EREDE, Gaetano Angelrico
Nato a Genova il 7 nov. 1840, terzo di sette fratelli, da Michele e da Giovanna Massucco, crebbe in una famiglia dove si professavano idee schiettamente liberali: abbastanza moderate quelle del padre, economista e filantropo, democratiche e repubblicane quelle dello zio Antonio Andrea, costretto ad espatriare dopo il 1849.
Nel 1859, allo scoppio della guerra con l'Austria, il giovane E. era talmente infiammato per la causa italiana che decise di lasciare gli studi cui attendeva e di fuggire di casa per raggiungere Alessandria e lì arruolarsi volontario: "Sono partito - scrisse il 23 giugno all'amico Agostino Solari - con un pane e dieci centesimi, ma mi sembra di essere milionario" (L. Balestreri, Un eroe genovese, p. 23). L'armistizio di Villafranca gli impedì per il momento di impugnare le armi, ma l'anno dopo, il 5 maggio, si arruolò nel contingente dei carabinieri genovesi di Antonio Mosto, destinati ad essere un vero corpo speciale nella spedizione dei Mille. Questa volta non si trattò di una fuga, bensì di un gesto compiuto con l'approvazione familiare: dello zio che, da Londra, collaborava al rifornimento di armi e materiali per i garibaldini, ed anche del padre, che in quel 1860 era deciso fautore della causa di Garibaldi.
Giunto in Sicilia sul "Lombardo", l'E. ebbe il battesimo del fuoco a Calatafimi, dove si distinse in combattimento e fu proposto per una decorazione; si segnalò del pari durante l'attacco a Palermo, tanto da meritare una promozione a sottufficiale. Dopo un periodo di sosta a Palermo l'E., il quale come carabiniere faceva parte della guardia del corpo di Garibaldi, si imbarcò con lui sul "City of Aberdeen" e raggiunse Patti il 19 luglio. In quello stesso giorno suo padre gli indirizzava una lettera nella quale lo pregava caldamente ("Dattene un immediato pensiero, perché è cosa importantissima") di persuadere F. B. Savi, e per suo tramite Garibaldi, della pericolosità di Depretis, pronto ad intrigare con Cavour ai danni del generale. Ma la lettera non poté essere letta dal D.: il 20 luglio 1860, colpito da una palla in fronte, perse la vita in quella battaglia di Milazzo nella quale i carabinieri genovesi pagarono il tributo più alto di sangue.
Fonti e Bibl.: L. Balestreri, Un eroe genovese del Risorgimento. G. A. E. caduto garibaldino a Milazzo, in Genova, luglio-agosto 1960, pp. 23 ss.; B. Montale, I "Carabinieri genovesi" nell'impresa del 1860, in Bergomum, XXXVI (1962), Studi garibaldini, n. 3, p. 179; Id., A. Mosto. Battaglie e cospirazioni mazziniane (1848-1870), Pisa 1966, pp. 55, 65 s., 71; Diz. del Risorg. naz., ad vocem.