MARRÈ, Gaetano Giovanni
– Nacque a Genova da Girolamo e Anna Caterina il 6 giugno 1771 (così dalla fede di battesimo allegata alla sua domanda di laurea presso il Collegium iurisperitorum et iudicum Genuae).
Nella documentazione dell’amministrazione universitaria, sia francese sia genovese, è riportata invece la data del 17 giugno 1772 e talvolta lo si dà originario di Chiavari, effettivamente luogo di provenienza della sua famiglia e dove anche in seguito egli stesso soggiornò.
Il M. studiò diritto a Piacenza e quindi si spostò a Siena, dove si fermò per tre anni; tornato definitivamente a Genova indirizzò i suoi interessi verso i «pratici» (innanzitutto G.B. De Luca) e nel 1793 ottenne il titolo dottorale.
Tra i suoi promotori vi era il più influente professore ligure negli anni tra antico regime e Restaurazione, G.B. Molini. La commissione era presieduta dall’auditore di Rota criminale, e in quel momento podestà di Genova, D.F. Chelli, lucchese, che sarebbe stato tramite del M. per un intenso rapporto con la vicina città toscana. Il M., peraltro, non entrò nel Collegio dei dottori giurisperiti, pur iniziando l’attività di avvocato.
Dopo la caduta del governo aristocratico, nel 1797 il M. fu nominato commissario aggiunto del governo provvisorio nella Riviera di Levante. Rapidamente divenne uno fra i personaggi più attivi dell’infuocato dibattito politico di quella fase, collocandosi sul fronte più radicale dei patrioti genovesi e pubblicando un pamphlet contro il mantenimento del titolo dogale (Al cittadino Giacomo Maria Brignole, Genova 1797). Ma fu la stampa periodica, in un panorama locale improvvisamente ricchissimo, a diventare il suo principale interesse: tra luglio e novembre del 1797 diresse, insieme con il suo fondatore G. Sauli, Il Difensore della libertà, in cui invocò l’unità tra le varie repubbliche italiane, in autonomia rispetto alla Francia. Nel dicembre 1797 fondò e diresse Lo Scrutatore. Giornale del cittadino Marrè, bisettimanale dedicato al resoconto e commento delle sedute dei Consigli, che chiuse le pubblicazioni nel settembre 1798. Conclusa anche questa esperienza giornalistica, il M. incominciò a collaborare a un’iniziativa editoriale più solida e moderata, il Monitore ligure (dal 1805, ad annessione avvenuta, Monitore della 28a Divisione militare dell’Impero francese, edito fino al 1811).
Proprio nelle pieghe della sua attività giornalistica è possibile individuare un primo tentativo di inserimento a livello accademico. Il Comitato dei pubblici stabilimenti della Municipalità, nel novembre 1797, aveva rimosso il titolare della locale cattedra di diritto canonico G.B. Gandolfo, un «nemico giurato della democrazia» cui era pronto a subentrare proprio il «democratico» Marrè. Era però indispensabile trovare argomenti solidi anche per il semplice mantenimento di un tale corso (di per sé allarmante per i patrioti) e il M. lo fece attraverso le pagine de Il Difensore della libertà (n. 53, 14 nov. 1797), nelle quali – rifiutato esplicitamente il sistema di istruzione gesuitico – distingueva la «santa religione di Cristo» dall’«orgoglio di alcuni papi», i «veri diritti della Chiesa» dalle «usurpazione della curia romana». Il Direttorio infine preferì far tacere definitivamente il corso canonistico.
Molto vicino alla Legazione francese, dove svolse compiti di «docenza», venne comunque designato tra i membri associati della seconda classe dell’Istituto nazionale (quella di «Filosofia, letteratura e belle arti. Arte del ragionare e analisi delle operazioni dell’intelletto, grammatica, eloquenza e poesia») ed ebbe modo di illustrare il suo pensiero circa la situazione politica ligure anche di fronte al Circolo costituzionale (Discorso su i vizi che si oppongono allo stabilimento della Repubblica, in Circolo costituzionale del Comune di Genova, I [1798].
In questi anni il M., per formazione e professione giurista, sviluppò un eclettismo che lo spinse verso il terreno letterario. Curò infatti una serie variegata di traduzioni: Candido, ossia L’ottimismo di Voltaire. Traduzione dal francese in ottave italiane divisa in dodici canti con l’argomento ad ogni canto, Genova 1798; P. Firmin de Lacroix, Dei mezzi di rigenerare la Francia applicabili a tutti i popoli liberi, ibid. 1798. E più avanti: Due opuscoli di Cornelio Tacito, ibid. 1814; Douglas (traduzione della tragedia di J. Home), ibid. 1822. Per il carnevale genovese del 1799 scrisse anche un dramma per musica, Bruto. È probabile che nello stesso anno sposasse la lucchese Rosalinda Galganetti, con cui ebbe due figli, Curzio e Gian Giacomo.
Nello stesso 1799 furono convocati i comizi per il rinnovo delle due Assemblee e il M. riuscì eletto in rappresentanza della giurisdizione dell’Entella (zona d’origine della sua famiglia). Pur indicato al momento dell’elezione come «uomo di lettere», all’interno dei Sessanta il M. fu immediatamente inserito nelle commissioni in cui poteva riversare la propria competenza giuridica («redazione delle leggi») o comunque le proprie non sopite aspirazioni alla docenza («istruzione pubblica»); nel 1800 fu nominato «supplementario» al tribunale civile del Centro.
È proprio la sua fama di «giacobino» e «unionista» a spiegarne le difficoltà accademiche, ma anche la generale crisi degli studi universitari costituì al momento un ostacolo insormontabile. Dopo l’avvio del nuovo ordinamento universitario del 1803, per breve tempo gli fu affidato un insegnamento di letteratura. Il M. patriota – e letterato – non sconfessò se stesso anche in seguito, e ancora nel 1806, rievocando un protagonista (peraltro controverso) di quella fase, compose un’Anacreontica in morte di S. Biagini, il «nuovo Marat», morto accoltellato nel 1799; allo stesso modo si dedicò ancora al lavoro di traduzione (I costumi de’ Germani, operetta di P. Cornelio Tacito, tradotta da G. Marrè, Genova 1807).
Nel 1807, su indicazione del rettore N. Grillo Cattaneo e dell’ufficio di amministrazione dell’Accademia di Genova, fu scelto dal ministro dell’Interno J.-B. Champagny conte di Nompère per l’insegnamento di lingua, storia e letteratura francese nella scuola di lingue e storia. La nomina non mancò di suscitare qualche perplessità: in effetti il M. era legittimato a un tale insegnamento esclusivamente dalle sue traduzioni e da due interventi dell’anno precedente presso l’Istituto ligure, in cui però aveva sostenuto in modo articolato e insistito la superiorità dell’idioma italico (Parallelo della lingua italiana con la lingua francese e Prospetto delle due lingue italiana e francese, in Memorie dell’Istituto ligure, I [1806]).
Nel 1815, dopo l’annessione di Genova al Regno di Sardegna, il suo insegnamento di lingua e letteratura francese fu trasformato in «letteratura generale antica e moderna».
Anche dopo la Restaurazione il M. non abbandonò il proprio impegno letterario: in particolare vanno segnalati i due volumi sulla Vera idea di tragedia di Vittorio Alfieri, scritti in polemica con uno dei più insigni penalisti di questa fase, G. Carmignani (e dunque esposti in forma di Dissertazione critica sulle tragedie di Vittorio Alfieri da Asti o sia la Dissertazione critica sulla tragedia di Vittorio Alfieri dell’avvocato Giovanni Carmignani…, I-II, Genova 1817). Precedente, e preliminare, era stato il Confronto delle tre Meropi (pubblicato nelle Memorie dell’Acc. delle scienze, lettere ed arti di Genova, I [1814], pp. 377-464); opera successiva, a coronamento di un serio impegno critico, fu Sul merito tragico di Vittorio Alfieri (Milano 1821). Per apparente paradosso, proprio questi suoi interessi lo mantennero in contatto stretto con giuristi fra i più importanti del suo tempo e ugualmente impegnati anche sul fronte letterario, come il già ricordato Carmignani e F. Carrara, entrambi lucchesi.
Inopinatamente fu proprio la Restaurazione a segnare per il M. l’agognato ingresso nella facoltà giuridica il 6 sett. 1816, sulla cattedra che avrebbe marcato profondamente il suo impegno scientifico maggiore, quella di giuscommerciale. In questi anni l’annessione di Genova al Regno di Sardegna, dolorosamente subita, causò esplicite manifestazioni di protesta anche in ambito accademico, in particolare tra gli avvocati chiamati a collaborare al Collegio della facoltà di legge. Alla chiusura dell’anno accademico 1817-18 il M., «con ammirazione universale», non prestò il dovuto omaggio alla restaurata Deputazione agli studi. Da Torino, pur lasciandolo fare, si vigilava sui suoi movimenti; e difatti nel 1821 fu tra coloro che, in occasione dei disordini nell’Università di Torino, poterono mediare con gli studenti genovesi: oltre a consolidarne la statura politica, ciò ha fatto scorgere in lui «uno dei precursori dell’ideologia mazziniana» (Assereto).
Il suo Corso di diritto commerciale (I-III, Genova 1822-23) rappresenta una trattazione che riproduce, tradotto dal latino all’italiano, quanto «dettato» nell’ateneo genovese. Dopo avere tracciato le linee della storia del commercio e della sua regolamentazione, dalle origini preistoriche alla promulgazione del codice di commercio francese, il M. è esplicito nel sostenere come un corso di giurisprudenza mercantile non possa che svolgersi «secondo l’ordine del Code de commerce». Le fonti utilizzate – oltre i codici napoleonici e le precedenti Ordonnances francesi, e ancora il Guidon de la mer e il Consolato del mare, nonché le Regie Costituzioni piemontesi settecentesche – sono però anche quelle giustinianee, la dottrina e giurisprudenza tradizionali in un completo panorama che va da Accursio al tardo diritto comune, alla letteratura decisionistica, ai trattatisti del settore, al panorama germanico sei-settecentesco, alla dottrina francese più recente. Non manca qualche contemporaneo italiano, impegnato già nel periodo francese a studiare il nuovo sistema del diritto codificato; se frequenti sono i richiami a decisioni di varie corti locali francesi, in proporzione pochi sono invece i riferimenti alla giurisprudenza della Cour de cassation (assenti i riferimenti ai Senati di Genova e di Torino). In definitiva, più che andare secondo l’ordine del codice, il M. segue l’evoluzione del diritto commerciale con spirito critico, dando il segno della piena maturazione di un metodo di analisi che caratterizza l’Ottocento giuridico europeo, da lui applicato al settore in cui la dottrina e la prassi genovesi erano da tre secoli riferimenti imprescindibili.
Il M. morì a Genova il 24 apr. 1825.
La fortuna del suo capolavoro, tuttavia, perdurò ben oltre la sua scomparsa: due edizioni fiorentine postume si ebbero nel 1838 e nel 1840. Nel 1855 uscì quindi a Napoli il Corso di diritto commerciale secondo il codice di commercio francese dell’avvocato G. Marrè… corredata di note e commenti dall’avvocato Luigi Parente.
Fonti e Bibl.: Parigi, Archives diplomatiques du Ministère des Affaires étrangères, Correspondance politique, Gênes, 173; Ibid., Archives nationales, Instruction publique, 1568; Arch. di Stato di Genova, Notai ignoti, 239; Repubblica Ligure, m. 11, cc. 117, 175, 183, 492; Lucca, Biblioteca statale, Fondo Francesco Carrara, Mss., 12 (lettere di Gaetano, Rosalinda e Curzio Marrè); 24: Al sig. avv.to G. M. pubb.co professore in Genova. Epistola. Si vedano inoltre: Raccolta de’ proclami del Direttorio esecutivo, Genova 1798 [1799]; Raccolta delle leggi ed atti del Corpo legislativo, III, ibid. 1799; Raccolta de’ proclami e decreti pubblicati dalla Commissione straordinaria del governo della Repubblica Ligure, ibid. 1800; L. Isnardi, Storia dell’Università di Genova continuata fino a’ dì nostri per E. Celesia, II, Genova 1867 (rist. anast., Bologna 1975), pp. 158 s., 168, 187, 208, 264; A. Neri, Un giornalista della rivoluzione genovese (1797), in L’Illustrazione italiana, XIV (1887), nn. 8 e 9; G. Natali, Un traduttore genovese del Candido, in Riv. ligure di scienze, lettere ed arti, 1915, vol. 42, 2, pp. 129-133; F.L. Mannucci, Il Circolo costituzionale di Genova nel 1798, in Giorn. stor. e letterario della Liguria, n.s., II (1926), pp. 133, 139; A. Codignola, La giovinezza di G. Mazzini, Firenze 1926, ad ind.; L. Rava, G. M. (1772-1825). Politico, letterato, giurista e il suo trattato di diritto commerciale, in Studi di diritto commerciale in onore di Cesare Vivante, II, Roma 1931, ad ind.; V. Vitale, Onofrio Scassi e la vita genovese del suo tempo (1768-1836), in Atti della Soc. ligure di storia patria, LIX (1932), ad ind.; Id., Un giornale della Repubblica Ligure: «Il Redattore italiano», ibid., LXI (1933), pp. 18, 23, 28; R. De Felice, I giornali giacobini italiani, Milano 1962, ad ind.; P. Ungari, L’età del codice civile. Lotta per la codificazione e scuole di giurisprudenza nel Risorgimento, Napoli 1967, ad ind.; R. Boudard, Gazzette patrie e straniere a Genova nel periodo rivoluzionario, in Riv. italiana di studi napoleonici, IX (1970), pp. 123-135; L. Morabito, Il giornalismo giacobino genovese (1797-1799), Torino 1972, ad ind.; G. Assereto, La Repubblica Ligure. Lotte politiche e problemi finanziari (1797-1799), Torino 1975, ad ind.; A. Mazzacane, Carrara, Francesco, in Diz. biogr. degli Italiani, XX, Roma 1977, pp. 664-670; V. Piergiovanni, L’Italia e le assicurazioni nel sec. XIX. Casi giudiziari 1815-1877, Genova-Milano 1981, ad ind.; G.P. De Leo, Il Collegio dei dottori giuristi a Genova nella seconda metà del Settecento, in Annali della Facoltà di giurisprudenza dell’Università di Genova, XXI (1986-87), pp. 563 s.; R. Francesconi, La controrivoluzione del 1797 in Val di Vara, Brugnato 1990, ad ind.; E. Villa, Genova letterata e giacobina, Genova 1990, ad ind.; Id., La letteratura dell’età giacobina e napoleonica, in La letteratura ligure dell’Ottocento, Genova 1992, ad ind.; R. Beccaria, I periodici genovesi dal 1473 al 1899, Genova 1994, ad ind.; Sesta Godano: le terre, i confini, la storia. Itinerari archivistici, La Spezia 1999, ad ind.; G. Tori, Lucca giacobina. Primo governo democratico della Repubblica lucchese (1799), II, Roma 2000, ad ind.; Diz. del Risorgimento nazionale, III, sub voce.