GALIZIA (A. T., 39-40; sp. Galicia, dal lat. Callaecia, per il nome dei Calleci o Celti)
Forma l'estremità nordoccidentale della Repubblica Spagnola, fra il Portogallo, le Asturie, il León e l'Atlantico. Dal lato terrestre manca un confine naturale netto né la regione rappresenta morfologicamente una unità, divisa com'è in almeno tre zone abbastanza diverse: il bacino dell'alto Minho a E., l'altipiano di Santiago al centro, e la fascia costiera a O. e a N. Il contrasto si ripete nelle condizioni geologiche: ai graniti che prevalgono lungo il margine marittimo si oppongono, nell'interno, i terreni scistoso-cristallini più antichi e ad E., sulla spalla sinistra del Minho, formazioni cambriche e siluriche alternate con piccoli lembi di deposizioni recenti. Il carattere dominante è quello di un altipiano (500-1000 m. in media) profondamente intaccato dall'erosione, e digradante da E. a O., e, all'interno, da N. a S. Al bacino dell'alto Minho, che ne costituisce l'unità più evidente, seguono, a N. e a O., una serie di piccole valli; orientamento e ampiezza stanno in rapporto con lo sviluppo dei plessi orografici che, continuando il bastione asturiano, lo legano al margine della meseta. A N., dove la linea di costa è prossima allo spartiacque, le valli, affogate per l'abbassamento subito da tutta la regione in epoca geologica recente, terminano in mare con sponde alte e dirupate (rías altas); a O., invece, dove questo ha troncato una serie di bacini più estesi e acclivi, il contorno costiero si frangia capriccioso sopra testate di valli più aperte e depresse (rías bajas), ultima delle quali quella, amplissima, di Vigo.
Il clima, a carattere in complesso temperato-marittimo, è il più umido di tutta la Spagna. La piovosità cresce dalla costa (La Coruña 765 mm. annui) verso l'interno (Santiago 1655 mm.); le temperature medie annue oscillano fra 13° e 16°, con escursioni termiche che solo nella meseta di Lugo attingono valori comparabili a quelli del resto della Spagna. Diffusi perciò i prati, naturali e artificiali, nei fondo-valle, la foresta nelle zone più elevate (pino, castagno, faggio, rovere, ecc.), e possibili colture che (granturco) trovano difficoltà, o che (patate, legumi, ortaggi) non riscontrano condizioni parimenti favorevoli altrove nel regno; le zone meridionali producono frutta (fichi, mandorli, aranci) e localmente (El Ribero) anche uve. L'allevamento dà bestiame vaccino di pregiata qualità e ottimi cavalli (Lugo, La Coruña); nella pesca sono impiegati oltre ottomila velieri e quattrocento vapori: con questa stanno in rapporto un certo numero di industrie nei centri costieri (salatura e conservazione del pesce, costruzione di navi).
L'agricoltura è caratterizzata da un forte parcellamento del possesso fondiario; a ciò è dovuta la disseminazione degli abitati nelle campagne, e lo scarso numero di grossi centri. Ampia quanto il Piemonte (29.154 kmq.), la Galizia è molto meno popolata (2.120.000 ab.); la sua densità (72 ab. per kmq.) è tuttavia fra le più elevate della Penisola Iberica. Notevole è anche l'accrescimento verificatosi nell'ultimo secolo. La popolazione è più che raddoppiata non tanto per l'industrializzazione molto accentuata, quanto per lo sviluppo dell'agricoltura e dei traffici. L'emigrazione, oceanica e temporanea, rimane assai forte: la seconda diretta in prevalenza alle altre regioni della Spagna. Oltre La Coruña e Vigo, che oltrepassano i 50 mila ab., si hanno, fra i centri più notevoli, Santiago de Compostella (la capitale storica), El Ferrol, Pontevedra, e Lugo, tutte con più di 25 mila ab. Attualmente la regione è divisa nelle provincie di La Coruña, Lugo, Pontevedra e Orense.
Storia. - La Galizia, già abitata dall'età eneolitica, fu occupata dai Celti, verso il sec. VI a. C. Vi fu introdotta allora la civiltà di Hallstatt, caratterizzata in questa regione dalle cinte fortificate chiamate castros e dalle citanias (villaggi a pianta circolare). Nell'epoca romana fu nota per l'intenso commercio dello stagno. Durante l'invasione germanica, i Galiziani combatterono con gli Svevi, coi quali poi riuscirono a far la pace. In seguito si sottomisero ai Visigoti. Durante le lotte per la riconquista sostennero gli Asturiani contro gli Arabi; tuttavia il governatore Vimarano si ribellò contro il re delle Asturie, Fruela I, e anche più tardi il re Silo dovette sostenere una lotta coi Galiziani, che egli vinse a Cebrero. Nell'844 cominciano sulle coste galiziane le scorrerie dei Normanni, che si ripeterono con molta frequenza durante quasi tutto il Medioevo; la più importante fu quella avvenuta nel settimo decennio del sec. X, in seguito alla quale la Galizia rimase per un certo tempo sotto il dominio normanno. Poi sopravvennero gli Arabi di Almanzor, che nel 997 occuparono anche Santiago, e abbandonarono il paese solo per la morte del loro capo. Da allora la Galizia, famosa in tutta la cristianità per la scoperta avvenuta nel sec. IX del presunto sepolcro dell'apostolo Giacomo, che fece di Compostella uno dei massimi centri di pellegrinaggio nel Medioevo, rimase unita col regno di León. Solo nel 1063 fu costituita in regno autonomo per Garcia, figlio di Ferdinando I di León: ma già nel 1072 Alfonso IV riconnetteva la regione allo stato di León. Al principio del sec. XII, durante la contesa fra la regina doña Urraca e D. Alfonso di Aragona, il conte di Trava e il vescovo Diego Gelmírez riuscirono nel 1110 a incoronare re di Galizia l'infante D. Alfonso, figlio di doña Urraca; ma, nonostante la potenza del vescovo Gelmírez, che aveva ottenuto l'innalzamento a metropolitana della sede vescovile di Compostella, il popolo insorse contro di lui e contro la regina. Nel sec. XV le lotte fra i membri principali della nobiltà galiziana obbligarono i re cattolici ad inviare, come commissarî, Fernando de Acuña e García López de Chinchilla, che con grande energia, riuscirono a pacificare il territorio. Quando fu invasa la Spagna dagli eserciti di Napoleone nel 1808, in Galizia come anche nelle altre regioni, si formò una giunta, presieduta prima provvisoriamente dal capitano generale D. Antonio Filangieri, napoletano, e poi, definitivamente, da rappresentanti delle sette provincie nelle quali si divideva l'antico regno. Tutti accorsero sotto le armi, compresi gli studenti di Santiago, che formarono un battaglione chiamato letterario; benché prima Soult e poi Ney avessero occupato le principali città, essi dovettero evacuarle.
Bibl.: G. Schulz, Descripción geognóstica del Reino de Galicia, Madrid 1835; Marias, Aportaciones a la historia de Galicia, Madrid 1919; Villar Ponte, Historia sintetica de Galicia, Madrid 1928; J. Dantín Cereceda, Distribución géográfica de la población de Galicia, Madrid 1925.
Lingua e letteratura. - Il dialetto della Galizia è strettamente affine alla lingua portoghese propriamente detta, specialmente nel periodo delle origini, durante il quale erano analoghe le caratteristiche storiche, geografiche e letterarie delle due regioni. Anzi nei secoli XIII-XIV il gallego assurge a dignità letteraria e rappresenta nella Penisola Iberica la lingua della lirica, penetrando largamente perfino nei centri culturali della Castiglia (v. canzonieri; portogallo: Lingua; provenza: Letteratura; spagna: Letteratura). Dal sec. XV in poi, con l'estendersi dell'egemonia spagnola e della cultura umanistica - entrambe antiregionaliste - il galiziano cede sempre più di fronte al castigliano: non è indice di tradizione letteraria quel perpetuarsi di canti popolari, confinati per lo più nelle campagne. Ma con l'età romantica, la Galizia ha un forte risveglio intellettuale, che è il più significativo in seno alla nazione spagnola, dopo quello catalano, il quale, per altro, non può considerarsi di carattere regionale.
Nella prima metà dell'Ottocento s'iniziano studî monografici sulla storia, l'arte, il folklore; si compilano vocabolarî e grammatiche, si creano giornali e riviste, e, sull'esempio della Catalogna, si agitano ideali regionalisti, d'indole intellettuale, sociale e politica; si rivendicano tradizioni di pensiero e di poesia e si cerca di rintracciare una continuità storica, alla stregua delle nuove ideologie romantiche. Santiago, Orense, La Coruña, Ferrol, Santander, Pontevedra, ecc., dànno uomini politici, letterati, artisti: alcuni di attività bilingue, gallega e castigliana; altri presto assorbiti dalla cultura e dall'arte spagnola, nelle quali però immettono voci, aspetti e passioni della loro terra: si pensi, soprattutto, alla scrittrice Emilia Pardo Bazán. Fra gli eruditi, è notevole l'opera di J. A. Saco y Arce (1836-1881) con la sua Gramatica gallega, tuttora fondamentale, e con la Literatura popular de Galicia; e di Antonio de la Iglesia (morto nel 1892), che diede una vivacità coloristica e paesana ai suoi scritti di erudizione locale - storia, archeologia, letteratura - intorno a Santiago e a La Coruña: curò la pubblicazione del Diccionario gallego-castellano (1863) di F. J. Rodríguez, ed egli stesso trattò con larghezza d'informazione del suo dialetto (El idioma gallego: su antigüedad y su vida, voll. 3, 1872): è una tradizione dotta che va fino a José Pérez Ballesteros (1833-1918), indagatore della lingua e della poesia popolare (Cancionero popular gallego, voll. 3, 1886, con prologo di T. Braga). Numerosi, con la seconda metà del secolo, si fanno i poeti, che trattano i temi più svariati, dal contenuto lirico al caricaturale, dal politico al folkloristico; e, fra i tanti, qualcuno riesce a sollevare il dialetto a dignità letteraria e farne mezzo di matura e originale espressione artistica. Elegiaco e delicato A. Camino (1821-1861); più vario - ché nel suo canzoniere accolse motivi lirici, idillici, bucolici - J. M. Pintos (1811-1876), a cui si deve anche il più ricco lessico gallego; mentre la satira e la politica, i temi popolareschi e ambientali, sono materia di canto per N. Pastor Díaz (1811-1863), V. Lamas Carvajal (1849-1906), F. M. de la Iglesia (1827-1897) - che compose anche il primo dramma dialettale (A fonte do Xuramento, 1882), F. Añon y Paz (1812-1878), di spiriti accesi, rivoluzionarî e patriottici; e molti ancora, fino a Manuel Curros Enríquez (1851-1908), il poeta civile e politico, acre nel suo anticlericalismo e altrettanto vigoroso nella lirica paesistica e bozzettista (Aires d'a miña terra, 1881) e nelle rievocazioni leggendarie (A Virxe do Cristal). Ma su tutti eccelle Rosalia de Castro (v.), che, interpretando il proprio dolore e comunicando la propria realtà umana, richiamava aspetti e condizioni, naturali e morali, della sua terra, tanto che la sua lirica penetrava nelle letterature vicine, portoghese e castigliana, e in esse si nutriva e si giustificava. Le si può avvicinare Eduardo Pondal (1835-1917). Ma negli ultimi anni gl'interessi letterarî si sono spostati e si sono sempre più assimilati nella vita intellettuale castigliana; e i poeti più recenti, sebbene siano ancora numerosi, conservano un tono troppo dialettale e regionale per pretendere di continuare e ravvivare la grande tradizione dell'Ottocento.
Bibl.: Una raccolta di testi nella Biblioteca gallega, voll. 52, Madrid 1885-1903. Cfr. M. Murguía, Los precursores, La Coruna 1885; E. Pardo Bazán, De mi tierra, La Coruna 1888; A. González Besada, Historia crítica de la literatura gallega, voll. 2, La Coruna 1903; E. Carré Aldao, La literatura gallega en el siglo XIX, La Coruna 1903; 2ª ed., Barcellona 1911.