SAVI, Gaetano. –
Nacque a Firenze il 13 giugno 1769 da Gaspero, un coltellinaio originario di Scarperia, e da Maria Rogai, figlia di un artigiano del legno di Firenze.
A dispetto delle apparenze, la famiglia doveva godere di un qualche agio, visto che Savi fu inviato a studiare alla Badia Fiesolana, dove fu probabilmente allievo del benedettino Serafino Serrati, noto per i suoi esperimenti sul vapore come forza motrice.
A soli quindici anni si trasferì a Pisa per studiare medicina, facendosi notare per la sua prodigiosa memoria e gli interessi poliedrici, tipici dei cultori di storia naturale dell’epoca. Impressionò favorevolmente Lorenzo Pignotti (1739-1812), un docente molto influente nell’Ateneo e a corte, che lo ospitò gratuitamente nella propria casa, gli fece avere una borsa di studio e lo introdusse ad altre personalità di spicco dell’Università, tra cui Giorgio Santi (1746-1822). Nel 1791, quest’ultimo nominava Savi, non ancora laureato, custode del Museo e del giardino dei semplici. Risale a questi anni l’amicizia con il fiorentino Ottaviano Targioni Tozzetti (1755-1826), figlio di Giovanni (1712-1783), che orientò gli interessi di Savi verso la botanica, e divenne nel 1802 professore della disciplina a Pisa.
Nel corso degli anni Novanta, e ancora nei primi dell’Ottocento, Savi accompagnò Santi in lunghe escursioni nel territorio del Granducato, arricchendo le proprie collezioni della flora toscana. Pubblicò nel 1798 a Pisa una Flora pisana (in due volumi), dedicata a Santi, in cui seguiva il metodo di classificazione linneana e si ispirava alle Istituzioni botaniche di Ottaviano Targioni Tozzetti. L’opera doveva costituire il prodromo del più ambizioso progetto di stilare una flora del Granducato.
Savi si laureò in medicina nel 1794 e a partire dal 1797, ottenuto il relativo brevetto, per un breve lasso di anni esercitò la professione. Nel 1796 sposò Anna Bombicci, figlia di Francesco (1736-1819), architetto e ingegnere che aveva lavorato a più riprese al Giardino botanico di Pisa. Ebbe una figlia e due figli, Paolo (v. la voce in questo Dizionario) e Pietro (1811-1871).
I due figli maschi seguirono le orme paterne; Savi mobilitò le sue amicizie altolocate per facilitare gli inizi delle loro carriere. Paolo divenne una figura di primo piano della scienza italiana della prima metà del secolo; Pietro, di salute cagionevole, fu un rispettato botanico, anche se la sua produzione scientifica non fu ampia né particolarmente rilevante. Pietro assunse la direzione del Giardino alla morte del padre, dedicandosi interamente alla gestione dell’istituzione (T. Caruel, Biografia di Pietro Savi, Pisa 1871).
A seguito della prima invasione francese, durante la reazione degli ultimi anni Novanta, Savi, come altri intellettuali toscani, fu sospettato di collusione con noti giacobini e venne poi sanzionato con la perdita di alcuni mesi di stipendio. Nel 1801 dava alle stampe un Trattato degli alberi della Toscana (2a ed., I-II, 1811), in cui insisteva sulla necessità di porre un freno al disboscamento mosso da interessi economici immediati, foriero di dissesti ambientali e di considerevoli danni economici. L’opera riecheggiava temi presenti nella letteratura botanica e agricola francese e dimostrava la dimestichezza dell’autore con la più recente produzione scientifica europea. Nonostante le sue prime opere fossero dedicate alla botanica, nel novembre del 1801 fu nominato professore di fisica sperimentale su proposta del suo protettore Pignotti, che continuava a perorare la causa del pupillo, ora presso la corte Borbone del Regno d’Etruria, insediata a Firenze dall’agosto del 1801 al dicembre del 1807.
Anche se non era certo un esperto della materia, Savi svolse al meglio il proprio compito, sebbene le ristrettezze economiche del Regno rendessero vane le sue suppliche per rinnovare macchine e apparati. L’insegnamento della fisica, poi, come della storia naturale in genere, rimaneva pur sempre complementare all’insegnamento della medicina: pochi nell’apparato amministrativo e politico toscano vedevano ragioni valide per promuovere una pedagogia al passo con la nuova fisica sperimentale. Per ottemperare agli obblighi verso l’insegnamento medico, Savi redasse una Materia medica vegetabile toscana (Firenze 1805). Marcò tuttavia la propria presenza nella letteratura botanica dando alle stampe, in latino, come ancora d’uso nei testi botanici internazionali, il Botanicon Etruscum sistens plantas in Etruria sponte crescentes (I-IV, Firenze-Pisa 1808-1825).
Con l’annessione della Toscana all’Impero francese e l’istituzione dell’Accademia imperiale, Savi si fece apprezzare per le sue competenze e le sue abilità politiche. Quando, alla fine del 1809, Georges Cuvier, allora consigliere dell’Università imperiale, visitò Pisa, Savi prese parte alle discussioni per la riforma dell’Ateneo sul modello francese. Ottenne da Cuvier la promessa che il figlio Paolo sarebbe stato esente dalla coscrizione militare e accettato come studente all’École polytechnique di Parigi quando fosse giunto all’età della leva. Quanto a lui, con la riforma del 1810 lasciò la cattedra di fisica sperimentale per ricoprire quella di botanica e fisiologia vegetale. L’amico Santi, filofrancese e sodale di Cuvier, passò alla cattedra di geologia e mineralogia, tenendo sempre la direzione del Giardino botanico e del Museo di storia naturale. Il neoeletto professore pubblicava prontamente le Lezioni di botanica (I-II, Firenze 1811) in cui dimostrava ancora una volta la propria padronanza della letteratura scientifica europea. Nel 1814 Santi abbandonò la direzione del giardino dei semplici, che passò a Savi.
Savi beneficiò del periodo francese, come molti altri colleghi toscani e italiani. Le scienze fisiche e naturali erano un punto di forza dell’impianto educativo dell’Impero. Il tema francese dell’utilità delle scienze naturali per il sostentamento delle popolazioni tramite migliorie agricole e l’acclimatazione di piante e animali esotici trovò una parziale applicazione nell’opera di Savi per introdurre nel Giardino, e propagare in Toscana, alberi utili e fruibili dal punto di vista estetico. Per Savi, e il suo mentore Santi, non si trattava di una novità: già nel 1787, sempre seguendo l’esempio francese, fu piantato a Pisa un cedro del Libano, in omaggio a Bernard de Jussieu che lo aveva introdotto al Jardin des plantes di Parigi nel 1735, e specie di magnolia (Sulla Magnolia grandiflora e sulla Magnolia acuminata, in Biblioteca italiana ossia giornale di letteratura, scienze e arti, IV (1819), 16, pp. 217-224).
Con la Restaurazione, come documentato da Alessandro Tosi (in Giardino dei semplici. L’orto botanico di Pisa dal XVI al XIX secolo, Pisa 1991, pp. 213-274), Savi seppe seguire e incoraggiare la moda dei giardini all’inglese che si diffuse tra aristocratici e proprietari terrieri del Granducato. Fece del Giardino botanico di Pisa un centro di scambi e commerci di piante da giardino e da ornamento, intraprendendo al tempo stesso un’opera di ammodernamento, di costruzione di stufe da serra, di gallerie e accessi che resero il giardino di Pisa uno dei più rinomati in Italia. Prestò particolare attenzione alla didattica, esibendo pregevoli realizzazioni in cera di piante e dei loro organi, insieme a preparati ottenuti grazie alle osservazioni microscopiche.
Di pari passo, una sostenuta produzione libraria, che andava dalla lussuosa edizione, riccamente illustrata, della Flora italiana (I-III, Pisa 1818-1824, in realtà un repertorio di piante ornamentali e da giardino) alla pubblicazione, a partire dal 1823, dell’Almanacco per i dilettanti di giardinaggio (I-V, Pisa 1820-1828) contribuiva a sottolineare la posizione di rispetto nazionale e internazionale che la sua opera si era guadagnata. Originali per l’attenzione alla documentazione archivistica furono anche le Notizie per servire alla storia del Giardino e del Museo della I. e R. Università di Pisa (Pisa 1828). Occupò un ruolo di rilievo nella fondazione e la gestione del Nuovo giornale dei letterati (Pisa, Nistri, 1822-1839), affidando alle sue pagine memorie e studi di botanica.
Con gli anni Trenta, sistemati i due figli in stabili posizioni accademiche al giardino e al Museo, per Savi iniziò un lento declino dovuto all’età e alla perdita della moglie nel 1830. Collaborò tuttavia con Carlo Luciano Bonaparte, principe di Canino, all’organizzazione della Prima riunione degli scienziati italiani, iniziata a Pisa il 1° ottobre 1839 (G. Savi, Notizie sulle riunioni o congressi delle società scientifiche, in Nuovo giornale de’ letterati, 1839, n. 103, pp. 96-102), di cui il figlio Paolo fu uno dei principali protagonisti.
Savi, oramai patriarca della botanica italiana e fiduciario ascoltato del granduca, nonché presidente della Sezione di botanica e fisiologia vegetale, tenne un discorso ai convenuti sotto il cedro del Libano da lui piantato quarant’anni prima, un gesto altamente simbolico, che sicuramente ricordava ai botanici presenti analoghe, famose cerimonie al Jardin des plantes di Parigi per onorare la memoria di Carlo Linneo, sotto il cedro piantato da de Jussieu (Discorso tenuto sotto il gran cedro del Libano nel Giardino di Pisa il di’ 14 ottobre 1839, ibid., n. 107, pp. 90-96). Dopo la morte di Savi, il granduca dispose che sotto il cedro venisse installato un suo busto.
Morì a Pisa il 28 aprile 1844 a seguito di un’affezione polmonare.
Opere. Per un elenco delle opere si veda C. Ridolfi, Elogio del Prof. G. S., in Memorie di matematica e fisica della Società italiana delle scienze, 1846, t. 23, parte I, pp. I-XXIV.
Fonti e Bibl.: Un importante fondo di carte di Savi è conservato presso la Biblioteca universitaria di Pisa, v. il sito della Biblioteca e Guida agli archivi delle personalità della cultura in Toscana tra ’800 e ’900. L’area pisana, a cura di E. Capannelli - E. Insabato, Firenze 2000, pp. 265-269; vedi la scheda in http://siusa. archivi.beniculturali. it/cgi-bin/pagina.pl?TipoPag=comparc&Chiave=10452&RicProgetto=personalita?
G. Cuvier, L’istruzione in Toscana nel 1809-1810. Dal rapporto di Georges Cuvier a Napoleone I, a cura di G. Bandini, Firenze 2000, p. 147; Giardino dei semplici. L’orto botanico di Pisa dal XVI al XX secolo, a cura di F. Garbari et al., Ospedaletto 1991 (in partic. F. Garbari, I “prefetti” del giardino, dalle origini, pp. 27-114; A. Tosi, Arte e scienza tra neoclassicismo e romanticismo: il giardino in età moderna, pp. 213-274); D. Barsanti, L’Università di Pisa dal 1800 al 1860, Pisa 1993, passim; R.P. Coppini, Dall’amministrazione francese all’Unità (1808-1861), in Storia dell’Università di Pisa, II, 1, Pisa 2000, pp. 135-267; R. Vergara Caffarelli, Le scienze: fisica, chimica, matematica, ibid., II, 3, pp. 759-822.