OSCULATI, Gaetano
OSCULATI, Gaetano. – Primogenito di undici fratelli, nacque il 25 ottobre 1808 a San Giorgio al Lambro, frazione di Biassono, presso Monza, da Gerolamo e da Maddalena Piatti, di agiata borghesia lombarda.
Ricevette la sua prima educazione e compì gli studi ginnasiali presso i padri barnabiti di Rho, per iscriversi poi alla facoltà di medicina dell’Università di Milano, che abbandonò tuttavia già al secondo anno, per dedicarsi ai viaggi e alle scienze naturali. Frequentò un corso di matematica a Livorno – sotto la direzione del tenente di fregata Carnevali della Marina toscana – al termine del quale ottenne il diploma di capitano di lungo corso, e in qualità di cadetto si imbarcò su navi mercantili per compiere il tirocinio. Era però intollerante della disciplina e, potendo disporre di una buona rendita familiare, decise di intraprendere alcuni viaggi per conto proprio. Compì il primo nel 1831-32, visitando Egitto, Palestina, Siria e Asia Minore, senza però lasciare alcuna testimonianza scritta.
Trascorso un breve periodo di riposo a Milano, il 16 febbraio 1834 ripartì da Le Havre diretto in America meridionale.
Approdò a Montevideo il 30 giugno e il 3 agosto, assieme a un naturalista marsigliese, Mollard, ripartì alla volta di Colonia del Sacramento, attraverso l’interno per raccogliere campioni d’uccelli e di insetti. Raggiunta Soriano, alla confluenza del Rio Negro col fiume Uruguay, lo risalì alla ricerca di ossami e legna fossile fino a Paysandù, prima di piegare a est, varcare il fiume e attraversare in carovana il territorio argentino di Entre Ríos fino a Santa Fe. Da lì discese il Paranà per arrivare a Buenos Aires, che a quel tempo contava 85.000 abitanti, fra i quali già molti Italiani. Dopo un paio di mesi di riposo e di studio, si mise in viaggio per Mendoza e Santiago, addentrandosi nella pampa, dove scorazzavano nandù, tribù indomite e soldatesche crudeli e corrotte. Scampato fortunosamente a un attacco degli indigeni insieme alla sua carovana, nei pressi del Rio Quinto, a sud della Sierra di Cordova, giunse a Mendoza. Da lì, accompagnato da tre guide e un mulattiere, il 10 gennaio 1836 intraprese l’attraversamento delle Ande per la direttrice più lunga e facile, quella di Upsallata. Raggiunta Santiago, vi rimase cinque mesi, durante i quali si verificò il violento terremoto che distrusse Concepción. Il 10 agosto iniziò la risalita della costa diretto in Bolivia, visitando Cobjia, Iquique, Arica, Islay, Quilca, Arequipa e Callao: nella baia di Arica si unì a un gruppo di giovani aspiranti delle marine militari della Francia e della Gran Bretagna nel saccheggio di tombe preispaniche, ricavando da questa impresa alcuni oggetti dei corredi funerari e qualche annotazione. Verso il 23 settembre giunse a Lima dove, bloccato dalla guerra civile fra Luis José Orbegoso e Felipe Santiago Salaverry, si trattenne alcuni mesi prima di tornare a toccare la coste europee, a Cadice, dopo una navigazione di sei mesi per la rotta di Capo Horn.
Riordinate le sue raccolte etnografiche ed entomologiche, che rappresentarono sempre l’oggetto principale dei suoi viaggi e delle osservazioni contenute nelle sue relazioni, decise di ripartire nel 1841 alla volta della Persia e dell’Indostan, questa volta accompagnato dall’amico Felice De Vecchi, un pittore appassionato di scienze naturali e di archeologia.
I due partirono a cavallo da Milano il 3 maggio verso Vienna, da dove percorsero in battello il Danubio per raggiungere in dodici giorni Costantinopoli e proseguire quindi per Sinope, Trebisonda ed Erzerum. Attraversando montagne e paludi, toccarono le rive del Murad o Eufrate orientale e le falde dell’Ararat e, passando per Khoy e il grande lago salato di Urmia, arrivarono prima a Tabriz e quindi a Teheran attraverso la strada carovaniera. Lasciata la capitale della Persia, che fece loro un’impressione sgradevole, si diressero a Isfahan, passando per la città sacra di Qom, per Kasham e per un territorio molestato da attacchi di tribù del Lorestan. Dalla regione di Yazd, alla fine di novembre, dirigendosi verso sud-ovest, valicarono per la seconda volta la catena dei Rud, discendendo affamati e intirizziti verso le terre più calde, dove entrarono in contatto con i bakhtiari. Dopo aver visitato le bellezze archeologiche della grande Persepoli, i due viaggiatori resero omaggio, a Shiraz, alla tomba del vate persiano Hafiz, celebrarono il Natale fra i palmizi della vallata di Kazerum e l’ultimo giorno dell’anno, dopo quattro mesi di viaggio via terra, si affacciarono sulle acque del Golfo Persico, a Bushir, dove si concessero alcuni giorni di riposo, partecipando a un pantagruelico banchetto offerto dallo sceicco, prima di imbarcarsi su una nave da guerra francese, ricca di ricordi napoleonici. Passando per le isole di Khark e Bahrein, toccarono Bandar-Abbas, superarono lo stretto di Hormuz e attraccarono il 6 febbraio 1842 a Mascate, la capitale dell’Oman. Non ancora soddisfatti, si arrischiarono a prendere il mare su un antiquato barcone arabo in cattivo stato, con il quale, affrontando molte peripezie, riuscirono ad attraversare il Mare Arabico e a giungere, il 20 febbraio, a Bombay, la più importante città della costa dell’India. Qui, ospitati nella villa di un capitano inglese, poterono godere di un periodo di lussuoso riposo e conoscere direttamente, nella zona indù della città, alcune tradizioni religiose per loro sconcertanti: la gita più lunga, su un palanchino trasportato dagli indù, li condusse fino a Poona, l’estremo punto orientale da loro raggiunto, a circa 120 km a sud-est. Un anno esatto dopo la loro partenza da Milano, all’inizio di maggio, i due si imbarcavano per il viaggio di ritorno su una nave britannica, toccando il porto di Aden, navigando lungo il Mar Rosso fino a Suez, pre procedere poi lungo il Nilo e raggiungere Il Cairo e Alessandria. La peste li costrinse a 14 giorni di quarantena in un lazzaretto dell’isola di Sira nelle Cicladi, prima che una nave austriaca li portasse a Trieste, dove sbarcarono il 20 luglio 1842. Il risultato scientifico più immediato di questo viaggio fu una collezione di coleotteri, che vennero studiati e classificati dagli entomologi Massimilano Spinola e Félix Edouard Guérin-Meneville.
Fin dal suo ritorno da questa spedizione, Osculati cominciò a progettare un giro completo del mondo (in larga parte una circumnavigazione), che gli avrebbe dovuto offrire la possibilità di visitare le parti dell’India non toccate nel viaggio precedente e di inoltrarsi nell’Oceania. Salpato da Marsiglia nell’agosto 1846 su un mercantile francese diretto all’Oceano Indiano, non riuscì nemmeno a iniziare la circumnavigazione dell’Africa perché la nave si incendiò all’ingresso dello Stretto di Gibilterra. Dovette quindi modificare il suo progetto iniziale, orientandosi verso un itinerario meno impegnativo, che lo avrebbe portato a percorrere un tratto maggiore nell’emisfero boreale e a raggiungere paesi nei quali sarebbe stato possibile raccogliere i campioni con cui giustificare i sussidi ricevuti dai musei di scienze naturali di Milano e di Torino.
Un uragano presso le Bermude, dove era giunto dopo aver visitato una parte del Canada e degli Stati Uniti, lo indusse invece a proseguire, il 29 marzo 1847, alla volta delle terre equatoriali americane. Sbarcato a Guayaquil il 2 aprile, riprese il viaggio in canoa lungo il fiume Babahoyo, per salire poi a cavallo a Guaranda, nella cordigliera occidentale, e pervenire infine ad Ambato e a Quito. La sua intenzione era di seguire le orme del conquistatore spagnolo Francisco de Orellana e risalire il rio Napo fino alla confluenza con il Rio delle Amazzoni, di cui si proponeva di raggiungere la foce. Dopo un tentativo non riuscito di salire alla vetta del Pichincha, da cui tornò però carico di piante e di uccelli, decise di partire da Quito il 7 giugno, giungendo a Papallacta attraverso la catena di Guamani, dove ebbe l’opportunità di osservare esemplari giganteschi di fossili. Superata Baeza, il fallimento dei tentativi di attraversare il fiume Cosanga fornì ai portatori indigeni, che lo accompagnavano e che non avevano mai gradito il suo atteggiamento nei loro confronti, di lasciarlo solo in un ambiente ostile. Ripreso il viaggio grazie anche all’intervento del presidente della Repubblica dell’Ecuador, il 28 luglio raggiungeva Puerto Napo, dove si fermò più di tre mesi a curarsi i piedi piagati, approfittando della sosta anche per raccogliere esemplari zoologici e botanici, materiali etnografici e informazioni sulla cultura degli indiani del Quijos. Il 26 ottobre incominciò a discendere in canoa il Napo, per evitare le marce via terra, e, dopo aver raggiunto Santa Rosas de Oa e aver superato la confluenza del Suno e il Coca, raggiunse i villaggi abitati dagli Zàpari. Oltrepassata la foce dell’Aguarico e quella del Curary, il 29 ottobre toccò il punto di confluenza del Napo col Rio delle Amazzoni e il giorno successivo cominciò a discendere le acque di questo fiume, lungo il quale ebbe l’opportunità di conoscere gli Yagua, gli Orejones, i Ticuna e i Mayoruna. Dopo una sosta di un mese a Manaus, dove giunse il 3 febbraio 1848, ripartì con un equipaggio cocama. Oltrepassate le foci del Madeira e lo sbocco del Trombetas, raggiunta Santarém – dove raccolse dati e campioni di piante medicinali e si interessò degli indiani Mundurucù – dopo essersi lasciato alle spalle la confluenza dello Xingù, aver contornato la costa meridionale dell’Isola Grande di Gurupà e compiuto il periplo dell’isola di Marajò, completò la lunga discesa dalle Ande verso l’Atlantico, giungendo il 30 marzo a Parà (Belém).
Le notizie dei moti rivoluzionari scoppiati in Europa lo indussero a rientrare nella sua città (giugno 1848). Cedette allora una parte importante degli esemplari che aveva raccolto al Museo civico di storia naturale, dove rimasero fino alla seconda guerra mondiale, quando i bombardamenti aerei dell’agosto 1943 distrussero quasi completamente il museo e le sue collezioni.
Nel 1857 volle concludere le sue attività di viaggiatore e raccoglitore scientifico con un viaggio in Egitto, Indostan e Cina, dove, su richiesta di alcuni possidenti milanesi, tentò invano di realizzare alcuni allevamenti di bachi da seta. Del viaggio, condotto per lo più sugli itinerari già seguiti nel 1831 e nel 1841, redasse un resoconto manoscritto che sarebbe stato smarrito dalla casa editrice.
Al suo rientro in Italia sposò Lucia Cecilia Tagini, dalla quale ebbe due figlie, e si ritirò a vita privata.
Morì ad Affori il 14 marzo 1894.
Nel 1845 era stato nominato membro corrispondente della Società geografica di Parigi e della Reale Accademia Peloritana di Messina, nel 1846 era entrato a far parte dell’Accademia degli aspiranti naturalisti di Napoli; nel 1857 era divenuto socio onorario dell’Ateneo di scienze, lettere e arti di Bergamo e nel 1880 re Umberto I lo aveva investito del titolo onorifico di cavaliere dell’Ordine Mauriziano.
Opere: Note d’un viaggio di G. O. nell’America Meridionale, negli anni 1834-35-36, inIl Politecnico, s. 1, VII (1844), pp. 73-82, 176-179, 489-513, 523-542; Note di un viaggio nella Persia e Indie orientali, negli anni 1841, 1842, Monza 1844; Esplorazione delle regioni equatoriali lungo il Napo e il fiume delle Amazzoni. Frammento di un viaggio fatto nelle due Americhe negli anni 1846-47-48, Milano 1850 (con due carte topografiche e 20 illustrazioni autografe prese dal vero; II ed., Milano 1854 e rist. anast. a cura di A. Guaraldo, Torino 1990; III ed., Esplorazioni nell’America equatoriale, a cura di G. Bottoni, Milano 1929).
Fonti e Bibl.: Una mostra permanente sui fatti salienti della vita e dei viaggi di Osculati, allestita nel 2008 in occasione del bicentenario della nascita (con il titolo 1808-2008, Bicentenario della nascita di G. O., esploratore brianzolo), si trova presso il Museo civico Carlo Verri di Biassono. F. De Vecchi, Giornale di carovana o viaggio nell’Armenia, Persia ed Arabia fatto negli anni 1841-42 da Felice De Vecchi e G. O., Milano 1847; L. Corio, G. O., in La geografia per tutti, XXV (1895), pp. 371-376; Id., Escursione lungo il teatro della guerra attuale dal Danubio alle regioni Caucasee. Brano d’un viaggio nell’Armenia, Persia, Arabia ed Indostan fatto negli anni 1841, 1842 da F. De Vecchi e G. O., Milano 1854; M. Calidoni, G. O. e i suoi viaggi, Sanremo 1924; A. Mordini, G. O. e l’archeologia del medio Rio delle Amazzoni, in Archivio per l’etnologia e l’antropologia, LXIV (1934), pp. 185-201; A. Baragona, G. O. Immagini degli indios dell’America meridionale, in Miscellanea di storia delle esplorazioni, VI (1981), pp. 95-101; A. Guaraldo, Sul fiume delle conoscenze e degli inganni: l’Amazzonia di G. O., in G.Osculati, Esplorazione delle regioni equatoriali, Torino 1990, pp. 7-44; Scrittori italiani di viaggio, I, 1700-1861, a cura di L. Clerici, Milano 2008, pp. 1683-1689.