LICINIO Stolone, Gaio (C. Licinius Stolo)
Tribuno della plebe nel 377 a. C., insieme con L. Sestio, presentò secondo la tradizione, tre rogazioni, una per cui uno dei consoli avrebbe dovuto essere sempre plebeo, una sui debiti e una sull'agro pubblico. Dinnanzi all'opposizione dei patrizî i plebei rielessero pertinacemente per dieci anni di seguito gli stessi tribuni e per cinque impedirono la nomina di magistrati forniti d'imperio. Nel 368 i patrizî fecero nominare dittatore Camillo, ma questi fu costretto ad abdicare, e gli fu sostituito P. Manlio, che scelse come maestro dei cavalieri C. Licinio, secondo alcuni lo stesso tribuno della plebe. Ma finalmente nel 367 Camillo, eletto dittatore per la quinta volta, rinunciò, per salvare la patria, a difendere più oltre i privilegi dell'aristocrazia: il senato si piegò, le rogazioni licinie furono approvate, e nel 366 fu eletto il primo console plebeo, L. Sestio. Molte sono le incertezze di questo racconto, giacché l'anarchia quinquennale sembra affatto inverosimile e forse è stata prolungata così da alcune fonti per espediente cronologico (v. fasti: Fasti consolari, XIV, p. 890 seg.), mentre, d'altra parte, l'operato di Camillo sembra ricalcato su quello del tempo dell'incendio gallico; ma la rogazione sul consolato probabilmente è storica. Invece quella sulla riduzione dei debiti e sulla limitazione del possesso dell'agro pubblico sono giudicate dai più come anticipazioni di leggi posteriori. Licinio Stolone fu poi console nel 361, e nel 357 fu, secondo la tradizione, condannato a una multa per trasgressione della sua stessa legge.
Bibl.: G. De Sanctis, Storia dei Romani, II, Torino 1907, p. 213 segg.; E. Pais, Storia di Roma, 3ª ed., IV, Roma 1927, p. 36 segg., 106 segg.; G. Cardinali, Studi Graccani, Roma 1912, p. 129 segg.; J. Beloch, Römische Geschichte, Berlino e Lipsia 1926, p. 340 segg.