MARIANI, Gaetano
– Nacque a Roma, il 7 genn. 1923, da Gustavo, direttore della sede provinciale della Banca d’Italia – a Zara dal 1939 al 1942, poi a L’Aquila –, e da Giuseppina Giuliani. Conseguì la maturità nel 1941 presso il liceo E.Q. Visconti di Roma, dove ebbe come insegnanti don P. Vannutelli e C. Grabher.
«Se chiudo gli occhi e ripenso a quegli anni, la mia mente ritrova quegli accenti, quelle cadenze, la scansione dei versi latini che don Primo proponeva percorrendo in lungo e in largo l’aula luminosa al secondo piano del Visconti, la squillante voce di Grabher che commenta un canto di Dante» (Ricordo di C. Grabher, in Rass. di cultura e vita scolastica, XXII [1968], 11-12, p. 1).
Nello stesso anno si iscrisse alla facoltà di lettere dell’Università di Firenze, dove frequentò le lezioni di G. De Robertis e di G. Pasquali. Anche in seguito all’improvvisa morte del più giovane e amatissimo fratello Giorgio, nel 1943 raggiunse il padre a L’Aquila e si trasferì alla facoltà di lettere dell’Università di Roma.
Nei primi tre mesi del 1944, a Roma, visse nascosto in un convento vestito da prete: «sono stati giorni duri ma sono passati, ormai. Poi sono tornato all’Aquila, affrontando vari rischi ma, ringraziando Iddio, è andata bene» (lettera a O. Giannangeli, 24 luglio 1944, In memoria di G. M., p. 300).
Tornato a Roma con il padre nel settembre 1944, si laureò in storia del Risorgimento nel novembre 1945, con una tesi sulle leggi Siccardi, di cui un estratto fu pubblicato nella Rassegna storica del Risorgimento (Note per uno studio sulle leggi Siccardi, XXXIV [1947], 3-4, pp. 147-158). Nel novembre 1946 fu nominato assistente volontario alla cattedra di letteratura italiana della facoltà di magistero di Roma, presso la quale divenne assistente ordinario, in seguito a concorso, nel febbraio 1951; fino a quella data aveva insegnato in istituti di istruzione media. Dall’aprile 1948 aveva iniziato la collaborazione, che si protrasse fino alla morte, con l’Istituto della Enciclopedia Italiana: dal Dizionario enciclopedico italiano al Lessico universale italiano, alla Quarta e Quinta Appendice della Enciclopedia Italiana, con compiti di redazione e coordinamento, con stesura e revisione di voci, lasciò un preciso segno di lavoro puntuale e appassionato. Parallelamente si svolse la sua carriera universitaria, l’altra pagina della sua vita di studioso. Libero docente di letteratura italiana dal 1954, professore incaricato dal 1958, titolare dal 1964 della cattedra di storia della letteratura italiana moderna e contemporanea, insegnò dapprima nella facoltà di lettere dell’Università di Messina e, dal 1968, nella facoltà di magistero dell’Università di Roma.
Il M. fece parte del comitato direttivo del Centro di studi leopardiani di Recanati, del consiglio direttivo dell’Istituto di studi pirandelliani, dei comitati per le edizioni nazionali di N. Tommaseo, G. Verga e B. Croce. Fu anche socio ordinario dell’Istituto di studi romani e dell’Accademia dell’Arcadia e insignito della medaglia d’oro dei benemeriti della scuola della cultura e dell’arte.
Questa intensa attività di lavoro aveva un solido punto d’appoggio nella fede cristiana, vissuta con discrezione e intensità, e nei legami con la famiglia, sia quella di origine, sia quella costruita con il matrimonio con Fernanda Luisa Borroni, celebrato il 31 ott. 1953, da cui nacquero i figli Donatella, Massimo Gustavo e Maria Letizia.
Il M. morì a Roma il 30 giugno 1983.
Al M., fine studioso e attento promotore di cultura, si devono anche importanti iniziative editoriali: fondò e diresse la «Biblioteca dell’Ottocento italiano», nella quale, presso l’editore Cappelli di Bologna, apparvero, dal 1962, trenta volumi che riproposero opere sconosciute o dimenticate di quel periodo. Insieme con M. Petrucciani ideò e diresse, per l’editore Lucarini di Roma, l’opera a più voci Letteratura italiana contemporanea, in 4 volumi e 5 tomi (1979-82) proseguita, anche dopo la sua morte, in veste di periodiche appendici dell’opera madre, a conferma, come già si vedeva nei volumi iniziali, dell’ambizione non di un’astratta completezza ma di un progetto di continua discussione e verifica. Da non dimenticare anche la collana, diretta per l’editrice La Scuola di Brescia insieme con G. Petrocchi, «Sintesi e documenti di letteratura italiana contemporanea».
Pur nella difficoltà di render compiutamente conto di un’attività critica dall’ampio raggio di interessi, è tuttavia possibile fissare alcuni punti di metodo e alcuni risultati. Tra attenzione ai testi, scrupolo di documentazione, cura di collocazione storica, il M. tradusse in una personale cifra gli insegnamenti di G. De Robertis e di U. Bosco, affinandoli in un processo di maturazione cui non fu certamente estraneo il quasi diuturno colloquio con G. Petrocchi. Il tutto nella cornice di ricostruzioni bibliografiche accuratissime, indice del suo rispetto per gli studi e gli studiosi, a cui era stato preparato dal lavoro svolto per la realizzazione dei tre volumi del Repertorio bibliografico della letteratura italiana (Firenze 1953-60, diretto da Bosco) e che trovò ulteriore manifestazione, in piena maturità, nel Contributo a una bibliografia del futurismo letterario italiano (Roma 1977) da lui diretto. Che tali ricerche bibliografiche fossero condotte nella prospettiva di aiutare gli studiosi a leggere storicamente gli scrittori è evidente, ed è anche esplicitamente detto, nei due contributi Per una storia della critica ungarettiana: i primi giudizi sul poeta (in Letteratura, V [1958], 35-36, pp. 246-263) e I primi giudizi sulla poesia di Montale: il decennio 1925-1935 (in La poesia di Eugenio Montale. Atti del Convegno internazionale, Genova… 1982, a cura di S. Campailla - C.F. Goffis, Firenze 1984), entrambi raccolti nella nuova edizione aggiornata e accresciuta di Poesia e tecnica nella lirica del Novecento (Padova 1983 [1ª ed., ibid. 1958], rispettivamente alle pp. 221-247 e 284-325).
Ai «due piani basilari del metodo d’indagine del M., vale a dire la ricostruzione storico-culturale e la natura e la qualità dell’esperienza stilistica dell’autore» (G.A. Camerino, in In memoria di G. M., pp. 277 s.) va aggiunto l’uso largo e appropriato della citazione, testimone della fedeltà rivendicata dal M. «a un certo tipo di ricerca che ancora si affida alla lettura e alla strenua difesa del testo» (Ottocento romantico e verista, Napoli 1972, p. IX), ma anche frutto del costante e serio scambio dell’attività dello studioso con quella del docente.
È stato osservato che spesso le ricerche del M. hanno aperto nuove vie su cui altri studiosi si sono poi inoltrati, anche con risultati differenti: dal libro su De Roberto (F. De Roberto narratore, Roma 1950) agli studi sul Pulci (Il Morgante e i cantari trecenteschi, Firenze 1953 e Coscienza letteraria del Pulci nel «Morgante», in Convivium, XXIV [1956], 3, pp. 303-320; 5, pp. 530-540, poi in La vita sospesa, Napoli 1978) a quelli alfieriani sulle stesure della Vita, composti tra il 1952 e il 1956 e anch’essi riuniti nella silloge La vita sospesa. Ancora, si possono ricordare gli studi di argomento romano, in particolare il «saggio dottissimo ed elegantissimo» (Petrocchi, p. 69) Pascarella nella letteratura romantico-veristica (in Studi romani, II [1954], 2, pp. 176-189; 3, pp. 271-281; 4, pp. 443-453; poi in Ottocento romantico…, cit., pp. 531-585), nonché il volume Trilussa. Storia di un poeta (Roma 1974), rivelazione di una poesia complessa per temi e scelte stilistiche dietro la maschera dell’ironia.
La capacità di individuare nodi storici e culturali inesplorati e significativi fu una delle doti del M., mosso a tal fine non da amore della novità fine a se stessa ma dalla riflessione su testi e uomini, che si fece sempre più assidua in particolare sull’Ottocento e il Novecento. Come attesta, per esempio, la Storia della scapigliatura (Caltanissetta-Roma 1967, premio della critica Emilio Cecchi-Città di Bolsena), questa «parabola del realismo scapigliato» (P. Nardi, Scapigliatura, Milano 1968, p. 16), che sin dal titolo annuncia il rifiuto di una tesi da sostenere, essendo invece l’obiettivo dell’opera la ricostruzione analitica di un’esperienza storica, culturale e poetica.
Di là dai dissensi su particolari aspetti del discorso critico, rimane ammirevole il lavoro di illuminazione di ambienti e di situazioni storiche, culminante nei profili degli scrittori, su tutti, forse, G. Rovani e I.U. Tarchetti. Senza dimenticare, però, che «proprio le pagine ove sono discussi gli scapigliati minori sono fra le più felici del libro, ricche di stimoli e di risultati nuovi» (Scotti, p. 452).
Ancora più significativa, forse, la scoperta de Il primo Marinetti (Firenze 1970), preparata e accompagnata dal corso universitario Preistoria del futurismo. La formazione letteraria di F.T. Marinetti (Roma 1970), in cui l’«elaborazione in forma piana eppure ricca di sottili suggerimenti ed insegnamenti appare come la naturale conclusione di un ampio spettro di indagini su un terreno mai esplorato» (G. Ungarelli, in In memoria di G. M., p. 341).
Argomento del corso e del libro era, infatti, l’attività letteraria francese di Marinetti negli anni dal 1897 al 1908, prima, cioè, del Manifesto del 1909; condotto su articoli e saggi allora di difficile reperibilità, il corso illumina bene i rapporti con il simbolismo europeo, le motivazioni europee della scelta della lingua francese, l’elaborazione di temi come la guerra, la folla, la città. La ricerca su Marinetti, inoltre, si inseriva in quella sui rapporti fra eredità ottocentesca, decadentismo, crepuscolari e futuristi affrontata dal M. nei saggi L’eredità ottocentesca di Gozzano e il suo nuovo linguaggio (dapprima apparso in Poesia e tecnica…, Padova 1958, quindi confluito in 2ª ed., ibid. 1983, pp. 3-70) e Crepuscolari e futuristi: contributo a una chiarificazione (in Critica letteraria, III [1974], 4, pp. 343-445, poi in La vita sospesa, cit., pp. 187-300).
Attentissimi ai temi e ai testi furono, al solito, i due ultimi lavori di ampio respiro (L’orologio del Pincio. Leonardo Sinisgalli tra certezza e illusione, Roma 1981; Il lungo viaggio verso la luce: itinerario poetico di Mario Luzi, Padova 1982), che sono, anche, rivisitazioni l’uno della sua Roma, l’altro della sua fede, filtrate con discrezione nella «castità della prosa critica di Mariani» (Stella, p. 780).
Della ricchezza di analisi e di spunti critici dei due libri si ricordino solo l’analisi della «vocazione all’armonia» (L’orologio del Pincio, p. 30) di Sinisgalli, della funzione della matematica e della poesia cui questa vocazione si appoggia, delle tensioni che la insidiano; e il riscontro, nell’opera di Luzi, «della ispirazione biblica, neotestamentaria, mistica» (Stella, p. 796). Nelle pagine conclusive sul linguaggio del «giusto eletto ad espiare» di Luzi, il M. ne definisce la voce come quella «che chiede e non scandisce, che interroga e non detta verità umane, sia pur alte e indiscutibili» (Il lungo viaggio verso la luce, p. 212): una voce che sentiva ben consona alla dimensione etica del suo lavoro critico, al suo «equilibrio non di giudice, ma sempre di interprete» (M. Marti, in In memoria di G. M., p. 313).
Fonti e Bibl.: In memoria di G. M., in Letteratura italiana contemporanea, Appendice IV, 1984 [ma 1985], 10-12, pp. 269-384, con Bibl. degli scritti, a cura di G. Taffon (bibliografia che appare anche in appendice a Scrittura e società. Studi in onore di G. M., Roma 1985); G. Petrocchi, G. M., in Studi romani, XXXI (1984), 1-2, pp. 69 s.; G.A. Camerino, M. G., in Enc. Italiana, App. V, Roma 1993, pp. 328 s.; M. Petrucciani, Per G. M., in L’italianistica alla Enciclopedia Italiana, Roma 1994, pp. 59-65; G.E. Viola, M. e il futurismo, ibid., pp. 67-72. Si vedano anche le testimonianze autobiografiche in G. Mariani, Ricordo di C. Grabher, cit., pp. 1-3; le recensioni di M. Scotti alla Storia della Scapigliatura, in Giorn. stor. della letteratura italiana, CXLVI (1969), pp. 451-454 e di P. Zoccola a Il primo Marinetti, ibid., CXLIX (1972), pp. 452-456, nonché il saggio di V. Stella, Poetica e lirica dell’ermetismo. Sinisgalli e Luzi nella lettura di G. M., in Critica letteraria, X (1982), 4, pp. 766-797.