DAVOLI, Gaetano
Nacque a Reggio Emilia, da Antonio e da Maria Del Monte, il 20 sett.1835, in una famiglia di modeste condizioni. Seguendo le orme del padre, noleggiatore di cavalli con servizio di diligenza, servì fin da giovane come postiglione. 1 suoi frequenti viaggi sul confine parmense gli permisero di entrare presto in contatto con elementi della cospirazione politica, di stampo sia mazziniano sia moderato, divenendo tramite per la corrispondenza segreta.
Nella primavera del '59 corse ad arruolarsi volontario in Piemonte e combatté nella battaglia di San Martino. Terminata la guerra tornò a Reggio, ma poco dopo, organizzandosi negli ex Stati centrali per impulso del generale Garibaldi le forze della Lega, rispose arruolandosi nei cacciatori a cavallo di stanza a Piacenza. Risoltosi con le annessioni del marzo 1860 il problema. dell'Italia centrale, si prospettava al D. una stanca vita di guarnigione, contraria al suo temperamento. Giunte a Piacenza le prime esaltanti notizie dello sbarco di Garibaldi a Marsala, non seppe resistere all'impulso di partecipare alla vicenda tra le file garibaldine; messosi in cammino verso il Sud, venne però preso lungo la strada e imprigionato come disertore. Riconosciutagli la buona fede, fu riammesso nei ranghi; ma quando venne a sapere che a Genova si prepara-va una seconda spedizione per dar man forte a Garibaldi, disertò di nuovo e corse ad aggregarsi alla colonna Medici, con la quale, raggiunta la Sicilia, partecipò alla battaglia di Milazzo. Passato Garibaldi sul continente e organizzandosi forze di cavalleria d'assalto, il D. chiese di entrarvi e fu accolto in uno squadrone di cavalleria misto d'italiani e ungheresi, che si distinse particolarmente nella battaglia del Volturno.
Conclusasi l'impresa garibaldina, il D. tornò a Reggio. Quando nel '62 Garibaldi richiamò i suoi al grido di "Roma o morte!", rispose nuovamente all'appello; arrestato però e imprigionato a Napoli, fu rilasciato soltanto dopo Aspromonte.
Tornato deluso e amareggiato a Reggio, si avvicinò allora alle frange estreme del radicalismo garibaldino e della cospirazione mazziniana, tenuto sempre d'occhio dalla polizia, che nel '65 lo arrestò e lo tenne in prigione per nove mesi. Lo scoppio della guerra del '66 dovette favorire la sua scarcerazione, ed egli ne approfittò per correre al campo garibaldino, riuscendo ad essere presente a Bezzecca. Sopraggiunto l'armistizio, il D. trasse dal contatto con l'esacerbato ambiente garibaldino nuovi stimoli a proposito di contestazione e rivalsa contro l'ordinamento politico e sociale. La sua condizione di reduce dalle patrie galere per motivi politici dovette favorire rapporti e conoscenze con ambienti culturalmente e politicamente più consapevoli, nei quali gli ideali di libertà e d'indipendenza si univano sempre più frequentemente con fermenti di palingenesi sociale. Tornato a Reggio, riprese il suo mestiere di postiglione, sorvegliato da una polizia sempre più faziosa; allo scoppio però dell'insurrezione di Creta contro i Turchi accorse in difesa degli oppressi, e là fece l'incontro più importante della sua vita, quello con A. Cipriani, reduce anch'egli da Bezzecca e da comuni esperienze risorgime ntali. Alla fine dell'agosto 1867 il D. rientrò in Italia, allora in fermento per i progetti garibaldini su Roma; fu tra i clandestini infiltratisi nella città per suscitarvi l'insurrezione, poi a Mentana, raggiunta fortunosamente dopo una drammatica fuga per sottrarsi alla caccia e alla repressione scatenatasi dopo i fatti di casa Ajani e di Villa Glori.
L'atmosfera persecutoria verso le correnti democratiche creatasi dopo Mentana consigliò il D., una volta ripresosi dalle febbri malariche contratte nella fuga da Roma, a riparare a Lugano, fraternamente accolto come uomo di fiducia dalla vedova dell'esule reggiano G. Grilenzoni, già amico e corrispondente di Mazzini. Nella primavera del '69, crescendo nelle campagne dell'Emilia l'onda dei sommovimenti contadini contro la tassa sul macinato, il D. lasciò la Svizzera per raggiungere la banda che i figli di A. Manini, fiduciario di Mazzini a Reggio, avevano costituito nel circondario. Fallito, dopo varie azioni e scaramucce con le forze dell'ordine, quell'avventuroso tentativo di mantenere in vita l'agitazione contadina e d'imprimerle un orientamento repubblicano. e arrestati i capi, il D. riuscì a sfuggire alla polizia e a raggiungere nuovamente il rifugio di casa Grilenzoni a Lugano. Qui nei primi mesi del '70 entrò nella banda che G. Nathan (fratello del più noto Ernesto), già implicato nella cospirazione mazziniana dell'anno precedente e successivamente amnistiato, stava autonomamente organizzando e addestrando con lo scopo di sconfinare a tempo opportuno in territorio italiano con obbiettivo Milano. Avendo il governo elvetico, messo sull'avviso, imposto agli esuli d'internarsi, il Nathan decise di anticipare il tentativo. I sessanta armati, sconfinati in Valtellina, furono però rapidamente intercettati e ributtati in Svizzera, dove furono arrestati e imprigionati. Il D., dopo due mesi di detenzione a Coira nei Grigioni, tornato libero con gli altri, segui nell'agosto del '70 il Nathan a Londra dove rivide l'amico Cipriani, lì rifugiatosi sotto la protezione di Mazzini dopo le sue drammatiche avventure in Egitto.
Era intanto scoppiata la guerra francoprussiana, e non mancava nell'ambiente dell'emigrazione francese, con cui il Cipriani era in contatto (anche per la presenza fino a qualche tempo prima dei suo grande amico, il democratico rivoluzionario G. Flourens, reduce egli pure da comuni lotte per la libertà greca e cretese), un'atmosfera di attesa, di preparazione e diprogetti. Sopravvenuta la catastrofe di Sedan, alla prima notizia della proclamazione della Repubblica il Cipriani, e con lui il D., corsero subito a Parigi, arruolandosi in un battaglione di franchi tiratori sotto il comando dello stesso Flourens. Il 31 ott. 1870 il D. partecipò insieme al Cipriani al moto, promosso dal Flourens con l'appoggio del Blanqui, per imprimere al governo di difesa nazionale una svolta popolare e rivoluzionaria dopo la resa di Metz e il fallimento della missione di Thiers. Durante l'occupazione dell'Hôtel de Ville il D. ebbe il compito della custodia degli uomini di governo arrestati. Fallito però il tentativo e ristabilitosi il governo in carica, nella persecuzione seguitane, che portò all'arresto del Flourens, il D. e il Cipriani furono tra i pochissimi che si opposero strenuamente all'ordine di scioglimento e disarmo del battaglione di appartenenza. Sempre con l'inseparabile Cipriani il 21 genn. 1871 il D. partecipò al colpo di mano che liberava il Flourens e altri capi rivoluzionari dalle prigioni di Mazas, e al tentativo rivoluzionario del giorno successivo. Sopraggiunto il 28 gennaio l'armistizio con i Prussiani, il D. lasciò Parigi per aggregarsi alle forze garibaldine, che dopo la vittoria di Digione si stavano ritirando su Mácon; ma scioltasi l'armata dei Vosgi, e partito Garibaldi per Bordeaux, con altri compagni decise di sostare a Lione in attesa di eventi. Alle prime notizie dell'insurrezione parigina del 18 marzo 1871 corse immediatamente nella capitale francese, dove si ricongiunse al Cipriani divenuto nel frattempo comandante di Place Vendóme e successivamente colonnello dello Stato Maggiore rivoluzionario. Insieme all'amico, anche se in posizione subordinata, il D. partecipò il 3 aprile alla temeraria sortita della colonna guidata dal generale Flourens contro i Versagliesi che premevano sulla città; nell'azione perse la vita il Flourens e fu catturato, ferito, il Cipriani. Rientrato a Parigi, il D. continuò fino all'ultimo a combattere sulle barricate in difesa della Comune, rifiutando l'offerta fattagli dal generale La Cecilia, che fu tra gli ultimi a lasciare il campo, di salvarsi con lui. Arrestato, e sfuggito fortunosamente alla fucilazione, fu condannato alla deportazione nella Nuova Caledonia, ma dopo quindici mesi di detenzione sui pontoni di Cherbourg fu graziato ed espulso dalla Francia. Passato a Londra, rientrò dopo breve tempo in Italia: la fase avventurosa ed esaltante della sua esistenza era definitivamente conclusa. A Reggio tentò prima, ma senza successo, una attività commerciale. Messosi allora a fare il procaccia postale, dall'ufficio centrale alla stazione e viceversa, fu spesso arrestato, forse più per il suo passato di comunardo che per una partecipazione di rilievo alle vicende del socialismo libertario nella città.
La penuria di documenti non consente di stabilire il carattere e i limiti di quella partecipazione; l'unico dato certo è rappresentato dall'ininterrotta corrispondenza col Cipriani., di cui restano peraltro rarissime lettere. Un cenno di quest'ultimo ad Angelo Umiltà, già corrispondente del Gazzettino rosa a Parigi al tempo della Comune, in una lettera attribuibile al marzo del '74 (in Bakunin... Mostra), parla del D. come fuggiasco sulle montagne di Chieti, e ciò farebbe pensare ad un suo coinvolgimento nella cospirazione anarchica sboccata poi nei fatti bolognesi dell'agosto successivo. Una più tarda lettera dei D. allo stesso Cipriani, per rinnovargli in data 21 ag. '88 l'invito di una visito a Reggio a nome dei Circolo socialista locale, lo vedrebbe attestato sulla linea legalitaria di Prampolini, animatore e ispiratore dei Circolo e del giornale La Giustizia, organo del Circolo stesso.
Nell'86 aveva formato famiglia sposando Giuseppina Del Monte, e da lei aveva avuto un figlio cui aveva imposto il nome dell'indimenticabile amico. Finì gli ultimi anni povero e stanco nella casa di riposo "Parisetti" di Reggio. Alla sua morte, sopraggiunta a Reggio l'8 marzo 1911, non mancò il commosso elogio del Cipriani e del Prampolini.
Fonti e Bibl.: Le carte del D. sono conservate nella Bibl. municipale A. Panizzi di Reggio Emilia, Fondo Davoli. A Roma nell'Archivio Capitolino, Elenco gen. n. 14. 126, si trovano documenti relativi alla partecipazione del D. all'azione del 1867. Alcune lettere di A. Cipriani al D. sono nel Museo civico di Reggio Emilia. Altre lettere dei D. sono presso l'ing. Pietro Davoli a Reggio Emilia. G. Pomelli, Patrioti e soldati reggiani del Risorgimento, Reggio Emilia 1915, pp. 33-38; R. Marmiroli, G. D. garibaldino e libertario, in Rass. stor. del Risorg., XLV 1958), 4, pp. 606-13; G. Fonterossi, Per G. Emiliani e per la verità, ibid., XLIX (1962), 1, pp. 85-90; A. Bressan, Reggiano garibaldino federato della Comune, in Il Comunardo, II (1973), pp. 18-29; Bakunin e la Prima Internazionale. Mostra documentaria, Reggio Emilia (19 marzo-17 aprile 1977), Reggio Emilia 1977, pp. 104-108.