CANEDI, Gaetano
Ingegnere ed architetto, nato a Bologna nel 1836 e morto a Roma prima del 14 luglio 1889. La sua biografia non è ancora stata ricostruìta. L'unico necrologio esistente ci informa sulla sua attività professionale. Nulla sappiamo della sua formazione se non che collaborò col bolognese G. Mengoni.
Primo incarico pubblico sembra essere stato quello di modificare un progetto dell'arch. A. Scala relativo al teatro della Commedia a Milano (denominato in seguito Manzoni); la commissione desiderava un disegno più elegante, e imponente in considerazione della particolare ubicazione dell'edificio (piazza S. Fedele).
Per questo teatro, che venne inaugurato il 13 dicembre del 1872, si usarono ferro e mattoni anziché legno, e nuove tecnologie di riscaldamento, illuminazione e ventilazione. L'edificio, sorto a sostituzione del demolito teatro Re, veniva adibito nella fronte verso la piazza per uso privato (150 locali da affittare); l'interno presentava una sala a ferro di cavallo con tre ordini di palchi (con antipalco) e un loggione (cfr. A. Cantalupi, in Il Politecnico, nov.-dic. 1872; dello stesso C., Brevi schiarimenti appoggiati a fatti in proposito della costruzione del nuovo Teatro della Commedia eretto in Milano, ibid., marzo 1873).
Nel 1872 il C. si presentò al concorso per il progetto del teatro Dal Verme a Milano, ma venne superato da G. Pestagalli. Nel 1874 s'inaugurava nel capoluogo lombardo, costruito su suo disegno, il teatro Castelli in via Palermo (cfr. Illustr. ital., 25 ott. 1874, p. 202; L'Emporio pittoresco, 14 nov. 1874, p. 217).
Benché i contemporanei fossero rimasti colpiti dallo stile moresco della decorazione interna, è molto più interessante la particolare distribuzione dei posti: la platea, trasformabile in arena, è circondata da una piattaforma con le sedie riservate, seguita da una fila di palchi; al di sopra compare una gradinata scoperta sulla quale s'innalza una galleria coperta da un loggione. Infelice era l'accesso al teatro, che si presentava lateralmente.
Nel 1876 avrebbe ricevuto una medaglia d'oro per un progetto di teatro all'Esposizione universale di Filadelfia. Una relazione tecnica, intitolata Progetto di tramway o ferrovia economica da Giussano a Canzo ed Asso (Milano 1879), testimonia la sua competenza in materia di progettazione ferroviaria, iniziata in periodo giovanile (come coadiutore dell'ing. G. L. Protche aveva costruito tronchi ferroviari in Toscana e in Emilia).
In occasione dell'Esposizione a Milalano, nel 1881, il C. eresse in Foro Bonaparte il circo per la compagnia equestre Renz (cfr. Il Teatro illustrato, giugno 1889, pp. 10, 16). Il 1º ottobre dello stesso anno venne inaugurato a porta Genova il teatro di Giacinta Pezzana con tre ordini di gallerie, sei palchi di proscenio, servizi e ridotti (ibid., nov. 1881, p. 7).
Nel circo si manifesta un impianto simile a quello del teatro Castelli con una preferenza più accentuata per la distribuzione a gradinate; comincia ad affermarsi, cioè, la scomparsa della tradizionale configurazione del teatro all'italiana con l'interno a pozzo (che sopravviveva ancora nel Manzoni). Il teatro Castelli e il circo Renz si riferiscono alle esperienze dei teatri diurni, costruiti in modo particolare per spettacoli ginnici e con l'esigenza di trasformare la platea in arena, ma ricordano anche quelle dei padiglioni espositivi con strutture di ferro. Si viene affermando in quegli anni, anche negli esterni, una certa indipendenza dell'edificio teatrale, soprattutto dal lato urbanistico (vedi appunto i teatri Dal Verme, Castelli e Pezzana, lontani dal quadro delle normali relazioni economiche e di prestigio della città).
L'attività romana del C. si differenzia completamente dalla precedente milanese: famoso per i teatri, egli s'inserì nel processo speculativo edilizio che si stava realizzando nella nuova capitale. È possibile che egli vi sia stato introdotto dal suo antico maestro, Mengoni, che sin dal 1873, per incarico della Compagnia fondiaria romana, aveva redatto un progetto di piano regolatore della città, alternativo a quello comunale. Trapiantato nel nuovo ambiente culturale, il C. ne assorbì subito le peculiari caratteristiche formali, aderendo alla "moda", allora dominante, delle fronti dei palazzi riprese prevalentemente dalla antica tipologia sangallesca, oramai consolidata soprattutto per opera di G. Koch e di G. Podesti. Certamente più interessanti appaiono, al contrario, gli impianti planimetrici meno legati agli schemi della tradizione romana.
L'attività romana del C. iniziò probabilmente tra il 1884 e il 1885: il primo progetto conosciuto, un edificio tra le vie Cairoli e Principe Eugenio, all'Esquilino, è infatti datato al luglio del 1885, e fu terminato nell'aprile del 1887. È caratterizzato da una brillante soluzione angolare, imperniata sulla originale posizione del corpo scala, mentre una leggera venatura eclettica è riscontrabile nelle partiture delle facciate, sia per l'estrema varietà dei tipi di incorniciature di finestre adottate sia per la stessa articolazione superficiale della parete muraria.
Il 20 mano del 1886 il C. ottenne l'autorizzazione a costruire un importante, e rappresentativo, palazzo lungo il vicolo di S. Nicola da Tolentino, di fianco al nuovo ministero della Guerra.
È un organismo assai interessante e complesso, le cui principali caratteristiche sono rappresentate dal sensibile arretramento della parte centrale della fronte (dovuta alla volontà di mettere in maggiore evidenza l'edificio rispetto alla ristrettezza della strada) e da un atrio, passante attraverso tutta la profondità dell'edificio, che si presenta estremamente ricco e articolato, il cui compito principale è quello di annullare la mancanza di un cortile interno. L'impianto generale, che dà luogo ad una fronte ad "U", esalta le qualità eclettiche del repertorio formale del C. che, in questo caso, abbonda di partiti decorativi (dall'ordine gigante sovrapposto, allo schema tripartito orizzontalmente tipico di Roma, sino al disegno di alcune finestre, derivate dal linguaggio del Carimini, e alle aperture bugnate basamentali di sapore quattrocentesco) delle più disparate provenienze.
Dello stesso anno è un edificio, molto diverso, costruito fuori porta S. Lorenzo, per un "quartiere operaio" (attualmente non più rintracciabile). In questo caso, la modestia del tema, almeno per quei tempi, impegnando scarsamente l'architetto, suggerisce un'essenzialità di soluzioni, sia pure nell'ambito dello stesso mondo figurativo legato alla tradizione romana, ma che certamente convince molto di più di altre opere, maggiormente condizionate dalle necessità di una enfatica rappresentazione. Ancora del 1886 è un secondo progetto nel quartiere Esquilino, tra le vie di S. Antonio e di S. Vito. Estremamente interessante era ancora una volta la novità della soluzione planimetrica ad angolo acuto, realizzata mediante la continuità di due atri molto profondi, che si aprono rispettivamente sulle due vie; al centro era posta la scala, molto accentuata e dal preciso ruolo di rappresentanza. Questo progetto tuttavia, respinto delle autorità comunali, non fu realizzato.
Durante la sua attività romana, il C. accanto alla professione di progettista non trascurò quella d'imprenditore, realizzando, in questi primi anni della sua attività (1885-86), uno dei palazzi porticati sulla p. Vittorio Emanuele II all'Esquilino sopra un'area di sua proprietà. Sempre sulla stessa piazza realizzerà più tardi, nel 1890, un secondo edificio porticato per conto della Soc. generale immobiliare, tra le vie M. d'Azeglio e Principe Amedeo.
Nel primo dei due palazzi, quello di sua proprietà, d'angolo con le vie Leopardi e Buonarroti, l'architetto non si discosta, a livello di tipologia, da quella già impostata al centro della piazza stessa dal Koch, mentre compaiono abbastanza nette numerose reminiscenze linguistiche che riconducono all'ambiente culturale milanese da cui proveniva; la necessità di realizzare un palazzo porticato, fatto abbastanza inconsueto per Roma (di questo periodo, oltre agli edifici della piazza Vittorio Emanuele, sussistono pochi esempi), gli suggerisce la ripresa di motivi e partiti architettonici assai vicini alle soluzioni adottate dal Mengoni per i palazzi porticati di piazza Duomo a Milano, e caratterizzati dall'arco che poggia direttamente sulle colonne: tentativo evidente di riprendere motivi quattrocenteschi, sia pure, nel caso del C., appesantiti nelle proporzioni e mediati da forti soluzioni angolari bugnate, certamente più proprie dell'ambiente romano.
L'altro, e più tardo, edificio sulla piazza Vittorio Emanuele presenta, al contrario, un impianto diverso: a livello tipologico per la presenza di interessanti scale in forma ottagona, alternate ad altre più tradizionali, e nei partiti decorativi esterni per il ritorno al più consueto linguaggio romano, ed in particolare ad alcuni sintagmi già sperimentati nel palazzo del vicolo di S. Nicola da Tolentino.
Lungo questi pochi anni di attività romana, fino alla sua morte (forse non realizzò l'ultima sua opera, ma è certo che ne completò il progetto), il C., come molti altri architetti di questo periodo, pur non impegnandosi nella soluzione o nella semplice ricerca di problemi particolari, si mantenne pur sempre nell'ambito di una grande dignità professionale, capace di essere permeabile al "gusto" del nuovo ambiente, nel quale si era andato ad inserire, ed al tempo stesso mai dimentico della cultura milanese, sulla quale si era formato, e nel cui ambito aveva forse trovato le sue maggiori soddisfazioni. Una riprova di tutto ciò è costituita da un edificio teatrale, progettato e iniziato a costruire contemporaneamente alle sue ultime opere romane: il teatro Nuova Fenice di Osimo, di cui fu posta la prima pietra nel 1887 e che fu inaugurato dopo la sua morte, nel 1894.
Il nuovo teatro del C. veniva a sostituirne uno precedente, realizzato in legno su disegni di Morelli negli ultimi anni del secolo XVIII; l'incarico risale al gennaio del 1886. L'architetto impostò un organismo con una sala interna a ferro di cavallo, con tre ordini di palchi (senza antipalco) e un loggione. Davanti al boccascena era ricavato il golfo mistico, che, in parte, si allargava sotto il palcoscenico; l'accesso alla platea era, ed è, assicurato mediante un ampio atrio d'ingresso cui si accede dalla piazza antistante attraverso tre porte. La decorazione pittorica interna fu realizzata da C. Diana e F. Torchi. La fronte, contenente l'atrio, presenta angoli fortemente smussati, ed è risolta mediante la sovrapposizione di due ordini di paraste binate che incorniciano gli archi: in un certo senso una sintesi, del gusto romano, nel cui ambiente in quel momento il C. operava, e di quello milanese proprio della sua formazione giovanile.
Giusto al termine della sua vita il C. ritornava così a impegnarsi nella realizzazione di quegli edifici, i teatri, cui doveva maggiormente la sua notorietà, certo molto di più per le soluzioni tipologiche proposte che per la qualità dei valori figurativi delle sue architetture.
Fonti e Bibl.: I documenti ed i progetti delle opere romane del C. sono tutti conservati nel fondo Titolo 54 dell'Archivio Capitolino di Roma: edificio tra via Cairoli e via Principe Eugenio, anno 1885, busta n. 35001/40000; palazzo in vicolo S. Nicola da Tolentino, anno 1886, busta n. 16901/23350; edificio fuori porta S. Lorenzo, anno 1886, busta n. 30001/40500; edificio tra via di S. Antonio e via di S. Vito, anno 1886, busta n. 75001; palazzo in piazza Vittorio Emanuele n. 120-136, anno 1886, busta n. 23351/30000; edificio tra via M. d'Azeglio e via Principe Amedeo, anno 1890, busta 15001/25000. Necr. in L'illustr. ital., 14 luglio 1889, p. 27; G. Mongeri, L'arte in Milano,..., Milano 1872, p. 387; R. Ferrini, Dei principî a cui deve informarsi un sistema di ventilazione per un teatro, in Il Politecnico, agosto 1873, pp. 449-467; I divertimenti, in L'Emporio pittoresco, 22-28 maggio 1881, pp. 248; G. Giachi, Teatri, in Milano tecnica, Milano 1885, pp. 392 ss.; G. Strafforello, Geografia dell'Italia, Provincia di Milano, Torino 1894, p. 269; P. Mezzanotte-R. Simoni-R. Calzini, Cronache di un grande teatro, il teatro Manzoni di Milano, Milano 1952, passim;C.Grillantini, Storia di Osimo, Pinerolo 1957, p. 782; P. Mezzanotte-G. Bascapé, Milano nell'arte e nella storia, Milano 1968, p. 167; U. Thieme-F. Becker, Künsterlexikon, V, p. 497.