DE FELICE, Gaetano
Nacque a Napoli il 24 febbr. 1863 da Alfonso e da Paolina Sassone Corsi. Educato in una famiglia di austere tradizioni religiose, il D. compì gli studi classici avendo come maestri F. De Sanctis e B. Puoti. Al termine degli studi insegnò per qualche tempo lettere italiane, ma ben presto si dedicò al giornalismo. Nel 1877, ancora giovanissimo, iniziò la lunga carriera che lo portò ad essere, per circa mezzo secolo, uno dei più autorevoli giornalisti in campo cattolico. Collaborò con note bibliografiche e letterarie a La Discussione e poi all'Italiareale.
Nel periodo in cui il D. si affermava nella sua professione convivevano in seno al cattolicesimo napoletano due tendenze: la prima aveva il suo esclusivo punto di riferimento nel papa, mentre la seconda era strettamente legata al legittimismo borbonico. Nel 1884 nacque un nuovo periodico, Il Guelfo, portavoce di un gruppo di giovani cattolici, tra i quali il D., "fermamente decisi ad introdurre un po' di aria nuova e di spirito nuovo nel chiuso e vecchio ambiente dei cattolici napoletani nel quale primeggiavano principi, duchi e marchesi ex borbonici, ostinatamente legati ad una società e ad ideologie del tutto superate e travolte" (Cestaro, p. 103).
Il D. si fece promotore di questo rinnovamento, affrontando, in una serie di articoli apparsi nel 1890 su La Discussione, temi quali la modernità intesa come sinonimo di rivoluzione. Gli scritti dei D. rivelavano l'ascendente politico e culturale di don Davide Albertario, che nel 1883 era stato suo ospite a Napoli.
Era infatti evidente "l'influenza della polemica antiliberale ed antimoderna propria dell'Albertario, specialmente nella chiusura ed ostilità del nostro ai valori della cultura moderna, sebbene fosse stato allievo del De Sanctis. A differenza dell'Albertario manca nel De Felice, forse per la sua origine nobiliare e per la mentalità del ceto dal quale proveniva, quella sollecitudine ed interesse per il problema sociale: il marchese napoletano non va oltre la constatazione della miseria, della fame, dell'emigrazione dei ceti popolari, fenomeni che vengono soltanto utilizzati come strumenti polemici contro lo Stato liberale e se talvolta si accenna a qualche rimedio non si va oltre quelli tradizionali della carità e della beneficienza" (ibid., p. 115).
Il programma d'azione sostenuto dal D. era ancorato all'intransigente difesa delle prerogative del temporalismo papale, al punto da scrivere su La Discussione del 13 sett. 1890: "noi siamo zuavi pontifici e nostra arma sono la. penna, la scuola, il circolo, l'accademia, la stampa. Domani sarà il fucile? Non diciamo. Ma sappia chi vuol saperlo che anche quello sta bene nelle nostre mani". In coerenza con tali enunciazioni il D. combatté una tenace battaglia contro la legge per il riordinamento e la laicizzazione delle Opere pie.
Mentre maturavano, con l'enciclica Rerum novarum del 1891, tempi nuovi per il movimento cattolico, La Discussione restava pervicacemente arroccata a posizioni superate in difesa del legittimismo borbonico.
Nel 1895 anche il D., autore di un profilo biografico di don Alfonso Maria di Borbone, apparso a puntate sul giornale, fu investito dalle critiche sempre più vaste e ricorrenti che dal mondo cattolico venivano rivolte a La Discussione. Il D. precisò allora di non aver avuto intenzione di sollevare "la questione tradizionalista napoletana" (La Discussione, 7 ott. 1895), mentre il giornale continuava a rivendicare il proprio indirizzo filoborbonico.
Più affine ai convincimenti dei D. era ormai l'altro giornale cattolico napoletano La Libertà cattolica, aperto alle nuove linee dell'intransigentismo popolare e della prima Democrazia cristiana. Il D. entrò a far parte della redazione di questo giornale, assumendo in seno ad esso incarichi di sempre maggiore responsabilità. Nel 1897 la direzione del quotidiano, che mutò la testata in La Libertà, fuassunta dal De Felice. Riconfermando la piena adesione al programma cattolico papale, La Libertà prese posizione contro il protezionismo e a favore della libertà economica, rivolse attenzione alla questione operaia e si distinse nella strenua difesa dell'autonomia delle Opere pie.
Di fronte ai moti di Milano ed alla repressione del 1898 il D., in linea con l'ala conservatrice dell'intransigentismo cattolico, mise da parte la polemica antiliberale e appoggiò l'azione del governo. La difesa delle istituzioni, prima avversate, in nome della conservazione sociale, poneva in evidenza quello che ormai era l'orientamento prevalente dei cattolici e l'emarginazione della tendenza legittimista.
Nel luglio 1898 il D. furicevuto dal papa, presso il quale trovò apprezzamento e sostegno per l'azione che svolgeva dalle pagine de La Libertà. Igruppi cattolici napoletani vicini al D. erano rivolti a un rafforzamento dell'Opera dei congressi e a creare le condizioni per la partecipa alla politica.
Lo scriveva esplicitamente il D. su La Libertà: "Noi possiamo, noi dobbiamo fare politica, come e quanto n'è consentito dagli ordini e dai consigli del papa, noi dobbiamo farla preparandoci nell'astensione dall'esercizio del diritto politico maggiore" (n. 4, 1899).
Mentre dunque La Libertà esprimeva l'orientamento clerico - moderato e transigente e guardava con simpatia l'azione della prima Democrazia cristiana, La Discussione restava ferma sulle posizioni intransigenti e legittimiste. I due giornali venivano perciò a essere specchio delle due opposte tendenze. ma la crisi, che nel settembre 1902 costrinse La Discussione a sospendere le pubblicazioni, era un segnale delle crescenti difficoltà che incontravano gli intransigenti. Sulla sponda opposta i clerico-moderati, che si raccoglievano intorno al Circolo cattolico, di cui il D. era segretario, guadagnavano invece sempre maggiori simpatie e potevano contare sull'appoggio della gerarchia. Occorreva tuttavia recuperare al nuovo indirizzo anche quei settori rimasti fermi all'intransigentismo protestatario. La nomina del D., nel dicembre 1902, a direttore della rinnovata Discussione rispondeva appunto a tale esigenza di conciliazione.
L'opera del D. incontrò tenaci resistenze e nell'ottobre 1903, abbandonando l'incarico, egli fece sulle pagine del quotidiano una spietata denuncia di quegli atteggiamenti anacronistici che impedivano una crescita organizzativa e politica dei movimento cattolico partenopeo, a differenza di quanto accadeva altrove. Nello stesso mese il D. si trasferì a Roma, dove si stabilì e dove, un anno più tardi, fu chiamato ad assumere la direzione del Giornale di Roma. Era questo un nuovo quotidiano cattolico di tendenze conciliatoriste e mirante all'abolizione del non expedit e alla partecipazione dei cattolici alle elezioni politiche. Da questa tribuna il D. affrontò, dapprima timidamente poi in modo deciso, la questione dell'intervento cattolico nella vita politica e parlamentare italiana auspicandolo a fianco dei liberali moderati.
Altrettanto esplicito fu poi l'auspicio che "fra le due nobilissime aspirazioni religiose e patriottiche" (Era nuova, in Giornale di Roma, 26 marzo 1906) si giungesse ad una inimmente conciliazione. Il Giornale di Roma, impostato con criteri moderni e assai ricco di notizie, fu costretto a chiudere per difficoltà economiche dopo neanche tre anni di vita, il 14apr. 1906.
Al suo posto, raccogliendone l'eredità politica, apparve, il 26 luglio di quello stesso anno, il Corriere d'Italia del quale il D. fu direttore fino al 3 dic. 1907. Il D. abbandonò il Corriere d'Italia, divenuto in breve tempo uno dei più importanti quotidiani politici di Roma, per contrasti con i nuovi azionisti che avevano imposto quale nuovo direttore Paolo Mattei Gentili, già redattore capo. Il D. passò quindi all'Osservatore romano, dove rimase per qualche tempo fino a che non fu sollecitato da Pio X (1912?) a tornare al Corriere d'Italia. Questo giornale aveva assunto un orientamento modernista ed aveva perso l'appoggio della gerarchia e con esso molti lettori. Il D. lo allineò nuovamente all'indirizzo papale e lo salvò dal fallimento, rimanendovi alla guida fino al 1929. Membro del Centro nazionale cattolico, il D. sostenne l'azione del partito fascista e si adoperò per la conciliazione tra lo Stato e la Chiesa. Abbandonato il giornalismo attivo, il D. continuò a collaborare con l'Osservatore romano e con altre riviste italiane ed estere.
Fu per diversi anni membro del Collegio dei probiviri dell'Associazione della stampa periodica italiana e altresì membro di accademie letterarie e della Congregazione del Sacro Cuore di Gesù. Negli ultimi anni della sua vita intensificò l'attività letteraria e storico-apologetica pubblicando diversi libri.
Il D. morì a Roma il 20 giugno 1936.
Tra le opere del D. vanno ricordate: Dei poemi romanzeschi del Boccaccio e delle loro relazioni coi poemi cavallereschi italiani, Napoli 1888; Della irreligiosità attribuita al Boccaccio, Roma 1890; La scuola cattolica: osservazioni..., Padova 1890; Papa, Re, Poeta, Napoli 1895; Il Re. Note e ricordi, ibid. 1895; Una libera parola intorno al cardinale Guglielino Sanfelice..., Napoli 1900; Cattolici e patriotti..., Roma 1922; Vita anedd. di S.S. Pio XI, Firenze 1929; La corte pontificia, Roma 1932; Francesco De Sanctis intimo..., Avellino 1935.
Fonti e Bibl.: In memoria del marchese G. D. (1863-1936), Napoli 1936 (con indicazione di altri scritti del D.); L. Gessi, Uomini del "Corriere d'Italia", in Uomini e giornali, a cura di S. Negro-A. Lazzarini, Firenze 1947, pp. 92ss.; F. Malgeri, La stampa cattolica a Roma dal 1870 al 1915, Brescia 1965, ad Indicem; A. Cestaro, La stampa cattol. a Napoli dal 1860 al 1904, Roma 1965, ad Indicem; B. Croce, Uomini e cose della vecchia Italia, Bari 1975, ad Indicem; O. Majolo Molinari, La stampa periodica romana dal 1900al 1926, Roma 1977, ad Indicem; La stampa ital. nell'età liberale, a cura di V. Castronovo-N. Tranfaglia, Bari 1979, ad Indicem; G. Biagi, Chi è?, Roma 1908, ad vocem; T. Rovito, Letterati e giornalisti ital. contemporanei, Napoli 1922, ad vocem; G. Casati, Scrittori cattolici ital. viventi, Milano 1928, ad vocem; Chi è? Diz. biogr. degli italiani d'oggi, Roma 1936, ad vocem; Enc. Catt., IV, Firenze 1950, ad vocem; Diz. stor. del movimento cattolico in Italia, I,1, I fatti e le idee, Torino 1981, ad Indicem; III, 1, Le figure rappresentative, Torino 1984, ad vocem.