GRANO, Gaetano
Nacque a Messina, da un Giovanni "fra gli agi di bene acquistata fortuna" (Scarcella, p. 8). La data è controversa: nella maggior parte le fonti (che però si riprendono l'una con l'altra) propongono il 21 nov. 1752, ma lo Scarcella e gli Annali della città di Messina (VI, p. 240), che sono le più autorevoli, forniscono lo stesso giorno, ma del 1754. Svolse i primi studi nelle scuole dei gesuiti della sua città con ottimo profitto, tanto che, conquistatosi la fama di precoce letterato e umanista, a 18 anni era già precettore di retorica nella R. Accademia messinese, pur coltivando contemporaneamente interessi disparati (col tempo approfonditi fino a concretarsi in pubblicazioni), tutti però originati dall'amore per la Sicilia e dal desiderio d'illustrarne la storia, l'archeologia, la numismatica, la paleografia, le arti e le bellezze naturali.
Testimonia l'ampiezza dei suoi orizzonti una laurea in medicina, conseguita nel 1784. Nell'esercizio dell'insegnamento il G. divenne assai popolare fra gli studenti (ma anche tra gli studiosi) per aver liberato l'apprendimento del latino da molte pastoie didattiche tradizionali, privilegiando il contatto con le fonti letterarie, che arricchiva di erudite informazioni di storia e d'etimologia. Aveva intrapreso la carriera ecclesiastica, e già nel 1786 aveva ottenuto il priorato di S. Maria Latina; nel 1820 Ferdinando I, per premiarne i meriti, lo nominò regio priore di S. Andrea di Piazza, con il trattamento di monsignore. Determinante per la sua formazione fu l'incarico, assunto nel 1780 e tenuto fino alla morte, di bibliotecario della R. Accademia Carolina (la biblioteca dell'università), che gli consentì di soddisfare le sue enciclopediche curiosità. Curò il riordino degli scompigliati fondi archivistici e librari, facendo compilare il primo catalogo della biblioteca, dove trascorreva la maggior parte del suo tempo, spesso fino a notte. L'incontro nel 1788 col celebre L. Spallanzani, in Sicilia per un viaggio di studio, spinse il G. a estendere ricerche scientifiche che aveva già intrapreso.
Fu il primo a criticare la leggenda, trasmessa dall'antichità, dell'esistenza di un vortice nello stretto di Messina (Cariddi); avendo vissuto il terremoto del 1783 in Sicilia, cercò di confutare la teoria elettromagnetica dei fenomeni sismici, suggerendo di indirizzare le indagini agli "spiragli" offerti dai vulcani (Osservazioni sugli ultimi terremotidel Perù paragonati a quelli di Sicilia e delle Calabrie, in Giornale letterario di Napoli, 1797, f. LXXXVII). Alieno dal lusso, aveva però raccolto una costosa collezione di rarità minerali e di reperti marini che fu esposta al pubblico nel gabinetto di storia naturale del Museo civico. Lo Spallanzani apprezzò particolarmente certe sue classificazioni di fossili, conchiglie e piante e alcune osservazioni sui banchi coralliferi.
Un altro filone importante degli studi del G. furono l'archeologia dell'isola e le belle arti: ne fu espressione un'opera di qualche pregio, le Memorie dei pittori messinesi e degli esteri che in Messina furono dal sec. XII al XIX, ornate di ritratti (Napoli 1792), pubblicata da J.Ph. Hackert senza indicare il nome dell'autore ma da tutti subito facilmente attribuita "a quel dotto e intelligente amico delle Belle Arti" (Hackert). Il lavoro, pur nei suoi limiti, fornisce sulla pittura messinese, che aveva illustri tradizioni, molte informazioni preziose rinvenute dal G. nei fondi archivistici locali. Le Memorie sono state ristampate, a cura di S. Bottari, con l'indicazione dei due "autori", a Messina nel 1932.
Un posto di rilievo nella sua produzione letteraria occupa poi l'epigrafia, genere in quel tempo tenuto in gran conto: possedendo perfettamente le lingue latina e greca, ritenute allora gli strumenti più idonei per quel tipo di letteratura, celebrò in innumerevoli forme epigrafiche la Sicilia: dalle mitiche origini ai fasti, dalle glorie alle sventure, dai re ai dotti, dagli edifici alle bellezze naturali.
Un anno dopo la morte del G. esse furono raccolte, unitamente alle sue poesie, nel volume postumo Inscriptiones et carmina Caietani Grano a Ioanne Rosso Messanensi patricio collectae, aereque suo impressae, Messanae MDCCCXXIX (2ª ed., ibid. 1830). I carmina, anche se in parte dedicati essi pure alla Sicilia (carme a Tommaso d'Aquino di Caramanico viceré dell'isola), abbracciano tuttavia orizzonti più vasti (vi sono composizioni per Ercole III d'Este, le gesta di Maria Teresa imperatrice, la statua bronzea di Ferdinando IV di Napoli).
Il G. svolse però anche un'importante attività di giudice e di politico che, travalicando l'ambito cittadino, fu forse di maggior rilievo di quella d'erudito. Se come insegnante aveva propugnato la riforma degli antiquati metodi didattici, l'impegno civile lo spinse a temi il più possibile aggiornati di diritto e di economia, approfonditi attraverso la frequentazione amichevole dell'ex ministro di Toscana marchese F. Manfredini e del ministro napoletano L. Medici d'Ottaiano, che soggiornarono a Messina. Questo indusse il governo centrale a servirsi di lui: nel 1789 fu nominato giudice ecclesiastico della Regia Udienza, e nel 1791 giudice dell'Apostolica Legazia in Messina. In tali cariche diede prove tanto soddisfacenti, specialmente per le doti di conciliatore, da spingere il re a chiamarlo nel 1812 a far parte della commissione per il nuovo codice del Regno; nell'incarico manifestò una certa lungimirante modernità, sostenendo l'abolizione di leggi antiquate che impedivano lo sfruttamento razionale delle terre e l'incremento dei commerci e dell'industria, abolizione che riteneva potesse sottrarre agli stranieri lo sfruttamento delle risorse dell'isola e contribuire a elevare il tenore di vita delle popolazioni, problema da lui molto sentito. La sua reputazione crebbe al punto che, venuto a mancare il giudice della Monarchia in Sicilia, un decreto regio del 20 maggio 1817 lo incaricò dell'interim; quando però si volle confermarlo definitivamente in quell'altissima carica declinò l'onore, adducendo di non voler per alcun motivo lasciare Messina per Palermo.
Delle opere pubblicate, oltre a quelle già segnalate si ricordano: Orazione funebre in morte della s.r.m. di Carlo III…, Napoli 1789; Orazione in nome del Comune di Messina, Messina 1812 (per mettere in guardia la patria sui pericoli provenienti dalla Francia); Il Comune di Messina al Parlamento, ibid. 1814; Memoria diretta al Parlamento nazionale in Napoli per il civico ospedale di Messina, s.l. 1821 (difesa degli ammalati indigenti in occasione del riordino della spesa pubblica). Membro dell'Accademia Peloritana, il G. la presiedette nel 1794, poi nuovamente dal 1818 al 1821. Assai benefico, aiutò negli studi molti concittadini meritevoli: in particolare si fece carico di quelli di chimica di V. Ramondini (1758-1811), poi professore nell'Università di Napoli, mandandolo anche in Inghilterra per perfezionarsi. Nel 1814, quando gli Inglesi ebbero evacuato il monastero di S. Salvatore dei Greci che occupavano militarmente dal 1806, il G. compilò un Nuovo catalogo della biblioteca del Salvatore (ricca di codici preziosi, ma disordinati e in parte scomparsi), che consegnò manoscritto a D. Scinà, il quale lo depositò nella Biblioteca del Comune.
Attivo sino alla fine, morì a Messina il 13 marzo 1828, colpito da improvvisa paralisi. I nipoti, suoi eredi, gli fecero erigere un monumento da E. Franzoni, allievo di A. Canova, nella chiesa di S. Nicola dei Cistercensi, anche se per sua volontà fu sepolto nella chiesa dei Cappuccini. Il 9 giugno di quell'anno i decurioni della città decretarono l'erezione di un suo busto nel Museo civico.
Fonti e Bibl.: L'Arch. di Stato e la Bibl. civica di Messina non posseggono manoscritti del G. o su di lui. L. Spallanzani, Viaggi alle Due Sicilie e in alcune parti dell'Appennino, IV, Pavia 1793, pp. 150 s.; F. Avolio, Riflessioni intorno all'origine e al progresso dell'agricoltura e della pastorizia in Sicilia…, Siracusa 1820, pp. VII s.; D. Scinà, Prospetto della letteratura in Sicilianel secolo XVIII, Palermo 1824-27, II, p. 435; G. Noto, Elogio del dotto prelato mons. don G. G. giudice delegato della Monarchia… recitato nella R. Accademia Peloritana, Firenze 1828; V. Scarcella, Cenni biografici di m.r. G. G., Messina 1842 (opuscolo rarissimo, estr. da Maurolico, Giornale del Gabinetto letterario di Messina, f. VII, genn. 1842; una copia è conservata presso l'Arch. di Stato di Messina); G. Bozzo, Le lodi dei più illustri siciliani trapassati ne' primi 45 anni del secolo XIX, II, Palermo 1851, pp. 237 ss.; A. Narbone, Bibliografia sicola sistematica, Palermo 1855, I, p. 430; II, pp. 37, 88; III, p. 55; IV, pp. 391-393; G.M. Mira, Bibliografia siciliana, I, Palermo 1875, p. 449; G. Oliva, Annali della città di Messina, continuazione all'opera di Caio Domenico Gallo, VI, Messina 1893, pp. 240-243; Confederazione fascista dei professionisti e degli artisti, Diz. dei siciliani illustri, Palermo 1939, p. 255; B. Croce, Aneddoti di varia letteratura, III, Napoli 1942, p. 95 e n. 8 (riporta un manoscritto di D. Vitrioli sul "felice quinquennio" 1815-20); V. Martinelli, in F. Susinno, Le vite de' pittori messinesi, a cura di V. Martinelli, Firenze 1960, ad ind. (per le Memorie dei pittori messinesi); M. Parenti, Aggiunte al "Dizionario bio-bibliografico dei bibliotecari…" di C. Frati, II, Firenze 1959, ad vocem; M. Canto, Diz. degli uomini illustri messinesi, Lodi 1991, p. 183.