamenti a partire dagli anni Cinquanta.
La disponibilità di derivati del petrolio, gassosi a pressione e temperatura ordinarie, ma liquefacibili a temperatura ambiente sotto deboli pressioni (g. liquido), ha messo a disposizione combustibili con le favorevoli caratteristiche d'impiego del g. e la facilità di trasporto e immagazzinamento dei liquidi. Nel volgere di un decennio il g. (di rete nelle maggiori città; in bombola, come g. liquido, altrove) ha sostituito praticamente ovunque ogni altro combustibile per gli usi di cucina. Più tardi la realizzazione in Italia di grandi reti, di scala nazionale, per il trasporto e la distribuzione del metano, ha favorito l'impiego di tale g. come g. di rete, con distribuzione sempre più estesa anche ai più piccoli comuni, e per utilizzazioni più ampie, fra cui quelle della preparazione di acqua calda sanitaria e del riscaldamento invernale degli ambienti (v. anche gas, App. IV, i, p. 894).
Per quanto riguarda gli impianti nell'edilizia, i vari g. citati comportano profonde differenze in ragione dei vincoli posti dal loro uso. In condizioni normali il g. di città e il metano presentano densità minore dell'aria (tendono a stratificarsi in alto); i g. liquidi al contrario sono più densi e tendono a stratificarsi in basso. Il g. di città, contenendo ossido di carbonio, è tossico ed è sempre più o meno umido, mentre ciò non avviene per il metano e i derivati del petrolio. La struttura della produzione e della distribuzione rende conveniente un regime di pressioni più alto nelle reti di distribuzione di metano che in quelle del g. di città. I g. di petrolio liquefatti, contenuti in bombole, comportano sia la presenza di quantità di combustibile relativamente grandi dentro le case, sia l'impiego di componenti quali riduttori di pressione, tubazioni di collegamento flessibili a innesto rapido, ecc., soggette a usura.
Tutto ciò ha mostrato come la tecnologia, già a suo modo collaudata e consolidata per la gestione del g. di città, fosse del tutto inadeguata alla nuova situazione; cosicché le variazioni verificatesi nell'impiego sono state accompagnate da importanti cambiamenti nella tecnologia degli impianti, specie per ciò che riguarda le esigenze di sicurezza dal pericolo di scoppi e incendi. A partire dal 1971 (l. 6 dicembre 1971 n. 1083) le modalità di realizzazione degli impianti sono definite da apposite normative con forza di legge.
Può essere utile ricordare alcuni dettati di tali normative che riguardano gli impianti domestici: tutte le apparecchiature funzionanti a g., le loro singole parti e gli accessori (compresi i tubi di raccordo in gomma) debbono essere omologati. Le tubazioni del g. debbono essere d'acciaio (l'uso di tubazioni di piombo è stato bandito); nel punto preciso d'ingresso del tubo del g. nell'appartamento, e prima di qualsiasi altra giunzione, dev'essere installato un rubinetto di chiusura. Alcune componenti, come i tubi flessibili di raccordo, debbono essere sostituite entro termini stabiliti per legge.
Bibl.: R. Redaelli, Caldaie murali a gas, Milano 1992.