CHIERICI, Gaetano
Nacque a Reggio Emilia il 24 sett. 1819 da Nicola, capousciere del municipio di Reggio, e da Laura Gallinari. Ultimo di undici figli, fu avviato agli studi artistici presso la scuola di belle arti, che successivamente abbandonò, avendo dimostrato una più spiccata inclinazione per gli studi classici. Seguì per breve tempo le lezioni presso i gesuiti, finché il padre non preferì toglierlo da tale ambiente rivelatosi troppo angusto e repressivo per lui. Chierico nell'aprile del 1836, dal novembre 1838 poté frequentare, grazie alla benevolenza e agli aiuti economici dell'antigesuita monsignor F. Cattani, il collegio del seminario, da cui uscì sacerdote nel maggio del 1842. Negli anni 1844-1846 compì numerosi viaggi che dovevano suscitare in lui, accanto ai primitivi interessi letterari coltivati in seminario (scrisse versi in italiano e in latino e prose sullo stile del Gozzi), una profonda e duratura passione per la storia antica e l'archeologia. Nel 1844 si recò a Bologna, Pesaro, Loreto, Terni e soggiornò per un mese a Roma (agosto-settembre), dove tornò l'anno successivo, quando ricevette l'incarico dall'arciprete di Reggio, il futuro arcivescovo di Modena, monsignor F. E. Cugini, di accompagnare in Sicilia in viaggio di istruzione e diporto il giovane Achille Sidoli, figlio della patriota liberale Giuditta Bellari che aveva preso parte attiva al moto del '31. Tornato a Reggio il 7 giugno 1846, gli fu affidato il 7 genn. 1847 l'insegnamento di ermeneutica e fisica sacra presso il seminario.
Negli anni che immediatamente precedettero il 1848 sul C., come su buona parte del clero reggiano, specie per l'influenza esercitata da monsignor Cattani, andavano facendo sempre maggiore presa le tesi che il Gioberti aveva espresso nel Primato e a cui l'elezione di Pio IX al soglio pontificio sembrava dare un carattere quasi profetico di un rinnovamento della Chiesa inscindibilmente legato al movimento risorgimentale. Nel 1848, quando Carlo Alberto dichiarò guerra all'Austria, il C., entusiasta come la maggior parte del clero reggiano, si fece promotore di una raccolta di danaro per la guardia civica. Il 4 aprile sul Giornale di Reggio usciva un suo articolo, di accenti tipicamente giobertiani, in cui, oltre a manifestare entusiasmo per la guerra vista in chiave federalista, esortava i Reggiani a non stare inerti a guardare i volontari che da Roma, Firenze, Napoli accorrevano in aiuto dei Lombardi. Pur seguace del Gioberti, a cui riconosceva soprattutto il merito di aver formulato la tesi che solo tramite l'alleanza del Papato e del clero con il movimento nazionale e liberale si sarebbe potuto raggiungere il risorgimento dell'Italia, non aveva però condiviso, neppure prima dell'allocuzione papale del 29 apr. '48 con cui dovevano svanire i sogni neoguelfi, l'ottimismo di quanti speravano che i principi dei vari Stati, e in particolare gli Estensi, potessero sinceramente aderire a un progetto di riscatto nazionale. La politica repressiva di Francesco V lo aveva spinto fin dal 1846 a farsi promotore di una società clandestina costituita da un ristretto numero di giovani studenti aperti alle idee liberali, che, pur non avendo un programma ben definito, volevano offrire il loro contributo alla causa nazionale e alla lotta per l'indipendenza.
Dopoché nell'agosto 1848 le truppe austriache avevano riportato Francesco V nei ducati, molti insegnanti del seminario urbano, che avevano ottenuto l'incarico sotto il governo provvisorio, si ritrovarono senza posto per aver professato idee liberali; tra questi vi fu anche il C. che, avendo inoltre rifiutato di prestare giuramento di fedeltà al duca, venne interdetto da tutti i pubblici impieghi. Le riunioni della società segreta costituita nel '46 continuarono nella sua casa fino a quando nel 1850, per le delazione di un certo dottor Biagi, vennero scoperte ed interrotte dalla polizia ducale. In sospetto ormai alla polizia ducale e senza lavoro, il C. riprese a viaggiare per l'Italia: fu dapprima a Milano, nel '52 a Mantova e Venezia, nel '57 a La Spezia, Genova, Torino, Verona, nel '58 a Guastalla dove ottenne finalmente un posto nel seminario per l'insegnamento di filosofia. Nel 1859, cacciati gli Estensi, venne dal nuovo governo richiamato a Reggio dove, oltre ad ottenere presso il liceo una cattedra per l'insegnamento di logica e metafisica, assunse vari incarichi civili e culturali. Fu, tra l'altro, membro di una commissione istituita da L. C. Farini per la pubblicazione dei documenti relativi al governo degli Austro-Estensi.
A partire dal 1859 il C. svolse un ruolo di primo piano all'interno di quel clero liberale e "nazionale" che, convinto che l'assetto politico d'Italia fosse ormai inscindibilmente legato alla soluzione del problema religioso, sperava di ottenere con mezzi pacifici la fine del potere temporale del papa. Al clero liberale aderirono nel '59 la maggior parte dei sacerdoti reggiani, fiduciosi che Pio IX volesse fare proprie le tesi conciliatoriste. Ma l'atteggiamento intransigente del pontefice, specie dopo l'occupazione delle Marchee dell'Umbria da parte delle truppe regie (11 sett. 1860), fece rapidamente rientrare le velleità "liberali" del clero reggiano che ripiegò su posizioni conservatrici. Fu allora che il C. (che pure aveva mantenuto posizioni moderate, rifuggendo da ogni atteggiamento che potesse essere interpretato come rivoluzionario), isolato e deluso per l'evolversi degli avvenimenti, aderì al movimento conciliatorista guidato da C. Passaglia che, proprio in quel periodo, aveva esposto le sue tesi nell'opuscolo Pro causa Italica (Firenze 1861).
Il C. lo lesse entusiasticamente e, alla fine del 1861, inviò all'autore una lettera (senza data) in cui, oltre agli accenti di stima per lui, esprimeva la propria convinzione sulla necessità che il pontefice fosse addotto a "decorosamente deporre quella tutela della Società politica che non di rado con suo disagio e beneficio della società medesima ha in tempi barbari esercitata". Esprimeva, inoltre, tutta la sua amarezza perché i consigli di conciliazione e di pace non erano stati ancora accolti in Roma. La protesta, poi, che alcuni vescovi radunati a Roma rivolsero al pontefice il 9 genn. 1862, a difesa del potere temporale, lo convinse ancora di più della validità delle tesi conciliatoriste e gli dette motivo per ribadire le sue idee in campo politico e religioso.
Nello stesso anno 1862, quando il Passaglia volle indirizzare una "petizione del clero italico" al pontefice per indurlo a rinunciare al potere temporale, il C. fu tra i sottoscrittori e si adoperò con una intensa attività per reperire consenso tra il clero reggiano che, però, in massima parte preferì mantenersi su posizioni attendistiche. Pressante fu l'azione dell'autorità vescovile sui firmatari della petizione per indurli a ritrattare. Il C., pur dolendosi di venire meno all'obbedienza che la disciplina ecclesiastica gli imponeva, non solo non ritrattò, ma ribadì e difese la sua linea di azione e quella degli altri sacerdoti firmatari (s'inserisce in questo contesto l'accesa polemica tra Il Difensore, organo dei cattolici intransigenti, e il C. che, sulla Gazzetta di Reggio, aveva difeso il parroco di Pratissolo, don Gavazzoni, che, sottoscritta la petizione, aveva poi, per le pressioni del proprio vescovo, ritrattato pur non ricusando le idee conciliatoriste). Nello stesso anno il Passaglia fondava una Società del clero liberale, con lo scopo di creare una piattaforma di azione anche politica, in vista di una sua prossima candidatura al Parlamento italiano. Il C., sebbene non concordasse pienamente con lo spirito della Società, a cui per vari motivi - lucidamente esposti in una lettera inviata al Passaglia il 3 dic. 1862 - non riconosceva una positiva funzione mediatrice tra Stato e Chiesa e che anzi rischiava, per il carattere scissionista che veniva ad assumere, di creare ulteriori spaccature all'interno del clero, finì per aderirvi; l'anno successivo, quando il Passaglia si presentò candidato al Parlamento nel collegio di Montecchio, il C. ne appoggiò con fervore la campagna elettorale. Eletto il Passaglia, aprì in suo favore una sottoscrizione nazionale, mettendosi sempre più in contrasto, per le sue idee liberali, con la curia vescovile che nel maggio 1863 gli tolse la facoltà di confessare. La sospensione fu revocata soltanto dopo qualche mese quando il C. fece formale atto di scusa al vescovo e probabilmente firmò una ritrattazione.
Nel 1866, allo scoppio della terza guerra d'indipendenza, il C. fece domanda al ministero della Guerra di venire impiegato quale infermiere e cappellano militare. Da allora, pur rimanendo idealmente conciliatorista (aderì nel 1879 al gruppo di cattolici conservatori che nello stesso anno avevano fondato il settimanale L'Eco del partito conservatore), si allontanò dalla politica militante per interessarsi unicamente agli studi archeologici. Fin dal '63 si era infatti dedicato con fervore alla paletnologia e aveva fondato a Reggio il Gabinetto di antichità (poi, divenuto Museo di storia patria, del quale fu direttore). La sua fama si andò rapidamente consolidando: dopo il '70 si era ormai affermata in campo nazionale. Eseguì rigorosi scavi stratigrafici e diede esempio di larghe comparazioni etnografiche. Di grande interesse e utilità furono i risultati dei suoi studi sui villaggi neolitici del Reggiano e soprattutto sulle terremare, che espose in numerosi articoli pubblicati sul Bollettino di paletnologia italiana, che egli stesso aveva fondato (1875) e dirigeva con L. Pigorini e P. Strobel.
Il C. morì il 9 gennaio 1886 a Reggio Emilia.
Fonti e Bibl.: Necrol. in Nuova Antologia, 16 genn. 1886, p. 402; le lettere di C. al Passaglia e la lunga lettera senza data e destinatario sulla Petizione dei vescovi radunati a Roma al Pontefice sono nella Bibl. municipale di Reggio Emilia, Archivio Chierici, cartella 18, fasc. V; cfr.. inoltre Il Giornale di Reggio, 4 apr. 1848; Il Mediatore, 5 luglio 1862, p. 953; Il Difensore, 18 maggio 1863; L. Pigorini-P. Strobel, G. C. e la paletnologia italiana, Parma 1888 (con elenco delle sue opere); G. Canevazzi, F. Selmi,patriota,letterato,scienziato(con append. di lettere ined.), Modena 1903. ad Indicem;L. Tondelli, Il clero reggiano nel 1848, in Il Milleottocentoquarantotto aReggio Emilia, Reggio-Emilia 1948, pp. 33-36; F. Manzotti, G. C. e il clero nazionale, in Rass. stor. del Risorg., XLVIII (1961), pp. 271-293; G. Manni, La polemica cattolica nel ducato di Modena(1815-1861), Modena 1968, pp. 249, 252; A. Brunialti, Annuario biografico, Torino 1885-86, pp. 351-352; A. De Gubernatis, Diz. bibliogr. degli scrittori contemp., Firenze 1879, p. 286; Enc. It., X, p. 7.