CESARE, Gaio Giulio
CESARE, Gaio Giulio (vol. IX, p. 867).
Negli anni immediatamente successivi alla guerra mondiale, gli studî europei su C. furono nettamente dominati dalle teorie esposte dal grande storico tedesco Edoardo Meyer, nel suo libro: Caesars Monarchie und das Prinzipat des Pompeius (Stoccarda-Berlino, 1ª ediz. 1917), secondo le quali l'opera di C. rappresentava più che altro un tentativo eroico, ma episodico, di fondare in Roma una monarchia di tipo ellenistico-orientale. L'esperienza di C. era - almeno dal punto di vista costituzionale - estranea alle vive tradizioni romane, e quindi il suo assassinio da parte di un gruppo di aristocratici vendicò in certo modo la più vera tradizione. Invece Pompeo, con il suo predominio in Roma, che il Meyer definiva addirittura "principato", segnò la direttiva da cui Augusto doveva trarre la sua soluzione del problema monarchico.
Dopo il periodo in cui le teorie del Meyer furono accettate con un consenso pressoché generale, una più matura e vigile critica cominciò a rivedere molte delle sue posizioni. Anzitutto F. Gundolf, in un suo Caesar, proponendosi di studiare la storia della fama, della leggenda e della gloria dell'eroe (partendo da premesse ideologiche proprie della scuola di Stefan George), finì con l'attrarre vivamente l'attenzione degli studiosi su certi caratteri, permanenti nei secoli, della gloria di C., che male si sarebbero conciliati con l'ipotesi di una sostanziale antistoricità della sua opera politica.
Maggiore luce sugli studî storici cesarei venne da un attento esame dei valori religiosi nella politica romana e nel processo di affermazione delle grandi personalità nello stato romano. In questa direttiva si era posto, con molta chiarezza, sin dai primi anni del sec. XX, W. Warde Fowler, con le sue due opere The religious experience of the Roman People (Londra, 2ª ediz., 1922) e Roman Ideas of Deity (Londra 1914), dalle quali era stato messo in rilievo il grande e stretto vincolo che, in tutta la politica romana vi è fra ius e fas, fra gli elementi civili sempre inscindibili dagli elementi religiosi. Una più attenta osservazione sulla politica di Cesare e sulle sue conseguenze non poteva trascurare il fatto che gli onori politico-religiosi avuti da lui in vita, e lo stesso fatto della sua divinizzazione dopo la morte, non soltanto erano in gran parte estranei alla direttiva politica di Gneo Pompeo Magno, almeno secondo gli studî condotti dal Meyer su questa politica fondandosi sugli scritti di Cicerone, ma divenivano elementi costitutivi della dottrina monarchica elaborata da Ottaviano Augusto.
Indagini di carattere filologico-giuridico hanno potuto, in seguito, tendere a dimostrare che la supremazia di C. era fondata anche su elementi di diritto pubblico che, pur nella loro sostanza rivoluzionaria, rientravano nella tradizione costituzionalistica repubblicana. Così la dittatura di Cesare, divenuta dittatura perpetua, non aveva nulla in comune con la dittatura rei publicae constituendae di Silla, ma era invece da intendersi come una dittatura militare a vita, istituto proprio di tutta la storia non solo romana ma preromana e latina, e quindi da ritenersi un antecedente dell'imperium proconsolare infinitum detenuto da Ottaviano Augusto nel suo principato. D'altra parte una serie di notizie delle fonti antiche ha permesso di dimostrare che la tribunicia potestas, altro elemento costitutivo del principato augusteo, era già stata escogitata per il potere civile di G.C.
Sulla stessa tesi della affectatio regni di Cesare, motivo determinante della congiura cesaricida e di tutta la propaganda anticesariana, sullo spunto dato da uno scritto di J. Carcopino (Points de vue sur l'impérialisme romain, Parigi 1934, pp. 89-155) si è potuto ritornare cercando di dimostrare che l'idea dell'assunzione dí un titolo regio in Roma non poteva essere possibile, in quel tempo e in quella forma, da parte di G.C.
L'importanza di C. nella sua opera diretta al superamento di ogni antinomia Roma-Italia, è anche stata molto acutamente vista, di recente, da A. Ferrabino (L'italianità di Cesare, in Annali della istruzione media, 1932); allo stesso Ferrabino si deve anche, nel vol. l'Italia romana (Milano 1934) un chiaro riconoscimento della novità rivoluzionaria e di coerenza alle consuetudini tradizionali che vi è in tutta la sua opera costruttiva, per cui "rinascono tutte le fondamentali sue istituzioni" e C. si rinnovò nei secoli nel "cesarismo".
La più importante opera recente su C. è però da ritenersi quella di J. Carcopino (G. Eloch e J. Carcopino, Histoire Romaine, II, 11, Parigi 1935), opera che studia nel suo complesso la grande figura in tutta la sua storia, affermandone sostanzialmente il vero carattere di fondatore dell'impero romano, e riconoscendo il valore eroico e l'indiscutibile storicità della sua personalità, anche se il Carcopino insiste troppo sul carattere orientalizzante della rivoluzione cesarea e quindi su differenze, praticamente assai dubbie, fra la "monarchia" di Cesare e il "principato" di Augusto.
Bibl.: In aggiunta alla bibliografia indicata nella voce Cesare, si deve ricordare, oltre alle opere sopra menzionate: L. R. Taylor, The Divinity of the Roman Emperor, in Philological Monographs, della American Philological Association, n. 1, Middletown, Conn. 1931), opera fondamentale per lo studio dell'elaborazione religiosa del principato romano; M. A. Levi, La costituzione romana dai Gracchi a G. C., Firenze 1928; id., La "tribunicia potestas" di G. G. C., in Atti del I Congr. Naz. di Studi Romani, Roma 1928; id., Cesare e i Transpadani, in Torino, 1933; id., La "affectatio regni" di C., in Annali dell'Ist. Sup. di Magistero del Piemonte, 1934, VII; id., La politica imperiale di Roma, Torino 1936. Carattere quasi esclusivamente biografico e psicologistico hanno opere come G. Costa, G. C., Roma 1934 e id., G.C., nella collez. Res Romanae, Roma 1937 e V. Silvagni, G. C., Torino 1930. Cfr. anche gl'importanti articoli: M. Cary, The municipal legislation of J. C., in Journal of Roman Studies, 1937; E. Bodrero, Umanità di G.C., in Nuova Antologia, 1933; C. C. Coulter, Caesar's Clemency, in Classical Journal, XXVI, 1930-31; P. De Francisci, in Sotto il regno di Clio, Roma 1935; L. Wickert, Zu Caesars Reichspolitik, in Klio, XXX, 1937. Assai impreciso, ma tuttavia animato da uno spunto felice, cioè la ricerca del lato religioso della politica di Cesare, E. Giovannetti, La religione di C., Milano 1937. Superfluo, invece, segnalare la grande e vera importanza del IX volume della Cambridge Ancient History, pubbl. nel 1932. Del volume di F. Gundolf, Caesar, Geschichte seines Ruhms, Berlino 1925, già citato nella voce C. (vol. IX), si veda ora la trad. it. di E. Giovannetti (Cesare, storia della sua fama, Milano 1932) che comprende anche l'aggiunta Caesar im Neunzehnten Jahrhundert, Berlino 1926. Si veda pure l'ampia recensione al libro del Gundolf di G. Corradi, in Rivista Storica Italiana, 1934.