BRANCONE, Gaetano Maria
Nacque in Puglia, in data imprecisabile, da Giovanni, che fu segretario della città di Napoli, avendo ottenuto nel 1697 questa carica, alla quale aspirava anche Giovan Battista Vico. Con quest'ultimo però il B., letterato egli stesso, mantenne sempre rapporti assai cordiali; a lui sono dedicati due sonetti vichiani, ed il B. a sua volta ne dedicò uno al filosofo. Nel 1691 il B. aveva in Napoli l'ufficio di segretario dei deputati della Salute; nel 1720 ottenne la carica, che già era stata del padre, di segretario della città. Negli anni del dominio austriaco dovette mantenere strette relazioni con la corte di Filippo V, poiché quando nel 1734 il Regno fu riconquistato dagli Spagnoli dell'infante Carlo di Borbone, egli fu l'unico napoletano chiamato a far parte del nuovo governo. Secondo un cronista contemporaneo il B. avrebbe ottenuto la piena fiducia di Carlo consegnandogli, al suo ingresso in Napoli, un memoriale nel quale indicava le inclinazioni politiche dei principali baroni e magistrati del Regno. Nel giugno 1735, abolito il Consiglio collaterale, le cui funzioni venivano attribuite alla Camera di Santa Chiara, il B. fu nominato segretario della medesima "con honores de Juez de la Gran Corte de la Vicaria" e preposto alla direzione degli affari ecclesiastici, "siendo este punto en este Reyno en todos tiempos el mas delicado", come scriveva il 18 giugno 1735 alla corte spagnola il conte di Santostefano, capo effettivo del nuovo governo borbonico (Archivo General de Simancas, Estado, leg. 5.810, f. 9). Due anni dopo, riorganizzato dal Santostefano il governo napoletano in quattro segreterie, il B. fu elevato al rango di segretario di Stato degli Affari ecclesiastici: al suo controllo furono riservati la delegazione della Reale giurisdizione, il cappellano maggiore e la sua curia, la cappella reale, la concessione degli exequatur da parte della Camera di Santa Chiara, le università degli studi di Napoli e di Catania, le licenze per la stampa dei libri, i benefici ecclesiastici di giurisdizione pubblica, i rapporti col nunzio e con l'Inquisizione di Sicilia. Tali attribuzioni facevano effettivamente il B. responsabile di uno degli aspetti più delicati della politica del nuovo governo: il malcontento generale dei Napoletani per il gran numero degli ecclesiastici del Regno e per le loro ricchezze, immunità e privilegi impose sin dal principio la necessità di una coraggiosa iniziativa giurisdizionalista. Il concordato concluso nel 1741 con Roma, mentre risolveva sostanzialmente le contese con la S. Sede per le pretese feudali di questa nel Regno, costituì anche un primo importante successo nella politica ecclesiastica impostata dal B., giacché limitò notevolmente le immunità del clero, l'estensione del foro ecclesiastico, i privilegi e l'esenzione dei beni di regolari e secolari di antico o recente acquisto. È difficile però stabilire in quale misura tali risultati fossero merito del B. e quanta parte di questo spettasse invece ad altri protagonisti della politica borbonica: il Tanucci, allora ministro di Grazia e Giustizia, il cappellano maggiore Celestino Galiani e Nicola Fraggianni, delegato della Reale giurisdizione. Certo l'opera del B., benché animata da sinceri propositi di riforma, ebbe sempre notevoli limiti nelle preoccupazioni religiose che furono assai vive in lui, anche se divennero chiaramente un ostacolo ai compiti affidatigli soltanto negli ultimi anni della sua vita. Con ogni energia il B. affrontò invece nel 1746 il tentativo dell'arcivescovo di Napoli, il cardinale Giuseppe Spinelli, di ristabilire nel Regno il S. Uffizio, tentativo che provocò l'unanime protesta degli Eletti e della Camera di Santa Chiara e quasi una insurrezione popolare. Sia perché condividesse la repugnanza, unanime a Napoli, verso quel tribunale, sia perché fosse preoccupato dalle conseguenze politiche che avrebbe potuto produrre un appoggio del ministero a simile tentativo, il B. intervenne senza esitazione nella questione, pretese dall'arcivescovo la consegna degli atti di alcuni processi in materia di fede e li affidò alla Camera di Santa Chiara, dettò al vicario generale di Napoli e a tutti i vescovi del Regno le regole da seguirsi sulla medesima materia, con esclusione assoluta di qualsiasi magistratura speciale. Mancarono in ogni caso, durante il ventennio - coincidente con il periodo di regno di Carlo di Borbone - nel quale gli affari ecclesiastici furono amministrati dal B., le clamorose iniziative che contrassegnarono la politica dei suoi successori: egli si limitò a intervenire negli innumerevoli casi nei quali il clero tentò di superare i limiti fissati dal concordato, estendendo illecitamente il foro ecclesiastico, creando impedimenti al corso della giustizia e dell'amministrazione, decretando pesanti sanzioni ecclesiastiche, che talvolta arrivarono sino alla scomunica, contro i magistrati regi che non esitavano ad applicare le direttive del governo. Toccò al B. anche raccogliere le proteste dei sudditi del Regno e del clero migliore contro il rilassamento quasi generale dei regolari e dei secolari, e intervenire, talvolta a istanza degli stessi vescovi, contro turpitudini e reati d'ogni genere dei quali quelli si macchiavano: ma questo aspetto della sua opera di governo fu certamente meglio conciliabile con gli scrupoli religiosi del Brancone.
Alla giurisdizione del B. spettò, in parte notevole, anche il compito dell'organizzazione della cultura nel Regno, specialmente per quanto atteneva alle università degli studi di Napoli e di Catania. Così fu compito del B. realizzare nel 1736 il vecchio disegno di Celestino Galiani di trasferire l'università napoletana nella più degna sede costruita da Domenico Fontana e iniziare la riforma degli insegnamenti sollecitata dallo stesso cappellano maggiore e dal Tanucci, con la riduzione delle cattedre antiche e l'istituzione di alcune nuove. Con molta severità, corrispondente del resto agli orientamenti di tutto il governo di Carlo, il B. esercitò la censura contro ogni sorta di libri, specialmente forestieri moltiplicando le proibizioni di lettura e di importazione, le formalità amministrative, i controlli sulle stamperie e sui rivenditori. Nel giugno del 1755, esonerato dalla carica di primo segretario di Stato il Fogliani, le attribuzioni di lui furono distribuite tra gli altri tre segretari: al B. spettò così anche il controllo dell'amministrazione dei teatri. Gli ultimi anni della vita del B. furono amareggiati da forti contrasti col Tanucci e con il Fraggianni: l'aumentata influenza politica alla corte napoletana dei due accesi regalisti urtava infatti contro gli scrupoli religiosi del B., sempre più accentuati da quando prese a esercitarsi su di lui l'influenza di Alfonso de' Liguori, col quale il B. ebbe rapporti di grande amicizia. Sin dal 1742 il B., malgrado l'orientamento generale del ministero di limitare le nuove fondazioni religiose, appoggiò la costruzione a Nocera d'una casa della nuova Congregazione del SS. Redentore fondata dall'amico, e sostenne le numerose analoghe iniziative prese da Alfonso negli anni successivi, ottenendo per lui da Carlo di Borbone nel marzo del 1743 l'approvazione regia della Congregazione, difendendolo per quanto poté alla corte e procurandogli ogni sorta di aiuti per la sua attività missionaria. Nel 1747 il B. convinse anche Carlo di Borbone a promuovere Alfonso all'arcivescovato di Palermo; ma questi, malgrado le pressioni dell'amico e dello stesso sovrano, rifiutò decisamente la designazione. Consapevole di quale grande sostegno poteva essere il B. per i suoi. vasti programmi missionari, Alfonso de' Liguori non si stancò di coltivarne la pietà e di temperarne gli orientamenti regalisti, sicché se "la funesta influenza che il Tanucci esercitava sull'animo del re" non fu, come vuole il Berthe, "paralizzata da quella tutta contraria" del B., certo è che nel governo delle Sicilie il B. fini per essere il principale ostacolo a una ferma e univoca politica ecclesiastica. Nel 1752 il B., ormai stanco del continuo battagliare con i suoi colleghi del ministero, espresse ad Alfonso il proposito, come il de' Liguori scriveva il 12 dicembre alla priora del convento delle carmelitane di Ripacandida, suor Maria di Gesù (R. Telleria, I, p. 526) di "renunciar a su cargo de secretario del monarca y consagrarse con más atención, cual simple particular, al aprovechamiento de su alma". Alfonso, però, lo sconsigliò con tanta energia che il B. rinunziò al disegno e rimase nel ministero. Moltiplicò tuttavia da allora le pratiche devote e iniziò, autorizzato da Alfonso de' Liguori, un carteggio spirituale con suor Maria di Gesù, che continuò sino alla morte, avvenuta in Napoli il 9 maggio del 1758. I suoi solenni funerali avvennero a cura del Real erario e Carlo di Borbone assegnò alla sorella e alla vedova di lui una pensione annua di 1.800 ducati (cfr. Archivo General de Simancas, Estado, leg. 249, f. 113v).
Fonti e Bibl.: Archivo General de Simancas, Estado, leg. 5810, ff. 9, 85, 92, 116; leg. 5.813, f. 1, leg. 5.817, f 164; leg. 5.833, f. 262; leg. 5.834, ff. 228, 233, 282; leg. 5.841, E 139; leg. 5.842, f. 287; leg. 5.844, f 117; leg. 5.848, f 69; leg. 5.860, ff. 31, 85, 87, 96; leg. 5.862, ff. 7, 11; leg. 5.864, ff. 140, 145, 149, 152; leg. 5.865, ff. 136, 137, 166, 169. Cfr. i regesti di questi documenti in R. Magdaleno Redondo, Secretaria de Estado. Reino de las dos Sicilias (siglo XVIII), Valladolid 1956, ad Indicem; G. Vico, L'autobiografia,il carteggio e le poesie varie, a cura di B. Croce e F. Nicolini, Bari 1929, pp. 275, 307, 365, 371; Id.,Scritti vari e Pagine sparse, a cura di F. Nicolini, Bari 1940, p. 327; Id., Versi d'occasione e scritti di scuola, a cura di F. Nicolini, Bari 1941, pp. 111 s., 146; D. Confuorto, Giornali di Napoli dal 1679al 1699, a cura di F. Nicolini, I, Napoli 1900, p. 325; C. Padiglione, La biblioteca del Museo nazionale nella Certosa di San Martino in Napoli ed i suoi manoscritti esposti e catalogati, Napoli 1876, pp. 113 s.; A. Berthe, Sant'Alfonso Maria de' Liguori 1696-1787, Firenze 1903, I, pp. 257, 276, 471 s., 477-479, 555; M. Schipa, Il Regno di Napoli al tempo di Carlo di Borbone, Milano-Roma-Napoli 1923, I, pp. 104, 108, 236, 287, 298; II, pp. 15 s., 54, 60, 82, 107, 141, 161, 170; C. Berardelli, G. M. B. ministro di corte napoletano nel sec. XVIII, Avellino 1927; E. Viviani della Robbia, Bernardo Tanucci e il suo più importante carteggio, Firenze 1942, I, pp. 70, 88, 90, 94; II, p. 518; R. Telleria, San Alfonso M. De Ligorio,fundador,obispo y doctor, Madrid 1950, I, pp. 236, 240, 291 s., 344-346, 350, 355, 373 s., 379, 415, 429, 432 s., 436-438, 441 s., 496,518, 521, 523-526, 529, 585; II, pp. 16, 72.