CIPOLLINI (Cipollina), Gaetano
Nacque a Tropea (Catanzaro) il 18 febbr. 1851 da Ferdinando e Natalina Scrugli. Compì i primi studi musicali con F. Coppa, allievo di S. Mercadante: con quest'ultimo ebbe in seguito contatti, ricevendone preziosi consigli artistici. Studiò armonia e contrappunto al conservatorio S. Pietro a Maiella di Napoli e successivamente, attratto dalla vita artistica e culturale milanese, si recò spesso a Milano, dove nel 1899 fissò la sua residenza. Aveva iniziato allora a comporre la sua prima opera, La Simeta (in cui è già il preannuncio di un temperamento ricco di sentimento drammatico e di originalità inventiva), alla quale lavorò per ben sette anni.
Dramma lirico in cinque atti - il cui soggetto era ripreso da una poesia pastorale del siracusano Teocrito -, che richiedeva un imponente allestimento scenico per la presenza di grandi masse corali e la ricchezza di ballabili, ebbe un esordio felice poiché, grazie all'intercessione del celebre soprano Maddalena Mariani Masi, fu acquistato dalla casa editrice Ricordi. Venne stipulato un contratto nel quale l'editore si impegnava a fare rappresentare entro tre anni l'opera in un grande teatro, mentre al compositore era demandato l'allestimento generale: il C. provvide infatti a tutto (partiture per l'orchestra e per gli artisti, figurini dei costumi e bozzetti per le scene. eseguiti - rispettivamente - da A. Edel e C. Ferrario), consegnando tutto il materiale alla casa Ricordi. L'opera però non venne mai rappresentata sia per difficoltà finanziarie (l'impresa della Scala infatti, dato l'alto costo della realizzazione scenica, chiese all'autore un contributo di 15.000 lire), sia per una violenta campagna di stampa contro l'iniziativa; l'editore Ricordi da parte sua, avvalendosi di una clausola del contratto che prevedeva - in caso di mancata rappresentazione - la restituzione, senza ricompensa alcuna, di tutto il materiale consegnatogli, rifiutò la pubblicazione.
Il C. non si arrese e con la collaborazione del fratello Antonio, stimato letterato e traduttore (aveva scritto il libretto de La Simeta e curato la traduzione dell'originale di Teocrito), iniziò la composizione di un'altra opera, Gennarello, che ambientò, questa volta, in Calabria e che volle rappresentare addossandosi personalmente l'onere delle spese e operando u na scelta accurata degli artisti (il coro e l'orchestra furono infatti quelli della Scala, mentre tra gli interpreti figurava il famoso tenore G. Quiroli). La prima esecuzione del Gennarello (dramma lirico in tre atti e quattro quadri; 1° giugno 1891 al Manzoni di Milano) fu accolta con molto favore dal pubblico e dalla critica.
La sera della prima i due fratelli si presentarono molte volte sul palcoscenico per rispondere agli applausi (e due pezzi dell'opera vennero replicati: la romanza "Crescon al tuo veron le rose de l'april" del primo atto e il duetto d'amore tra Gennaro e Carmela del secondo atto); i critici, pur rilevando qualche reminiscenza della Cavalleria rusticana e dell'opera francese, espressero giudizi lusinghieri sull'autore, che definirono uomo di grande ingegno e cultura e compositore dotato di straordinaria sicurezza formale (Gazzetta teatrale italiana., 4 giugno 1891, p. 2), e sull'opera, giudicata superiore di gran lunga ai melodrammi rappresentati in quegli anni. Essa ebbe numerose repliche ma, nonostante il successo, non fu trovato un editore e solo grazie alla iniziativa di una cinquantina di sottoscrittori. fu possibile la pubblicazione in un'edizione privata.
In seguito, dopo un'operetta intitolata Ai bagni di mare (Napoli 1892), della quale rimangono poche notizie, l'editore E. Sonzogno - incoraggiato dal successo precedente - commissionò al C. un'opera in un atto (tratta da una commedia di E. Cecchi, Il piccolo Haydn), affidando l'incarico di scrivere il libretto al fratello Antonio. Rappresentata per la prima volta al teatro Sociale di Como nel gennaio 1893 e replicata in altri teatri italiani, quest'opera - lodata dalla critica per la grazia, l'invenzione e la estrema eleganza della melodia - segnò il momento di massima popolarità del C., al quale, infatti, l'editore Sonzogno commissionò subito un altro lavoro, su libretto del fratello: Ninon de Lenclos, commedia lirica in tre atti, ambientata nella Parigi di Luigi XIII.
Andata in scena il 3 dic. 1895 al teatro Lirico internazionale di Milano, quest'opera fu però ritirata, dopo la prima rappresentazione, dall'autorC stesso, scoraggiato (come egli stesso scrisse nel "diario citato dal Cenzato), poiché il successo era stato "contrastato da assoldati malintenzionati": in realtà l'opera, che risulta poi stampata privatamente, mancando di ogni originalità stilistica e di interesse drammatico, si rivelò di gran lunga inferiore alla precedente, Il piccoloHaydn, che continuò invece per lungo tempo a essere replicata in numerose città europee e negli Stati Uniti.
In quegli stessi anni il C. tenne molti concerti all'estero (Svizzera, Francia, Germania) in qualità di direttore d'orchestra, e si dedicò con successo all'insegnamento del pianoforte a Milano, dove spesso si esibì per beneficenza in concerti pubblici e privati; legato inoltre agli esponenti della scapigliatura milanese (fu amico di A. Boito e di Emilio e Marco Praga), partecipò intensamente alla vita culturale nei circoli privati e nei salotti letterari della città.
Oltre che alla sua attività di operista, il suo nome è legato anche a composizioni vocali da camera e a diversi lavori per pianoforte: famosi erano per es. i minuetti e le gavotteche, nello stile ricco di reminiscenze classiche, potevano essere scambiati per composizioni di Boccherini e Pergolesi. Oltre alle trascrizioni de Il piccolo Haydn, possiamo ancora ricordare: una Fantasia per piccola orchestra ed una per canto e pianoforte (Milano 1914); Inno della stirpe latina (Milano s.d., tratta da una poesia del rumeno B. Alexandri); Ave Maria (Napoli 1924, parole di A. Corsari). Altre composizioni manoscritte si trovano nell'archivio milanese del nipote Antonio Cipollini.
Vissuto a lungo con il fratello Antonio, alla morte di questo il C. volle entrare (novembre 1925)nella casa di riposo "G. Verdi" di Milano, dove visse i suoi ultimi anni, dedicandosi prevalentemente alla stesura di un diario del quale non rimane traccia (cosi come per un fitto epistolario con. gli amici della scapigliatura, disperso per i bombardamenti durante l'ultima guerra).
Intervistato nel 1934dal critico G. Cenzato per, un articolo che apparve sulla Domenica del Corriere, il C.espresse profondo rammarico per l'oblio che circondava ormai il suo nome (e, in particolare, per la sorte dell'opera Simeta) eper essere costretto a vivere di carità mentre, negli anni passati, era stato esaltato per aver scritto "dei gioielli, dei capolavori, della musica divina...".
Morì a Milano il 2 ott. 1935 nominando erede dei suoi averi e dei diritti di autore la casa di riposo che l'aveva ospitato.
Bibl.: Frustino, Note ed appunti su "Gennarello" del maestro C., Milano 1892; A. De Angelis, Diz. dei musicisti, Roma 1928, p. 142; G. Cenzato, Il pubblico dimentica, in Corriere della sera, 14 ott. 1943; Id., Ricordo di C., in La Scala, aprile 1958, pp. 71 s.;C. Schmidl, Diz. dei musicisti, I, p. 347; U. Manferrari, Diz. univ. delle opere melodramm., I, p. 254; A. Caselli, Cat. delle opere pubbl. in Italia, Firenze 1968, pp. 112 s.; La Musica. Diz., I, p. 407; Enc. della Musica Ricordi, I, p. 486.