MARCIO RUTILO, Gaio (C. Marcius L. f. C. n. Rutilus)
Romano di famiglia plebea, fu console per la prima volta nel 357 a. C., nel quale anno gli viene ascritta la sottomissione dei Privernati. Questa e il relativo trionfo registrato nei Fasti trionfali sono stati messi in dubbio da molti critici, ma probabilmente a torto, perché Priverno doveva già essere entrata nell'alleanza romana quando i Romani nel 343 si avanzarono in Campania. L'anno seguente (356) M. rivestì la dittatura come primo dittatore plebeo. Anche questo si è messo a torto in dubbio, osservandosi che avendo egli, primo tra i plebei, rivestito la censura, ciò può avere dato causa a favoleggiare che fosse stato anche il primo plebeo dittatore. E non vi è neppure alcun motivo di respingere la tradizione circa una sua vittoria sugli Etruschi che devastavano la regione intorno alla foce del Tevere, sebbene sia certamente esagerato ciò che si dice intorno al numero dei caduti nemici. Che questa vittoria abbia dato occasione all'ordinamento di Ostia come primo comune coloniale di diritto romano è ipotesi di qualche moderno, il quale nella persona storica di M. vuol vedere il prototipo del re Anco Marcio, il leggendario fondatore di Ostia. Ma se anche le vittorie di M. possono avere avuto qualche importanza nella vita di Ostia, l'ordinamento di essa a comune coloniale sembra posteriore alla colonia di Anzio (338). M. trionfò secondo i Fasti come dittatore de Tusceis; secondo Livio (VII, 17, 9) sine auctoritate patrum populi iussu triumpharit. Ma questo particolare è dubbio se anche è ipercritica negare addirittura il trionfo come fa qualche moderno. Console per la seconda volta nel 352, gli viene ascritta a sollievo della plebe oberata dai debiti l'istituzione dei quinqueviri mensarii. È dubbio se con questa si colleghi o no la lex Marcia de foenore, di cui sono incerti la data e l'autore. Nel 351 raggiunse primo tra i plebei la censura. Ma di questa censura e del suo terzo consolato (344) non sappiamo nulla. Nel quarto consolato (342) si dice che placò una sedizione militare, e può essere in ciò qualcosa di vero, sebbene i particolari intorno a quella sedizione siano interamente fantastici. Dall'insieme di queste notizie appare che M. fu uno dei personaggi più ragguardevoli di Roma circa la metà del sec. IV e uno di quelli che più contribuirono all'equiparazione della plebe al patriziato; ma la sua personalità ci sfugge e delle sue vicende non abbiamo che le linee esteriori.
Bibl.: E. Pais, Storia di Roma, 3ª ed., IV, Roma 1928, passim; G. De Sanctis, Storia dei Romani, II, Torino 1907, pp. 218, 253; K. J. Beloch, Röm. Geschichte, Berlino 1926, pp. 71, 359, 379. Per la lex Marcia, v.: G. Rotondi, Leges publicae populi Romani, Milano 1912, p. 326.