BECKER, Gary Stanley
BECKER, Gary Stanley (App. V, i, p. 323)
Economista statunitense. Nel 1992 gli è stato conferito il premio Nobel per l'economia come riconoscimento alla sua attività di ricerca che ha esteso l'ambito dell'analisi microeconomica a un'ampia varietà di comportamenti umani, generalmente considerati estranei al campo di competenza dell'economia.
La metodologia di indagine di B., esposta nel saggio The economic approach to human behavior (1976), si fonda sulla premessa che qualunque comportamento umano, per sua natura sempre riconducibile all'assunto di razionalità, possa essere descritto e misurato dal punto di massimo di una funzione di utilità. B. ha esteso questa ipotesi esplicativa in quattro aree di ricerca: gli investimenti in capitale umano, la discriminazione sul mercato dei beni e del lavoro, la criminalità e il sistema delle famiglie. Nei due lavori, Crime and punishment. An economic approach (1968) ed Essays in the economics of crime and punishment (1974), il comportamento criminale viene spogliato di tutte le sue componenti irrazionali e visto come il risultato di una valutazione tra i costi e i rischi connessi all'azione illegale e il beneficio conseguente al suo buon esito. Nel saggio A treaty on the family (1981) B. ha descritto il comportamento delle famiglie avvalendosi dell'analogia con la piccola impresa che produce 'beni di base' (pasti, cura dei bambini, alloggio ecc.) ottenuti attraverso la combinazione di 'input intermedi' acquisiti sul mercato, con le conoscenze, le capacità e il tempo che ciascun membro dedica all'attività 'produttiva' della famiglia. Questa impostazione teorica, che si presta all'analisi dell'allocazione del tempo dedicato da ciascun soggetto alla famiglia e al lavoro, è stata successivamente estesa all'ambito delle decisioni riguardanti il matrimonio, il divorzio e i figli. Nell'articolo del 1986, Human capital and the rise and fall of families (in collab. con N. Tomes), la tendenza verso una maggiore partecipazione femminile al mondo del lavoro, nonché l'aumento del numero di divorzi, sono spiegati con la crescita del salario reale che rende più conveniente delegare alcune 'produzioni' domestiche (come la cura dei bambini) a istituzioni sociali esterne (scuole, asili). Il declino dei tassi di fertilità che si verifica nei paesi industrializzati viene anch'esso ricondotto alla crescita del reddito reale. Dal momento che i genitori effettuano una scelta tra numerosità e livello educativo dei figli, e dato che quest'ultimo dipende dal tempo e dalle risorse spese in loro favore, un aumento dei salari reali si traduce in un maggiore investimento in capitale umano e conseguentemente in una diminuzione del numero dei figli.
Tra le altre opere si ricordano: An empirical analysis of cigarette addiction, in American economic review (1994); The economics of life (in collab. con G.N. Becker, 1996); Accounting for tastes (1996).
bibliografia
W. Meyer, U. Witt, F. Bolle et al., Die Familie als Gegenstand sozialwissenschaftlicher Forschung, hrsg. H. Todt, Berlin 1987.