DE SIMONE, Gaetano
Non si conoscono gli estremi anagrafici precisi, ma la sua nascita va collocata intorno al 1747 (Pisani, 1986, pp. 69, 72 s.), probabilmente a Napoli.
Stranamente le fonti locali ignorano la sua produzione artistica sebbene con dati assai scarni lo indichino, nel 1803, soltanto quale "maestro dei principianti" presso l'accademia del disegno di Napoli (Borzelli, 1901) dove risulta attivo ancora nel 1805 (Arti figurative..., 1979), mentre non viene riconfermato nel 1822 nel decreto di nomina, ma risulta ugualmente retribuito per la "Real Clemenza di S. M." (Lorenzetti, 1952). È questo l'ultimo documento finora reperito che lo riguarda.
Il D. fu un pittore certamente apprezzato dalle grandi famiglie del Regno borbonico, come risulta dai dipinti ritrovati o soltanto citati dai documenti. Nell'inventario del 1801 per il palazzo Roccella gli sono assegnati otto ritratti di personaggi di casa Doria d'Angri databili attorno al 1790-91 (Pisani, 1986, p. 69 n. 14; già in raccolta Carafa Cantelmo Stuart di Roccella, i ritratti sono attualmente in ubicazione ignota), oltre a quello di Mariantonia Carafa, poi duchessa di Popoli, e di sua sorella Giulia, duchessa Serra di Cassano (oggi in raccolta privata napoletana, cfr. ibid., pp. 69 ss.).
I ritratti di Giulia e Mariantonia Carafa rivestono un particolare interesse nella storia di Napoli in quanto le due dame erano rispettivamente madre e zia del rivoluzionario Gennaro Serra di Cassano (P. Colletta, Storia del Reame di Napoli, a cura di N. Cortese, Napoli 1957, II, p. 79). L'abbigliamento della duchessa Serra di Cassano induce a ritenerla ritratta tra il 1783 e il 1785 mentre quello della duchessa di Popoli tra l'88 e il '90, soprattutto considerando il maestoso toupet che sormonta il capo di quest'ultima.
Il successivo ritrovamento di un gran ritratto di nobiluomo, firmato e datato "Gaet. De Simoni P. Napoli 1787" (Napoli, collez. privata), in rapporto di stile stringente con quello di Giulia duchessa di Cassano, ha permesso di confermare in via definitiva la paternità di tutta la serie dei ritratti Doria-Carafa. I toni e le sfumature degli incarnati, il raffronto delle piante topografiche presenti nel gran ritratto con il prospetto di un palazzo che ha tra le mani Giulia Carafa, l'ambientazione neoclassica di entrambi i quadri, tutto suggerisce l'identità di mano.
Il "ritratto di nobiluomo" è stato identificato (Pisani, 1986, p. 71 fig. 3) con Domenico Caracciolo, marchese di Villamaina, ambasciatore a Parigi, viceré del Regno di Sicilia e infine primo ministro di Ferdinando IV dal 1786.
L'attività del D. ritrattista, che può aver preso l'avvio nell'ultimo quarto del secolo, concilia le tendenze della tradizione napoletana con le recenti istanze del neoclassicismo trionfante. Sembra chiaro, però, osservando soprattutto i ritratti delle sorelle Carafa, la spiccata compostezza formale, il felice accostamento dei delicati valori cromatici, il garbo della rappresentazione, che dimostrano l'apertura in senso europeo del D. ritrattista e magari un interesse per la produzione di una Angelika Kauffmann. Da notare, infine, gli spunti fisiognomici alla Traversi che si possono rilevare nel ritratto Caracciolo (ibid., p. 73), che ci mostrano il pittore non immune dagli echi di questo maestro nella pittura napoletana del tardo Settecento (F. Bologna, Gaspare Traversi…, Napoli 1980, p. 68).
Il successivo ritrovamento degli altri due ritratti firmati, quelli del marchese Ignazio Friozzi e di sua moglie Maria Michela Mastrilli della Schiava (coll. Silvestri, Napoli), datati 1818, ha permesso poi di documentare l'attività del D. fino al secondo decennio del secolo XIX (Pisani, 1986). A quest'epoca il D. si mostra perfettamente integrato nella temperie artistica di quegli anni pur attenuando la sottile vena di ironia con un più marcato realismo.
Risulta invece di non facile spiegazione il silenzio delle fonti locali sulla produzione artistica del pittore. Particolarmente strano risulta il silenzio di P. Napoli Signorelli (Gli artisti napoletani della seconda metà del sec. XVIII, in Napoli nobilissima, n. s., III [1922], pp. 26, 30, 117 ss.). Anche nella copiosa raccolta epistolare dell'architetto regio Luigi Vanvitelli e del figlio Carlo (F. Strazzullo, Le lettere di L. Vanvitelli, Galatina 1976) non è mai un cenno che riguardi il De Simone. Unica giustificazione potrebbe essere una partecipazione attiva del pittore alle idee progressiste e la probabile messa al bando da parte del locale ambiente conservatore.
Bibl.: A. Borzelli, L'Accademia del disegno durante la prima restaurazione borbonica, in Napoli nobilissima, X (1901), p. 4; C. Lorenzetti, L'Accademia di belle arti di Napoli, Firenze 1952, p. 76 n. 1; Arti figurative a Napoli nel Settecento, a cura di N. Spinosa, Napoli 1979, p. 115; M. Pisani, G. D. un ignoto pittore napol. della seconda metà del Settecento, in Prospettiva, 1986, n. 47, pp. 69-74; N. Spinosa, Pittura napol. del Settecento dal rococò al neoclassicismo, Napoli 1987, pp. 57, 137nn. 209 s., 141 n. 228, 330.