CAVALIERI, Gaetano
Nacque a Roma il 29 dic. 1677 dal marchese Francesco Orsini Cavalieri e dalla marchesa Vittoria Carpegna. Si laureò in diritto civile e canonico a Roma, presso l'università della Sapienza, il 16 luglio 1697. Cavaliere dell'Ordine gerosolimitano, entrato in prelatura, fu vicelegato a Urbino nel 1710,ponente della Consulta, chierico di Camera dal 29 genn. 1718 al 1721, commissario della Sanità per le spiagge di Marittima e Campagna dal 19 sett. 1720, quindi canonico della basilica di S. Pietro. Ordinato diacono il 21 marzo 1722, fu consacrato vescovo in partibus con il titolo arcivescovile di Tarso il 7 aprile dello stesso anno, e il 4 maggio accedeva alla carica di nunzio a Colonia, ufficio che doveva conservare fino al 27 marzo 1732.
Il C. giunse nella sede della nunziatura il 13 sett. 1722 assieme al suo uditore Carlo Antonelli. Il campo d'azione in cui era chiamato ad operare era particolarmente vasto. La nunziatura di Colonia comprendeva infatti, oltre all'omonimo vescovato, anche il Palatinato e i due ducati di Berg e di Jülich. Il nunzio a Colonia, inoltre, aveva anche il controllo dell'attività dei vescovi suffraganei di Liegi e doveva occuparsi, insieme al nunzio di Bruxelles, della cura spirituale dei cattolici delle province olandesi, che non avevano in loco nessun vescovo, e delle minoranze cattoliche della Germania settentrionale.
Nella travagliata storia del cattolicesimo tedesco del XVII e XVIII sec., caratterizzata dalla coesistenza di protestanti e cattolici, dal fiorire del giansenismo e dai conflitti ricorrenti tra le pretese giurisdizionalistiche avanzate dai sovrani locali e la resistenza della S. Sede, quello della nunziatura del C. (una delle più lunghe nella storia della sede arcivescovile di Colonia) fu un periodo abbastanza tranquillo, e aprì un favorevole campo all'azione della S. Sede. Appena giunto in Germania, il C. si preoccupò di eliminare le ripercussioni negative della guerra di successione spagnola sulla nunziatura. Innocenzo XIII, eletto col favore della corte austriaca, aveva migliorato le relazioni della S. Sede con l'Impero; anche durante il pontificato del suo successore, Benedetto XIII, i rapporti con la corte di Vienna si mantennero relativamente buoni. Il nunzio, inoltre, poteva contare sull'appoggio dell'elettore di Colonia Clemente Augusto di Baviera, particolarmente fedele alla S. Sede che, in deroga alle norme del concilio di Trento, gli aveva concesso di cumulare un gran numero di cariche (i vescovati di Colonia, Paderborn, Münster, Hildesheim, Osnabrück e Ratisbona) per consolidare la religione cattolica nelle province renane e in Westfalia.
In questa situazione il C. poté svolgere una proficua attività, occupandosi della lotta antigiansenista e della riorganizzazione della disciplina ecclesiastica (temi che stavano particolarmente a cuore a Benedetto XIII), intervenendo contro il parroco quesnellista di Liegi S. Hoffreumont, che si era rivolto a Vienna per sottrarsi alla disciplina ecclesiastica, e contro l'elezione a vescovo di Utrecht del giansenista C. Steenoven. Il C. dovette anche occuparsi di dirimere l'annosa disputa che oppose il vescovo di Carpasia, N. F. de Bonhomme, al capitolo di Liegi. Sul piano amministrativo, curò la riforma e la riorganizzazione, avvenuta nel 1723, del sistema delle imposte dovute al tribunale della nunziatura, sistema che restò in vigore per oltre sessant'anni, finché non fu ulteriormente modificato, nel 1784, dal nunzio Carlo Bellisomi.
Il 27 marzo 1732, conformemente alla consuetudine che faceva seguire alla nunziatura a Colonia quella in Portogallo, il C. venne trasferito a Lisbona; partito da Colonia, dopo aver toccato Bruxelles, Parigi e Madrid, il C. giunse nella capitale lusitana il 17 nov. 1732.
La nuova attività cui era stato destinato doveva svolgersi in una situazione particolarmente delicata. I rapporti tra Portogallo e S. Sede avevano subito un lungo periodo di interruzione, determinato dalla nota controversia per la nomina di Vincenzo Bichi alla porpora cardinalizia, risoltasi nel 1731.
I problemi tra la S. Sede e il governo portoghese erano però tutt'altro che risolti. Il C. veniva bensì accolto con tutti gli onori nella capitale lusitana, ma le sue credenziali non venivano accettate e non gli era concesso di aprire la nunziatura né di ricevere udienza presso il re e presso i suoi ministri.
La proibizione dell'apertura della nunziatura da parte del governo portoghese si inquadrava nell'ambiziosa politica del re Giovanni V di Portogallo verso la S. Sede e costituiva un elemento di pressione per ottenere dal pontefice una nuova concessione: l'elevazione alla porpora cardinalizia del patriarca di Lisbona. A questa richiesta si aggiungeva l'altra, anch'essa oggetto di controversie, che i vescovi delle antiche diocesi lusitane fossero eletti non ad supplicationem del re portoghese ma ad presentationem, come già avveniva per quelli delle piccole diocesi di Oltremare. In questa situazione, il C. restava a Lisbona senza avere contatti ufficiali con la corte portoghese, sottoposto ad una continua minaccia di espulsione, mentre il governo negava il permesso di accesso in Portogallo all'uditore designato per la nunziatura, Saverio Canale. Il C. poteva soltanto avere contatti non ufficiali con "confidenti del Re" e la sua attività si limitava a un ruolo di informatore, e, solo raramente, di tramite, come quando nel 1736 il governo portoghese gli fece pervenire il Manifesto delle rotture con la Spagna perché lo trasmettesse a Roma.
Il C. rimase in questa situazione per circa sei anni, fino a quando, cioè, Clemente XII cedette alle richieste di Giovanni V elevando alla porpora cardinalizia il patriarca di Lisbona, Tommaso de Almeida, il 20 dic. 1737, estendendo la dignità cardinalizia ai suoi successori nel patriarcato. Il cedimento della S. Sede determinò la normalizzazione dei rapporti diplomatici tra Lisbona e Roma: il 13 genn. 1738 il C. vide finalmente accettate le sue credenziali e venne ricevuto dal re, e in marzo poté aprire la nunziatura. Ma, ormai malato da tempo, il C. morì a Lisbona il 10 ott. 1738.
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