CURIONE, Gaio Scribonio (C. Scribonius Curio)
Figlio di C. Scribonio Curione e da lui distinto, finché furono entrambi attivi nella politica, come Curio filius. Nacque verso l'84 a. C. Della sua primissima attività si conosce, nell'anno 61, l'opera data in favore di P. Clodio, che C. padre difese in Senato, C. figlio nei comizî. Due anni dopo, Cicerone lo ricorda nelle Lettere ad Artico (II, 7, 3; 8, 1; 12, 2; 18, 1; 19, 3) come suo informatore occasionale circa gl'intrighi che si ordivano intorno ai Triumviri, dei quali il giovane C. si manifestava nemico, e specie di Cesare, al pari del padre. D'una congiura contro Pompeo però, non solo non volle essere partecipe, ma si fece denunziatore. Nel 54 e nel 53 rimase in Asia con ufficio di questore: continuando sempre il carteggio con Cicerone, che lo teneva per suo seguace. Nel 52, caduto Clodio, egli ne sposò la vedova Fulvia. L'anno successivo riuscì a farsi eleggere tribuno della plebe, nonché pontefice, per il 50; ed enunciava propositi quanto mai ostili a Cesare. Ma proprio allora Cesare lo tirò a sé. Fu detto dai contemporanei che gli pagasse i debiti. Ma, fosse quello il motivo, o fosse ambizione di successo e diversa valutazione delle forze politiche, o fosse, ancora, mutato concetto del bene pubblico; certo è che la conversione fu, nelle forme, cautissima; e non apparve schietta che il 1° marzo quando fu discusso il richiamo di Cesare dalle Gallie. Ne ebbe favore pubblico, odio da Pompeo e dai pompeiani. Consumato l'anno in tali contese, scadutogli il 9 dicembre l'ufficio, si recò nel campo di Cesare a Ravenna. Il 1° gennaio era di nuovo a Roma, e presentava ai consoli l'ultimatum di Cesare, e dirigeva le difficoltose trattative, attirando a Cesare amici e seguaci: ma di ciò Cesare non credette far cenno nel Bellum civile. Il 7 gennaio, ritornato al campo, entrava in campagna e otteneva importanti comandi. A fine di marzo ebbe l'imperium pro praetore, tre legioni, l'ordine di passare in Sicilia, che trovò sgombra dai pompeiani e di lì in Africa dove sbarcò presso Clupea. Mise poi il campo sotto Utica, fronteggiò la sediziosa indisciplina delle truppe con discorsi che Cesare reputò degni di lode, conseguì in battaglia una vittoria sopra i pompeiani (16 agosto). Ma quattro giorni dopo, ingannato da un'informazione erronea, fu sorpreso dal forte esercito di Giuba re di Numidia, che favoriva la parte di Pompeo: i legionarî, spossati dal caldo e dalla marcia, furono disfatti presso il fiume Bagrada. C. non cercò scampo. Morì combattendo da valoroso: il capo reciso fu dato a Giuba; il corpo, non sepolto. Lasciava, da Fulvia, un solo figlio. Delle sue attitudini si diedero e si dànno disparati giudizi. Cesare ne valutò favorevolmente le doti militari; né volle disdirsi anche dopo la sconfitta.
Bibl.: Copioso articolo di F. Münzer, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., s. 2ª, II, col. 868 segg.; inoltre: Th. Mommsen, Römische Geschichte, III, p. 405; Drumann-Groebe, Geschichte Roms, III, 2ª ed., Berlino 1906, pp. 346 segg., 402 segg. e passim; E. Meyer, Caesars Monarchie und das Principat des Pompeius, 3ª ed., Berlino 1922, p. 269 segg. Per la campagna d'Africa: Kromayer-Veith, Antike Schlachtfelder, III, ii, Berlino 1903, p. 730 segg.; Schlachten-Atlas, Röm. Abt., tav. 19, Lipsia 1924; A. Ferrabino, in Atti dell'Accademia di Torino, XLVIII (1912-13), p. 499 segg.; T. Rice Holmes, The Roman Republic, III, Oxford 1923, p. 121 segg.