FANTI, Gaetano (Ercole Antonio)
Nacque a Bologna nel 1687 (Thieme-Becker, p. 255) o nel 1688 (Oretti, ms. B. 95, f. 113r) da Domenico. Allievo, fin da ragazzo, di Marc'Antonio Chiarini, lavorò con lui per molti anni, ne sposò la figlia Caterina e ricevette in eredità la sua ricca collezione di disegni (Oretti, ms. B. 130; Fanti, 1767). Non si conoscono opere giovanili del Fanti. Neanche la lettera scritta dalla sua famiglia su richiesta di Oretti nel 1768 (Oretti, ms. B. 95) fornisce notizie sulla sua giovinezza, nonostante contenga informazioni dettagliate riguardo agli avvenimenti e alle opere della maturità. Come aiutante del Chiarini, la personalità artistica del F. non appare indipendente, ma anche dopo la partenza del suo maestro per Vienna, scarne sono le notizie sulla sua attività. Da testimonianze (Crespi, 1769, pp. 255 s.; Oretti, ms. B. 130; Füssli, 1779) e da incisioni contemporanee (Milantoni, 1979, p. 219) sappiamo che il F. realizzò gli apparati effimeri per la "festa della porchetta" nel 1712, 1713 e 1714 e inoltre, in occasione della canonizzazione di s. Caterina Vigri, una tribuna davanti alla chiesa del Corpus Domini a Bologna.
All'età di circa trent'anni il F. si trasferì a Vienna, dove fu di nuovo attivo a fianco del suocero Chiarini e solo da quel momento cominciò a manifestare una propria personalità artistica autonoma.
I biografi forniscono date contraddittorie a proposito del trasferimento del F. a Vienna. Suo figlio Vincenzo (Fanti, 1767, prefaz.) racconta che il F. fu chiamato a Vienna dal principe Eugenio di Savoia il 19 febbr. 1713, mentre nella lettera del 1768 (Oretti, ms. B. 95) è menzionata la data del 1718. La prima data sembra essere precoce anche in relazione agli apparati da lui eseguiti a Bologna, la seconda invece un po' tarda ma possibile (Thieme-Becker sposta il trasferimento all'anno 1715, non si sa sulla base di quale fonte).
L'Oretti afferma che il F. completò i lavori del suocero già malato. Nella lettera, come primo incarico del giovane artista a Vienna, viene menzionata la quadratura del presbiterio della chiesa di S. Paolo, assai danneggiata dalle ridipinture, ed eseguita insieme col pittore figurista Carlo Innocenzo Carloni. Seguono i lavori per il Belvedere Superiore, la villa in collina del principe Eugenio di Savoia. Rimane aperto il problema della parte avuta dal F. - già presente a Vienna prima del 1718 - nelle pitture del 1716 nel Belvedere Inferiore, sotto la direzione del Chiarini. Successivamente prese parte anche ad altre imprese del suocero, tra cui la decorazione del salone e della galleria di palazzo Daun-Kinsky (1717 o 1718).
Il fatto che il F. ottenesse subito un incarico importante nel Belvedere Superiore mostra la considerazione di cui doveva godere a Vienna. È difficile giudicare fino a che punto fosse influenzato dal suo vecchio maestro, presente a Vienna fino al 1726. Alla prima metà degli anni Venti sono databili le decorazioni del salone, delle quattro sale del piano terra, del cabinet peint e di una galleria al piano superiore, documentate dalle incisioni di Salomon Kleiner del 1731-1740 (si conservano soltanto le decorazioni del salone e di una delle sale al pianterreno).
Molto vivaci e curate fino nei minimi particolari le quadrature del F. richiamano, tuttavia, nell'impostazione generale e nello stile le scelte operate dal Chiarini.
Completamente diversa invece è la decorazione nella sala conservata del pianterreno, dove un'architettura illusionisticamente aperta verso il cielo mediante una scenografica balaustra inquadra il Trionfo di Apollo, Diana e Aurora di Carloni, che sembra invadere lo spazio. Poiché finora non si conoscono con certezza le personalità artistiche che ebbero un ruolo determinante nella decorazione interna del Belvedere, rimane aperta la questione di altri possibili influssi.
In seguito il F. ebbe numerosi altri incarichi e collaborò con tutti i più importanti pittori figuristi dell'ambiente viennese. Oltre che dall'imperatore Carlo VI, dall'arcivescovo di Salisburgo e dai principali monasteri, ricevette commissioni dalla più alta nobiltà dei paesi asburgici. Si è conservata gran parte delle numerose opere menzionate nella lettera indicata.
Il diretto influsso delle quadrature del Chiarini si scorge nelle pitture della volta della sala Eroica del Theatermuseum a Vienna, Lobkowitzplatz 2 (palazzo Dietrichstein-Lobkowitz), proprietà del conte Gundacker Althan dal 1724 fino al 1745, che il F. eseguì, insieme con Jacob van Schuppen, durante le estati del 1728 e del 1729.
La quadratura segue essenzialmente l'architettura costruita, ma la traduce in una architettura in legno con copertura a cassettoni.
Nel corso dei mesi estivi, contemporaneamente al progredire delle rappresentazioni figurative dipinte da Johann Michael Rottmayr, il F. creò le quadrature nella chiesa di S. Carlo a Vienna negli anni 1726-1731, mentre nel 1736 terminò le finte volte a cupola degli oratori (figure di Daniel Gran). Nel 1729 insieme col Rottmayr affrescò la volta del presbiterio nella chiesa del convento di Klosterneuburg. Gli potrebbe essere attribuita (poco dopo il 1725) anche la sottile cornice decorativa nella volta di una delle cappelle della chiesa di S. Michele (figure di C. I. Carloni). Nel 1731 iniziò l'intensa attività del F. nell'abbazia di Melk, dove si trovò a lavorare insieme con Paul Troger.
Qui il F. dimostrò una profonda conoscenza delle possibilità dell'architettura illusionistica: dal colonnato trionfale nella sala dei marmi (1731) alle molteplici cornici decorative della biblioteca (1732), fino a raggiungere un effetto naturalistico che mimetizza l'architettura costruita, nella sala dei prelati (1739) e nella sala di Kolomani (1744). Il F. adeguandosi al gusto del tempo cominciò a preferire alle grandi scenografie teatrali forme decorative più sommesse, legate all'architettura.
Al 1734 risale l'esecuzione del complesso decorativo del salone del Parlamento moravo a Brno, commissionata a lui e a Daniel Gran dal principe W.A. Kaunitz. La decorazione della parete si ispira alle antiche sale imperiali, mentre nel soffitto è raffigurata una scena allegorica. Le ultime quadrature sicuramente attribuibili al F. si trovano nella chiesa dei gesuiti a Györ in Ungheria e sono databili al 1744-1747 (figure di Paul Troger). L'organizzazione decorativa e lo stile sono vicini agli ultimi lavori di Melk. Fino alla sua morte, avvenuta a settantadue anni, il 29 sett. 1759 (Thieme-Becker) o 1760 (Oretti, ms. B. 95, f. 117v), il F. sovrintese alla Galleria del principe J. W. Liechtenstein, la cui direzione passò poi al figlio, nonché collaboratore, Vincenzo. Il F. fu membro onorario dell'Accademia Clementina a Bologna e membro dell'Accademia fiorentina (Fanti, 1767, prefazione); il suo autoritratto si conserva presso gli Uffizi a Firenze.
Fra le opere andate perdute si ricordano (cfr. Oretti, ms. B. 95) la volta dello scalone e la cappella, decorate con Bartolomeo Altomonte, del castello Mirabell a Salisburgo per l'arcivescovo F. A. Harrach, 1725 (Oretti, ms. B. 130, erroneamente al 1723/1725), distrutto nel 1818 da un incendio; il salone per l'imperatore Carlo VI (1727) nel castello imperiale di Vienna, dove realizzò anche una sala in occasione del matrimonio di Maria Teresa con Francesco di Lorena (1736); la palazzina (già Harrach) del conte Althan, sempre a Vienna, dove il F. decorò due stanze e un salone nel 1729-30 e un altro nel 1737.
Vincenzo, figlio del F. e di Caterina Chiarini, fu battezzato a Vienna il 6 apr. 1719, dove nel 1731-1732 frequentò l'Accademia. Secondo il Füssli fu allievo di Bartolomeo Altomonte; in seguito si recò a Bologna per apprendere il mestiere da Vittorio Bigari. Avrebbe accompagnato il suo maestro a Torino e a Roma e nel 1744 sarebbe tornato a Vienna. Nella Vita di suo padre, scritta probabilmente dallo stesso Vincenzo, e che fu spedita sotto forma di lettera a Marcello Oretti a Bologna, Vincenzo viene menzionato come aiutante del padre nelle scenografie già nel 1736. È inoltre attestata da documenti di archivio la sua partecipazione all'insieme della decorazione dipinta della sala di Kolomani nel monastero di Melk. Come successore del padre, nel 1760 fu nominato direttore della galleria Liechtenstein, di cui pubblicò il primo catalogo nel 1767 (egli stesso fece i disegni per il catalogo, incisi poi da Jacob Schmutzer). Vincenzo fu anche attivo come artista al servizio del principe Liechtenstein: disegnò il ritratto su medaglione del principe Josef Wenzel von Liechtenstein, inciso da J. e A. Schmutzer. Nel suo catalogo della collezione il F. descrisse l'immagine allegorica sul soffitto del salone d'ingresso della galleria (olio su tavola, distrutto), indicando se stesso come esecutore dell'opera. In seguito a ricerche di archivio (cfr. Rizzi, 1993) si possono sicuramente attribuire al F. alcuni schizzi del 1762 per l'altare maggiore della chiesa di Česka Třebová di Mährisch Trübau (realizzato però sulla base di altri disegni). Le fonti riferiscono inoltre di dipinti del presbiterio della chiesa parrocchiale di Eisgrub e di alcuni quadri per il castello (distrutto in quello stesso periodo). Nel 1772 Vincenzo si candidò per il posto di direttore dell'Accademia di Vienna, che gli venne tuttavia rifiutato dal cancelliere di corte e di Stato, il principe W. A. Kaunitz. Ricevette il titolo di consigliere imperiale e fu maestro di disegno della famiglia imperiale. Morì il 27 sett. 1776 a Vienna al servizio della famiglia Liechtenstein.
Fonti e Bibl.: Bologna, Bibl. d. Archiginnasio, ms. B. 95: [V. Fanti] in M. Oretti, Vite di pittori, scultori e architetti... [1768], ff. 113-117; Ibid., ms. B. 130: M. Oretti, Notizie de' professori del disegno cioè pittori e de' forestieri di sua scuola, VIII, pp. 369 s.; G. Zanotti, Storia dell'Accademia Clementina, Bologna 1739, I, pp. 279 s., 283 s.; V. Fanti, Descrizzione completa di tutto ciò che ritrovasi nella galleria ... di sua altezza Giuseppe Wenceslao ... della Casa di Lichtenstein, Vienna 1767, prefaz., pp. n.n., pp. 125 s.; L. Crespi, Vite de' pittori bolognesi non descritte nella Felsina pittrice, Bologna 1769, pp. 199, 255 s.; J. R. Füssli Allgemeines Künstlerlexicon, Zürich 1779, p. 227; Österreichische Kunsttopographie, III, H. Tietze, Die Denkmale des politischen Bezirkes Melk, Wien 1909, pp. 206-209, 217 s., 223 s., 328 s., 351 s., 359 s.; Ibid., XIII, M. Dvorak, Die profanen Denkmale der Stadt Salzburg, Wien 1914, pp. 184 s.; B. Grimschitz, Wiener Barockpaläste, Wien 1944, pp. 36 s.; K. Garas, C. Carlone und die Deckenmalerei in Wien am Anfang des 18. Jahrhunderts, in Acta historiae artium, VIII (1962), pp. 267, 272; G. Heinz, Die italienischen Maler im Dienste des Prinzen Eugen, in Prinz Eugen und sein Belvedere, Wien 1963, pp. 130 s.; B. Heinzl, B. Altomonte, Wien-München 1964, pp. 78 s.; W. Aschenbrenner-G. Schweighofer, Paul Troger, Salzburg 1965, pp. 76 s., 80 s., 82 s., 83 s.; A. Barigozzi Brini-K. Garas, C. I. Carlone, Milano 1967, ad Indicem; W. Wagner, Die Geschichte der Akademie der bildenden Künste in Wien, Wien 1967, pp. 41 s. (per Vincenzo); Salomon Kleiner, Winnerisches Welttheater, Das barocke Wien in Stichen, II, 2, Das Belvedere in Wien, a cura di H. Aurenhammer, Graz 1969, ad Indicem; II, 1 (tavole); G. Flossmann-W. Hilger, Stift Melk und seine Kunstschiitze, St. Pölten-Wien 1976, pp. 61-66; E. Knab, Daniel Gran, Wien-München 1977, pp. 81 s., 164 s.; G. Milantoni, in Architettura, scenografia, pittura di paesaggio, L'arte del Settecento emiliano (catal.), Bologna 1979, pp. 217, 219; E. Hubala, Johann Michael Rottmayr, Wien-München 1981, pp. 171 s., 174 s.; U. Knall-Brskovsky, Italienische Quadraturisten in Österreich, Wien-Köln 1984, ad Indicem; W. G. Rizzi, Das Palais Dietrichstein-Lobkowitz in Wien - Zur Planungs- und Baugeschichte des Hauses, in Lobkowitzplatz 2, Geschichte eines Hauses, Wien-Köln-Weimer 1991, pp. 14 s.; W. G. Rizzi, Ein Hochaltarentwurf für Mährisch Trübau von Vincenzo Fanti, in Sbornik prací filozofické fakulty brněnské univerzity, XXXIX/XLI, řada uměnovědná, fasc. 34-36 (1993), pp. 205-207; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI, pp. 255 s. (per Vincenzo; s.v. Fanti, Vinzenz Anton Joseph).