LA LOGGIA, Gaetano
Primogenito di Gioacchino e di Provvidenza Buttafuoco, nacque a Palermo il 23 dic. 1808. Superati i primi studi, decise inizialmente di intraprendere la carriera militare e si arruolò volontario nell'esercito borbonico; ben presto, tuttavia, abbandonò tale progetto e si dedicò allo studio della medicina, disciplina verso la quale manifestava una particolare attrazione. Conseguita la laurea in giovanissima età, si fece presto apprezzare per il livello di preparazione e di formazione scientifica, tanto da venire chiamato a sostituire M. Foderà nell'insegnamento della fisiologia presso l'Università di Palermo: mantenne l'incarico di docente fino al 1848, impartendo nel contempo corsi privati di fisiologia, di anatomia e di patologia generale. A Palermo il L. principiava, frattanto, a esercitare la professione pratica: assunto, dopo aver superato il relativo concorso, come medico dell'ospedale generale e della real casa dei matti, venne in seguito nominato medico comunale e componente il Magistrato di Salute interna presso l'intendenza provinciale.
Nello svolgimento delle sue mansioni ebbe modo di segnalarsi per le sue capacità, in particolare quando riuscì a risolvere con esito felice il caso della figlia del potente capo della polizia borbonica, S. Maniscalco, affetta da una grave infermità.
Fieramente avverso al regime borbonico, il L., pur votato allo studio e all'esercizio della medicina, subì il fascino della lotta politica: iscritto, tra i primi aderenti, alla Giovine Italia, fece attiva opera di proselitismo in Sicilia, e insieme con i fratelli Lo Monaco Ciaccio preparò e diresse il movimento rivoluzionario nell'isola. Scoppiata a Palermo nel gennaio 1848 l'insurrezione, che doveva precedere analoghi moti in altri Stati europei, per incarico del Comitato generale rivoluzionario il L. organizzò nella città alcuni ospedali ed esercitò le funzioni di medico capo dell'ospedale militare, divenendo infine medico capo dell'Armata e ispettore di tutti gli ospedali della Sicilia. Ma il tragico fallimento della sommossa, repressa nel sangue, lo costrinse a riparare nel Regno di Sardegna: fu dapprima a Genova, ove si tenne costantemente in contatto con altri patrioti e fuorusciti siciliani (tra i quali R. Pilo, S. Castiglia, i fratelli Orlando, M. ed E. Amari) e si adoperò per mantenere vivo il movimento rivoluzionario nell'isola; quindi, dal 1855, risiedette a Torino. Durante l'esilio il L. non trascurò l'attività medica, scientifica e pratica: tenne lezioni e conferenze, e, professore pareggiato della facoltà medica, insegnò biologia presso le Università di Genova e di Torino; durante l'epidemia di colera che colpì Genova nel 1854-55 prestò la sua opera al servizio della cittadinanza e, nel tentativo di impartire una educazione sanitaria a popolazioni spesso condizionate da ingannevoli pregiudizi, pubblicò Catechismo e istruzioni popolari sul colera asiatico… (Genova 1855).
Tornato a Palermo nel 1858, il L. - mantenendosi in stretto contatto con il comitato rivoluzionario residente a Genova e con i comitati rivoluzionari di varie zone della Sicilia - tornò ad allacciare relazioni con i patrioti locali e, interamente votato alla causa risorgimentale, ricostituì il comitato del capoluogo, raccolse fondi, organizzò squadre armate; membro della direzione del movimento liberale siciliano, pur adoperandosi per mantenere vivo lo spirito antiborbonico e rivoluzionario, si preoccupò di frenare l'impeto dei più impazienti, cosciente che un insuccesso avrebbe giovato notevolmente alle forze reazionarie. L'instancabile opera dei comitati si tradusse in una incessante attività di propaganda che accompagnò la campagna militare dei garibaldini in Sicilia dallo sbarco a Marsala alla battaglia di Calatafimi fino alla battaglia di Milazzo. Il L., che fu il primo ad accogliere a Palermo con una stretta di mano il generale G. Garibaldi il 27 maggio 1860 nella storica piazza della Rivoluzione, ebbe subito un ruolo rilevante nel nuovo assetto istituzionale: presidente della sezione Interno del neocostituito Comitato generale, quando questo, in seguito all'investitura di F. Crispi a segretario di Stato per l'Interno, venne meno, fu nominato sopraintendente generale del Magistrato di Salute pubblica e incaricato dell'ispezione generale di tutti i servizi sanitari, compresi quelli militari, di Sicilia. Il L. fondò, inoltre, la guardia dittatoriale, della quale assunse il comando, ed ebbe numerosi incarichi governativi: segretario di Stato per l'Interno, per la Pubblica Istruzione e i Lavori pubblici, per gli Esteri, fu chiamato a far parte del Consiglio di Stato straordinario, istituito per studiare le modalità di armonizzare i bisogni della Sicilia con quelli del resto dell'Italia unita, e fu eletto vicepresidente del ricostituito Consiglio civico di Palermo, che aveva mantenuto la composizione del 1848. Intrattenne rapporti di grande cordialità col generale Garibaldi, che tra l'altro incaricò il L. - recatosi a Napoli a presentare a Vittorio Emanuele II i risultati del plebiscito di annessione della Sicilia - di consegnare al re una missiva con la quale declinava alcune proposte rivoltegli dal nuovo governo sabaudo, pregandolo di aiutarlo nel reclutamento in Sicilia di volontari per costituire una forza pronta a marciare su Roma. Dopo lo scioglimento dell'esercito garibaldino e del corpo sanitario, il L. fu nominato direttore della Sanità marittima e investito del compito di organizzare il nuovo servizio in tutta l'isola. Egli fu inoltre per lungo tempo consigliere del Comune e della Provincia di Palermo. Il 15 febbr. 1880 fu nominato senatore del Regno per la quinta categoria, nomina convalidata il successivo 15 marzo: l'età avanzata e le non buone condizioni di salute, tuttavia, gli impedirono di seguire con regolarità i lavori parlamentari.
Superato il burrascoso periodo politico-insurrezionale, il L. tornò a dedicarsi interamente all'attività medica e didattica. Incaricato nel 1862 dell'insegnamento della patologia medica presso l'Università di Palermo, non riuscì a pervenire alla nomina a professore ordinario. Nel 1878 gli fu assegnata la direzione del manicomio palermitano con annesso insegnamento universitario della psichiatria.
A Palermo i malati di mente, fino alla prima metà dell'Ottocento, erano stati ricoverati in promiscuità con altri infermi presso l'ospizio S. Teresa. Quando nel luglio 1824 il barone P. Pisani ne ebbe affidata la direzione dal luogotenente di Sicilia U. Delle Favere, vi operò un radicale cambiamento: convinto seguace della nuova corrente psichiatrica (la cosiddetta "cura morale" della follia), egli allontanò dalla struttura i portatori di malattie infettive, abolì i trattamenti coercitivi e i provvedimenti meno che umani fino ad allora adottati nei confronti degli alienati, rese gli ambienti nosocomiali piacevoli e accoglienti, inaugurando di fatto la real casa dei matti. La sua opera fu proseguita dai direttori che gli succedettero, A. Amari prima e poi il L., che dovettero però affrontare il grave problema di una struttura divenuta ormai insufficiente.
Negli undici anni trascorsi alla direzione del manicomio, il L., oltre a proseguire e perfezionare l'attività clinico-psichiatrica e assistenziale secondo i nuovi concetti, perseguì tenacemente il progetto di dar vita a una nuova, efficiente struttura. Finalmente, nel 1883, riuscì a ottenere dal governo, a metà del prezzo di estimo, l'esteso podere denominato La Vignicella, già sede di una residenza estiva per religiosi e poi succursale dell'ospizio dei pazzi, situato in prossimità di Palermo, che sarebbe poi divenuto il nuovo manicomio, il grande ospedale psichiatrico provinciale di Palermo destinato ad accogliere i malati di mente del capoluogo e di Catania.
Il L. dette alle stampe alcuni apprezzati lavori scientifici, tra i quali si ricordano: Sulla espansibilità dei vasi: memoria, Palermo 1841; Sull'idrocefalo: memoria, ibid. 1843; Sull'applicazione della sintesi allo studio della medicina e sul nuovo ordinamento degli studi biologici, s.l. 1860; Sul metodo razionale e pratico come trattare le principali malattie del cuore e suoi risultati, s.l. 1862; Corso di patologia e terapeutica generale, Palermo 1863; Sulla riforma materiale e morale da adottarsi pel manicomio di Palermo e sull'indirizzo da darsi agli studi psichiatrici: lettere al barone N. Turrisi, s.l. 1870; Sulla nevrosi in generale. Trattato fisio-patologico, s.l. 1875. Importante il lavoro Sulla paralisi generale progressiva degli alienati, pubblicato nel 1880 nella rivista Il Pisani (pp. 35-83, 379-421), per gli acuti rilievi riportati dall'autore, sulla scorta delle osservazioni condotte su 15 pazienti privati e dello studio catamnestico di 70 ricoverati nel manicomio negli anni precedenti, circa la sintomatologia neuropsichiatrica e il quadro anatomo-patologico della demenza paralitica, nonché per l'esposizione delle proprie convinzioni, basate anche su una buona conoscenza della letteratura specialistica nazionale e internazionale, riguardo ai meccanismi patogenetici e alle sedi lesionali della malattia.
Gravemente malato, il L. morì a Palermo l'8 nov. 1889.
Dal suo matrimonio con Elisabetta Di Giorgi aveva avuto i figli Stefania, Rosalia e Gioacchino.
Fonti e Bibl.: Necr., in Sicilia medica, I (1889), pp. 972-978; C. Finocchiaro-Aprile, G. L.: commemorazione, Palermo 1890; G. Santangelo, G. L., in La celebrazione dei grandi medici siciliani, Palermo 1940, pp. 122-126; Diz. dei siciliani illustri, Palermo 1939, pp. 281 s.; Amministrazione provinciale di Palermo, Il nuovo manicomio di Palermo, Palermo 1911; F. Ugolotti, L'assistenza agli infermi di mente in Italia, Pesaro 1967, p. 74; R. Canosa, Storia del manicomio in Italia dall'Unità a oggi, Milano 1979, pp. 31-33; Enc. biografica e bibliogr. "Italiana", A. Malatesta, Ministri, deputati, senatori dal 1848 al 1922, II, p. 87.