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GAMBA

di Riccardo Galeazzi - Enciclopedia Italiana (1932)
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GAMBA (probabilmente dal gr. καμπή "curvatura"; fr. jambe; sp. pierna; ted. Bein; ingl. leg)

Riccardo Galeazzi

È il segmento dell'arto inferiore, intermedio fra il ginocchio e il collo del piede; nell'uomo ha forma d'un cono con la base in alto che, anteriormente, negl'individui magri, offre la sporgenza angolare della cresta della tibia (fig. 1), mentre, posteriormente, il profilo è delineato dalla rotondità del polpaccio. In basso la gamba termina assottigliandosi al collo del piede; vi si rivelano sporgenze (in avanti, dai tendini degli estensori delle dita; all'indietro, dal tendine d'Achille; ai lati, in corrispondenza dei malleoli esterno e interno) e depressioni (ai due lati del tendine d'Achille e al davanti d'ogni malleolo; fig. 2).

La gamba è divisa dal legamento interosseo teso fra le due ossa della gamba (tibia e perone) in due logge: una anteriore esterna, che contiene i muscoli estensori del piede e delle dita e il nervo sciatico popliteo esterno; una posteriore riempita da muscoli, che formano due strati: uno strato superficiale costituito dal tricipite surale formato dai gemelli e dal soleo e che termina in basso sul tendine di Achille, e uno strato profondo, che racchiude i muscoli flessori delle dita e il tibiale posteriore. Fra i due strati muscolari decorrono i vasi e i nervi tibiali posteriori (fig. 5).

I tessuti molli della gamba sono sede preferita delle varici (v.) superficiali e profonde; nella cute della gamba dànno origine alle ulceri varicose, causa di disturbi spesso molesti e che non raramente provocano flebiti. Come conseguenza di gravi disturbi circolatorî per stasi venosa cronica, o più spesso per malattia del sistema vasale linfatico, può svilupparsi l'elefantiasi (v.) della gamba.

Lo scheletro della gamba si compone della tibia e del perone, uniti l'uno all'altra dal legamento interosseo e articolati insieme con le loro estremità superiore e inferiore (fig. 3). La tibia presenta una resistenza più considerevole alle sue estremità che all'unione del suo terzo medio col terzo inferiore, che costituisce perciò la sede di elezione delle sue fratture.

Il perone consolida lo scheletro della gamba; le due ossa riunite dal legamento interosseo costituiscono un sistema meccanico costruito per resistere alla flessione, appunto perché il meccanismo di flessione è quello più comune per la frattura delle ossa della gamba (che rappresentano il 15-16% di tutte le fratture), avvenga essa sia per causa diretta, sia per causa indiretta. In un discreto numero di fratture per causa indiretta agisce, oltre alla flessione, un meccanismo di torsione (come per es. nel movimento di caduta del tronco a piede fisso) e allora la linea di frattura assume una direzione a spirale (fig. 4). Le fratture colpiscono di regola le due ossa e la direzione più frequente della linea di frattura è quella obliqua; lo spostamento più o meno grande dei frammenti è la causa più comune della guarigione difettosa e della mancanza di saldatura (pseudartrosi).

La tibia (specialmente nella regione metafisaria) è sede assai frequente di processi osteomielitici (46% di tutti i casi d'osteomielite delle ossa lunghe), acuti o cronici; la trapanazione dell'osso impedisce o localizza l'istituirsi del processo necrotico. La tibia è poi sede di predilezione della periostite luetica. Nella gamba, fra i tumori cutanei, i carcinomi sono la trasformazione non eccezionale delle ulceri varicose croniche; rari sono i tumori benigni delle parti molli (fibromi, lipomi, angiomi, ecc.). Nella muscolatura del polpaccio, nelle artropatie croniche in stato di contrattura sono stati riscontrati induramenti circoscritti (miogelosi). Nello scheletro maggiore importanza delle neoplasie benigne (esostosi, encondromi, specialmente in vicinanza della linea epifisaria superiore della tibia) hanno invece i sarcomi con sede di predilezione nella tibia (periostali, se si sviluppano nelle diafisi; mielogeni, se nella testa tibiale); essi costituiscono le indicazioni più frequenti della disarticolazione e dell'amputazione della gamba.

Alla disarticolazione, che lascia un moncone inadatto per la prostesi, si preferisce l'amputazione della coscia al terzo inferiore; se, invece si pratica l'amputazione della gamba molto in alto, resta un moncone poco adatto per una buona prostesi (è in disuso valersi del ginocchio flesso per l'appoggio sul pilone), perché il movimento di lancio della gamba, nella fase pendolare del passo, riesce assai difficile per essere il braccio di leva molto corto; per aiutare il cammino del mutilato, s'applica sulla faccia anteriore del ginocchio prostetico un tirante elastico, secondo il dispositivo indicato nella fig. 6. Invece l'amputazione alla metà gamba, o al terzo inferiore, lascia un moncone che permette l'applicazione di prostesi con punto di appoggio sui condili tibiali e femorali, con la quale i malati camminano in modo perfetto, anche se amputati bilateralmente (gambale di legno di tiglio, cosciale di cuoio; fig. 7). K.A. Bier ha proposto l'amputazione osteoplastica per rendere il moncone gravabile. R. Galeazzi (Sulla protesi cinematica, in Riv. osped., VI, 1912) ha dimostrato che anche nella gamba può con vantaggio essere eseguita l'amputazione cineplastica alla Vanghetti; l'intervento attivo dei muscoli anteriori e posteriori della gamba concorre ad assicurare meglio l'equilihrio del tronco.

Si osservano alla nascita deformità congenite della gamba sotto forma di strozzature circolari o di vere amputazioni d'origine amniotica. Più frequenti sono gli arresti di sviluppo che possono interessare soltanto una delle due ossa (più spesso il perone), o tutto il segmento della gamba; nella focomelia il piede è in diretta continuazione con la coscia. Nella pseudartrosi congenita le due ossa della gamba sono normali per lunghezza, ma inflesse in avanti all'unione del terzo inferiore con i due terzi superiori); all'apice dell'angolo, la tibia appare all'esame radiografico come interrotta nella sua continuità dall'interposizione di tessuto cartilagineo o fibroso fra i due segmenti dell'osso (fig. 8). Le cause di queste deformità congenite sono molto oscure; vengono dai più attribuite a un arresto di sviluppo da cause meccaniche (compressioni, briglie fetali, aderenze amniotiche, ecc.). La gamba è la sede più frequente delle deformità rachitiche (fig. 9), che s'osservano poco dopo che il bambino ha cominciato a camminare; il momento deformante è rappresentato dalla trazione muscolare e dal carico del peso del tronco sulle ossa rammollite e diminuite nella loro resistenza dalla malattia (v. rachitismo).

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