CASALI, Gaetano
Nacque a Lucca nei primi anni del XVIII secolo. Ebbe una discreta educazione sia artistica sia culturale, che lo distingueva dalla maggior parte degli attori del tempo, come testimonia il Goldoni, che lo definiva "uomo onesto e civile, ed il meglio istruito degli altri nel suo mestiere" (Delle commedie, XI, p. 11). Le prime testimonianze sull'attività del C. si incontrano ancora negli scritti del Goldoni; mentre questi nel 1733 era a Milano al servizio del residente veneto Orazio Bartolini, venne in contatto con la compagnia di Bonafede Vitali, un ciarlatano soprannominato l'Anonimo, che girava per le piazze d'Italia con una compagnia di comici, alternando alle rappresentazioni teatrali la vendita dei suoi toccasana; si trattava di "una delle migliori di quelle che in Italia si chiamano "compagnie volanti"" (ibid.;cfr. anche i Mémoires, XXIX, p. 155); la compagnia oltre che sul C., il quale sosteneva il ruolo di primo amoroso con il soprannome di Silvio, poteva contare sul "Pantalone" Francesco Rubini, che abbandonò ben presto la compagnia dell'Anonimo per il teatro S. Luca di Venezia.
Tra il Goldoni e il C. nacque una cordiale amicizia: "gli svelai - scrive il Goldoni - la mia inclinazione per i comici componimenti, il desiderio che io avea di fare una prova del mio talento ed il bisogno che io avea di sapere se i Commedianti avevano delle regole così insulse e così stravaganti come avea trovato tra i musici... mi ha fatto un dettaglio esatto delle regola non della Commedia ma dei Commedianti" (Delle Commedie, XI, p. 11).
Senza voler sopravvalutare l'importanza di questo incontro, bisogna però ammettere che il C. ebbe una certa influenza sul Goldoni, il quale proprio in questo periodo scrisse la sua prima opera di teatro realmente rappresentata, I sdegni amorosi di Bettina putta de Campiello e Buleghin barcaiol venezian, intitolata in seguito Il gondoliere veneziano, una farsa secondo la moda dell'intermezzo settecentesco, e iniziò la stesura del Belisario spinto dalle insistenze del C., che giudicava la parte del protagonista particolarmente adatta al proprio carattere: "Io amo moltissimo le tragedie - aveva confidato il C. al Goldoni al termine della rappresentazione di una brutta edizione del Belisario - ho la mia passione per le parti eroiche, sostenute, imperiose, mi piace il carattere di Belisario e mi duole vederlo sì maltrattato" (Delle Commedie, XI, p. 13). L'opera fu compiuta dal Goldoni e rappresentata l'anno dopo al S. Samuele di Venezia, di proprietà dei Grimani, dalla compagnia Imer, di cui il C. era nel frattempo entrato a far parte; la compagnia, composta da Antonio Vitalba, primo amoroso, dal C., secondo amoroso, Tommaso Monti, Adriana Bastona e Cecilia Rutti, ottenne un lusinghiero successo e il Belisario goldoniano venne replicato dal 24 novembre al 14 dic. 1734.
L'interpretazione del C. venne così giudicata dal Goldoni: "Il mio Casali era fatto apposta per il carattere di Giustiniano e sosteneva egregiamente quel personaggio grave intelligente ed umano" (ibid., XIII, p. 8). Il Goldoni, presentato all'Imer dallo stesso C. ed entrato a far parte della compagnia come scrittore, cercò di valorizzare le qualità del C.; nella sua rielaborazione della Griselda introdusse per il C. un ruolo che riteteneva particolarmente adatto al suo temperamento: "Immaginai di introdurre il padre di Griselda... un buon vecchio tenero, prudente, discreto, che non insuperbisce veggendo la figlia sul trono e non si rattrista veggendola ricadere nell'antica povertà e prende parte solo all'offesa dell'onore e dell'innocenza. Questo vecchio piacque infinitamente" (ibid., XIV, p. 3; cfr. anche Mémoires, XXXVIII, p. 194).
Costretto fin quasi alla vecchiaia a sostenere ancora ruoli amorosi, il C. era, invece, secondo quanto testimoniano i contemporanei, più adatto per i ruoli tragici e per le parti gravi ed eroiche: "Quest'onorato galantuomo - scrive ancora il Goldoni -, provveduto di intelligenza e di capacità nel mestiere, di bella statura e di bella voce, parlando bene e con pronunzia avvantaggiosa e grata, non ha mai avuto buona disposizione per la parte dell'amoroso. Una certa serietà nel sembiante, una certa durezza nella persona, una inclinazione involontaria del fianco e della spalla verso il personaggio con cui recitava, lo facevano scomparire, malgrado le belle cose ch'egli diceva; all'incontro nelle Tragedie riusciva mirabilmente, e soprattutto nelle parti gravi, come nel Catone del Metastasio, nel Bruto dell'abate Conti, nella parte di Giustiniano nel mio Belisario, e in altre simili" (Delle Commedie, XIII, p. 3);e negli stessi termini si esprime anche Carlo Gozzi che elogia il C. solo per le sue interpretazioni drammatiche: "Lo spettabile Casali / Sieda pur ch'é il benvenuto / Ed in tuon di Cassio e Bruto / La polenta un po' c'insali". Si dissocia invece da questo giudizio il Manfredi, che sostiene la versatilità del C., "... il quale adempiendo a tutte le parti che ad un saggio ed attento attore spettanti sono, tanto si distingue nell'arte sua che non cred'io che ai suoi tempi vi distinguessero dagli altri attori antichi" (p. 30).
I due soprannomi che il C. ebbe, quello di Cavadenti e quello di Silvio, testimoniati rispettivamente dal Mancini, dal Rasi e dal Bartoli, potrebbero riferirsi verosimilmente ai diversi ruoli del C., il primo probabilmente alle parti tragiche e il secondo a quelle di amoroso.
Ciò che stimava infine il Goldoni era la serietà del C. e il suo serio impegno professionale: "... il più attento, il più zelante comico della Compagnia; sempre il primo alle prove; vestendosi con la maggior verità, secondo i caratteri che dovea sostenere e tanto internandosi in quelli..., che non degnava rispondere a chi gli parlava" (Delle Commedie, XIII, p. 3).
Il C. rimase secondo amoroso nella compagnia Imer fino al 1739; divenne quindi primo amoroso, per sostituire, nel 1746, l'Imer nella direzione della compagnia. In questo ruolo il C. si guadagnò una buona fama di riformatore del teatro: "... Molto si affaticava in quel tempo per ridurre l'arte comica ad un gusto migliore, e rappresentava sovente tragedie di buoni Autori, con numeroso concorso ed infinito applauso" (Bartotoli, p. 156); in termini simili si esprime il Manfredi: "Il celebre comico Gaetano Casali... solo si studia di ridurre il teatro al gusto de' buoni tempi e per lo più rappresenta tragedie di buoni autori" (p. 30).
Nel 1751 la compagnia Imer si stabili nel teatro S. Giovanni. Grisostomo, sempre di proprietà dei Grimani, e al C. subentrò come direttore Antonio Sacchi, un attore di grande successo soprannominato Truffaldino; il C. continuò a collaborare alla direzione e scrisse due commedie: le Azioni di Ercole imitate da Truffaldino suo scudiere, tragicommedia in prosa e in versi rappresentata e stampata a Milano nell'agosto del 1753 con dedica a donna Paola Visconti Arese Litta; e l'Eroica pazienza di Socrate grande filosofo di Atene, in versi martelliani, pubblicata e rappresentata a Torino nello stesso anno e dedicata a Giovan Giacomo di Reatta.
Sempre nel 1753. il C., insieme al Sacchi e al Vitalba, lasciò la compagnia Imer che veniva sciolta, e si recò in Portogallo; rimase a Lisbona fino al novembre 1755, quando un violento terremoto distrusse la città. Tornato col Sacchi in Italia, recitò a Venezia, al teatro S. Samuele, nel 1759, anno in cui è testimoniata la sua presenza anche a Bologna; nel 1762 è prima a Reggio Emilia, poi a Mantova e quindi a Venezia al teatro S. Angelo; nel '64 a Milano e nel '65 a Innsbruck; nel 1766 ancora a Bologna.
Nel 1767, ormai vecchio, lasciò la compagnia del Sacchi per quella di Giovanni Roffi, che recitava al teatro del Cocomero di Firenze, interpretando i ruoli di padre nobile; qui egli non ottenne il successo sperato e ciò peggiorò, secondo il Rasi, il suo già precario stato di salute.
Il C. morì a Firenze nel 1767.
Fonti e Bibl.: C. Goldoni, Delle Commedie, Venezia 1761, XI, pp. 10-13; XII, pp. 9 s.; XIII, pp. 3, 8; XIV, pp. 2 s.; Id., Mémoires, Paris 1787, XXIX, pp. 155 s.; XXXIV, pp. 176 s.; XXXVIII, p. 194; G. Manfredi, L'attore in scena, Verona 1746, pp. 30, 61; L. Allacci, Drammaturgia, Venezia 1755, p. 850; C. Gozzi, Canto ditirambico de' partigiani del Truffaldino, Sacchi, in Saggio di versi faceti e prose, Firenze 1774, pp. 174 s.; G. B. Mancini, Rifless. pratiche sul canto figurato, Milano 1777, p. 211; F. Bartoli, I comici ital., I, Padova 1782, pp. 156-159; L. Rasi, Icomici ital., Firenze 1897, pp. 596-599; O. Trebbi, Contrib. alla biografia dei comici italiani, in Riv. ital. del teatro, VII (1943), 2, pp. 250 s.; M. Leonelli, Attori tragici, attori comici, Roma 1946, pp. 216 s.; A. Gentile, C. Goldoni e gli attori, Trieste 1951, pp. 1-6; L. Ferrante, Icomici goldoniani, Bologna 1961, pp. 42-46; G. Natali, Il Settecento, Milano 1964, I, p. 254; II, p. 199; N. Mangini, I teatri di Venezia, Milano 1974, pp. 125-146; Enc. d. Spett., III, coll. 153 s.