TRIGONA, Gaetano Maria
– Nacque a Piazza Armerina il 2 giugno 1767 da Stefano, un esponente di spicco della famiglia Trigona, e da Marianna, appartenente alla famiglia Parisi.
Entrambe le famiglie avevano un’origine patrizia, ma il casato dei Trigona era senz’altro tra i più potenti dell’area di Piazza Armerina, estendendo la sua influenza anche nel resto della Sicilia.
Il padre morì quando Gaetano Maria aveva solo quattro anni, lasciando il titolo di barone di Sant’Andrea al figlio maggiore, Felice. Anche per questo motivo Gaetano fu indirizzato verso la carriera ecclesiastica, che in passato aveva dato soddisfazioni e qualche lustro ad altri rampolli della famiglia Trigona. Prese i voti nel 1791 e inizialmente pare si impegnasse in campagne di predicazione in tutta la Sicilia. Ritornato ben presto nell’area di influenza della famiglia, cominciò a occupare cariche ecclesiastiche e civili a Piazza Armerina. Prima ancora di aver preso gli ordini sacri, a meno di quindici anni, era stato ammesso tra i chierici del collegio della chiesa del Ss. Crocifisso, tradizionalmente riservata a dignitari e personalità legate al patriziato locale. In seguito, arrivò a essere nominato prevosto del duomo di Piazza, una carica che dovette dargli più visibilità. Il coinvolgimento negli affari anche civili di quella comunità pare dimostrato dalla nomina a consulente dell’autorità municipale nel 1816.
La vera ascesa di Trigona nella gerarchia ecclesiastica arrivò però nel 1818, grazie all’interessamento di un parente arcivescovo di Siracusa, Filippo Maria Trigona Bellotti, che a sua volta si era visto sostanzialmente trasmettere l’arcidiocesi dallo zio Matteo Trigona. A Siracusa, occupò la carica di vicario e visitatore generale fino a quando Pio VII lo nominò vicario apostolico nella neonata diocesi di Piazza Armerina. Lo stesso papa lo indicò nel dicembre del 1818 come primo vescovo di Caltagirone, anche questa una diocesi di nuova fondazione. Fu consacrato nella cattedrale di Monreale, il cui vicario capitolare era metropolita di Siracusa e della nuova sede vescovile di Caltagirone, il 24 gennaio 1819. Quello stesso giorno prese possesso della diocesi solo per procura. La stessa nomina alla diocesi di Caltagirone sembra che arrivasse dalle manovre proprio dell’arcivescovo di Siracusa, che trovò nella nomina del giovane parente Trigona una sorta di compensazione alla riduzione della propria diocesi. La famiglia di Piazza Armerina riuscì così ad avere la meglio sui Gravina, che pure occupavano la sede arcivescovile di Monreale e rivendicarono con forza la nomina di un membro del loro ramo locale.
Pochissime le notizie sull’attività di Trigona alla guida del nuovo episcopato, come in generale pochissime sono le notizie sulla sua vita. Probabilmente, il suo contributo più importante fu l’aver avviato i lavori di rinnovamento della chiesa di S. Giuliano, elevata a cattedrale dopo la nomina di Trigona ad arcivescovo della diocesi. Nelle volte furono inseriti arabeschi e stucchi, nelle navate quadri a olio, secondo il gusto dell’epoca.
Papa Gregorio XVI lo nominò arcivescovo della sede metropolitana di Palermo nel marzo del 1833, prendendo possesso dell’arcidiocesi il 15 aprile. Poco più di un anno dopo, il 10 luglio 1834, nella cappella Palatina di palazzo dei Normanni a Palermo, Trigona ricevette la berretta cardinalizia dalle mani del re Ferdinando II e alla presenza della regina Maria Cristina di Savoia. Come per il periodo trascorso a Caltagirone, non si riescono a trovare molte notizie sulla sua attività di arcivescovo di Palermo, al di là degli interventi in ambito architettonico. Fu sotto sua commissione che l’architetto Emanuele Palazzotto completò i campanili neogotici della cattedrale di Palermo, oggi considerati tra gli aspetti più iconici del profilo della chiesa. Arricchì inoltre il tesoro dell’argenteria del duomo, ma non pare essere intervenuto più di tanto nel governo della diocesi. Anche l’ordinata visita pastorale del 1833 e le carte della visita ad limina in Archivio segreto Vaticano non sembrano rivelare interventi di rilievo particolare. Gli aspetti finanziari furono probabilmente la preoccupazione principale dell’autorità arcivescovile, che infatti incluse nella squadra della visita pastorale personale tecnico e ragionieri. Il visitatore delegato fu il canonico Domenico Cilluffo, che di fatto supplì a molte delle incombenze del governo della diocesi. Fonti ottocentesche (Boglino, 1884, pp. 83-86) menzionano un generico impegno per il seminario dei chierici e il restauro della sua biblioteca, oltre a una buona cura della mensa vescovile. Si conosce solo una lettera pastorale, pubblicata nel 1835 come Istruzioni ed ordinazioni da osservarsi per l’orazione interrotta delle Quarantore. L’assenza di interventi più decisi in ambito giurisdizionale o devozionale è tanto più significativa quanto più si consideri il fermento di riforme in ambito ecclesiastico che attraversò il Regno tra Settecento e Ottocento. Trigona non sembrò affatto preoccupato dell’avocazione di maggiori competenze da parte dell’autorità monarchica, come del resto non manifestarono particolari opposizioni altri esponenti dell’episcopato siciliano. Le forti connessioni tra la nobiltà siciliana e le autorità ecclesiastiche crearono un’inedita alleanza tra regalismo e clero.
Morì a Palermo il 7 luglio 1837. Gli atti del capitolo della cattedrale danno notizia del malore fulminante che lo fece ammalare e morire nel giro di due giorni. Trigona fu una delle vittime dell’epidemia di colera che colpì tutta la penisola italiana nella primavera di quell’anno. Le circostanze della sua morte sono ancora oggi l’elemento più ricordato nelle biografie di questo cardinale. Dopo l’estrema unzione alle ore 18, Trigona «diede termine alle ultime sue disposizioni» (Archivio storico dell’Arcidiocesi di Palermo, Fondo capitolare, 99, Atti capitolari). L’estrema unzione gli fu amministrata con una bacchetta e fece alcune nomine in letto di morte per posizioni o benefici vacanti. Il giorno dopo la morte fu collocato in una cassa rivestita di latta all’interno e coperto di calce per evitare la diffusione del morbo. Sempre a scopo di precauzione, a differenza di altri arcivescovi cardinali di Palermo che trovarono sepoltura nella cattedrale, Trigona fu seppellito nel convento di S. Giovanni di Baida, in una sepoltura profonda dodici palmi e ricoperta di «pietra rotta, terra e calce» (ibid.). Solo cinque anni dopo la morte nella cattedrale fu collocata una lapide commemorativa che ne ricorda la scomparsa.
Fonti e Bibl.: Archivio storico dell’Arcidiocesi di Palermo, Sacra visita del cardinale Gaetano Trigona, Curia arcivescovile, corda n. 1180, 1833, con indice in apertura e inventari dei beni, disposizioni, raziocini ed elenchi del clero dei comuni; Fondo capitolare, 99, Atti capitolari.
Cerimoniale da osservarsi in occasione che da S. M. il Re (N. S.) si darà per delegazione di Sua Santità la berretta cardinalizia a Sua Eminenza il Cardinale T. arcivescovo di Palermo, s.l. né d. [ma 1834]; L. Boglino, La Sicilia e i suoi cardinali, Palermo 1884, pp. 83-86; F.M. Stabile, Il clero palermitano nel primo decennio dell’Unità d’Italia (1860-1870), Palermo 1978, p. 35; Chiesa e società in Sicilia. Atti del III Convegno internazionale organizzato dall’arcidiocesi di Catania, ... 1994, III, I secoli XVII-XIX, a cura di G. Zito, Torino 1995, pp. 90 s.; G. Travagliato, T. e Parisi Gaetano Maria, in Enciclopedia della Sicilia, Milano-Parma 2006, pp. 977-980; Id., Arti decorative di committenza arcivescovile nel tesoro della cattedrale di Palermo, in OADI. Rivista dell’Osservatorio per le arti decorative in Italia, VII, 2013, pp. 81-98.