SVETONIO, Gaio Tranquillo
SVETONIO, Gaio Tranquillo (C. Suetonius Tranquillus).a - Biografo ed erudito romano. Nacque in data incerta, forse intorno al 69 d. C., da un tribuno angusticlavio della XIII legione, che aveva combattuto con Otone a Bedriaco nel 69 d. C. Dice di sé stesso che adulescentulus assistette a crudeltà di Domiziano (Domit., 12). Dalle sue opere si raccolgono alcune altre testimomonianze sulla sua educazione, certo accurata. Più interessa quanto risulta dall'epistolario di Plinio il Giovane, che lo considerava suo familiare (contubernalis) e lo apprezzava come uomo di onestà esemplare nonché eruditissimo (X, 94, probissimum, honestissimum, eruditissimum virum) e come tale lo raccomandava all'imperatore Traiano per fargli ottenere i privilegi inerenti ai padri di tre figli (che Sv., s'intende, non aveva), ricevendo dall'imperatore risposta favorevole. Nello stesso epistolario Sv. ci appare fuggevolmente ora come avvocato, ora come aspirante a un posto di tribuno militare, a cui poi rinuncia, ma soprattutto egli è il compagno di studî di Plinio, che gli dà e chiede consiglio e si lamenta sia troppo lento nel pubblicare (più in edendo haesitator) di sé stesso. Un passo della Historia Augusta nella vita di Adriano (11, 3) aggiunge il particolare più importante della sua carriera pubblica: nominato segretario dell'imperatore Adriano (ab epistulis), fu messo a riposo insieme con il prefetto del pretorio Septicio Claro (che tenne tale posto dal 119 al 121) e con molti altri, quando Adriano per rendere più rigorosa l'etichetta di corte verso la moglie Sabina allontanò coloro che erano abituati a trattarla più familiarmente. L'episodio è in sé molto chiaro, tenuto conto della tendenza di Adriano ad accentuare il suo distacco dai sudditi. E poiché le biografie degl'imperatori sono dedicate da Sv. a Septicio Claro ancora prefetto, è probabile che egli sia entrato negli uffici di corte per protezione sua. Dopo di allora non abbiamo più notizia diretta. È ovvio che della permanenza a corte Sv. profittò per raccogliere i documenti da utilizzare nelle sue biografie, le quali per la dedica stessa sono state edite tra il 119 e il 121. La cronologia delle altre opere è ignota. Suida (sotto la voce Τράγκυλλος) ce ne dà un catalogo, che può risalire a Sv. medesimo tra le lacune, che vi si notano, la mancanza di una delle opere più celebri, i Prata, mentre sono notate le vite degli imperatori, lascia al più, ma non certamente, indurre che i Prata siano posteriori alle biografie. Nulla porta a ritenere che l'ordine delle opere, come è dato da Suida, sia cronologico.
Di queste opere una ci è giunta quasi intera, le biografie imperiali; una seconda, il De viris illustribus, è conservata in una sezione, ricostruibile in altre sezioni per le pagine sparse fra testi di altri eruditi e notizie derivatene; le restanti opere sono più o meno largamente ricordate dalla tradizione. Nel complesso, dunque, l'operosità scientifica di Sv. ci è ben nota. Se tuttavia la sua personalità rimane poco precisa, la mancanza di rilievo corrisponde non alle incertezze della nostra informazione, ma al vero. Senza l'ambizione dell'amico Plinio di costruirsi una figura, con un gusto obiettivo per l'erudizione, mette in evidenza sé stesso solo per rari ricordi autobiografici, che abbiano valore di notazione dotta. La sua erudizione può apparire oggi sciolta e dilettevole, tra conviviale e pettegola, ma non si dimentichi che essa corrisponde a quella mentalità onesta e mediocre, compiaciuta di una cultura curiosa e meschina, che con maggiore raffinatezza, ma anche con maggiore vanità, si ritrova appunto in Plinio. Come Plinio, Sv. appartiene ai circoli colti che hanno cominciato a respirare con l'avvento di Nerva; ma in sostanza il suo giudizio politico si identifica con quello circa la maggiore umanità o disumanità dei singoli imperatori senza investire il problema dell'impero se non per qualche traccia. E se poi sembra compiacersi eccessivamente nel raccogliere particolari compromettenti anche su imperatori come Augusto e Tito che hanno la sua simpatia, non c'è politica, ma gusto di erudizione in quelle direzioni di cronaca scandalosa, che fin dalle origini della biografia greca sono abituali. Altrettanta è l'assenza di convinzioni personali in religione e in letteratura. Perciò Sv. è nell'insieme un semplice continuatore dell'erudizione quale Varrone aveva rifoggiato in Roma. Il fatto però che egli sia sorto in un momento in cui anche la storia di Roma poteva trattarsi biograficamente per singoli imperatori con maggiore aderenza al sentimento comune che non seguendo la forma annalistica ancora prediletta da Tacito, e quindi la possibilità di trasferire lo schema della biografia erudita di origine alessandrina agl'imperatori, hanno dato un rilievo straordinario ai suoi scritti: l'opera di Sv. viene a essere l'origine della biografia imperiale, modello per i secoli non solo dell'antichità. C'è inoltre da aggiungere che l'avere egli scritto talune opere minori in greco (almeno sembra), sebbene non sia eccezionale, tuttavia comprova un collegamento stretto con l'erudizione greca contemporanea.
Poiché dalle ricerche di F. Leo in poi può tenersi assodato che le biografie del De viris illustribus hanno fornito lo schema applicato anche alle biografie imperiali, tale opera è la fondamentale per il metodo erudito di Sv. Essa abbracciava le biografie di cinque categorie di uomini di cultura: poeti, oratori, storici, filosofi, grammatici e retori. L'ultima sezione ci è ancora conservata in gran parte insieme con il Dialogus de oratoribus e la Germania di Tacito, e ci indica bene la struttura del lavoro. Il suo interesse è di costruire la storia dei varî generi letterarî presso i Romani, in conformità del concetto aristotelico passato ai grammatici alessandrini che riconosce una vita organica per i generi letterarî. È dato innanzi tutto per orientamento un catalogo dei grammatici e retori, poi un sommario di storia della grammatica in Roma con didascalie sulle designazioni dei grammatici e con considerazioni sui rapporti tra grammatica e retorica: segue un cenno su ciascun grammatico. Viene quindi ripresa la trattazione sistematica della retorica, a cui fa seguito la vita dei singoli retori, giuntaci solo in parte. Della sezione sui poeti sono conservate le seguenti biografie intere o non profondamente ritoccate: 1. la vita di Terenzio nel commento di Donato al medesimo con l'esplicita indicazione haec Suetonius Tranquillus, è quella che può dare meglio l'idea della biografia letteraria svetoniana; 2. la vita di Virgilio rielaborata da Donato, dalla quale rielaborazione dipendono la vita di Virgilio di Foca e in tutto o per grande parte la vita di Servio. Molto discusso è il rapporto di questa biografia con la vita del cosiddetto Probo; 3. la vita di Orazio contenuta in codici di Orazio, la cui appartenenza a Sv. è confermata dalle citazioni degli scoliasti; 4. la vita di Lucano contenuta nel Cod. Bernese 370, dove è preceduta da un'altra vita del medesimo, che risale pure in parte indirettamente a Sv.; 5. la vita di Tibullo, contenuta in alcuni manoscritti del poeta, la cui appartenenza a Sv. è stata riconfermata di recente con serî argomenti (A. Rostagni). Contestate fortemente sono la derivazione da Sv. della cosiddetta vita borgiana di Lucrezio e della vita di Persio. Esclusa la derivazione delle vite di Giovenale. Degli oratori e degli storici, le cui serie sembra (ma non è certo) s'iniziassero rispettivamente con Cicerone e con Sallustio (in conformità alle direttive che si ritrovano in Quintiliano), abbiamo una vita sola per categoria: la vita di Passieno Rufo conservata negli scolî a Giovenale e la vita di Plinio il Vecchio nei manoscritti della Naturalis Historia. Ma la nostra conoscenza dell'opera sia nel complesso, sia nei particolari è poi straordinariamente arricchita dalla sistematica utilizzazione che ne fa S. Girolamo prendendola a modello nel suo omonimo De viris illustribus per gli scrittori ecclesiastici e servendosi delle notizie di Sv. per i riferimenti letterarî del suo Chronicon: ai riscontri con Girolamo si deve appunto, tra l'altro, la conferma dell'identificazione di quasi tutte le biografie svetoniane, che nei manoscritti dove sono conservate non portano nome.
Tutte queste biografie, come già si è accennato, obbediscono non tanto a un criterio di ricostruzione di un individuo per sé, quanto a una ricostruzione del suo posto nella storia del genere letterario a cui appartiene. La forma narrativa è sostituita nella maggior parte della biografia da una descrizione sistematica, che delinei il carattere dell'attività dello scrittore con le vicende che sembrano alla mentalità del biografo riconnettersi con la sua attività di scrittore. Donde una divisione di ogni biografia press'a poco nelle parti seguenti: 1. nome, provenienza, condizione; 2. inizî, maestri, sviluppo; 3. doti intellettuali e morali; 4. protettori; 5. scuola; 6. vicende della vita; 7. scritti; 8. soprannomi; 9. ritrovati; 10. scolari; 11. età; 12. morte; 13. statue; 14. famiglia.
Tale schema viene poi esteso alle biografie degli imperatori (De vita Caesarum), il cui nucleo è analogamente costituito dall'attività loro come imperatori considerata come sconnessa dalle vicende personali. Tali vite sono 12 da Cesare a Domiziano riunite in 8 libri, perché le vite di Galba, Otone e Vitellio e poi quelle di Vespasiano, Tito e Domiziano costituiscono un libro solo insieme. Il nostro testo è completo, eccetto che all'inizio, dove è andato perduto un quaderno, che doveva contenere la dedica a Septicio Claro, notizie in genere sulla famiglia giulia, la nascita di Cesare e la sua prima educazione nonché i presagi della sua fortuna. La dedica ci è ricordata da Lorenzo Lido nel suo libro Sulla magistratura, II, 6. E poiché Lido viveva nel sec. VI d. C. e il nostro più antico codice, il Memmiano, ora a Parigi, copiato, sembra, da un manoscritto che si trovava a Fulda, è del sec. IX, la perdita del primo quaderno deve essere avvenuta dal sec. VI al IX. Sv. stesso ci dà nella vita di Augusto a più riprese esplicitamente i criterî dell'ordinamento delle sue biografie: per es., cap. 61 "quoniam qualis in imperiis ac magistratibus regendaque per terrarum orbem pace belloque republica fuerit exposui, referam nunc interiorem ac familiarem eius vitam, quibusque moribus atque fortuna domi et inter suos egerit a iuventa usque ad supremum vitae diem". Lo schema della vita di Augusto è infatti: famiglia; nascita, educazione, nomi; attività militare e civile; vita privata; presagi; morte, apoteosi, ecc.
La questione del valore delle biografie imperiali, come di quello del De viris illustribus, si riduce nella sostanza a un esame del materiale utilizzato. Pregi compositivi non esistono, se si prescinda dalla chiarezza costante dello stile, di uno che si è esercitato nella cancelleria imperiale e ha quindi anche la necessaria padronanza delle formule tecniche. Il tipico schema delle biografie dei cattivi imperatori, in cui la vita è divisa in due parti, una di inizio promettente e poi la seconda, la decisiva, di pessima continuazione, è già preesistente, perché si ritrova analogo in Tacito e Cassio Dione. Resta dunque solo a Sv. l'utilizzazione di varie fonti. E non c'è dubbio che egli abbia cercato un po' di più di quanto non si facesse in media per opere come le sue. Le fonti letterarie, quando ci sono note, sono scelte bene, tra le più autorevoli; e ad esse viene aggiunto il riscontro di autobiografie, testi ufficiali, diarî pubblici (acta urbis, acta senatus), discorsi, iscrizioni, lettere private, ricordi di testimonî. Naturalmente non si tratta affatto di un riscontro sistematico; è la notizia curiosa che si aggiunge ad arbitrio alla notizia curiosa, per completarla, rettificarla o darne, senza impegno, una variante. La ricerca delle singole fonti ha impegnato la critica moderna senza che i risultati ottenuti compensino gli sforzi fatti. Tra le fonti letterarie la più sicura è quella che sottostà al racconto per le vite di Nerone, Galba, Otone e Vitellio non come fonte unica, ma come fonte principale. Questa fonte, che si ritrova anche in Tacito e in Plutarco, è senza dubbio Plinio il Vecchio. Per Cesare e Augusto, Livio e Asinio Pollione sono tra le fonti più utilizzate. Per il resto si brancola nell'oscurità. Chiaro è peraltro che, mentre per le vite degli imperatori più remoti le fonti letterarie dirigono la narrazione, per Vespasiano, Tito e Domiziano, nessuna storia dovette stare dinnanzi come traccia all'autore: egli dovette valersi di materiale sparso, e sopra tutto di ricordi personali di contemporanei. Nel caso della vita di Caligola è, per es., nettamente visibile che egli combina due fonti; ma quali siano è ignoto. Di Tacito non è dimostrabile che gli serva di fonte. Sotto un certo aspetto le fonti che sono meglio riconoscibili sono le autobiografie imperiali, i commentarî di Cesare, l'autobiografia di Augusto (oltre al cosiddetto monumento ancirano, le cui tracce sono sicure, ma di cui non è sicura l'utilizzazione diretta), di Tiberio, di Claudio (chiaramente riconoscibile nella solidità delle informazioni sulle riforme interne del medesimo), di Vespasiano (il che spiega certe concordanze con Giuseppe Flavio, che ebbe presente il medesimo testo). Lettere sono riportate in particolare per Augusto, anche nelle vite dei poeti che hanno avuto rapporto con lui. Nel complesso il materiale che è conservato in Sv. è di inestimabile valore. Più gli studî penetrano nella storia dell'età imperiale, e più ci si rende conto del significato delle notizie che Sv., talvolta egli stesso inconsapevole della loro importanza, ci tramanda. Nella storia letteraria, le notizie che sono implicite, per es., nella vita di Virgilio e in quella di Tibullo sul corpo delle poesie dei due poeti sono fondamentali per la ricostruzione della genesi di questi corpi. E nella storia politica, il meglio di quanto sappiamo, ad es., circa la politica religiosa di Caligola o la politica antisenatoria di Claudio, per tacere delle tre ultime vite, in cui è la fonte più importante, ci deriva da Sv.
Le altre opere, conosciute da frammenti e citazioni, hanno dato luogo a molte discussioni per la loro ricostruzione. Di uno scritto sopra i giuochi dei Greci (Περὶ τῶν παρ' "Ελλησι παιδιῶν) scritto in greco si hanno estratti in tre manoscritti e in Eustazio. Un'altra opera sulle feste romane, da Gellio chiamata Ludicra historia e da Suida Περὶ τῶν παρὰ ‛Ρωμαίοις ϑεωριῶν καὶ ἀγώνων βιβλία β′, deve essere servita di traccia per la polemica di Tertulliano nel De spectaculis. Di una ricerca sull'anno romano (il titolo di Suida è Περὶ τοῦ κατὰ ‛Ρωμαίους ἐνιαυτοῦ βιβλίον) possiamo tracciare una ricostruzione per mezzo delle tre esposizioni sull'argomento di Macrobio, Censorino e Solino, le quali risalgono a fonte identica; e poiché Macrobio dà in particolare la prova sicura che la sua fonte deve essere vissuta tra Domiziano e Commodo, e poiché d'altro lato Censorino cita Sv., è naturale pensare a lui come alla fonte comune. Sui segni nelle scritture (Περὶ τῶν ἐν τοῖς βιβλίοις σημείων) è un trattato sui segni delle edizioni critiche secondo il sistema di Aristarco, che può per una grande parte essere ricostruito sia da un anonimo trattatello scoperto da Th. Mommsen in un manoscritto di Parigi (poi pubblicato da Th. Bergk), sia dalle Etimologie di Isidoro, la cui provenienza da Sv. sembra per altro indiretta. Di uno scritto sul De Republica di Cicerone (altre interpretazioni del titolo di Suida Περὶ τῆς Κικέρωνος πολιτείας βιβλίον sembrano meno probabili) scritto contro Didimo Calcentero, sarebbe naturalmente interessante sapere il contenuto, perché esso si riconnette con la polemica di carattere culturale e politico intorno a Cicerone, di cui fu difensore anche Claudio. Un libro sui vestiti (Liber de genere vestium, lo chiama Servio; più complicato il titolo greco di Suida) apparteneva agli onomastici, come un altro sulle parole blasfeme scritto in greco da fonti greche (Didimo) col titolo Περὶ δυσϕήμων λέξεων ἤτοι βλασϕημιῶν καὶ πόϑεν ἑκάστη, di cui un estratto ci resta in uno dei manoscritti, che ci hanno conservato gli estratti dell'opera sui giuochi in Grecia: probabilmente di analogo interesse lessicale l'opera De vitiis corporalibus citata da Servio. Siano pure nominati un'opera sui costumi e usi dei romani, citata da Suida, un'altra De institutione officiorum sugli offici pubblici romani, frutto della esperienza burocratica, citata da alcune fonti romane; una sulle celebri etere, forse utilizzata da Apuleio, e infine un'opera sui re, di cui qualche notizia abbiamo (sappiamo, per es., che si divideva secondo l'Europa, l'Asia e l'Africa) perché Paolino da Nola la ridusse in versi e taluni di essi sono citati da Ausonio in una risposta a Paolino. Ma delle opere perdute la più celebre era una miscellanea, intitolata Pratum o Prata (cfr. greco λειμών, λειμῶνες o anche il latino silvae), a cui probabilmente si riferisce anche una citazione di grammatico da un'opera De rebus variis. Che si tratti di una sistematica enciclopedia ormai più nessuno crede. Dalle tracce sicure si può dedurre che si occupava tanto di storia naturale quanto di varî aspetti dell'attività umana (per es., di diritto): una curiosa traccia si è ritrovata nella riproduzione di tipi di nave secondo la sua descrizione in un musaico africano (v. Corpus Inscript. Latin., VIII, 27790; Dessau, Inscriptiones latinae selectae, 9456). Molto materiale di quest'opera deve essere passato in Isidoro e forse nell'Hexaemeron di Ambrogio, che in ogni caso utilizza un'opera di Sv.; ma nulla di preciso è determinabile.
L'interesse biografico e l'interesse enciclopedico predominante in Sv. spiegano la sua fortuna nella tarda antichità e nel Medioevo. Le biografie imperiali sono dominate dall'esempio di Sv. (si veda la Historia augusta); così il Liber de Caesaribus di Aurelio Vittore, ecc. E il biografo di Carlo Magno, Eginardo, scriverà la sua biografia sul modello di Sv. La fortuna del De viris illustribus è meno unitaria solo perché le vite che interessavano furono assorbite nei manoscritti degli scrittori a cui si riferivano, mentre S. Girolamo offriva un riassunto del complesso. Il Petrarca richiamerà nel titolo e nel metodo il De viris illustribus e conoscerà e apprezzerà fortemente le vite dei Cesari.
Le biografie dei Cesari ci sono state in sostanza conservate da un manoscritto di Fulda ora perduto, di cui ebbe copia l'abate di Ferrières, Servato Lupo, verso la metà del sec. IX, da cui deriva senza interpolazioni il cod. Memmiano del sec. IX ora nella Biblioteca Nazionale di Parigi, mentre generalmente la tradizione manoscritta, che risale al medesimo archetipo, è fortemente interpolata. Importante anche l'excerptum fatto da uno scolaro di Servato Lupo, Heiricus Antessiodurensis.
Ediz.: Edizioni principi delle biografie, le due di Roma del 1470 di Ant. Campanus e Andr. Aleriensis. Particolarmente importante l'edizione di I. Casaubono del 1595 e del 1610. Edizioni moderne migliori: C. L. Roth, Lipsia 1858; L. Preud'homme, Groninga 1906; M. Ihm, Lipsia 1907. Delle opere perdute, frammenti in C. L. Roth, Lipsia 1858, e A. Reifferscheid, ivi 1860 (fondamentale). Varie traduzioni italiane delle biografie, per es., di G. Rigutini (ristampa, Firenze 1914) e di A. Treves (Milano 1927-30); testo e traduzione francese di H. Ailloud, Parigi 1931 segg.
Bibl.: A. Macé, Essai sur Suétone, Parigi 1900; M. Schanz, Gesch. der römischen Litteratur, III, 3ª ed., Monaco 1922, p. 48 segg.; G. Funaioli, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., IV A, col. 593 segg.; id., I Cesari di Suetonio, in Raccolta di scritti in onore di F. Ramorino, Milano 1927, p. i segg. In questi scritti la bibliografia particolare. Per recenti commenti a vite singole, cfr. (oltre alle indicazioni in Schanz e Funaioli), in Enciclopedia Italiana, XXIX, p. 651. Tra le più recenti ricerche particolari, cfr., per le fonti, A. Momigliano, Osservazioni sulle fonti per la storia di Caligola, Claudio, Nerone, in Rendiconti Lincei, s. 6ª, VIII (1932), p. 293 segg., e, per le vite dei poeti, A. Rostagni, Virgilio minore, Torino 1933; id., La vita suetoniana di Tibullo e la costituzione del corpus tibullianum, in Riv. filol. class., XIII (1935), p. 20 segg. Per i Prata, G. Funaioli, in Athenaeum, VII (1929), p. 44 segg. La bibliografia degli anni 1918-28 vagliata da F. Hache, in Bursians Jahresberichte, CCXXVI (1930), p. 207 segg. Un indice lessicale di A. A. Howard e C. N. Jackson, Index verborum C. Suetoni Tranquilli, Cambridge Mass. 1922. Per la storia del testo, cfr. anche E. K. Rand, On the history of the Vita Caesarum of Suetonius in the early middle ages, in Harvard Studies in Class. Philology, XXXVII (1926).