CAPECE, Gaetano Maria
Nacque a Napoli il 16 genn. 1720 da Michele e da Teresa de Santis, in un'antica e nobile famiglia. Compì i primi studi, con ottimi risultati, nel collegio Capece; quindi, nel 1736 vestì l'abito dei chierici regolari teatini nel convento napoletano dei SS. XII Apostoli, ove emise la solenne professione il 20 aprile dell'anno successivo. Mentre seguiva gli studi filosofici e teologici, si preparava al sacerdozio: prendeva gli ordini minori il 23 ag. 1739, diventava suddiacono il 25 marzo 1741, diacono il 21 genn. 1742 e, infine, veniva ordinato prete il 29 febbr. 1744. Insegnò dapprima nelle scuole della sua Congregazione filosofia, matematica e teologia, mettendo a frutto un'accurata e profonda cultura, basata non solo sugli studi tradizionali ecclesiastici e sulle lingue classiche e orientali (il C. aveva appreso perfettamente il greco e l'ebraico sotto la guida di Francesco Galluppi), ma anche sulla diretta lettura della contemporanea pubblicistica europea resa possibile da una buona conoscenza delle lingue francese, spagnola e tedesca (e qualche anno più tardi anche di quella inglese). Poco tempo dopo partecipò al concorso per la cattedra di lingua greca all'università di Napoli e fu nominato sostituto ordinario del dotto Alessio Simmaco Mazzocchi nella cattedra di sacra scrittura (1747), approfondendo lo studio delle lingue orientali.
Dopo sette anni, nel 1754, allorché Antonio Genovesi lasciò vacante la cattedra di etica e diritto naturale per passare alla neo istituita cattedra di commercio, il C. fu designato a sostituirlo, venendo preferito ad altri trenta candidati (Origlia, p. 309). Egli ricoprì tale incarico fino al 17 nov. 1769, quando il re di Napoli lo designò alla sede arcivescovile vacante di Trani.
Nel ventennio abbondante trascorso nel vivace ambiente universitario napoletano, il C., accanto ad un'assidua e proficua operosità didattica, svolse un'intensa ed eclettica attività pubblicistica nata dai suoi multiformi interessi di studioso. Epigrammi ed iscrizioni in lingua greca e latina, interpretazioni di passi scritturali, esami di monumenti archeologici, orazioni d'occasione e brevi dissertazioni teologiche, spesso stampati in fogli volanti, costituiscono la sua produzione. Si tratta quindi, in sostanza, di contributi modesti, ma tutti rivelano una robusta e seria preparazione culturale, l'ansiosa ricerca della "verità" storica (nel reverente ricordo dell'insegnamento morale del Muratori), il rifiuto delle forme più arcigne di religiosità e la moderata apertura alle nuove idee.
Già nell'Oratio ad Neapolitanam iuventutem suorum maiorum exemplum ad literarum studia excitandam. Habita in regio Neapolitano lyceo in sollemni studiorum restauratione anno 1754, Neapoli 1754 (che venne ripubblicato in Opuscola Caietani Mariae Capycii archiepiscopi Tranensis iampridem ab ipso seorsum edita, cum in regio Neap. lyceo Sacrae Scripturae professoris locum; tum Ethicae, ac iuris naturae cathedram sustineret: nunc emendatiora, ac auctiora quaedam, in unum collecta rursus in lucem prodeunt, Neapoli 1785, pp. 1-16), pronunciata nel prendere possesso della cattedra che era stata del Genovesi, il C. mostra una notevole spregiudicatezza. Infatti, nel sostenere la necessità di seguire nel campo degli studi il ricco filone della cultura letteraria, filosofica e scientifica meridionale, e napoletana in particolare, dopo le lodi rituali tributate all'erudizione ecclesiastica (i benedettini, Baronio, Tommaso d'Aquino, Andrea d'Isernia, Petrus Galatinus, e i cardinali De Lugo e De Vio), egli non teme di esaltare i filosofi Giordano Bruno, Bernardino Telesio ("illustris ille Philosophiae libertatis vindex noster"), Giulio Cesare Vanini e Tommaso Campanella, e infine l'intero gruppo dell'Accademia degli Investiganti guidato dal cartesiano Tommaso Cornelio; né mancano i riconoscimenti agli scienziati G. B. Della Porta, Girolamo Tavia, Francesco Fontana (tutti antiaristotelici) e soprattutto al galileiano Giovanni Alfonso Borelli.
Altrettanto significativa per rivelare la personalità del C. è la De variolarum insitione,disceptatio theologica (in Opuscula..., pp. 180-195).
Questo è uno dei tanti scritti (e non certo il primo, né il più originale) composti in quegli anni dai teologi che, in numero notevole, si schierarono in favore della vaccinazione antivaiolosa negando che la sua pratica fosse contraria alla legge divina. Per combattere i pregiudizi oscurantisti ancora molto radicati il C. segue il metodo tradizionale, utilizzando le argomentazioni di teologi autorevoli come il Sanchez e il Figliucci, e ricordando opportunamente che anche un rigido agostiniano come Gianlorenzo Berti aveva sostenuto la tesi favorevole all'inoculazione. Quando s. Agostino ci ammonisce a rispettare la volontà divina - sostiene il C. - vuole avvertirci di sopportare pazientemente le sofferenze della malattia; ma lo stesso santo ricorda che "nos a Deo minime sine nobis servari; cum igitur infirmitate non sinit vexari, vult, ut nos ad sanitatem recuperandam operemur; quod equidem non est efficere, ut voluntas Dei nobis incurvetur, sed ut nos suae voluntati incurvemur" (p. 195).Ma, accanto a tali affermazioni fondate sulla teologia, il C. reca le testimonianze di una cultura più moderna: le opere di Charles Marie de la Condamine, di J. Kirkpatrick (The analysis of inoculation, London 1754), di Simon-André Tissot (L'inoculation justifiée, Paris 1756)e perfino le Lettres philosophiques di Voltaire.
Tra gli opuscoli eruditi è notevole la De vetusto altaris pallio Ecclesiae graecae christianorum ex cimeliarchio clericorum regularium Theatinorum domus SS. Apostolorum Neapolis diatriba, Neapoli 1756 (in Opuscula.... pp. 53-151).
Nell'esaminare un pallio d'altare di seta rossa, raffigurante il Cristo morto tra due angeli e (ai quattro angoli) gli evangelisti, il C. respinse la tesi che esso risalisse al X secolo e fosse stato eseguito a Caiazzo. In seguito ad un'analisi accurata dei disegni e di un'iscrizione greca che lo circondava, egli ne fissò la fattura al 1407 e probabilmente a Napoli, dove più frequenti erano i contatti con gli ambienti religiosi greci. Le conclusioni del C. furono accolte da Leone Allacci, da F. A. Zaccaria e da Paolo Paciaudi (De cultu s. Iohannis Baptistae antiquitates christianae, Romae 1755, pp. 270 s.); ma ciò che più importa notare è che esse risultano da uno scaltrito metodo d'indagine, frutto di una attenta conoscenza dell'erudizione contemporanea.
Consacrato dal cardinale Rossi a Roma il 24 dic. 1769 arcivescovo di Trani, il C. ricevette il pallio il 29 gennaio del 1770. Egli amministrò la diocesi per un periodo di oltre vent'anni, senza svolgervi una attività particolarmente significativa e soprattutto cercando di mantere contatti molto tenui con Roma.
Desideroso di riavvicinarsi alla capitale, ottenne il 16 dic. 1791 la nomina regia al vescovado di Pozzuoli e la conferma dalla S. Sede il 27 febbr. 1792, riservandosi il titolo e le prerogative di arcivescovo. A Pozzuoli il C. restaurò la cattedrale di S. Proculo e l'annessa residenza vescovile ed eresse il Monte di pietà.
Morì nel giugno 1794.
Fonti e Bibl.: Arch. Segr. Vat., Proc. Dat., vol. 146, ff. 355-373; Ibid., Archivio della Concregaz. del Concilio,Tranen., Relationes ad limina; Ibid., Puteolan.,Relationes,ad limina;Ibid., Archivio della Segr. di Stato,Lettere di vescovi e di prelati, vol. 322, f. 283; Bibl. Apost. Vat., Vat. lat. 9265: G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, ff. 129-130; G. Origlia, Istoria dello Studio di Napoli…, II, Napoli 1754, p. 309; F. A. Zaccaria, Annali letterari d'Italia, I, 2, Modena 1756, pp. 108 s.; G. Sisti, Indirizzo per la lettura greca dalle sue oscurità rischiarata, Napoli 1758, p. 307; Novelle letterarie, XX (1759), coll. 358 s., 487, 489 s.; Notizie per l'anno 1771, Roma 1771, p. 239; A. F. Vezzosi, I scrittori de' Chierici regolari detti teatini, Roma 1780, I, pp. 181 s.; Notizie per l'anno 1793, Roma 1793, p. 111; C. de Rosa marchese di Villarosa, Notizie di alcuni cavalieri del Sacro Ordine Gerosolimitano illustri per lettere e per belle arti..., Napoli 1841, pp. 78 s.; G. Cappelletti, Le Chiese d'Italia..., XIX, Venezia 1864, pp. 669, 671; XXI, ibid. 1870, p. 56; B. Candida Gonzaga, Mem. delle famiglie nobili, I, Napoli 1875, p. 166; B. Cantera, Mem. stor. della Chiesa puteolana, Napoli 1886, p. 54; F. Venturi, Illuministi italiani, V, Riformatori napoletani, Milano-Napoli 1962, p. 358; R. Ritzler-P. Sefrin, Hierarchia catholica..., VI, Patavii 1958, pp. 350, 412.