MONTI, Gaetano Lorenzo
MONTI, Gaetano Lorenzo. – Nacque a Bologna il 6 gennaio 1712 da Giuseppe e da Caterina Furolfi.
Il 10 febbraio 1733 conseguì la laurea in filosofia e medicina presso lo Studio bolognese. Nel 1739 fu aggregato al Collegio filosofico e nel 1740 a quello medico. Dal 1740 al 1751 lesse fisica generale e particolare. Dal 1752 sostituì il padre come ostensore dei semplici nell’Orto botanico e alla sua morte, nel 1760, gli subentrò nella cattedra universitaria di semplici medicinali. Già dal 1729 collaborava con lui, professore di storia naturale nell’Istituto delle scienze, come assistente, e nel 1760 gli successe anche in questa carica. Membro dell’Accademia delle scienze dell’Istituto di Bologna dal 1722 e accademico benedettino dal 1745, nel 1782 fu nominato presidente a vita dell’Istituto.
I biografi ottocenteschi (Schiassi, 1831; Mazzetti, 1848) gli attribuiscono una celebrità europea, ma in realtà la sua vita e la sua carriera si svolsero all’ombra dell’autorevole genitore e delle istituzioni cittadine. I contatti con studiosi stranieri si riducono a non frequenti rapporti epistolari con naturalisti nordici e al ruolo di maestro svolto nei confronti di Casimiro Gómez Ortega (1741-1818), futuro professore e direttore dell’Orto botanico di Madrid. Fu Monti ad assistere il giovane Ortega, giunto a Bologna nel 1757, nella preparazione e discussione delle tesi per ottenere la laurea in filosofia e medicina, titolo che conseguì alla fine del 1761. Nell’occasione il sedentario Monti pronunciò un’orazione in cui esaltò l’amore per il sapere che aveva spinto il giovane spagnolo lontano dalla sua patria e dagli affetti familiari (Oratio habita idibus Decembris MDCCLXI…, Bologna 1762).
La conversione di Ortega al sistema sessuale linneano, da lui definitivamente introdotto a Madrid nei primi anni Ottanta, risaliva certamente al periodo bolognese. Opere di Linneo erano note a Monti almeno dal 1734, quando presentò in Accademia una comunicazione, pubblicata solo nel 1747, dove, per giustificare il nome Aldrovandia dato a un’erba palustre prima ignota, si appellava a Linneo che in un suo scritto ammetteva l’uso di nomi di dotti solo nel caso appartenessero a eccellenti botanici, deplorando però il fatto che lui e i nuovi botanici non riconoscessero i meriti di Aldrovandi in questo campo (De Aldrovandia novo herbae palustris genere..., 1747, p. 410). Anche se il suo metodo tassonomico era rifiutato, le opere di Linneo, come quelle di altri naturalisti, vennero accuratamente spogliate per costruire gli indici delle piante medicinali ed esotiche, frutto di decenni di didattica e di ricerca dei due Monti. Si deve a Gaetano Lorenzo l’edizione a stampa, a Bologna nel 1753, degli Indices botanici compilati insieme con il padre, arricchita da una documentata storia dell’Orto botanico bolognese. Egli condivideva le riserve antilinneane del padre, che erano soprattutto di ordine pratico e derivavano dalla finalità didattica dell’opera e dalla priorità attribuita all’esigenza della facile riconoscibilità delle piante da parte di medici e farmacisti, che dovevano utilizzarne le proprietà terapeutiche.
Dopo la morte di Giuseppe, anche a Bologna il rapporto ancillare della botanica con la medicina si allentò e in accademia si cominciò a discutere espressamente dei principi tassonomici innovatori di Linneo, come fa pensare il titolo Sopra i sessi delle piante di una memoria non pubblicata e purtroppo perduta di Monti (Spallanzani, 1984, pp. 175 s.). Per lui, che nell’Oratio del 1761 definì Linneo «di gran lunga il migliore dei nostri tempi», si può parlare di sostanziale adesione al nuovo metodo di classificazione, sia pure con residue riserve teoriche sulla sessualità delle piante, espresse ancora in una dissertazione del 1772, e un accentuato eclettismo dal punto di vista pratico, nell’insegnamento e nell’ordinamento dei reperti nelle camere di storia naturale dell’Istituto (ibid.). Nelle sue memorie accademiche, come in quelle dell’altro allievo del padre, Ferdinando Bassi, appaiono ormai acquisite la trasformazione della botanica in disciplina autonoma e la separazione dello studio della morfologia da quello delle proprietà terapeutiche (Minuz, 1987, p. 53). Importanti sono anche le riflessioni di Monti sullo statuto della storia naturale, disciplina di cui, nella memoria De ovo serpentiforme del 1757, «teorizzava il significato sistematico, oltre che descrittivo» (Spallanzani, 1984, p. 162).
Il suo incarico di custode del Museo di storia naturale dell’Istituto lo portò a interessarsi attivamente al tema dell’ordine della natura e a intervenire nella discussione sul posto dei zoofiti nella scala degli esseri, non esitando tra l’altro a riconoscere i meriti di Jean-André Peyssonnel come scopritore della natura animale dei coralli e quindi l’errore del fondatore dell’Istituto, Luigi Ferdinando Marsili, che riteneva di aver dimostrato la loro appartenenza al regno vegetale (ibid., pp. 181 s.). Monti dedicò al regno animale diverse ricerche, per esempio su un uccello chiamato pendolino, di cui descrive l’habitat, il tipo di nutrimento e la particolare tecnica di nidificazione (1745); sugli xylophthori, osservati e descritti nell’ambito di una ricerca sugli insetti soggetti a metamorfosi in cui corregge alcune note di René-Antoine Ferchault de Réaumur (1767); sulla riproduzione delle anguille, in uno studio condotto in parallelo con l’anatomista Francesco Mondini, che stabilì, contro autorevoli naturalisti, tra cui Linneo, che le anguille non erano vivipare ma ovipare (1783; Minuz, 1987, pp. 55-58).
Morì a Bologna il 10 agosto 1797.
Oltre che come serio e sagace storico naturale, fu noto e apprezzato per la sua erudizione umanistica. Nella prefazione al primo tomo degli Scrittori bolognesi, Giovanni Fantuzzi loda la sua profonda conoscenza degli archivi pubblici e privati cittadini e la generosità con cui aveva messo a sua disposizione i «grandi materiali » (Fantuzzi, I, 1781, p. V) da lui raccolti per contribuire all’opera mai portata a compimento dai camaldolesi Mauro Sarti e Mauro Fattorini sui professori dello Studio (due tomi De claris Archigymnasii Bononiensis professoribus a saeculo XI ad saeculum XIV, Bologna 1768-72). In un altro volume riconosce di avere costruito la voce su Pietro de’ Crescenzi grazie a notizie fornitegli da Monti, che al tempo stava lavorando alla biografia del grande agronomo premessa all’edizione del suo Trattato di agricoltura pubblicata a Bologna nel 1784 dalla stamperia dell’Istituto delle scienze. Lo stesso vale per la voce relativa a Giacomo Zanoni (VIII, 1790, pp. 255-260), di cui Monti aveva tradotto in latino e ripubblicato la Istoria botanica corredandola di una biografia (Rariorum stirpium historia…, Bologna 1742; I ed. ibid. 1675). La passione di Monti per l’archeologia e l’antiquaria dell’area bolognese è al centro anche dell’elogio di Filippo Schiassi nel 1831, che, celebrandone altresì la religiosità, la modestia, l’integrità morale, l’amore per gli studi e il bene pubblico, lo propose come modello di vita per i giovani studenti ai quali il suo discorso era diretto. Sulla stessa linea si mosse Francesco Masotti in un breve testo celebrativo uscito nel 1897, nel centenario della morte.
Opere: De pendulino Bononiensium…, in De Bononiensi scientiarum et artium Instituto atque Academia Commentarii, II (1745), 2, pp. 57- 63; De Aldrovandia novo herbae palustris genere, ibid., III (1747), 2, pp. 404-412; De ovo serpentiforme, ibid., IV (1757), pp. 330-335; De Ammaniae herbae palustris nova specie, ibid., V (1767), 1, pp. 109-116; De Xilophtori terrestris prima specie, ibid., V (1767), 1, pp. 333-348; De anguillarum ortu et propagazione, ibid., VI (1783), pp. 392-405; Bologna, Arch. dell’Antica Accademia dell’Istituto di Bologna, Titolo IV, Sez. I, Mss. delle memorie dell’Accademia, anni 1767-74: Dissertazione, letta nell’Accademia delle Scienze il 23 aprile 1772. Per dettagliati riassunti di queste e altre memorie accademiche di Monti cfr. I Commentari dell’Accademia delle scienze di Bologna, a cura di W. Tega, Bologna 1986, ad indices.
Fonti e Bibl.: G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, I, Bologna 1781, p. V; III, 1783, p. 229; VIII, 1790, pp. 255-268; F. Schiassi, De laudibus Caietani Montii oratio…, Bologna 1831; S. Mazzetti, Repertorio di tutti i professori antichi e moderni della famosa Università di Bologna, Bologna 1848, p. 217; F. Masotti, Nel primo centenario della morte di G.L. M. bolognese…, Bologna 1897; M. Spallanzani, Le «Camere di storia naturale» dell’Istituto delle scienze di Bologna, in Scienza e letteratura nella cultura italiana del Settecento, a cura di R. Cremante - W. Tega, Bologna 1984, pp. 149-183; F. Minuz, «Ad Naturae Historiam Spectantia», in Anatomie accademiche, II, L’enciclopedia scientifica dell’Istituto delle scienze di Bologna, a cura di W. Tega, Bologna 1987, pp. 43-58; M. Cavazza, From Tournefort to Linnaeus: The slow conversion of the Institute of sciences of Bologna, in Linnaeus in Italy: The spread of a revolution in science, a cura di M. Beretta - A. Tosi, Sagamore Beach (Massachusetts) 2007, 233-252.