GARIBALDO
Nato poco dopo la metà del IX secolo, fu successore di Liuterius alla cattedra vescovile di Novara e governò, secondo le liste episcopali novaresi conservate, per un periodo di sette anni e tre mesi. Il suo insediamento dovette avvenire verosimilmente agli inizi dell'895, ma non si hanno notizie sui primi tre anni del suo governo pastorale. Solo nel marzo 898 G. è documentato per la prima volta in qualità di vescovo, rappresentante gli interessi della sua Chiesa in uno scambio con un diacono di S. Gaudenzio. Successivamente fu tra i primi sostenitori di Ludovico III, re di Provenza, contro Berengario I, re d'Italia; G. sembra sia stato uno degli uomini di fiducia di Ludovico. Dopo averlo accompagnato a Roma per la sua incoronazione imperiale nel febbraio 901, partecipò, insieme con i molti vescovi e conti presenti in quell'occasione, al solenne placito che seguì la cerimonia, tenutosi in presenza dell'imperatore e di papa Benedetto IV. Nel mese di dicembre era a Pavia dove intercedeva insieme con il marchese Sigefredo per la concessione di un diploma in favore della Chiesa di Como. Nella primavera del 902 fu incaricato da Ludovico III di visitare, con il titolo di missus, insieme con il marchese d'Ivrea Adalberto, molte delle circoscrizioni sottomesse alla giurisdizione del marchese: Asti, Torino, Ivrea e il Monferrato. Nel marzo, a Novara, entrambi acconsentirono alla redazione di un atto di scambio tra uno scabino e la Chiesa locale, transazione economica che coinvolgeva quindi lo stesso G.; poi, il 9 maggio, presiedettero un'assemblea giudiziaria a Vercelli, nel corso della quale il marchese riconobbe la validità di un diploma d'affrancamento.
Al pari degli altri vescovi che avevano fatto parte del seguito di Ludovico III, G. non subì alcun danno dal ritorno - temporaneo - al potere di Berengario nel luglio di quell'anno; al contrario, in un atto di precetto del mese di agosto egli compare con il titolo di arcicancelliere, succedendo in questo incarico al vescovo di Vicenza, Vitale. L'alto incarico fu tuttavia di breve durata: stando alla cronologia delle liste episcopali, infatti, G. scompare subito dopo dalla documentazione. Un diploma del 5 febbraio 903 indica che l'incarico di arcicancelliere era svolto già da un altro vescovo, Ardingo, mentre alla diocesi di Novara gli succedeva Dagoberto.
La fine del governo di G. fu segnata dal conflitto che lo oppose alla Chiesa di Vercelli in merito al monastero dei Ss. Michele e Genuario di Lucedio. L'argomento del contendere era offerto dallo statuto dell'abbazia che, benché posta nella diocesi di Vercelli e abitualmente dipendente da questa, era stata concessa, già da Lotario I nell'840, alle pertinenze del vescovo di Novara. Gli atti relativi alla vicenda sono sfortunatamente giunti o in copie tardive probabilmente interpolate, o tramite falsificazioni. In una conferma generale dei beni della Chiesa novarese, concessa da re Berengario su richiesta di G., fu inserito, in modo incongruo, un passo relativo a Lucedio. L'atto, giuntoci solo attraverso Muratori e sprovvisto di elementi cronologici, era stato assegnato da Schiaparelli al 905, ma recentemente è stato retrodatato - in gran parte per l'incompatibilità del 905 con la cronologia delle liste episcopali di Novara - da Zielinski agli anni 898-900. Da parte sua la Chiesa vercellese avrebbe nell'XI secolo forgiato un diploma con il quale, nel luglio 900, lo stesso Berengario avrebbe donato il monastero a S. Eusebio di Vercelli, diploma del quale G. avrebbe poi riconosciuto la validità nel corso di un placito tenutosi nel palazzo di Pavia nel marzo 901. Mentre Schiaparelli sosteneva la falsità di entrambi questi ultimi atti, Gabotto ha cercato invece di dimostrare la genuinità del diploma dell'898-900. L'intera vicenda documentaria deve a tutt'oggi essere riconsiderata, nonostante la rettifica di datazione portata da Zielinski.
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