PANFILO, Ganimede
PANFILO, Ganimede. – Nacque da Francesco e da una Felice di cui si ignora il cognome a San Severino Marche, verosimilmente tra il 1513 e il 1516 (Ranaldi, Memorie, c. 175v).
Il padre, morto nel 1535, è autore del poema in distici elegiaci Picenum, edito a Macerata nel 1575 e a Fermo nel 1792.
Dovette compiere studi universitari di diritto, se, a quanto riferisce Ranaldi (ibid.), rogò dal 1540 al 1548; fu anche soldato e maestro pubblico; di certo compì svariati spostamenti lungo la penisola. Dalla rubrica di un suo capitolo in terza rima (Gli centonici et historici capitoli, Camerino, Er. A. Gioioso e G. Stringario, 1579, cc. 41r-43v) si apprende che tra il 1541 e il 1543 fu a Viterbo, dove fece visita a Vittoria Colonna nel monastero di S. Caterina.
Nei primi anni Quaranta soggiornò a Roma, come suggeriscono i versi destinati a personaggi in vista della Curia. Una preziosa testimonianza a proposito si deve a Giovanni Della Casa, il quale, in una lettera da Venezia a Carlo Gualteruzzi del 31 dicembre 1545, parla della stampa di una delle prime opere note di Panfilo, i Trascorsi et descrittione breve sopra le cose del Testamento novo… (Venezia, G.B. Pocatela, 1543), con tanto di menzione di alcuni versi del primo componimento, apprezzati a suo dire pure da Pietro Bembo (Corrispondenza Della Casa - Gualteruzzi, 1986, p. 233; ma cfr. Innamorati, 1996, p. 176 n. 36, che pensa a un’altra opera, il Pianto al Crocefisso [Roma, A. Blado, ante 1543]).
I Trascorsi sono una raccolta di capitoli a carattere sacro, segnati dal forte riuso di Petrarca e dall’innesto di versi virgiliani. Dalla lettera dedicatoria al cardinale Alessandro Farnese (Parma, 28 giugno 1543), si ricava che dal 1542 Panfilo prestava servizio presso di lui («a cui l’anno passato deventai servo», c. 2r) e che Bembo lo aveva esortato a pubblicare i versi («il Reverendiss. Bembo delle sublime scientie Prora, e Poppe, ne l’have anche commendata, exhortandone a darla in luce», ibid.).
Nel 1551 Panfilo ricoprì il ruolo di cancelliere della città di Nocera Umbra e di podestà di Monte San Giusto e di Staffolo, secondo quanto indicato nel frontespizio e nella dedicatoria delle Rime e versi sciolti, con sdruccioli bisticci e centoni, pubblicati in quell’anno a Camerino (senza nome del tipografo) e offerti al cognato Angelo Massarelli, anch’egli originario di San Severino e segretario del concilio di Trento. Proprio i rapporti con Massarelli potrebbero spiegare la presenza di Panfilo a Trento, almeno in due occasioni, in qualità di segretario e notaio, insieme con il figlio Cinzio (Concilii Tridentini diariorum..., 1985, pp. 217 s.).
Nelle Rime, in vari metri, si leggono componimenti encomiastici dedicati ai pontefici Paolo III e Giulio III, a Carlo V, a prelati in carica nelle Marche, versi d’amore per una signora Claudia napoletana e alcuni singolari sonetti dedicati alle città presumibilmente visitate dall’autore, per lo più di area marchigiana. Questi ultimi contribuiscono a definire lo spazio di azione di Panfilo, almeno fino a quell’altezza: Roma, Ascoli, Macerata, Recanati, Osimo, Jesi, Senigallia, Fano, Sarsina, Fabriano, Arcevia, Sassoferrato, Serra San Chirico, Cingoli, Treia, Tolentino, San Ginesio, Sarnano, Amandola, Montemonaco e Pesaro. Ancora, dalle Rime si ha notizia di altre cariche di Panfilo, verosimilmente prima del 1551: cancelliere di San Ginesio e di San Chirico (cc. D1v e D3r).
Nel 1555 furono impressi Li meravigliosi et ingeniosi sonetti (Camerino, A. Gioioso), raccolta aperta e chiusa da due sonetti di dedica a Baldovino Ciocchi del Monte (fratello di papa Giulio III), nell’orbita del quale dobbiamo supporre Panfilo allora gravitasse. I versi, anche in questo caso di impianto encomiastico, sono contraddistinti da un evidente propensione per l’impiego del bisticcio. Tuttavia, sono presenti anche sonetti di tono realistico, indirizzati a personaggi di estrazione inferiore, come alcune cortigiane, o marcati da un gusto satirico e bozzettistico (avari, crapuloni, gobbi, sodomiti), o altri che cantano l’amore per una Livia.
Nello stesso 1555 Panfilo ricoprì il ruolo di podestà di Penna; ad anni imprecisati risale invece il rettorato di Monte Cassiano e di Civitanova. La partecipazione al Concilio di Trento è attestata certamente nel marzo 1561 (Gutiérrez, 1995, p. 489 n. 70); a questo evento dovrebbero ricondurre i versi dedicati al mantovano Antonio Capriana, medico del Concilio (L’historico et poetico libro, c. D2r), e al figlio Francesco, la cui morte fu comunicata a Panfilo mentre si trovava a Trento (ibid., c. L4r).
La sua opera più significativa sono Gli centonici et historici capitoli (Camerino, Er. A. Gioioso e G. Stringario, 1579), dedicati al cardinal Luigi d’Este, al quale il poeta chiede sostegno economico e protezione («Facciami, la priego io, facciami degno/ di sua gratia, e di qualche ricco dono,/ che con quel c’haggio a pena io mi mantegno», c. 2r).
All’interno della raccolta, che recupera anche i componimenti editi nei Trascorsi, Panfilo prosegue nella scrittura di testi encomiastici diretti a pontefici (Pio V, Gregorio XIII), cardinali (Giovanni Morone, Alessandro Farnese, Giulio Antonio Santori, Felice Peretti, Luigi d’Este, Andrea d’Austria, Cristoforo Madruzzo) e condottieri (Marcantonio Colonna, Giovanni d’Austria, Giacomo Boncompagni). Ma i versi raccontano anche di rapporti con letterati e artisti dell’epoca, come Vittoria Colonna (cc. 41r-43v) e Annibal Caro (cc. 43v-50v; cfr. pure Li meravigliosi et ingeniosi sonetti, c. B2v). Altri capitoli sono diretti a Michelangelo (cc. 54v-55r), alla rimatrice senese Virginia Martini (cc. 73v-74r), al diplomatico pontificio Girolamo Franco, anch’egli originario di San Severino (cc. 55v-57v), all’astrologo camerte Silvestro Lucarelli (cc. 61r-62v), a Trifone Benci (cc. 51r-54r), probabilmente conosciuto a Trento durante il Concilio, al giurista Valerio Ringhieri (cc. 92r-93r).
L’ultima opera edita di Panfilo, L’historico et poetico libro de sonetti con bisticci sdruccioli et centoni (Camerino, Er. di A. Gioioso, 1582), con dedica a Erulo Eruli, vescovo di Narni e vicelegato di Bologna, è composto quasi esclusivamente da sonetti; raccoglie testi pubblicati in precedenza e ne aggiunge altri inediti.
La raccolta, come ha dimostrato Paolo Cherchi, è fortemente permeata dall’influenza dal Theatrum historicum poeticum sive Officina di Jean Tixier de Ravisy, che è la fonte diretta dell’apparente erudizione sfoggiata nel libro. Secondo Cherchi, Panfilo sarebbe stato il primo autore a utilizzare in maniera sistematica l’Officina e soprattutto il primo a farlo in poesia (Cherchi, 1995, p. 24). Ma, al di là della natura centonaria di molti dei componimenti, i versi del Theatrum testimoniano i rapporti con un milieu letterario e culturale cinquecentesco non di secondo piano e meriterebbero un recupero completo attraverso un’edizione commentata.
Il 30 ottobre 1588 gli fu conferita la laurea pubblica, a Montefortino, nel convento degli eremitani (Ranaldi, Memorie, cc. 186r, 191r-192v, con copia dell’atto; una copia cinquecentesca della proclamazione a San Severino, Biblioteca comunale, Mss., 46, c. 33).
Panfilo venne a morte nell’ottobre o nel novembre 1595 (Ranaldi, Memorie, c. 175r), probabilmente a San Severino, dove fu sepolto nella chiesa di S. Agostino.
Sulla facciata si legge ancora l’iscrizione: «MESSER GANIMEDE / PANFILO […] / SOLDATO CANCELLIER / MASTRO, E PRETORE / FVI, E BISTICCI, FEI / CENTONI, SDRVCCIOLI», certamente anteriore al 1579, poiché figura come explicit de Gli centonici et historici capitoli (c. [126v]).
Una lettera (22 settembre 1561) al figlio Cinzio è conservata a San Severino Marche, Bibl. comunale, Mss., 46 (cl. CLXXXXVI), c. 51; un sonetto (inc. Valorosa Madonna che l’aspetto havete bello) a Modena, Biblioteca Estense e universitaria, α.N.7.23 (Lat. 790), c. 202v. Pare essersi persa traccia dei Pianti della Gloriosa Maria, Camerino, Er. A. Gioioso, 1578, opera in ottava rima dedicata a Flavio Orsini (Ranaldi, Memorie, c. 176r). In Hoch, 1997, pp. 298-305 la trascrizione del Pianto al Crocefisso e del sonetto Volo con l’ali de pensieri al cielo.
Fonti e Bibl.: San Severino Marche, Bibl. Comunale, Mss., 8, vol. VIII, l. 6, pp. 874 s.: G. Talpa, Memorie della antica e nova città di Settempeda detta oggi Sanseverino, passim; 52, cc. 172-192: G. Ranaldi, Memorie manoscritte degli uomini illustri di Sanseverino, passim; G.M. Crescimbeni, Istoria della volgar poesia, I, Venezia 1731, p. 308; F. Vecchietti, Biblioteca picena, I, Osimo 1790, p. XXXVI; G.C. Gentili, De Ecclesia Septempedana, I, Macerata 1836, p. 249; III, ibid. 1838, p. 198; Id., Elogio storico di monsignor Angelo Massarelli di Sanseverino, Macerata 1837, p. 33 n. 16; V. Cian, Pei «Motti» di m. Pietro Bembo, in Giornale storico della letteratura italiana, XIII (1889), pp. 452 s.; A. Canaletti Gaudenti, Fran-cesco Panfilo, umanista sanseverinate del Cinquecento e il suo poema «Picenum», in Studia picena, XV (1946), p. 36 n. 3; B.M. Margarucci Italiani, San Severino della Marca e Lepanto, Roma 1972, pp. 33-35; Concilii Tridentini diariorum partis tertiae volumen secundum, a cura di U. Mazzone, Freiburg im Bresgau 1985, pp. 217 s.; Corrispondenza Giovanni Della Casa - Carlo Gualteruzzi (1525-1549), a cura di O. Moroni, Città del Vaticano 1986, p. 233; R. Paciaroni, Sisto V e l’elevazione di Sanseverino in città e in diocesi, San Severino 1986, pp. 7 s., 11; Id., I papi a Sanseverino, San Severino 1991, pp. 38-43; P. Cherchi, Il canzoniere centonico di G. P., in Esperienze letterarie, XX (1995), 3, pp. 13-27; C. Gutiérrez, Trento, un problema: la última convocación del Concilio (1552-1562), I, Madrid 1995, p. 489 n. 70; R. Paciaroni, Sanseverino nelle pagine dei suoi scrittori, San Severino 1995, pp. 11, 27; I. Innamorati, Il riuso della parola: ipotesi sul rapporto tra generici e centoni, in Origini della Commedia improvvisa o dell’arte..., Roma 1996, pp. 175-178; C. Hoch, Apollo Centonarius. Studien und Texten zur Centodichtung der italienischen Renaissance, Tübingen 1997, pp. 76, 134, 156, 297-305, 430-432, 464-466; P. Cherchi, Polimatia di riuso. Mezzo secolo di plagio1539-1589, Roma 1998, pp. 14-28; A. Quondam, Note sulla tradizione della poesia spirituale e religiosa (parte prima), in Studi e (Testi) italiani, XVI (2005), pp. 169, 193, 197; R. Paciaroni, Iscrizioni lungo le strade di San-severino, San Severino 2007, pp. 57 s.