CASATI, Gaetano
Nato a Ponte d'Albiate (Milano) il 4 sett. 1838 da Carlo, medico, e da Teresa Pessina, studiò al collegio Bosisio di Monza ed al Longoni di Milano. Iscrittosi alla facoltà di matematica dell'università di Pavia, nel 1859 abbandonò gli studi, recandosi in Piemonte per prendere parte alla guerra come volontario nel corpo dei bersaglieri; terminato il conflitto, restò nell'esercito sardo e successivamente frequentò l'accademia militare di Ivrea dalla quale uscì con il grado di luogotenente. Dopo aver partecipato alla campagna contro il brigantaggio nell'Italia meridionale, combatté con il grado di capitano nella guerra del 1866; successivamente, dopo essere stato istruttore nelle scuole per bersaglieri, fu assegnato alla squadra topografica dell'Istituto di Livorno, che aveva il compito di redigere la carta militare del regno. Nel 1879 si congedò, entrando subito dopo nella redazione del periodico geografico L'Esploratore che M. Camperio aveva fondato a Milano nel 1877 ed attorno al quale era poi sorta la Società di esplorazione commerciale in Africa. Il C., che non aveva spiccati interessi scientifici né commerciali, si era avvicinato al gruppo di africanisti milanesi nella speranza di partecipare a una spedizione. Non dovette attendere a lungo; l'occasione di partire per l'Africa si presentò nello stesso 1879, allorché R. Gessi, che era nel Sudan egiziano in qualità di aiutante del colonnello inglese C.G. Gordon e rivestiva la carica di governatore della provincia di Bahr el-Ghazal, scrisse al Camperio chiedendogli un collaboratore pratico di rilievi topografici. Il C. intraprese così una lunga e ininterrotta attività in Africa, di esploratore, ma anche di agente dell'autorità egiziana, che cessò solo col rientro in patria nel 1890.
Si imbarcò il 24 dic. 1879 per Suachin sul Mar Rosso; da li, per la via carovaniera di Berber giunse a Khartum il 26 febbr. successivo. Ripartì in luglio, risalendo in battello il corso del Nilo, per raggiungere il Gessi, che incontrò il 26 agosto. Ammalatosi di febbri, fu assistito dal compatriota, il quale però in settembre lo lasciò, avendo l'intenzione di recarsi a Khartum per conferire con le autorità egiziane. I due non si sarebbero più rivisti; infatti il Gessi, dopo un disastroso viaggio di tre mesi sul Nilo ostruito dalla vegetazione, fu costretto ad abbandonare l'impresa. Raggiunta la costa del Mar Rosso, si imbarcò per Suez, dove morì nell'aprile 1881. Nel frattempo il C., che verrà a conoscenza della morte del Gessi solo molto tempo dopo, era partito con una scorta, diretto verso Sud. Quantunque non avesse alcuna esperienza dell'Africa, intraprese una serie di fortunati viaggi, attraversando la valle del fiume Rohl e percorrendo le regioni a cavallo dello spartiacque fra il bacino del Nilo e quello del Congo. Esplorò la valle del fiume Uele (affluente del Congo) e visse a lungo nel territorio dei Monbuttu (attuale Mangbetu, nel Congo settentrionale) dove ritrovò la tomba dell'esploratore italiano Giovanni Miani. Penetrò poi nel paese dei Niam Niam, già visitato da Carlo Piaggia e dal tedesco G. A. Schweinfurth. Compì alcuni di questi viaggi in compagnia dell'esploratore russo Vasilij Junker, che aveva incontrato a Tangasi. Per più di un anno in Italia non giunsero sue notizie e si temette per la sua vita. In seguito, a partire dal 1883, alcune sue lettere ricominciarono ad arrivare alla Società di esplorazione commerciale, che da parte sua gli inviò dei sussidi. Tuttavia il C. non si considerava un agente della Società milanese, quanto piuttosto un dipendente delle autorità egiziane. In tale qualità, lasciata la regione del fiume Uele, si recò a Lado nel 1883 per incontrarsi con il governatore della provincia dell'Equatoria Edoardo Schnitzer, un medico di origine prussiana, luototenente di Gordon, meglio noto sotto il nome di Emin pascià. Da quel momento in poi la sorte del C. fu legata a quella di Emin. Con lui si rimise in viaggio per tornare nel Monbuttu, ma il governatore fu ben presto richiamato a Lado dallo scoppio della insurrezione maliadista. La precaria situazione della provincia dell'Equatoria, che insieme con quella di Bahr el-Ghazal era minacciata di invasione dal Nord ed era tagliata fuori da ogni contatto con il governo egiziano, indusse anche il C. a far ritorno nel capoluogo. Quando giunse la notizia della caduta di Khartum e della morte di Gordon (1885) il governatore perdette la speranza di resistere ai mahadisti, e contro il parere dei C. che era divenuto il suo principale consigliere, si ritirò verso Sud, fortificandosi nella città di Wadelai, a una cinquantina di chilometri dalla riva settentrionale del lago Alberto. In questa difficile situazione al C. fu affidata la missione di negoziare con il re dell'Unioro (il paese che si estendeva a Sud del lago) perché fosse assicurata almeno quella via di scampo. Il C. partì per il regno dell'Unioro nel maggio 1886, e, per quanto mal tollerato, vi si trattenne fino all'inizio del 1888, quando il re lo fece imprigionare minacciandolo di morte. Egli allora fuggì raggiungendo la sponda del lago e mandò ad avvertire Emin che arrivò con un vapore e lo trasse in salvo sulla riva sudanese del lago. In questa disavventura tutti gli appunti e le rilevazioni del C. andarono persi, nè egli riuscì più in seguito a mettere insieme altro materiale, dato che l'ufficio di agente del governatore assorbiva completamente le suo energie. Intanto le preoccupazioni che si manifestavano in Europa per la sorte del governatore dell'Equatoria offrirono l'occasione a una delle potenze più interessate a quelle regioni, l'Inghilterra, di intervenire organizzando una spedizione di soccorso che figurava promossa da enti privati, ma in realtà era ispirata dal governo. In Italia il Camperio era fautore di una consimile iniziativa, ma il presidente della Società di esplorazione commerciale, F. Vigoni, per quanto preoccupato della sorte del C., si rendeva conto della inopportunità di interferire negli interessi delle grandi potenze e quindi preferiva soccorrere l'esploratore inviandogli, tramite gli agenti della Società a Zanzibar, lettere di credito e salvacondotti. La spedizione inglese, comandata dallo statunitense Henry Morton Stanley, raggiunse la regione dei laghi partendo dall'oceano Atlantico e percorrendo il bacino del Congo. Nell'agosto 1888 i soccorritori si incontrarono con Emin il quale però non si dimostrò propenso ad evacuare la provincia. Nè lui nè il C. avevano fretta di lasciare l'Africa dove, nonostante le difficoltà, godevano di posizioni di comando e di prestigio. Il C. nelle trattative con Stanley sostenne le ragioni di Emin, verso il quale si comportò sempre con lealtà, come testimoniano le memorie dei viaggiatori che lo conobbero. Nel dicembre 1888 la situazione divenne più grave a causa della avanzata delle truppe mahadiste e dell'ammutinamento delle guarnigioni sudanesi che dichiararono decaduto il governatore. In tale occasione Emin si affidò all'opera di mediazione del C. che trattò con la fazione più moderata dei ribelli, ottenendo che il governatore fosse reintegrato nelle sue funzioni. Nel marzo 1889, essendo ormai imminente la partenza, il C. si trasferì nell'accampamento di Stanley; i rapporti fra i due esploratori non furono particolarmente cordiali, cosa che l'americano giustificò con le difficoltà di comunicazione derivanti dal fatto che il C. non parlava l'inglese. La partenza, dopo un ultimatum di Stanley, avvenne il 10 apr. 1889. La marcia della carovana, composta di novecento persone, tra uomini della spedizione di soccorso e i seguaci di Emin, fu lunga e drammatica. Durante il viaggio, il C. fu gravemente ammalato; lo curarono i suoi servi con i quali egli intratteneva rapporti di affetto e familiarità che stupivano gli altri europei. Infine, decimata, la spedizione toccò la costa dell'oceano Indiano, a Bagamoyo di fronte all'isola di Zanzibar, nel dicembre 1889. Il C. rimase a Zanzibar fino al 5 aprile dell'anno seguente, poi soggiornò brevemente ad Aden, dove fu accolto dal console italiano Antonio Cecchi; quindi si recò in Egitto con l'incarico di consegnare alle autorità i rapporti di Emin sulla gestione della provincia equatoriale.
La Società geografica khediviale del Cairo tributò al C. grandi festeggiamenti che egli, uomo schivo e pessimo oratore, affrontò malvolentieri. In Italia fu trionfalmente accolto prima dalla Società geografica di Roma, poi dalle autorità milanesi e dalla Società di esplorazione commerciale. Appena gli fu possibile il C. si ritirò in Brianza, dove visse della rendita delle sue terre e ricostruì con il solo aiuto della memoria la storia dei suoi viaggi. L'opera, Dieci anni in Equatoria e ritorno con Emin Pascià, uscì a Milano nel 1891 in due volumi e meritò al suo autore la medaglia d'oro del primo Congresso geografico italiano che ebbe luogo a Genova nel 1892. Oltre che all'apporto scientifico - che eraperò messo in ombra dalle più sistematiche relazioni dello Junker e dello stesso Emin - il successo dell'opera del C. era dovuto all'interesse suscitato dai cruciali avvenimenti dei quali l'autore era stato partecipe. Nei confronti delle memorie degli altri esploratori contemporanei si può notare, come peculiarità della narrazione del C., la sua attitudine all'osservazione partecipante della vita delle popolazioni centroafricane. Vita nella quale egli si era integrato abbandonando molte delle abitudini europee. Anche per questo dopo il ritorno in patria il C., nominato maggiore della riserva ed eletto sindaco di Monticello, trascorse gli ultimi anni in disparte, senza sfruttare in alcun modo la fama di cui le sue avventure lo avevano circondato. Dei sei africani che lo avevano seguito in Italia, cinque morirono di malattie polmonari; si salvò solo una bambina, figlia adottiva del C., che gli sopravvisse. Morì nella sua villa di Cortenuova, frazione di Monticello (Como), il 7 marzo 1902.
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