PULITI, Gabriello
PULITI, Gabriello. – Sull’anno di nascita e sui nomi di battesimo e di famiglia del compositore, originario di Montepulciano, mancano prove attendibili: il solo, incerto dato a disposizione è l’atto battesimale di un Gabriello, figlio di Pietro di Simone Pandolfini da Castiglione e di Lucrezia, registrato il 26 marzo 1583, data invero tardiva per i primi impieghi documentati del musicista. Presi gli ordini di francescano minore conventuale, Gabriello assunse il toponimico latineggiante della città nativa (Mons Politiani).
A quanto si deduce dalle opere a stampa, dagli spesari della cattedrale di Trieste e del duomo di Capodistria (Koper), nonché dagli Acta della provincia dalmata di san Francesco che comprendeva il litorale dalla Venezia Giulia sino all’Albania veneta, Puliti compì gli studi musicali nel convento di S. Croce a Firenze; fu poi magister chori nel convento di Pontremoli (come risulta dalle Sacrae modulationes a 4-5 voci, Parma 1600) e organista nel convento di Piacenza (Integra omnium solemnitatum vespertina psalmodia, Milano 1602). Entrato nel monastero di Pola (Pula) nel 1604, l’anno dopo fu maestro di cappella a Muggia, e dal 1606 al 1609 organista nel duomo di Capodistria. Si portò indi a Trieste con lo stesso incarico sino al 1612, ritornando a Capodistria per due anni circa (1614-15) e poi nella vicina Pirano (Piran) nel 1616. Eletto guardiano nel monastero di Capodistria, servì ancora in duomo tra il 1618 (Integra omnium solemnitatum vespertina psalmodia, op. XXI) e il 1620. Negli anni 1621-22 fu organista ad Albona (Labin) e ancora a Capodistria sino al 1624, quando fu eletto discretus nel monastero di Pago (Pag) in Dalmazia. Il 27 febbraio 1633 l’Ordine dei minori conventuali gli conferì il titolo di magister musices, attestante l’abilità conseguita quale maestro di cappella. Dal 1630 al 1638 concluse la carriera di organista nella cattedrale di Trieste.
Attivo soprattutto nell’Istria veneta e nella Trieste austriaca, Puliti fu compositore assai prolifico. L’ultimo lavoro conosciuto, i Salmi dominicali (1635), reca il numero d’opera XXXVI; ma bisogna aggiungervi almeno ancora le perdute «Canzonette a voce sola par cantare in qual si voglia instromenti» del 1637 (The Catalogus librorum, 1996, p. 35). A oggi, di fra Gabriello sono pervenute sedici raccolte (dal 1605 in poi tutte apparse a Venezia), di cui solo nove complete.
Considerato che poteva risiedere con minima spesa nei conventi dei confratelli, Puliti avrebbe potuto finanziare in parte o in toto la stampa di molti suoi lavori. Si può perciò ipotizzare che le dediche ai nobili istriani, agli Asburgo e ai prelati con cui egli venne a contatto non ricadano tutte nella fattispecie del mecenatismo più convenzionale. È invece verisimile che corrispondano a una reale esigenza di protezione, sia per esibire l’autorità di personaggi illustri, i quali talvolta guidarono la scelta dei brani da mettere a stampa, sia per salvaguardare il proprio prestigio di autore.
Nel lungo periodo trascorso da Puliti a Trieste, in Istria e in Dalmazia non era ancora spenta l’eco del luteranesimo importato dai seguaci croati dello sloveno Primož Trubar, da Pietro Paolo Vergerio il Giovane presule giustinopolitano e dal barone Hans Ungnad nella contea di Pisino (Pazin). A fronte dei processi per eresia istruiti dal barone Agostino Valier, nonché dell’eliminazione del rito patriarchino con il Concilio di Udine (1596), dovettero aumentare i timori del francescano e degli ecclesiasti a lui vicini. Su indicazione di Ursino de Bertis, il vescovo di Trieste che era stato sino al 1589 segretario di Carlo II arciduca d’Austria, Puliti dedicò nel 1614 la Psalmodia vespertina […] iuxta ritum Sanctae Romanae Ecclesiae, op. XIII a Jakob Reinprecht, inquisitore generale della Carniola, abate nel convento cistercense di Stična in Slovenia e mecenate rigidamente avverso al protestantesimo. Con lo stesso scopo, un brano dei Pungenti dardi spirituali a voce sola, op. XX (1618; ed. a cura di M. Kokole, Ljubljana 2001), è scritto in onore di Gregorio Dionigi da Cagli, inquisitore generale dell’Istria, e nel Secondo libro delle messe, op. XXX (1624; ed. a cura di E. Stipčević, Ljubljana 2006), egli inserì al Credo il versetto «Haec est fides catholica» (tropo di s. Anastasio: Symbolum quicumque), contravvenendo per eccesso di zelo ai dettami conciliari, che imponevano di epurare qualsiasi inserto estraneo alla messa, con particolare riguardo alla professione di fede. La fama di Puliti raggiunse anche Lubiana, al tempo del vescovo controriformista Tomaž Hren, melomane, come attesta l’Inventarium librorum musicalium Ecclesiae cathedralis Labacensis (redatto tra il 1620 e il 1628), ove sono registrate le due messe del 1624 assieme a quattro titoli profani del frate poliziano.
A Capodistria, Puliti ebbe contatti con l’Accademia Palladia (1567-37): alcuni accademici (Pietro Pola, Ludovico Daini, Barnaba e Giovambattista Brati) furono dedicatari di opere sue. I palladiani Giovambattista Brati e Ottonello de Belli (quest’ultimo discreto drammaturgo e ammiratore del Guarini) scrissero anche i testi per gli Armonici accenti (op. XXIV, monodie profane del 1621; ed. a cura di E. Stipčević, Ljubljana 2003). È probabile che l’organista fosse stato affiliato all’accademia già nei primi anni di servizio nel centro della penisola governata dalla Serenissima: così lascia intuire la dicitura «Accademico armonico detto l’Allegro» che, a partire dal secondo libro di madrigali a cinque voci, Baci ardenti (1609; ed. a cura di B. Bujić, Ljubljana 2003), accompagna il nome del maestro nei frontespizi di buona parte delle sue raccolte, laddove ‘armonico’ sta per ‘musico’, mentre ‘Allegro’ è il nome accademico (un primo libro di madrigali «pastorali», perduto, doveva essere uscito prima del 1604; Mischiati, 1984, p. 121).
Fra Gabriello morì a Trieste o a Cherso (Cres) sul finire del 1644, stando agli Acta Provinciae Dalmatiae Istriae et Epyri, VII, c. 55 (volume senza data, relativo agli anni 1640-1653, compilato dall’ordine sull’isola di Cherso, oggi conservato nel convento di S. Antonio a Zagabria; l’Index fratrum qui ex hoc saeculo transierunt, in esso contenuto, riporta ancora il nome di «Pr Magr Musices Gabriel Puliti»).
I lavori di Puliti appartengono ai generi musicali più diversi. L’autore si cimentò nella composizione sia di polifonia sacra e profana, con messe, madrigali, mascherate, mottetti e salmi, sia di monodie sacre e profane per una o più voci.
Il Secondo libro delle messe, op. XXX (1624), il solo pervenuto, segue i principi del regime moderatamente moderno sviluppato a cavaliere tra i due secoli. Le due messe a quattro ivi raccolte, una «concertata» e una «da coro», sono provviste di basso seguente. La seconda è una messa a imitazione del madrigale Là ver l’aurora del Palestrina (dal primo libro a quattro voci, 1555), che con poche varianti riprende l’originale e indulge al rapporto figurativo parola/suono caratteristico del madrigale (una citazione del madrigale palestriniano Vestiva i colli ricorre anche nel mottetto a cinque En dilectus meus nelle Sacrae modulationes di Puliti, Parma 1600; ed. a cura di N. Lovrinić, Ljubljana 2006). L’attenzione del francescano per il rinnovamento dello stile si manifesta anche nella scelta dei testi poetici: accanto a due brani di encomio in onore di Massimiliano Ernesto, fratello del dedicatario, l’arciduca Ferdinando d’Austria (poi imperatore), i Baci ardenti del 1609 allineano cinque testi tratti dalle Rime del Marino (1602) e altri componimenti di rimatori marinisti sulla casistica del bacio.
A partire dai Sacri concentus unis, binis ternisque vocibus, op. XIV (1614; ed. a cura di M. Kokole, Ljubljana 2001), il compositore si rivolse alla monodia. Lo fece con cautela, mantenendosi nell’ambito della tecnica della diminuzione. Come recita l’avvertenza dello stampatore Vincenti, egli lasciava agli esecutori la libertà di intervenire sulla parte con abbellimenti estemporanei. Nei Pungenti dardi spirituali a una voce sola, op. XX (1618), Puliti si aprì alla monodia vera e propria; per dare forza al salto di qualità, nelle dediche delle due successive raccolte a una voce, le opp. XXII e XXIII del 1620 (Lilia convallium Beatae Mariae Virginis e Sacri accenti; ed. a cura di M. Kokole, Ljubljana 2002), dichiarò di avere composto esclusivamente per i virtuosi. Nove brani dei citati Pungenti dardi furono scritti a intenzione di notabili giustinopolitani, alcuni dei quali accademici della Palladia. Nello stesso libro, quasi volesse enfatizzare la propria conversione al nuovo regime, Puliti ricompose a istanza di uno sconosciuto ‘servitore’ il brano O quam dulce est nomen Jesu di Bartolomeo Barbarino (dal Primo libro de’ motetti, 1610), acclamato autore-esecutore di monodia.
Nella rete dei rapporti intessuti con altri maestri noti in area veneta e nell’Europa centrale rientra il confratello Giacomo Finetti, maestro di cappella dei Frari a Venezia: un mottetto a una voce che questi avrebbe richiesto a Puliti appare nei Pungenti dardi (Exulta et laetare terra), e un altro sempre a una voce in Lilia convallium (O quam speciosa).
Le mascherate a tre Ghirlanda odorifera di vari fior tessuta (1612; ed. a cura di I. Cavallini, Ljubljana 2004), ispirate alla commedia all’improvviso e in parte composte su rime di Giulio Cesare Croce, sono impreziosite da arguti rapporti tra il testo e i segni non convenzionali della notazione. La raccolta si inscrisse nell’ambito dell’amicizia stretta da Puliti con i Negri di Albona, in particolare con il poeta Tranquillo, che al maestro dedicò il sonetto laudatorio L’archimuseo magistro Amphioneo (nelle sue Prerogative, dignità et honori […] con rime e prose diverse, ms. a Pula, Biblioteca Universitaria, ms. s.d., s.s.).
Sono poco innovative le raccolte di musica strumentale superstiti. I titoli scelti dall’autore si rifanno ai nomi di città vuoi istriane (negli Scherzi, capricci et fantasie per cantar a due voci, 1605, senza testi poetici), vuoi italiane (nel Lunario armonico perpetuo calculato al meridiano et clima delle principali città d’Italia, op. XVI, 1615) nonché di importanti famiglie dell’Istria veneta (nelle Fantasie, scherzi et capricci da sonarsi in forma di canzone, con un violino solo o vero cornetto, op. XIX, nota attraverso una ristampa del 1624). Da un lato queste musiche appartengono a un contesto didattico, come accertano il Lunario e le Fantasie, concepiti per il diletto dell’allievo giustinopolitano Mario Bonzi. Dall’altro, i tre lavori sono scevri di caratteristiche idiomatiche, sicché li si può eseguire con qualsiasi strumento a solo, violino o cornetto, o con un gruppo a 2-4 parti, come nel caso del secondo Lunario armonico (op. XVII, perduta, probabilmente edita nel 1616, come ivi promesso dall’autore: «aspettatevi quest’anno venturo il secondo Lunario composto a 3 et 4 voci»; è documentata nell’Indice librario Vincenti del 1621 e nella Primeira parte do index da livraria de musica do […] rey dom João IV, [Lisbona] 1649, n. 134: «Segundo lunario armonico perpetuo. Gabriello Politi, a 2, 3 et 4, obra 17»).
Oltre le opere già citate, altre risultano oggi perdute: Vespere della B. Vergine integri a tre voci pari concertati con il basso per organo con alcuni motetti, Venezia s.d. (The Catalogus librorum musicorum..., 1996, pp. 35, 65); Amorosi inviti a voce sola madrigali sonetti et arie per cantar in qual si voglia istromento musicale, Venezia 1622 (ibid.); Celesti ardori. Libro V delli concerti a una voce, canto e tenore, accomodati per qualsivoglia stromento, op. XXVI, 1622 (esemplare dell’Archivio Pio di Savoia di Carpi, notificato nelle Schede Gaspari, Bologna, Museo della Musica; cfr. anche Mischiati, 1984, p. 186); Sacrae modulationes sive motettae unis vocibus concinendae, Venezia 1629 (The Catalogus librorum musicorum..., 1996, pp. 35, 65; Krummel, 1980, p. 23; Mischiati, 1984, p. 152); Compieta… a 4 (Mischiati, 1984, p. 180).
Fonti e Bibl.: Montepulciano, Archivio vescovile e capitolare, Libri di battesimo, Battesimi de maschi dalli 1562 al 1592, c. 80r; Zagabria, Convento dei frati minori conventuali, S. Antun, Acta Provinciae Dalmatiae Istriae et Epyri, VII, c. 55; S. Rinaldi, Musicisti dell’ordine francescano dei minori conventuali dei sec. XVI-XVIII, in Note d’archivio per la storia musicale, XVI (1939), p. 194; G. Radole, Musicisti a Trieste sul finire del Cinquecento e nei primi del Seicento, in Archeografo triestino, XXII (1959), pp. 133-151; Id., Musica e musicisti in Istria nel Cinque e Seicento, in Atti e memorie della Società istriana di archeologia e storia patria, LXV (1965), pp. 147-214; J. Höfler, Glasbeniki koprske stolnice v 17. in 18. stoletju (Musicisti al duomo di Capodistria nel XVII e nel XVIII secolo), in Kronika, XVI (1968), pp. 140-144; D. Plamenac, Tragom Ivana Lukačića i nekih njegovih suvremenika (Sulla traccia di Ivan Lukačić e di alcuni suoi contemporanei), in Rad, 351 (1969), pp. 82-84; J. Höfler, Glasbena umetnost pozne renesansne in baroka na Slovenskem (L’arte musicale del tardo Rinascimento e del Barocco in Slovenia), Ljubljana 1978, pp. 134-157; D.W. Krummel, Venetian baroque music in a London bookshop: the Robert Martin catalogues, 1633-50, in Music and bibliography: essays in honour of Alec Hyatt King, a cura di O. Neighbour, New York 1980, p. 23; E. Stipčević, Uvodna razmatranja o umjetnosti Gabriella Pulitija (Considerazioni introduttive sull’arte di G. P.), in Arti musices, XIV (1983), pp. 33-50; O. Mischiati, Indici, cataloghi e avvisi degli editori e librai musicali italiani dal 1591 al 1798, Firenze 1984, ad ind.; I. Cavallini, La diffusione del madrigale in Istria: i Casentini e G. P., in Muzikološki zbornik, XXIII (1987), pp. 39-70; G. Radole, La cappella civica di S. Giusto: 450 anni di musica a Trieste, Trieste 1989, pp. 33-50; I. Cavallini, Musica, cultura e spettacolo in Istria tra ’500 e ’600, Firenze 1990, pp. 27-34, 58-74, 165-195; G. Radole, La musica a Capodistria, Trieste 1990, pp. 33-41; I. Cavallini, Četiri parodije Gabriella Pulitija i problem mise u Istri u prvoj polovici 17. stoljeća (Quattro parodie di G. P. e il problema della messa in Istria nella prima metà del XVII secolo), in Muzikološki zbornik, XXVII (1991), pp. 39-47; The Catalogus librorum musicorum of Jan Evertsen van Doorn (Utrecht 1639), a cura di H. Vanhulst, Utrecht 1996, ad ind.; G. Merizzi, Le fonti poetiche delle mascherate di G. P., in Muzikološki zbornik, XXXVI (2000), pp. 17-40; M. Pielech, Do repertuaru kapel wawelskich. Starodruki muzyczne zachowane w archiwum Katedry Wawelskiej (Sul repertorio della Cappella Wawel. Antiche stampe musicali conservate nell’Archivio della Cattedrale di Wawel), in Muzyka, XLVI (2001), 2, p. 75; M. Kokole, «Servitore affetionatissimo Fra’ G. P.» and the dedicatees of his published musical works (1600-1635), in De musica disserenda, III (2007), 2, pp. 107-134; N. Lovrinić, Palestrina’s “Vestiva i colli” as a model for the parody process in G. P.’s early works, in De musica disserenda, IV (2008), 2, pp. 21-41; Id., Kasnorenesansni motet kao liturgijski, izvanliturgijski i paraliturgijski žanr na primjeru zbirke “Sacrae modulationes” (1600) Gabriella Pulitija (Il mottetto tardorinascimentale quale genere liturgico, non liturgico e paraliturgico nelle Sacrae modulationes (1600) di G. P.), in Arti musices, XLI (2010), 2, pp. 139-166; E. Stipčević, Il compositore e le sue scelte poetiche: il caso di fra G. P. e i suoi poeti istriani, in Atti del Centro di ricerche storiche di Rovigno, XLIII (2013), pp. 89-103; L. Maračić, Provincijski povjesni arhiv. Arhivsko gradivo povijesnog dijela Provincijskog arhiva (1559-1827) (Archivio storico provinciale. Il materiale archivistico della sezione storica dell’Archivio Provinciale), I, Popis i opis materijala (Lista e descrizione del materiale), Zagreb 2015, p. 214.