VENEZIANO, Gaetano
– Nacque a Bisceglie da Giuseppe e da Diana Piatanza (Pietanza o Pietazzo), attorno al 1656/1658.
Non si può essere più precisi per via della perdita dei registri battesimali della cattedrale per gli anni 1656-59. Tre diverse fonti d’archivio mostrano tuttavia una maggiore convergenza intorno all’anno 1658 (cfr. D’Alessandro, 2019, pp. 122, 538): se il processetto del matrimonio contratto a Napoli il 28 gennaio 1677 con Antonia de Riso rimanda al 1656 (lo sposo risulta «etatis suae annorum viginti unius in circa»; Napoli, Archivio storico diocesano, Processetti matrimoniali, anno 1677, lettere I-G), la data 1658 si desume dal processetto matrimoniale della figlia Maddalena con Gaetano Nicolò Pisano, in cui il compositore dichiara di avere «trigintaquatuor in circa» anni (ibid., anno 1692, f. 3, lettera G), nonché dalla registrazione di morte, che nel 1716 lo dice «d’anni 58» (ibid., Parrocchia di S. Giovanni Maggiore, Libri dei defunti, vol. 130, anni 1709-20, c. 304v).
La consultazione del catasto di Bisceglie individua già nella seconda metà del Cinquecento l’insediamento di almeno sette famiglie Veneziano, i cui capostipiti (Cola, Giovanni, Leonardo, Lorenzo, Marchetto, Marinello, Mauro) sono tutti registrati con l’impiego di «faticatore de fora», ovvero agricoltori (Bisceglie, Archivio storico comunale, Catasto, anni 1550-1600, cc. 135r, 138r-139r, 222r-223v, 225r-226v). La ricerca genealogica colloca la discendenza di Veneziano nel ramo di Lorenzo: tra i figli di quest’ultimo è annoverato un «Venetiano de Renzo Venetiano de età de anni quaranta cinque» (ibid., cc. 938v-939v), con ogni probabilità suo avo, dal momento che il padre Giuseppe (1631-1678) è a sua volta segnato nel registro dei battesimi quale «figlio di Venetiano di Venetiano» (Bisceglie, Archivio storico diocesano, Capitolo della basilica concattedrale di S. Pietro apostolo, Parrocchiale, Libri dei battesimi, b. 3, f. 2, anni 1629-31, c. 41r). Non è da escludere la provenienza lagunare della famiglia, dal momento che il nucleo abitativo è registrato in «strada S. Marco», contrada biscegliese destinata ai veneziani trapiantati in città. I possedimenti fondiari dei Veneziano, comprendenti numerosi «vignali di olivi e mandorle», dovettero fornire la base reddituale della famiglia, in linea con i rapporti commerciali che legarono Bisceglie con Napoli e le varie province del Regno (cfr. M. Cosmai, Bisceglie nella storia e nell’arte, Bisceglie 1968, p. 144).
Il citato processetto matrimoniale del 1677 (cfr. D’Alessandro, 2019, doc. 725) fornisce una traccia della presenza stabile del musicista a Napoli da almeno undici anni, ovvero dal 1666: nello stesso anno il padre Giuseppe, vedovo, si risposò (Bisceglie, Archivio storico diocesano, Chiesa collegiata e parrocchiale dei Ss. Matteo e Nicolò unite, Libri dei matrimoni, b. 1, f. 15, anni 1665-70, c. 4r), e la circostanza potrebbe aver favorito il trasferimento del piccolo Gaetano nella capitale. Nei registri del conservatorio di S. Maria di Loreto non vi è traccia della sua «entratura» come ‘figliolo’. Il suo nome compare per la prima volta nel 1670 in una Conclusione dei Governatori dell’istituto, in riferimento alla necessità di fare «li vestiti nuovi» (cfr. Dell’Olio - Rea, 2019, p. 66). Cinque anni dopo figura come copista nel manoscritto dello Schiavo di sua moglie di Francesco Provenzale: «Gaetano Venetiano Allievo di S. Maria di Loreto di Napoli scrivea 1675» (Roma, Biblioteca del Conservatorio di S. Cecilia, G.Mss.28, c. 124r).
Nella capitale, Veneziano dimorò in almeno quattro circoscrizioni parrocchiali: borgo Loreto, Mercato, Monteoliveto e S. Tommaso d’Aquino (cfr. Rea - Dell’Olio, 2020). Dal matrimonio con Antonia de Riso nacquero dieci figli (cfr. D’Alessandro, 2019, docc. 726-736), due dei quali proseguirono la carriera musicale: Giovanni (v. oltre) e Nicola (1688-1744). Il 9 luglio 1684 Veneziano fu nominato maestro di cappella nel conservatorio di S. Maria di Loreto insieme a Nicola Acerbo, quale successore di Giuseppe Cavallo; ma un anno dopo, il 2 settembre 1685, lasciò l’incarico «per non poter attendere con quella pontoalità che si ricerca, per le molte occupationi, che tiene» (Dell’Olio - Rea, 2019, p. 66). Almeno dal 1681 fu organista nella basilica teatina di S. Paolo Maggiore, e nel 1693 divenne maestro di cappella al posto di Cataldo Amodei, fino al licenziamento nel 1702 (cfr. D’Alessandro, 2003, p. XXVI). Nel 1695 fu di nuovo assunto come primo maestro di cappella nello stesso conservatorio, al posto di don Pietro Bartilotti, con un compenso mensile di 12 ducati (cfr. Rea - Dell’Olio, 2020), senza peraltro riuscire a svolgere con regolarità le attività didattiche – lo si ricava dalla lamentela dei ‘figlioli’ nel 1705 – a causa della moltitudine di impegni assunti presso la Cappella Reale (cfr. Dell’Olio - Rea, 2019, p. 68).
I rapporti con la Real Cappella di Palazzo furono dapprima saltuari, ricoprendo egli la carica di organista nel 1679 come soprannumerario, indi al posto di Giovanni Cesare Netti nel 1686 (cfr. Prota-Giurleo, 2002, pp. 293, 343). L’11 luglio 1690, con altri musicisti della cappella, fu destinatario della ripartizione degli emolumenti del defunto Antonio Palumbo (cfr. Dell’Olio - Rea, 2019, p. 67). Nel 1703, assieme a Cristofaro Caresana, Francesco Mancini e Domenico Sarro, concorse alla piazza di maestro di cappella a Palazzo Reale, lasciata vacante da Alessandro Scarlatti, componendo una Messa a otto voci e quattro instromenti obligati sopra dell’Inno Exultet orbis gaudijs. Risultato vincitore, ricoprì l’incarico dal 1704 al 1707, ossia fintanto che durò il governo spagnolo, con un salario di 30 ducati mensili (cfr. Maione, 2010, pp. 28-30). Per la festa del Carmine Maggiore, a metà luglio del 1708, promosse l’esecuzione di un Te Deum a tre cori, per salutare l’arrivo in città del nuovo viceré austriaco, il cardinale Vincenzo Grimani, «nella speranza di fare buona impressione al viceré, e tornare come maestro di cappella del palaggio» (cfr. Rea - Dell’Olio, 2020). Restò comunque in ruolo come organista (Ruffatti, 2013, pp. 56, 89).
Dai frontespizi di due libretti a stampa di oratori da lui composti, Il sacrificio d’Elia (1704) e La Vergine in figura (1713), si ricava ch’egli fu infatti maestro di cappella al Carmine Maggiore nonché, stando al secondo dei due, anche al conservatorio dello Spirito Santo. Lo scambio intessuto con varie istituzioni ecclesiastiche e assistenziali napoletane si lascia solo in parte suffragare con la superstite documentazione archivistica: tra il 1706 e il 1707 lavorò per il Real conservatorio della Solitaria (cfr. Fiore, 2010, pp. 21, 43, 47) e dal 1691 appartenne alla Congregazione de’ musici istituita in S. Giorgio Maggiore, fino a diventarne priore nel 1707 (cfr. Di Giacomo, 1928).
Morì a Napoli il 16 luglio 1716 (o qualche giorno prima). Secondo prassi, ma anche per sua espressa scelta, fu tumulato nella chiesa di Montesanto nella cappella di S. Cecilia, sepoltura dei musici di Palazzo.
Veneziano compose in prevalenza musica da chiesa (cfr. Turano, 1988, p. 38). L’assenza di un catalogo analitico delle sue opere – dovuta anche al denegato accesso all’archivio musicale della Congregazione dell’Oratorio di Napoli, che conserva manoscritta la maggioranza delle musiche – consente di definirne solo in parte l’elenco, che totalizza almeno un centinaio di titoli: otto messe, tra cui una a 4 voci (1680), una a 5 (1693), due a 8 (la messa sopra l’Inno Exultet per il concorso del 1703 e la messa breve denominata Pacecco, in onore di Juan Manuel Fernández Pacheco y Zúñiga, viceré di Napoli negli anni 1702-07); composizioni per l’Ufficio delle ore (lezioni, responsori, antifone, inni, salmi, cantici) e dei defunti; litanie; graduali per le domeniche di quaresima; nove oratori (cfr. Dell’Olio - Rea, 2019, pp. 110-114), di cui cinque in partitura autografa (Dialogo a due voci; Il Tobia sposo, 1690, cfr. Dell’Olio, in L’oratorio musicale..., 2016, pp. 1-42; Gioseppe adorato da’ fratelli, 1690; S. Antonio da Padova, 1692; La Santissima Trinità, 1693; più i due libretti a stampa già citati); undici mottetti, tra cui Vos pastores cantate portenta a 4 voci con trombe e flauti, Obstupescite caeli a 5 con violini (1695), Silete venti «per il SS.mo Crocifisso del Carmine» a 9 voci con due trombe e violini (1706), Caeli et terra vos laeti a 9 con violini, trombe, due cornetti e due flauti (cfr. Dell’Olio, in L’oratorio musicale..., 2016, pp. 29-38); cantate sacre; Passioni. Nel 1687 musicò il dramma La Berenice regina de gl’Argivi, di Isidoro Calisto, eseguito a Conversano per le nozze di Dorotea e Giulio Antonio Acquaviva d’Aragona (il libretto fu stampato a Napoli; cfr. Mastronardi, 2010). La musica strumentale comprende una fuga a due voci e una sonata.
Tre libretti napoletani documentano il contributo di Veneziano al genere encomiastico della serenata: nel 1705 compose una Serenata a quattro voci con concerto di trombe, flauti, cornette, haubois et altri stromenti per lo sbarco a Napoli di Isidoro de la Cueva y Benavides, viceré di Sicilia, e La contesa delle grazie per il genetliaco di Filippo V; per la medesima ricorrenza, l’anno dopo musicò i cori di Nisida e Pausilippo [...] con concerto di trombe (Sarro e Mancini scrissero le parti dei due interlocutori). I versi delle tre serenate furono stesi da Mario Saverio Bottoni, erudito messinese, accademico intronato e arcade, precettore di Mariano Fernández López Pacheco, figlio del viceré di Napoli. Nello stesso 1706, «in occasione de’ gloriosi vantaggi già riportati dalla maestà del re contro de’ Collegati in Ispagna», Veneziano aveva musicato la serenata Li pastori e le ninfe di Partenope, versi di un oscuro «don E.S. de V.». È nota, infine, una partitura contenente le arie di una serenata commissionata dal «principe della Torella», ossia Giuseppe Caracciolo, presumibilmente data a Posillipo il 2 settembre 1706 (Oxford, Bodleian Library, Mus. Sch. g. 607).
Giovanni, secondogenito di Gaetano (battezzato Pietro Giovanni Gregorio), nacque a Napoli l’11 marzo 1683. Fu presumibilmente allievo del padre, con il quale ebbe poi un rapporto conflittuale. Condusse una vita sregolata, dissipò i beni della famiglia e fu escluso dal testamento paterno per essersi accasato senza consenso (cfr. Rea - Dell’Olio, 2020): nel marzo del 1715 aveva sposato la napoletana Antonia Gaetana Bariese (Napoli, Archivio storico diocesano, Processetti matrimoniali, anno 1715, lettera J). Nel 1730 convolò in seconde nozze con Teodora Pulzone (ibid., anno 1730, vol. 952; l’atto non è al momento rintracciabile, cfr. Rea - Dell’Olio, 2020). Dal 1704 al 1707 fu organista alla Cappella Reale con la provvisione di 6 ducati al mese. Morto il padre, nel 1716 fu nominato secondo maestro di cappella nel conservatorio di S. Maria di Loreto, e tenne l’incarico fino alla morte, con un compenso mensile di sei ducati e l’obbligo di «dar lezzioni di canto e suono di tasto a tutti quelli figliuoli li saranno assegnati» (Napoli, Conservatorio di S. Pietro a Majella, Real conservatorio di S. Maria di Loreto, Deliberazioni conclusioni, reg. 2, anni 1665-1763, c. 127r). Nel 1735, con l’arrivo dei Borbone, Giovanni ottenne con successo di essere reintegrato nella Real Cappella come organista soprannumerario, dopo esserne stato estromesso sotto il governo austriaco (cfr. Cotticelli - Maione, 1996, p. 195).
Morì a Napoli il 13 aprile 1742, lasciando la vedova con otto figli a carico, come si ricava dal decreto di preambolo alla Gran Corte della Vicaria per la ripartizione dell’eredità del fratello Nicola nel 1744 (cfr. Rea - Dell’Olio, 2020).
Fu uno dei primi compositori di opere comiche in lingua napoletana. Firmò le dediche dei libretti di tre commedie andate in scena al teatro dei Fiorentini: nel 1714 Patrò Tonno d’Isca, «chelleta marenaresca» (ossia ‘coserella alla marinara’, ambientata a Mergellina), e Lo mbruoglio de li nomme, «commeddea pocerealesca» (con riferimento alla strada per Poggio Reale), entrambe su libretto di Agasippo Mercotellis, alias Giuseppe Martuscelli; e l’anno dopo Lo Pippo (ambientato a Portici), «chelleta pe museca» di Persio Segispo (Gioseppe Rossi?). Tra le opere sacre va ricordato Giuseppe giusto, rappresentato nel 1733 dai figlioli del conservatorio di S. Maria di Loreto (cfr. Marino, in L’oratorio musicale..., 2016, pp. 67-92), con ogni probabilità replicato a Vieste l’anno dopo (cfr. Dell’Olio, 2013, p. 213). Compose infine la cantata per soprano e basso continuo Disperazione amorosa (s.d.; Londra, British Library, Add. Mss., 14207, cc. 66r-69r).
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Bari, sezione di Trani, Archivio notarile distrettuale di Trani, Notai di Bisceglie, Notaio Andrea Berarducci, prot. 68, 10 luglio 1634, cc. 222r-224v.
S. Di Giacomo, Il Conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo e quello di S. Maria di Loreto, Palermo 1928, p. 235; U. Prota-Giurleo, Breve storia del teatro di corte e della musica a Napoli nei secc. XVII-XVIII, in Il teatro di corte del palazzo reale di Napoli, a cura di F. De Filippis - U. Prota-Giurleo, Napoli 1952, pp. 66, 71-73, 78-80, 86 s., 104; F. Turano, La musica sacra di G. V.: qualche verifica e ipotesi di ricerca, in Musicisti nati in Puglia ed emigrazione musicale tra Seicento e Settecento, a cura di D. Bozzi - L. Cosi, Roma 1988, pp. 37-47; F. Cotticelli - P. Maione, Onesto divertimento, ed allegria de’ popoli. Materiali per una storia dello spettacolo a Napoli nel primo Settecento, Milano 1996, pp. 108, 126, 195, 366 s.; R. Krause, Das musikalische Panorama am neapolitanischen Hofe, in Analecta musicologica, XXX, Laaber 1998, p. 279; Francesco Florimo e l’Ottocento musicale, a cura di R. Cafiero - M. Marino, Reggio Calabria 1999, pp. 679 s., 693, 699, 700, 720; U. Prota-Giurleo, I teatri di Napoli nel secolo XVII, a cura di E. Bellucci - G. Mancini, III, L’opera in musica, Napoli 2002, ad ind.; D.A. D’Alessandro, Don Cataldo Amodei «nostro maestro di cappella»: la musica nella chiesa napoletana di S. Paolo Maggiore dal 1685 al 1693, in C. Amodei, Composizioni liturgiche, a cura di F. Colusso - D.A. D’Alessandro, Lucca 2003, pp. XV-XXVI; A. Magaudda - D. Costantini, Musica e spettacolo nel Regno di Napoli attraverso lo spoglio della “Gazzetta” (1675-1768), Roma 2009, ad ind.; A. Fiore, Oltre le grate: percorsi storico-musicali al Conservatorio di Nostra Signora della Solitaria di Napoli, Napoli 2010, pp. 21, 43, 47; P. Maione, «Este cierto del puntual servicio de estos sugetos, como conviene»: la Cappella Reale di Napoli all’aurora del Settecento, in Domenico Scarlatti: musica e storia, a cura di D. Fabris - P. Maione, Napoli 2010, pp. 25-40; M.A. Mastronardi, Per le nozze di Dorotea e Giulio Antonio Acquaviva d’Aragona. “La Berenice Regina degli Argivi di Isidoro Calisto”, Conversano 2010, pp. 32-124; A. Dell’Olio, Drammi sacri e oratori musicali in Puglia nei secoli XVII e XVIII, Galatina 2013, p. 213; A. Ruffatti, Musica e rito nella Napoli austriaca, in Devozione e passione. Alessandro Scarlatti nel 350° anniversario della nascita, a cura di N. Maccavino, Soveria Mannelli 2013, pp. 56, 58, 82, 88 s., 93, 96; A. Dell’Olio, Il mottetto pastorale “Caeli et terrae vos laeti cantores” di G. V., in G. Veneziano, Mottetto pastorale in lode del SS.mo Crocifisso del Carmine, Napoli 2015, pp. 29-38; G. Sigismondo, Apoteosi della musica del Regno di Napoli, a cura di C. Bacciagaluppi - G. Giovani - R. Mellace, Roma 2016, pp. 94-96, 98, 101, 178, 247; L’oratorio musicale nel Regno di Napoli al tempo di G. V. (1656 ca.-1716), a cura di A. Dell’Olio, Napoli 2016 (in partic. A. Dell’Olio, “Il Tobia sposo” (1690): scherzo drammatico di G. V., pp. 1-42; M. Marino, “Il Giuseppe giusto” di Giovanni Veneziano (1733): libretto e struttura drammaturgica, pp. 67-92); D.A. D’Alessandro, Mecenati e mecenatismo nella vita musicale napoletana del Seicento e condizione sociale del musicista, in Storia della musica e dello spettacolo a Napoli. Il Seicento, a cura di F. Cotticelli - P. Maione, I, Napoli 2019, pp. 71-603 e ad ind.; A. Dell’Olio - M. Rea, La produzione oratoriale di G. V.: nuove acquisizioni, in Studi musicali, X (2019), pp. 63-116; M. Rea - A. Dell’Olio, G. V.: vita e opere, Napoli 2020.
Si ringraziano Domenico Antonio D’Alessandro e José María Domínguez per le informazioni generosamente fornite.