BERTOLANI, Gaetano
Nacque a Mantova fra il 1758 e il 1759. La sua era una famiglia di artigiani specializzati nella confezione delle maschere. Fuggito da casa in giovanissima età, pare si allogasse a Faenza come apprendista imbianchino. Non si hanno notizie documentate degli studi e della vita fino a quando compare come aiuto del Giani per le decorazioni della galleria Laderchi di Faenza (1794), ma la sua presenza a fianco del Giani è riconoscibile anche nella decorazione della galleria del palazzo Conti, che dovrebbe precedere quella Laderchi ed essere di poco posteriore a quella dei Cento Pacifici (1786), in cui per la prima volta il Giani lavora a Faenza. Fin da quest'ultima data il giovane aspirante decoratore può aver fatto conoscenza col pittore piemontese che viene considerato come il suo vero maestro, ma non si esclude che il B., coetaneo o quasi del Giani, abbia frequentato i corsi di decorazione dell'Accademia di Bologna quando vi studiava il suo futuro amico. Certo è che dal 1794 non si sono più separati e il B. ha seguito il Giani in ogni sua impresa, collaborando come ornatista e quadraturista: in Romagna, a Bologna, nelle Marche, nel Veneto, fino a Parigi e dintorni. Solo a Roma pare che il Giani si sia servito di altri collaboratori. Il B., che visse a lungo, si sposò tardi, nel 1819, con la farlivese Anna Amadei, si stabilì a Faenza e ivi nacquero tutti i suoi figlioli: tre femmine e un maschio, di nome Raffaele, che fu l'ultimo. L'operosità del B., che fino al 1822 segue di pari passo quella del Giani, prosegue dopo la morte dell'amico e maestro con l'aiuto di collaboratori per le parti figurative; fra questi furono Gaspare Mattioli e Michele Chiarini, i quali collaborarono col B. nella decorazione della chiesa del collegio Emiliani in Fognano intorno all'anno 1831. Il B. ebbe collaboratori anche fuori di Faenza, come a Bologna, ove era a lavorare nel 1832, a Ravenna e a Forlì, ove educò al suo gusto i fratelli Garzia. Nel 1854, Più che novantenne, voleva ancora concorrere alla decorazione della volta del Teatro Comunale di Faenza. Nella tarda età e durante le pause dei lavori sulle impalcature amava eseguire tempere su carta con battaglie o gruppi di animali ambientati in sfondi pittoreschi eseguite con tocchi luministici tipici del decoratore. Nel periodo migliore della sua vita, a fianco del grande Giani, eseguì fregi a chiaroscuro e orriati di tipo "Empire" o alla pompeiana di gusto squisito e di esecuzione magistrale. Morì a Faenza, quasi centenario nel 1856.
Il figlio Raffaele, nato a Faenza il 26 genn. 1830, si dedicò all'arte; studiò a Bologna e a Firenze e fu amicissimo di A. Berti. Invece di continuare il mestiere paterno si dedicò all'oreficeria, agli sbalzi e fusioni cesellate in metalli preziosi. Raggiunta una grande maestria, intorno al 1860 si trasferì a Parigi ove, al n. 4 di rue des Vieux Augustins, allestì un "atelier" di "bijoutier-joaillier" che ebbe notevole successo. Verso la fine del secolo, acquistato un grande terreno ad Asnières sulla Senna, vi fece costruire ben cinque padiglioni per il suo laboratorio. Oltre a lavori di gioielleria secondo un gusto rinascimentale, faceva cornicette sbalzate e cesellate entro cui racchiudeva dei piccoli dipinti di paesaggio o di genere da lui eseguiti. Raffaele ritornò a varie riprese a rivedere i parenti faentini, ma sposò ed ebbe famiglia in Francia, ove morì nel 1906.
Bibl.: A. Montanari, Guida stor. di Faenza, Faenza 1882, pp. 47, 159, 162, 167, 169; Id., Gli uomini illustri di Faenza, II, Faenza 1886, p. 131; A. Messeri-A. Calzi, Faenza nella storia e nell'arte, Faenza 1909, pp. 498, 499, 501; E. Golfieri, Artisti neoclassici in Faenza, Faenza 1949, pp. 16 s.; Id., Lineamenti dell'Ottocento artist. romagnolo, in Studi romagnoli, IV(1953), p. 223; E. Lavagnino, L'arte moderna, I,Torino 1956, pp. 216-239; A. Archi, Guida di Faenza, Faenza 1958, pp. 69, 70, 89, 98.