GHIDONI, Galeazzo
Non si conosce l'anno di nascita di questo pittore cremonese, forse figlio del ricamatore Giovanbattista che, secondo le fonti, in occasione della settimana santa del 1583 realizzò il vestito da lutto della Madonna del Popolo per il duomo di Cremona. Ricordato dai biografi cremonesi come uno degli ultimi allievi di Antonio Campi, il G. è dagli stessi considerato un ottimo interprete della maniera del maestro, sebbene le precarie condizioni di salute non gli avrebbero permesso di applicarsi con continuità alla sua arte. Non altrimenti documentato, il periodo dell'alunnato presso Campi si può supporre che coincida con gli ultimi anni dell'attività del maestro, ipotesi che trova sostegno tenendo conto della posticipazione dell'inizio del soggiorno romano del G. al 1590, contrariamente alla data del 1582 indicata da Bertolotti (1881) sulla base di una errata lettura documentaria. Tale precisazione consente di confutare Thieme - Becker che identificava il G. con il Guidone indicato nel XVII secolo da Sandrart quale collaboratore di Matteo da Lecce nella cappella Sistina al principio del 1580. Proprio nel 1590, del resto, venne eletto al soglio pontificio Niccolò Sfondrati (Gregorio XIV), già vescovo di Cremona e forse primo referente romano dell'artista. Il G. risulta ben inserito presso la corte pontificia, tanto da dichiararsi, in un documento autografo, "pictore di palazo" (Arch. di Stato di Roma, Camerale I, Giustificazioni di Tesoreria 1589-1591, b. 18, cc. n.n. fasc. 30); collaborò infatti con Prospero Orsi e Giovanbattista Ricci, affermati pittori dell'ambiente artistico romano e attivi nei più importanti cantieri della fine del Cinquecento. L'attività del primo periodo appare tuttavia limitata alla decorazione di complementi d'arredo di non rilevante importanza, quali stendardi, credenze e sgabelli, in collaborazione, oltre che con Orsi, con i pittori Prospero Vito e Alessandro Spallieri.
Di diversa natura è, invece, la collaborazione con il Ricci che i documenti registrano a partire dal luglio 1591 per lavori nel casino di Pio IV (indicato come Boschetto) e nelle camere private del papa, rispettivamente da letto e studio. La presenza di iscrizioni e stemmi di Gregorio XIV in una delle due sale superstiti dell'appartamento di Pio V può far supporre che l'intervento dei due pittori abbia interessato quell'area del palazzo Vaticano. Maggiore fortuna critica ha incontrato l'analisi del casino di Pio IV, per il quale il Friedlaender ipotizzava la presenza di Ricci e del G. nelle Storie della Passione, dipinte da Santi di Tito nella camera della torretta, e nella decorazione della cappella al pianterreno: lo stile piuttosto ripetitivo che impronta le figure dei riquadri della cappella potrebbe assegnarsi alla mano di un decoratore quale il G. sembra essere prevalentemente stato durante il soggiorno romano. Del resto, tali dipinti vennero eseguiti sotto Gregorio XIV, come si evince dallo stemma presente nella galleria di Federico Zuccari, identificato erroneamente da Friedlaender con quello di Urbano VII. Nel 1593 il G. realizzò la sua più importante commissione autonoma a Roma, purtroppo perduta: la decorazione con figure di Apostoli e Virtù e la doratura della sala del nuovo archivio di Castel Sant'Angelo, voluto da Clemente VIII, ossia la cosiddetta sala della Rotonda (Ciofetta).
Lasciata Roma, il G. nel 1595 risulta immatricolato all'Accademia del disegno di Firenze. Della produzione fiorentina non rimangono molte testimonianze dopo che diverse opere attribuitegli da Richa (1754-62) sono state appropriatamente ricondotte alla mano del figlio Giovanbattista, nato nel 1599 a Firenze dall'unione con Giustina Berni, e in seguito alla perdita di altri lavori ricordati da Bocchi - Cinelli (1677), quali gli affreschi sulla facciata di due palazzi fiorentini. Alla fine degli anni Novanta si datano le uniche tele note del G., destinate a due chiese cremonesi, per le quali è probabile che l'artista abbia soggiornato a Cremona, come confermerebbe la mancanza di pagamenti negli atti dell'Accademia fiorentina dal marzo 1597 all'aprile del 1600: la Predicazione di s. Giovanni Battista, firmata e datata 1598, già in S. Mattia e ora al Museo civico di Cremona e l'Incontro di Gioacchino e Anna alla porta Aurea nella parrocchiale di Castelponzone. Come ha notato Puerari (1951), la Predicazione del Battista è una diretta derivazione dal monocromo, con identico soggetto, affrescato da Andrea del Sarto nel chiostro dello Scalzo, che il G. doveva aver studiato al suo arrivo a Firenze.
La piana e distesa composizione sartesca subisce, nella tela del G., un'accelerazione in senso verticale e una compressione verso il centro dei gruppi laterali di figure. Si avverte, inoltre, un più accentuato manierismo nella resa dei panneggi profondamente scavati e dei colori che, "non partecipando del naturalismo dei Campi" (Puerari), sembrano piuttosto risentire nel loro cromatismo così acceso, come ha notato Voltini (1990), della tavolozza di Federico Barocci, studiato nel casino di Pio IV.
Della firma e della data un tempo presenti sulla tela dell'Incontro di Gioacchino e Anna sono oggi leggibili solo le due cifre iniziali "15…": secondo Voltini (ibid.) l'opera è databile successivamente al soggiorno romano e presenta evidenti influenze dei cangiantismi della tradizione centroitaliana, nonostante siano palesi i richiami alla cultura campesca nella ripresa un po' attardata della struttura piramidale e nel brano di paesaggio.
A testimoniare l'attività fiorentina del G. rimangono rari riferimenti, cronologicamente distanti, che indicano il progressivo inserimento del pittore nell'ambiente artistico fiorentino. Infatti, se in un documento del 1604 è registrato per la decorazione di un baldacchino della Compagnia di S. Filippo Benizi e nel 1606 viene pagato per aver tinto "li archi et le finestre del chiostro di color di pietra" (Chini) nella chiesa fiorentina di S. Gaetano, il nome del G., già individuato da Procacci (1965) ma confuso con il figlio Giovanbattista, compare nell'impresa fiorentina di più notevole prestigio dei primi decenni del Seicento, quella di casa Buonarroti. Le carte d'archivio registrano, infatti, tra il febbraio e il marzo del 1623, l'attività del G. nella cosiddetta camera degli angioli, la cui decorazione era stata affidata già da tempo a M. Cinganelli. Non è possibile stabilire con precisione l'intervento del G., così limitato nel tempo e in un'opera che volgeva al termine. La sala, sebbene affidata contrattualmente a Cinganelli, era stata quasi interamente realizzata dall'allievo Antonio Guerrini, che il G. affiancò. Si può ipoteticamente individuare un suo intervento nelle parti di rifinitura, nei fregi o nelle dorature che vennero realizzate dagli stessi pittori.
Dopo il 1623 vengono a mancare ulteriori riferimenti all'attività del G.; si può supporre un abbandono dell'attività a favore del figlio, che nel 1625 riscattò l'iscrizione del padre all'Accademia del disegno, forse a causa dei problemi di salute cui accennano le fonti. Dai Libri della Grascia risulta che il G. morì a Firenze nel 1651 e venne sepolto in S. Maria del Carmine.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Ufficiali poi Magistrato della Grascia, 195, cc. n.n.; Ibid., Accademia del disegno, 57, Libro di matricole segnato B, cc. 51, 173r; ibid., 64, cc. 686r, 738r; ibid., 102, Entrate e uscite (1586-1602), cc. 43r, 50r, 74, 82; Arch. di Stato di Roma, Camerale I,Giustificazioni di Tesoreria 1589-1591, b. 18, cc. n.n.; 1590, b. 937, cc. 91r, 113v; 1590-1593, b. 939, cc. 61v, 64rv; b. 940, c. 9r; 1591-1592, b. 941, c. 72r; 1593-1599, b. 944, c. 13r; Firenze, Arch. di Casa Buonarroti, ms. 101/4, c. 63v; F. Bocchi - G. Cinelli, Le bellezze della città di Firenze, Firenze 1677, pp. 82, 408; G. Richa, Notizie istoriche delle chiese fiorentine, Firenze 1754-62, IV, p. 286; X, p. 88; G.B. Zaist, Notizie istoriche de' pittori… cremonesi, Cremona 1774, I, p. 47; G. Grasselli, Abecedario biografico dei pittori… cremonesi, Milano 1827, p. 137; A. Bertolotti, Artisti lombardi a Roma…, Milano 1881, I, pp. 126, 360; W. Friedlaender, Das Kasino Pius IV, Leipizig 1912, pp. 83, 90, 94; A. Puerari, La Pinacoteca di Cremona, Firenze 1951, p. 174; La Casa Buonarroti a Firenze, a cura di U. Procacci, Milano 1965, p. 14; A.M. Corbo, Fonti per la storia artistica romana al tempo di Clemente VIII, Roma 1975, pp. 50, 68; E. Chini, La chiesa e il convento dei Ss. Michele e Gaetano a Firenze, Firenze 1984, p. 271; G. Voltini, in I Campi e la cultura cremonese del Cinquecento (catal.), a cura di M. Gregori, Cremona 1985, pp. 259 s.; S. Ciofetta, in L'Angelo e la città (catal.), Roma 1987, pp. 172-175; G. Voltini, in Pittura a Cremona dal romanico al Settecento, Milano 1990, p. 287; L. Sebregondi Fiorentini, Tre confraternite fiorentine, Firenze 1991, pp. 28, 44, 87; S. Bellesi, Cesare Dandini, Torino 1996, p. 7 n. 32; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIII, pp. 547 s.