DELLA MARRA (de Marra), Galgano
Figlio di Giozzolino, maestro razionale del Regno di Sicilia sotto Manfredi e Carlo I d'Angiò, nacque probabilmente a Barletta - dove la famiglia si era trasferita da Ravello - forse nel corso del terzo decennio del sec. XIII. Era fratello di Angelo e di Ruggero.
Poche sono le notizie sul D. in nostro possesso. La prima risale al 31 ag. 1269, quando il re angioino, il quale aveva da poco conquistato Lucera, lo incaricò di requisire i cavalli necessari alle truppe regie. Il 12 settembre dello stesso anno Carlo I gli affidò la custodia del castello di Acquaviva. Nel 1272-1273 il sovrano lo incaricò di riscuotere l'"adoa" - il tributo, cioè, che i vassalli dovevano versare in luogo del servizio militare - dai baroni che avrebbero dovuto prendere parte alla spedizione in Albania: il D. doveva inviare le somme raccolte al vicario regio in Albania, Anselmo di Caen. Negli anni successivi il D. continuò a svolgere compiti di varia natura per conto del sovrano. Così, un mandato regio al giustiziere di Bari, risalente agli anni 1273-1274, ci informa che il D. aveva portato a termine alcuni servizi a nome della corte, ma non precisa di quali servizi si trattasse: dovevano essere, comunque, di una certa importanza, dato che il re ordinava di versare al D. la cospicua somma di 500 once d'oro. L'8 ag. 1274 Carlo I lo incaricò di consegnare all'ambasciatore del duca greco Caloiohanne Sabbastocratore la somma che il duca stesso aveva prestato al sovrano angioino per l'impresa in Albania: il D. doveva prendere tale somma dal giustiziere di Bari. Nel luglio 1275 consegnò, per l'ordine del re, al giustiziere di Capitanata la somma di 85 once d'oro "pro intabulamento murorum Lucerie". Nell'agosto 1277, infine, Carlo I ordinava al giustiziere di Bari di provvedere in Barletta all'acquisto di panni "cum consilio ... Philippi de Sancta Cruce et Galgani de Marra" (I registri, XIV, pp. 225 s.).
Il D., dunque, non sembra aver mai ricoperto una precisa carica nell'amministrazione del Regno, limitandosi ad essere a disposizione del sovrano. Lo Sthamer (Der Sturz) ritiene che egli svolse una vivace attività di banchiere e che per questo motivo Carlo d'Angiò lo ebbe tra i suoi principali consiglieri finanziari. Le poche notizie in nostro possesso sul D. non sembrano consentire una tale affermazione. Certamente egli prestò denaro al sovrano: lo attesta il mandato dell'8 ott. 1282 con cui Carlo I ordinava ai tesorieri di restituire al D. la somma di 100 once d'oro che questi aveva dato in mutuo alla Camera. Ma prestiti come quello ora ricordato non sono necessariamente indice di attività bancaria: anche il padre del D., Giozzolino, fece numerosi mutui al sovrano angioino, ma non esercitò mai la mercatura.
Anche negli anni successivi il D. rimase a disposizione del monarca e continuò a portare a termine per suo conto vari compiti, senza rivestire alcuna carica amministrativa precisa: nei documenti egli è indicato con i titoli di familiare e consigliere regio e non come titolare di un ufficio. L'8 ott. 1282, dopo la rivolta siciliana, Carlo I lo incaricò di recarsi in Puglia per controllare le difese dei castelli della regione e provvedere, in caso di necessità, al loro rafforzamento insieme con Lorenzo Rufolo, secreto e maestro portolano di quella terra. E probabilmente si deve collegare con questa missione il diploma - senza data, ma ascrivibile agli anni 1282-1283 - con cui il re gli affidò la "custodia marittima" della Terra di Bari.
La mancata titolarità di un ufficio amministrativo, peraltro, non escluse il D. dal circolo dei consiglieri più vicini al re. E proprio per il ruolo influente che svolgeva a corte egli venne coinvolto, dopo la rivolta dei Vespri, nel processo intentato dal principe di Salerno Carlo contro i più importanti funzionari e consiglieri finanziari del padre. L'azione di Carlo di Salerno, che governava il Regno in assenza di Carlo I impegnato nella lotta contro gli Aragonesi, fu improvvisa ed inaspettata. Il 16 giugno il principe dette, da Nicotera in Calabria - ove era giunto dopo la conclusione del Parlamento di San Martino -, il suo consenso alle nozze della figlia del D., Maria, con il nobile Giovanni de Luco. Il giorno successivo fece iniziare gli arresti degli accusati, arresti che si conclusero il 22 giugno. Il D., che si trovava probabilmente a Barletta, venne subito catturato: fu imprigionato in Castel del Monte, dove lo troviamo certamente il 10 luglio. Oltre a lui furono arrestati i fratelli Angelo e Ruggero e i principali esponenti della famiglia Rufolo.
Nella lettera inviata a varie Comunità del Regno il 22 giugno per spiegare il motivo degli arresti, Carlo di Salerno accusava gli imputati di essere la causa di tutti i mali di cui il Regno stava soffrendo poiché "cotidie diversa gravamina, et quelibet extorsionum genere suadebant" (Iregistri, XXVI, pp. 97 s.). In proposito lo Sthamer (Der Sturz)ritiene che Carlo si proponesse in realtà di sbarazzarsi del ristretto gruppo di alti ufficiali e consiglieri regi nelle cui mani da anni si trovava il governo delle finanze e nello stesso tempo di impossessarsi delle loro ricchezze per far fronte alle ingenti spese della guerra antiaragonese. Dal canto suo il Nitschke (Carlo II)sottolinea la volontà del principe di intervenire in favore delle Comunità colpite dall'eccessivo fiscalismo del padre. Non si deve, peraltro, escludere che Carlo di Salerno desiderasse addossare ai consiglieri regi l'intera responsabilità della politica tributaria degli anni precedenti e, mediante la loro punizione, restituire alla monarchia quel ruolo di difensore della giustizia e dei diritti delle Università del Regno che secondo i ribelli siciliani non aveva svolto, né era in grado di svolgere.
Rinchiuso in Castel del Monte, il D. si ammalò subito e tanto gravemente da far pensare ad una sua prossima fine. Il principe Carlo, che il 13 luglio aveva disposto il suo trasferimento a Napoli, pensò ad una scusa per evitare il processo e ordinò al conte di Acerra e al giustiziere di Bari di accertare il suo stato di salute. Dovette convincersi delle precarie condizioni del D., dato che rinviò il suo trasferimento e ordinò di non sottoporlo a tortura. Nel settembre, comunque, il D. era migliorato: il 12 Carlo ordinò di trasferirlo a Napoli, dove egli si stava dirigendo. Il 26 il D. era a Castel dell'Ovo. Il processo contro di lui ebbe inizio dopo il ritorno di Carlo a Napoli (16 novembre) e si concluse rapidamente con la condanna a morte. La sentenza fu eseguita tra il 6 e il 22 dic. 1283.
Il principe, peraltro, si astenne dal colpire ulteriormente la famiglia del D.: grazie anche all'intervento di Ciuria Della Marra - moglie del fratello del D., Ruggero, e figlia di Matteo Rufolo, che si andava adoperando in favore di tutti i suoi parenti -, la moglie del D., Rodia, e i figli ottennero il 22 dic. 1283 di essere riammessi nella grazia regia. Tra il febbraio e il maggio dell'anno successivo furono restituiti ai figli del D. i beni che Carlo di Salerno aveva fatto mettere sotto sequestro al momento dell'arresto del D.: non si parla più di Rodia, la quale doveva essere già morta.
Il D. era titolare del casale di Medunio, che teneva come vassallo dell'arcivescovo di Bari; aveva ereditato con il fratello Angelo i feudi paterni di Ordeolo e Roccetta nella Valle del Crati; possedeva terre anche in Calabria, Valle del Crati e Terra Giordana, come è attestato dai diplomi di esproprio disposti dal principe di Salerno contro di lui e i suoi fratelli. Dei figli del D., oltre al nome della figlia Maria, conosciamo quello di Giacomo, o Iacobello, il quale nel 1290risulta feudatario di Ordeolo. Il Camera attribuisce al D. anche un altro figlio di nome Francolo. Un documento del 1292indica i figli del D. come possessori i enfiteutici di terre del monastero di Monte Sacro presso Barletta.
Fonti e Bibl.: Syllabus membranarum ad Regiae Siclae Archivum pertinentium, II, 1, Neapoli 1832, p. 229 n. 1; Codice diplom. barese, X,a cura di R. Filangieri di Candida, Bari 1927, n. 146;A.de Bofiard, Documents en français des archives angevines de Naples..., II,Paris 1935, p. 238;C.De Lellis, Gli atti perduti della Cancell. angioina, a cura di B. Mazzoleni, I, 1 e 2,in Regesta Chartarum Italiae, XXV e XXXI, Roma 1939-1943, ad Indicem (sub voce Marra de, Galgano); I registri della Cancell. angioina..., II, III, V, X, XI, XII, XX, XXVI, XXVI, XXVII, Napoli 1950-1980, ad Indices (sub voce Marra de, Galgano); F. Della Marra, Discorsi delle famiglie estinte, forastiere, o non comprese ne' Seggi di Napoli..., Napoli 1641, p. 349;M. Camera, Mem. storico-diplomatiche dell'antica città e ducato d'Amalfi..., I,Salerno 1875, p. 441;II,ibid. 1881, pp. 381 s.; O.Cartelfieri, Peter von Aragon und die sizilianische Vesper, Heidelberg 1904, p.115;F. Carabellese, Carlo d'Angiò nei suoi rapporti politici e commerc. con Venezia e l'Oriente,Bari 1911, p. 60; E. Sthamer, Der Sturz der Familien Rufolo und Della Marra nach der sizilischen Vesper, in Abhandlungen der Preussischen Akademie der Wissenschaften,phil. hist. Klasse, Berlin 1937, 3,in particolare pp. 5 s., 8, 10, 16, 18 ss., 23 s., 26(con documenti editi in appendice); Id., Das Amtsbuch des sizilischen Rechnungshofes, Burg 1942, pp. 114, 120 s.(con ulteriori indicazioni bibliografiche); A.Nitschke, Der sizilianische Adel unter Karl von Anjou und Peter von Aragon, in Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken, XLV (1965), p. 253, n. 79;Id., Carlo II d'Angiò, in Diz. biogr. degli Italiani, XX,Roma 1977, p. 228.