GALLENGA STUART, Romeo Adriano
Nacque a Roma il 27 febbr. 1879 (secondo il Sarti; il 25 o il 22 secondo il Tosi: v. rispett. Reazione… e R. G.S. e la propaganda…), da Romeo Gallenga e da Mary Montgomery Stuart, discendente da una nobile famiglia inglese.
Il nonno materno, James Montgomery Stuart, corrispondente dall'Italia della Morning Post, amico di G.P. Vieusseux, G. Capponi, B. Ricasoli, U. Peruzzi, aveva perorato la causa italiana presso l'opinione pubblica e gli ambienti politici inglesi; lo zio materno, Robert, anch'egli giornalista, era stato, nel 1879, tra i fondatori e direttore - per il breve periodo in cui uscì - del quotidiano romano Il Conservatore, di indirizzo clerico-moderato. Rimasto orfano di padre, il G. crebbe a Perugia "sotto la guida della mamma, del nonno e dello zio nell'ambiente chiuso e conservatore della borghesia e della nobiltà perugina di fine secolo" (Tosi, Reazione…, p. 341). Per influsso della madre si appassionò alla letteratura francese e inglese, delle quali divenne ottimo conoscitore, traducendo in italiano autori come Stendhal e J. Ruskin.
A Roma, dove la famiglia si era trasferita nel 1895, il G. prese a collaborare, con recensioni, saggi critici, novelle e poesie, a vari periodici: IlMarzocco, IlRegno, Fanfulla della domenica, Nuova Antologia, Rassegna contemporanea, partecipando alle prime esperienze del nazionalismo estetizzante. Tornava spesso a Perugia, città alla quale continuava a essere legato da interessi culturali e politici: promotore di varie iniziative di tutela e valorizzazione del patrimonio artistico e culturale locale, nel 1898 fondò, insieme con F. Guardabassi, L'Umbria. Rivista d'arte e di letteratura. Conseguita nel 1902 la laurea in lettere e filosofia all'Università di Roma, dal 1903 al 1909 sedette nel Consiglio comunale di Perugia in rappresentanza del Partito liberale, per il quale, nelle elezioni suppletive del 1910, venne eletto deputato nel collegio di Perugia.
Interprete delle istanze di rinnovamento economico della moderna imprenditoria locale, il G. era altresì fiero oppositore del socialismo e fautore di uno Stato forte, caratteristiche queste che ne fecero il naturale referente politico del conservatorismo agrario e degli ambienti cattolici.
Alla Camera appartenne al gruppo dei cosiddetti "giolittiani dissidenti", nel quale confluivano liberali di sinistra, moderati e clerico-moderati. Quando, nell'aprile del 1911, questo eterogeneo raggruppamento si sciolse e gli elementi di sinistra rientrarono nella maggioranza, il G., con altri deputati della Destra, si schierò all'opposizione. Il 21 giugno promosse a Roma una manifestazione contro il disegno di legge governativo sul monopolio delle assicurazioni sulla vita; in quella occasione lanciò un appello, sottoscritto da una trentina di deputati, nel quale si attaccava la "dittatura" di G. Giolitti e si esprimevano avversione al suffragio universale e sostegno all'impresa libica.
Gli esponenti di questa nuova opposizione - che si presentavano come "giovani liberali", ma venivano generalmente chiamati "giovani turchi" - erano uniti da un antisocialismo aggressivo, da un accentuato filoclericalismo e da un inequivocabile orientamento filonazionalista. Aderente all'Associazione nazionalista italiana e tenace avversario della massoneria, il G. mirava a ricongiungere l'ala destra del Partito liberale col movimento nazionalista: il 3 sett. 1911, a Firenze, insieme con i deputati S. Crespi e F. Nunziante, organizzò un incontro di varie associazioni e gruppi del fronte liberalconservatore, che decisero di unirsi in una Federazione liberale. Dopo le elezioni del 1913 il G. costituì, con L. Federzoni, L. Medici del Vascello e P. Foscari, il primo nucleo nazionalista alla Camera.
Interventista della prima ora e presidente dell'Associazione Trento e Trieste, dopo l'entrata in guerra dell'Italia il G. si arruolò volontario e prese parte ai combattimenti come tenente del reggimento Piemonte reale cavalleria. Passò, quindi, alle dipendenze dell'Ufficio di propaganda di guerra all'estero costituito dal governo nel 1916, sotto la direzione del ministro senza portafogli V. Scialoja, allo scopo di convincere l'opinione pubblica, soprattutto dei paesi alleati, della validità delle aspirazioni dell'Italia. Nell'estate del 1917 il G. venne incaricato dallo Scialoja di compiere una missione in Inghilterra per guadagnare simpatie e appoggi alla causa italiana.
Il G., ben introdotto negli ambienti aristocratici inglesi, incontrò numerosi esponenti del mondo politico e industriale, riscontrando in loro grande apertura e fiducia nei confronti dell'Italia; nel corso della missione ebbe anche ripetuti contatti con i rappresentanti jugoslavi, le cui ragioni trovavano benevola udienza in Inghilterra. Si convinse allora che i nodi della "questione adriatica" avrebbero potuto essere sciolti trovando un accordo tra le aspirazioni italiane e quelle jugoslave, al fine di sconfiggere uniti quanti si opponevano allo smembramento dell'Impero austro-ungarico e, allo stesso tempo, cercando il modo di contemperare le rivendicazioni di ambedue le parti, nel nome dell'unità e dell'indipendenza nazionali, alle stesse terre. In questo quadro, il G. riteneva che "insistendo con tatto, il movimento jugoslavo [avrebbe finito] per rassegnarsi alle pretese italiane sulla Dalmazia" (lettera del G. a V.E. Orlando del 13 ag. 1917, in Roma, Arch. centr. dello Stato, Carte Orlando, b. 5, f. 236).
Il G. ebbe modo di far valere questa linea di condotta allorché, nel novembre 1917, venne messo a capo del sottosegretariato per la Propaganda all'estero e per la stampa, che era stato proprio allora costituito rilevando le competenze dell'ufficio diretto da Scialoja, e posto alle dipendenze del ministero dell'Interno, di cui il presidente del consiglio Orlando reggeva l'interim.
Legato da vincoli di amicizia e di collaborazione politica a Orlando, il G. fu scelto per l'esperienza maturata in questo genere di attività e anche perché "per le sue origini e per aver fatto parte del comitato interparlamentare alleato aveva moltissime conoscenze negli ambienti inglesi e francesi"; in particolare era in contatto con personalità quali il ministro degli esteri francese S.-J.-M. Pichon e il proprietario del Times, nonché direttore dell'Ufficio di propaganda britannico, lord A.Ch. Harmsworth Northcliffe, "che più erano sensibili al problema delle nazionalità oppresse dell'Austria-Ungheria" (Tosi, R. G.S. e la propaganda…, p. 529). Questa sensibilità, però, se accomunava il G. e Orlando, non apparteneva al ministro degli esteri S. Sonnino.
Alle dipendenze del sottosegretariato vennero chiamati in prevalenza uomini appartenenti agli ambienti democratici italiani quali G.A. Borgese, G. Emanuel, G. Caprin, F. Sacchi, G. Paternò - alcuni legati a L. Albertini, G. Salvemini, L. Bissolati -; le loro opinioni in merito alla "questione adriatica" contrastavano con quelle di Sonnino, ancorate al rispetto del patto di Londra. Per di più Sonnino nutriva una profonda diffidenza verso ogni forma di propaganda e riteneva che l'attività del sottosegretariato invadesse la sfera di competenza del suo ministero.
Appena insediato, il G. si preoccupò di prendere contatto con gli altri responsabili della propaganda dei paesi alleati al fine di stabilire le basi per una collaborazione. Nel febbraio 1918 si recò in Francia e riuscì a ottenere il consenso del governo francese su due sue importanti proposte: la convocazione di una conferenza interalleata di propaganda, che si tenne a Parigi dal 5 all'8 marzo, e lo svolgimento a Roma del progettato congresso delle nazionalità oppresse. Grazie all'attivismo del G. il sottosegretariato conquistava spazio e rafforzava il proprio ruolo, ma alimentava anche nuovi conflitti con Sonnino. Dopo il congresso di Roma, svoltosi dall'8 al 10 apr. 1918, la propaganda italiana aveva infatti accentuato la politica di avvicinamento nei confronti delle nazionalità oppresse dell'Austra-Ungheria, stabilendo in Svizzera contatti con i comitati di rifugiati serbi, croati e sloveni.
Sonnino insorse contro queste iniziative e i contrasti tra lui e il G. - che qualcuno considerava "il futuro delfino della nostra politica estera" (ibid., p. 533) - sfociarono nelle dimissioni del G., subito rientrate, presumibilmente per intervento di Orlando. Ma, di lì a poco, il contrasto si riaccese in modo irrimediabile a causa della condotta tenuta dalla delegazione italiana alla terza conferenza interalleata di propaganda, svoltasi a Londra dal 14 al 17 ag. 1918.
Il G. non prese parte alla conferenza, ma il Borgese suo rappresentante sottoscrisse una risoluzione nella quale si auspicava che il governo italiano dichiarasse la fondazione di un libero Stato jugoslavo, comprendente Serbi, Croati e Sloveni, come una delle condizioni propizie a un futuro pacifico assetto dell'Europa. Consapevole che tale risoluzione travalicava l'ambito della propaganda per invadere quello della politica, il G. cercò invano di sminuirne l'importanza, ma Sonnino colse l'occasione per tornare a chiedere la soppressione del sottosegretariato. Questa volta Orlando, che aveva abbandonato le originarie posizioni in favore delle nazionalità, aderì alla sua richiesta e il 31 dic. 1918 il sottosegretariato cessò le sue funzioni.
L'avvio delle trattative di pace vide, poi, esplodere aspre polemiche nei confronti dei cosiddetti "rinunciatari", tra i quali veniva additato il G. per aver condotto trattative non autorizzate con gli Jugoslavi e acconsentito a rinunzie territoriali. Il G. si difese con veemenza, negando intese segrete e sostenendo di essere stato "solo un esecutore della politica di gabinetto quale [gli] veniva tracciata dall'on. Orlando" (ibid., p. 538).
Piuttosto il G. si lamentò perché la scarsezza di risorse gli aveva tra l'altro impedito di svolgere una più diffusa ed efficace azione di propaganda in direzione dell'opinione pubblica statunitense, la qual cosa, a suo giudizio, avrebbe indotto il presidente W. Wilson ad assumere un atteggiamento più comprensivo nei confronti delle rivendicazioni italiane.
Dopo la soppressione del sottosegretariato e la caduta del governo Orlando ebbe inizio la parabola discendente della carriera politica del Gallenga. Nelle elezioni del 1919 venne rieletto deputato per il Partito liberale e nel corso della XXV legislatura si oppose ai governi Nitti e Giolitti. Di nuovo eletto nel 1921, aderì al fascismo e fu quadrumviro "perugino", ospitando anche, nella sua casa di Perugia, lo stato maggiore della marcia su Roma. Nelle elezioni del 1924 non si ricandidò e nel 1929 venne nominato senatore.
Console della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale (MVSN), nel 1935 fu nominato presidente della Aeronautica Umbra s.a., sussidiaria della Macchi di Varese. Trascorse gli ultimi anni della sua vita tra Roma e Perugia, dove tornava per tenere conferenze all'Università per stranieri nel palazzo che, nel 1925, egli aveva voluto donare al Comune insieme con la sua ricca biblioteca.
Il G. morì a Roma l'11 genn. 1938.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio centrale dello Stato, Carte Gallenga Stuart, R. G.S., bb. 1-2; Carteggi personali, 1917-24; necr. in Nuova Antologia, 1° febbr. 1938, p. 360; A. Iraci, R. G.S., in Boll. della Deputaz. di storia patria per l'Umbria, XXXVI (1939), pp. 186-190; P.M. Arcari, Le elaborazioni della dottrina politica nazionale fra l'Unità e l'intervento (1870-1914), Firenze 1934-39, pp. 471, 645, 806, 827, 829, 848 ss.; Appendice, pp. 11, 22, 27, 30, 36; S. Cilibrizzi, Storia parlamentare, politica e diplomatica d'Italia da Novara a Vittorio Veneto, IV, VII, VIII, Napoli 1939, ad indices; L. Albertini, Venti anni di politica italiana, pt. 2, L'Italia nella guerra mondiale, III, Da Caporetto a Vittorio Veneto (ott. 1917 - nov. 1918), Bologna 1953, ad ind.; Dalle carte di G. Giolitti. Quarant'anni di politica italiana, III, Dai prodromi della grande guerra al fascismo 1910-1922, a cura di C. Pavone, Milano 1962, ad ind.; R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario. 1883-1920, Torino 1965, ad ind.; L. Valiani, La dissoluzione dell'Austria-Ungheria, l'autodecisione dei popoli e il "Congresso di Roma", in Riv. stor. italiana, LXXVII (1965), pp. 546, 551, 553, 557, 561; L. Albertini, Epistolario 1911-1926, a cura di O. Bariè, I-IV, Milano 1968, ad ind.; L. Tosi, R. G.S. e la propaganda di guerra all'estero (1917-1918), in Storia contemporanea, II (1971), pp. 519-542; A. Repaci, La marcia su Roma, Milano 1972, ad ind.; S. Sonnino, Carteggio, III, (1916-1922), a cura di P. Pastorelli, Bari 1975, ad ind.; L. Tosi, Reazione agraria e origini del nazionalismo a Perugia, in Boll. della Deputaz. di storia patria per l'Umbria, LXXIV (1977), 2, pp. 340 ss.; H. Ullrich, La classe politica nella crisi di partecipazione dell'Italia giolittiana, 1909-1913, Roma 1979, ad ind.; L. Ferraresi, Radicalismo antigiolittiano ed imperialismo democratico. Profilo politico della "Rassegna contemporanea" (1908-1915), in Roma tra Ottocento e Novecento, Roma 1981, ad ind.; P.L. Ballini, La Destra mancata. Il gruppo rudinian-luzzattiano fra ministerialismo e opposizione (1901-1908), Firenze 1984, ad ind.; Storia d'Italia (Einaudi), Le regioni dall'Unità a oggi, L'Umbria, a cura di R. Covino - G. Gallo, Torino 1989, ad ind.; A. Grohmann, Perugia, Roma-Bari 1990, ad ind.; Chi è? Diz. degli Italiani d'oggi, Roma 1936, ad vocem; F. Bartolotta, Parlamenti e governi d'Italia dal 1848 al 1970, Roma 1971, ad indices; M. Missori, Governi, alte cariche dello Stato e prefetti del Regno d'Italia, Roma 1973, ad indicem.