GALLI, Gallo
Nacque a Montecarotto, in provincia di Ancona, il 26 genn. 1889 da Vincenzo e da Anna Cicconi Massi. Frequentò la facoltà di lettere e filosofia dell'Università di Roma, dove si laureò nel 1912 in filosofia con B. Varisco.
Partecipò alla prima guerra mondiale come ufficiale di complemento, venendo decorato con la croce di guerra e con una medaglia di bronzo al valor militare. Nel 1923 sposò Maria Clarice Maroncelli. Dapprima docente di storia e filosofia nei licei, nel 1936 venne nominato professore di filosofia teoretica presso l'Università di Cagliari. Dal 1939 fu professore ordinario, prima di filosofia teoretica poi di storia della filosofia, presso la facoltà di magistero dell'Università di Torino. Nel 1951 fondò la rivista di scienze filosofiche e pedagogiche Il Saggiatore, pubblicata dalla casa editrice Gheroni di Torino, che diresse fino al 1956. Dal 1959 divenne professore emerito presso la stessa Università di Torino.
Il G. morì a Senigallia il 9 sett. 1974.
La riflessione teorica del G. prese spunto dal contesto culturale della rinascita antintellettualistica e spiritualistica novecentesca. Dall'ultima fase della speculazione del Varisco il G. ricavò tanto l'atteggiamento di distacco rispetto a un'accezione banalmente scientistica e realistica della filosofia, quanto un approccio a essa imperniato invece insistentemente sui temi "classici", "eterni" del pensiero - in primo luogo la questione del rapporto tra unità e molteplicità - e configurante una compresenza dell'istanza idealistica con quella metafisica. Il segno di tale impostazione appariva già, in maniera esemplare, nel primo volume monografico pubblicato dal G., Kant e Rosmini (Città di Castello 1914), per ritrovarsi poi negli studi maggiori dei decenni successivi: tanto quelli schiettamente teoretici quanto quelli storiografici (ricordiamo, tra gli altri: Studi cartesiani, Torino 1943; Studi sulla filosofia di Leibniz, Padova 1946; Sul pensiero di A. Carlini e altri studi, Torino 1950; Filosofi italiani d'oggi ed altri scritti, ibid. 1957; Socrate ed alcuni dialoghi platonici, ibid. 1958; L'idea di materia e di scienza fisica da Talete a Galileo, ibid. 1963; La vita e il pensiero di Giordano Bruno, Milano 1973; Spinoza, ibid. 1974; Platone, ibid. 1974; Sguardo sulla filosofia di Aristotele, ibid. 1974) dedicati sempre, nell'ottica sopra accennata, al confronto con pensatori antichi e moderni considerato come occasione di approfondimento dei temi intorno ai quali la speculazione del G. si esercitava. L'assunto idealistico di partenza si definiva e articolava, a partire soprattutto dalla rimeditazione di G. Berkeley, in opere quali Saggio sulla dialettica della realtà spirituale (Gubbio 1933; 3ª ed. Torino 1950), L'uno e i molti (Torino 1939, 2ª ed. ibid. 1944), Dall'idea dell'essere alla forma della coscienza (ibid. 1944), nel senso di un'identificazione radicale tra "essere" e "coscienza". L'essenza della realtà veniva riconosciuta, al di là di ogni realismo ingenuo, nella dimensione noetica, spirituale in cui ogni essere si manifesta e dalla quale è inscindibile. Ma al contrario che nella linea prevalente del pensiero idealistico e in particolare nell'accezione gentiliana di esso, per il G. il soggettivismo non rappresentava la risoluzione del problema ontologico, né l'annullamento dell'oggetto nel soggetto: affermare la strutturale connessione del primo al secondo implicava parimenti, nella sua prospettiva, che non si potesse negare la realtà del primo senza negare per ciò anche la realtà del secondo. È proprio nel rapporto tra soggetto e oggetto interno alla coscienza, e in particolare nella funzione categorica dell'oggetto come immanente al soggetto, che il G. individuava il porsi del rapporto tra l'uno e i molti. Dopo una fase giovanile più fortemente influenzata da Rosmini e Varisco, durante la quale il G. tendeva a risolvere in unità la molteplicità attraverso la nozione di un "essere universale" (il già citato Kant e Rosmini e, inoltre, Spirito e realtà, Roma 1927, in seguito completamente rimaneggiato con il titolo Prime linee di un idealismo critico e due studi su Renouvier, Torino 1944), egli progressivamente definì la teoria secondo cui l'unità e la molteplicità nella realtà spirituale continuano a sussistere in quanto tali nella loro alterità, che è alterità di vita e pensiero, necessario rapporto tra elementi diversi (L'uno e i molti, ibid. 1939, 2ª ed. ibid. 1944).
Su questa strada il pensiero del G. si mostrò sempre più sensibile, nelle opere del dopoguerra (ricordiamo, tra le altre, il già citato Studi sulla filosofia di Leibniz; Per la fondazione di un vero e concreto immanentismo, ibid. 1950, 2ª ed. 1956; Tre studi di filosofia, ibid. 1957; Linee fondamentali d'una filosofia dello spirito, ibid. 1962; L'uomo nell'assoluto, I, ibid. 1965), all'istanza di una difesa della soggettività particolare, finita, come necessaria articolazione della realtà e limite invalicabile di ogni tendenza al solipsismo. Se la forma dell'essere si realizza nell'atto della coscienza, tale atto rimanda però a infiniti altri atti dei quali esso costituisce il risultato, e dunque a infiniti altri soggetti limitati, "monadi" reciprocamente trascendenti.
Il soggettivismo del G. mostrava dunque taluni tratti in comune con contemporanee tendenze esistenzialistiche, personalistiche e perfino neoempiristiche e razionalistiche, nel segno di una diffusa tendenza alla rivalutazione dell'essere umano concreto e particolare rispetto alle interpretazioni totalizzanti della realtà umana. E in particolare il G. pose attenzione proprio alla definizione del concetto di "persona", intesa come soggetto particolare che si pone in un atto autocreativo, nel sentimento della propria identità, ma che nella sua necessaria esperienza del rapporto con gli altri incarna dialetticamente il rapporto inesauribile tra identità e differenza. L'insistenza sul valore assoluto della trascendenza dei soggetti singoli, dell'orizzonte dell'"altro", conduceva lo spiritualismo del G. verso una dimensione metafisica connotata da un punto di vista religioso: la trascendenza dell'Assoluto sentita come necessario contraltare e fondamento della contraddittorietà della nostra esistenza. Tuttavia la coscienza dell'esistenza di Dio, che il G. ripropone nei termini classici della "dimostrazione" ma parimenti in quelli, di sapore kantiano, di un'insopprimibile esigenza etica, non viene da lui ritenuta assimilabile alla prospettiva della religione positiva: piuttosto si manifesta come una presenza interiore profonda, misteriosa, ineludibile, ma che non elimina il valore della dimensione immanente del soggetto, vale a dire della concreta esperienza e ricerca umana (Linee fondamentali del conoscere scientifico, ibid. 1973).
Fonti e Bibl.: M.F. Sciacca, Il secolo XX, Milano 1947, pp. 286-290; F. Barone, G. G., Torino 1951; C. Mazzantini, La filosofia continua, e ricomincia ad essere teologicamente storica, in Il Saggiatore, II (1952), n. 3-4; G. Martano, Considerazioni sulla persona, Napoli 1956, pp. 111-120; M. Schiavone, Il pensiero filosofico di G. G., in Giornale di metafisica, XII (1957), pp. 31-74; E. Garin, Cronache di filosofia italiana, Bari 1953, pp. 448, 455; P. Salvucci, Il problema degli "altri" nell'immanentismo concreto di G. G., in Studi urbinati, XXV (1955-57), 1, pp. 1-26; M. Sancipriano, L'"esistenzialismo" di G. G., in Giornale di metafisica, XIII (1958), pp. 325-331; Id., Il concetto di sviluppo nella filosofia di G. G., in Rivista rosminiana, LIII (1959), pp. 173-185; G. G., 2ª ed., Torino 1968; A. Deregibus, G. G., un maestro dell'Università torinese, in Filosofia, XXVI (1975), pp. 202-207.