TIZZONE, Gaetano
– Non è possibile stabilire con esattezza la sua data di nascita, come pure quella della morte: originario di Pofi, piccolo centro del Frusinate, visse tra la fine del Quattrocento e il primo trentennio del secolo successivo. I pochi dati di cui oggi si dispone per ricostruirne, seppure con margini di approssimazione, la vita, risalgono alla breve nota di Vittorio Rossi che ne delineò un primo profilo biografico, attingendo e integrando le poche notizie raccolte trent’anni addietro da Giovanni Veludo, a cui va il merito di aver ristabilito per primo la vera identità patronimica dello scrittore di Pofi (Veludo, 1887, p. 1011; Rossi, 1910). Figlio di Carlo Clemente, anche lui «amico delle umane lettere e delle principali muse» (Veroli, Biblioteca comunale, Fondo Bisleti, Pophe, n. inventario 1477: V. Giovardi, Historia Verularum, 1780 circa, f. LXII, c. [10]r), nacque presumibilmente intorno all’ultimo decennio del Quattrocento.
Da Pofi si trasferì a Napoli, e «neapolitano» lo disse Marino Sanudo (I Diarii..., 1879-1902, XXXVII, pp. 653, 671); fu al servizio degli Acquaviva (la Fiammetta di Giovanni Boccaccio, una delle prime opere ‘corrette’, è dedicata a Dorotea Gonzaga, moglie di Gian Francesco Acquaviva), e forse svolse incarichi diplomatici per i Gonzaga, sollecitati dalla familiarità con Dorotea, la quale avvicinò il giovane Tizzone ai fratelli Federico e Pirro Gonzaga e a tutto il vivace ambiente intellettuale della corte di Gazzuolo. Ancora a Federico Gonzaga, signore di Bozzolo, è dedicata la traduzione dell’Arte militare di Vegezio, e a Camilla Bentivoglio, moglie di Pirro Gonzaga, l’edizione del Filocolo di Boccaccio. Risalgono al 1517 le prime tracce di un rapporto storicamente accertabile con i Gonzaga, come si ricava per altro da una nota riportata nei Libri commemoriali della Repubblica veneta (a cura di R. Predelli, 1903), che lega il nome di Tizzone all’opera di mediazione, da lui svolta nel settembre di quell’anno, tra Leone X e i Gonzaga, incarico che favorì la felice conclusione della guerra di Urbino.
Smessi intorno al 1523 impegni e incarichi diplomatici, Tizzone iniziò a Venezia il suo ufficio di correttore, lavorando incessantemente per alcuni editori (Bernardino Vitale prima e Jacobo e Girolamo Pentio da Lecco poi). Furono anni brevi ma intensi di applicazione e di studio che fruttarono tra il 1523 e il 1528 l’edizione di numerosi e importanti testi volgari, più volte ristampati nel corso del Cinquecento. Nella dedica del Teseida a Pirro Gonzaga manifestò il suo proposito di intervenire anche sugli altri scritti poetici e su quelli minori in prosa di Boccaccio, l’autore che costituì in quegli anni un valido terreno di sperimentazione per le varie impostazioni filologico-correttorie e linguistiche. Dal progetto, tuttavia, escluse il Decameron, curato nel 1516 dall’amico Niccolò Delfin, e, almeno in un primo tempo, l’Ameto e l’Amorosa visione, già corrette da Girolamo Claricio. Ma se per il Filopono confessò di aver avuto a disposizione a Venezia «uno ottimo testo et antico tanto che creder si poté esser stato scritto in vita de l’autore» (Il Philopono..., Venezia 1527, p. 5), per le altre opere si servì di edizioni più vicine a lui: per le Stanze dell’edizione giuntina del 1518, per il Teseida dei due incunaboli precedenti (il ferrarese del 1475 e il napoletano s.d.), per il Filoloco dell’edizione veneziana di Gabriele e Filippo di Piero del 1472. Ma già dalla prima opera corretta, la Fiammetta, sottoposta a un’impietosa opera di revisione (Tizzone applicò al testo una serie di ingessature grammaticali ispirate alle regole di Giovanni Francesco Fortunio e Pietro Bembo), è evidente la natura e la qualità del suo lavoro, sollecitato non solo da un’esigenza di mercato – la ricerca di una lingua funzionale al libro, connessa al primo affermarsi dell’industria editoriale – ma dalla necessità, più urgente, di uniformare il testo ai gusti del tempo attraverso una lettura più semplice e cursoria.
A partire proprio dal 1528, data di stampa del Teseida, nulla più si sa di Tizzone; la morte, come pare, lo colpì giovanissimo, mentre era intento a lavorare a una grammatica e a un dizionario. Monsignor Umberto Florenzani nel volume Rilievi storici sulla parrocchia-abbazia di S. Pietro Apostolo in Pofi (1958, p. 32) sostiene che la grammatica fu ripresa e completata dal cugino Libero Gaetano da Pofi. E ancora oggi nulla si sa del dizionario. L’ipotesi della morte improvvisa e prematura trova conforto nella supplica che nel 1531 il cugino Libero Gaetano rivolse alla Serenissima con la richiesta del privilegio per la stampa di «alcune belle regole grammaticali volgari [...] novamente composte da m. Tizzone Gaetano da Pofi suo cugino, cioè grammatica, declinatione di verbi, dittionario, rimario di tutte le rime et dittioni o vero vocaboli che Dante, Petrarcha e Boccaccio hanno usate» (Archivio di Stato di Venezia, Senato, Terra, Reg. 26: L. Gaetano da Pofi, Serenissimo Principe et Senato Excellentissimo, Venezia 1531, c. 18Cr). Nel documento, reso noto da Vittorio Rossi, sono ricordati, tra gli scritti in attesa di stampa «una arte poetica ed un volumetto di molti be’ modi di eloquentemente parlare e correttamente scrivere», e ancora «una bellissima comedia chiamata Gemursa» (ibid.), probabilmente la stessa ricordata da Sanudo (I Diarii..., 1879-1902, XXXVII, p. 671), e rappresentata con grande plauso a Venezia nel Carnevale del 1525. Il cugino Libero Gaetano si assunse così l’impegno di custodire e tutelare la memoria di Tizzone, sicuramente non più in vita all’epoca di questa supplica (1531), con la promessa di far seguire, in breve tempo, alla stampa della grammatica quella delle altre sue opere «le quali [...] tutte di una in una e da parte in parte, secondo harà il modo, s’hanno a far imprimere» (La grammatica volgare..., 1539, p. 9). L’impegno fu assolto solo in parte: nel 1539, presso la tipografia napoletana di Sultzbach, vide la luce, «ad istantia» di Libero Gaetano da Pofi, l’unico testo di Tizzone a noi pervenuto, quella Grammatica volgare che il cugino, interpretando la volontà dell’autore, dedicò ancora una volta all’«Illustrissima et Eccellentissima Donna Dorothea di Gonzaga», marchesana di Bitonto.
Non è nota la data di morte, che avvenne presumibilmente intorno al 1530.
Opere. La Fiammetta del Boccaccio per Tizzone Gaetano di Pofi novamente revista, Venezia 1524; De l’arte militare. Vegetio ne la comune lingua novamente tradotto, Venezia 1524; Le Stanze bellissime di messere Angelo Politiano. Da messer Tizzone Gaetano di Pofi diligentemente riviste, Venezia 1526; Il Philopono di messer Giovanni Boccaccio in fino a qui falsamente detto Philocolo diligentemente da messer Tizzone Gaetano di Pofi rivisto, Venezia 1527; L’ordine de la vera vita christiana in quel che deve far l’anima e lo corpo, composto da frate Simone da Cascia eremitano, e da messer Tizzone Gaetano di Pofi diligentemente rivisto, Venezia 1527; La Theseida di messer Giovanni Boccaccio da messer Tizzone Gaetano di Pofi diligentemente rivista, Venezia 1528; Pistola bellissima di messer Giovanni Boccaccio a messer Pino de Rossi da messer Tizzone Gaetano di Pofi diligentemente rivista, Venezia 1528; Confessione di messer Tizzone Gaetano di Pofi. Dialogo tra penitente e sacerdote, Napoli s.d.; La grammatica volgare trovata ne le opere di Dante, di Francesco Petrarca, di Giovan Boccaccio, di Cin da Pistoia, di Guitton da Rezzo. Stampata in Napoli per Giovanni Sulzbach, ad istantia del magnifico messer Libero Gaetano da Pofi da Terracina, 1539.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Senato, Terra, Reg. 26: L. Gaetano da Pofi, Serenissimo Principe et Senato Excellentissimo, Venezia 1531, c. 18Cr; Veroli, Biblioteca comunale, Fondo Bisleti, Pophe, n. inventario 1477: V. Giovardi, Historia Verularum (1780 circa), f. LXII, c. [10]r. Una riproduzione in fotocopia del manoscritto è conservata presso la Biblioteca statale del Monumento nazionale di Casamari di Veroli, con la segnatura LCC 3,2; 3,4; 3,5.
A. Poliziano, Le Stanze, L’Orfeo e Le Rime, a cura di G. Carducci, Firenze 1863, pp. XC-XCIII; I Diarii di Marino Sanuto, a cura di R. Fulin et al., Venezia 1879-1902; G. Veludo, Di T. G. e di un sonetto di Giovanni Della Casa, in Atti del Reale Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti, VI (1887), pp. 1011-1020; U. Rossi, Commedie classiche in Gazzuolo nel 1501-1507, in Giornale storico della letteratura italiana, XIII (1889), pp. 305-315; I libri commemoriali della Repubblica veneta, VI, a cura di R. Predelli, Venezia 1903, pp. 144 s.; V. Rossi, Bazzecole bibliografiche, III, T. G. da Pofi, in Bullettino ufficiale della Società bibliografica italiana, IV (1910), 2, monografico: Il libro e la stampa, pp. 55-60; M. Corti, Un grammatico e il sistema classifìcatorio nel Cinquecento (1955), in Ead., Metodi e fantasmi, Milano 1969, pp. 217-249; N. Vianello, Per il testo delle “Stanze” del Poliziano: l’edizione del 1526, in Lettere italiane, VII (1955), pp. 330-342; G. Ghinassi, La nuova veste linguistica delle «Stanze» del Poliziano, in Convivium, XXIV (1956), pp. 605-613; V. Pernicone, L’edizione tizzoniana delle Stanze del Poliziano, in Giornale storico della letteratura italiana, LXXIII (1956), pp. 226-236; U. Florenzani, Rilievi storici sulla parrocchia-abbazia di San Pietro Apostolo in Pofi, Siena 1958, p. 32; G. Ghinassi, Correzioni editoriali di un grammatico cinquecentesco, in Studi di filologia italiana, XIX (1961), pp. 33-93; A.E. Quaglio, Prime correzioni al «Filocolo»: dal testo di T. verso quello del Boccaccio, in Studi sul Boccaccio, I (1963), pp. 27-252; A. Quondam, Nascita della grammatica. Appunti e materiali per una descrizione analitica, in Quaderni storici, XXXVIII (1978), pp. 555-592; F.M. Campoli, Pofi dalle origini agli inizi del secolo XX, Roma 1982, pp. 164 s.; A. Quondam, La letteratura in tipografia, in Letteratura italiana. Produzione e consumo, II, Torino 1983, pp. 654-676; P. Trovato Con ogni diligenza corretto, Bologna 1991, pp. 19-102; Storia della lingua italiana. I luoghi della codificazione, a cura di L. Serianni - P. Trifone, I, Torino 1993 (in partic. N. Maraschio, Grafia e ortografia: evoluzione e codificazione, p. 186; P. Trifone, La lingua e la stampa nel Cinquecento, p. 432; L. Serianni, La prosa, p. 491); M. Montanile, T. G. correttore e grammatico, in Ead., Le parole e la norma, Napoli 1996, pp. 75-85; R. Drusi, Borghini e le grammatiche cinquecentesche: un suo postillato delle ‘regole’ di T., Firenze 2002; C. Caruso, Boccaccio anni Venti: Andrea Calvo, Hieronimo Claricio, T. G. da Pofi, in La filologia in Italia nel Rinascimento, a cura di C. Caruso - E. Russo, Roma 2018, pp. 177-191.