SERBELLONI, Gabriele (Gabrio). – Nacque a Milano nel 1509 da Gian Pietro Serbelloni e da Elisabetta Rainoldi, primo di cinque figli maschi, rimanendo orfano di padre a undici anni (Promis, 1874, p. 209; Besozzi, 1984, p. 15)
Luogotenente dal 1527 del cugino Gian Giacomo de’ Medici (figlio di una Serbelloni) e custode in sua vece della fortezza di Lecco nel 1531-32, nel 1542 entrò come capitano di artiglieria al servizio dell’imperatore Carlo V e del fratello Ferdinando re dei Romani, arrestando nello stesso anno l’avanzata turca verso Strigonia (Esztergom) in Ungheria, e combattendo nel 1544 contro i francesi nella campagna della Marna e nel 1546-47 contro i protestanti della Lega di Smalcalda in Germania. Passò quindi alle dipendenze del governatore di Milano Ferrante Gonzaga e del duca di Firenze Cosimo de’ Medici, per i quali partecipò nel 1551 e nel 1553-55 alla riconquista di Asti e Saluzzo e alla presa di Siena, guidando diversi assedi, tra cui quello a Porto Ercole nella primavera del 1555, e difendendo Piombino dall’attacco turco (Promis, 1874, pp. 210 s.; Besozzi, 1984, pp. 15 s.; Della Monaca, 2010, pp. 190 s.). Per volontà di Cosimo de’ Medici, e in coppia con il capitano cortonese Francesco Laparelli che ne fu l’esecutore materiale, Serbelloni diresse tra il 1556 e il 1560 la ricostruzione della fortezza trecentesca del Girifalco a Cortona, una delle rocche strategiche nel sistema difensivo della Toscana medicea (Frescucci, 1971; Id., 1972, pp. 5 s.; Romby, 2005).
Nel giorno di Natale del 1559 fu eletto pontefice il cugino Giovan Angelo de’ Medici, il cui fratello Gian Giacomo, marchese di Marignano e comandante delle truppe imperiali in Italia, era stato incaricato dal duca mediceo di dirigere le operazioni militari della guerra di Siena (Pastor, 1950, pp. 51 s.; Firpo - Biferali, 2009, pp. 273 s.). L’ascesa al soglio petrino di Pio IV, legato a doppio filo a Cosimo de’ Medici e su posizioni filoasburgiche sin dall’epoca della creazione cardinalizia nel 1549, attirò a Roma nei primi mesi del 1560 Serbelloni, che poté trasferirvi la sua pluriennale esperienza di ingegnere militare. L’attività romana di Serbelloni si svolse durante l’intero papato di Pio IV (1559-65), che nei soli primi tre anni investì la somma ragguardevole di 500.000 scudi d’oro per riqualificare il volto di Roma, e in totale almeno 1.500.000 (Fagiolo - Madonna, 1973, p. 187).
Se il 25 ottobre 1561 Aurelio Porcelaga avrebbe elogiato i «tanti superbi et magnanimi edifici di chiese, di palazzi, di vie, di porte» finanziati «con grandissima spesa, che tutto è un dare ornamento et splendore, anima et vita a tutta questa inclita et alma città» (Firpo - Biferali, 2009, p. 319), il 14 giugno 1563 l’ambasciatore veneto Girolamo Soranzo avrebbe scritto come il pontefice «par che habbia per fine lasciar anco per questa via memoria di sé, non vi essendo ormai luogo di Roma che non habbia il suo nome» (Pastor, 1950, p. 567; Fagiolo - Madonna, 1972, p. 384). Oltre alla preziosa consulenza militare fornitagli dal cugino, Pio IV scelse tra gli architetti, ingegneri e urbanisti cui affidare le «infinite et belle et magnanime imprese» nomi illustri quali Pirro Ligorio, autore del casino del Boschetto in Vaticano e spesso coadiuvato da Iacopo Vignola, e il vecchio Michelangelo, incaricato di completare la fabbrica di S. Pietro, trasformare i ruderi delle terme di Diocleziano in S. Maria degli Angeli e progettare Porta Pia, non disdegnando di utilizzare professionisti di minor talento, ma di esperienza altrettanto consolidata, come Laparelli, al quale avrebbe assegnato la gestione della cosiddetta civitas Pia, che comportò l’apertura della via Angelica e di Borgo Angelico, con le porte Angelica e Castello, la costruzione di un sistema di fortificazioni per Borgo e l’erezione di una nuova bastionatura pentagonale di Castel S. Angelo, dopo la distruzione di quella di Paolo IV a causa della piena del Tevere del 14 settembre 1557 (Pastor, 1950, pp. 564 s.; D’Onofrio, 1971, pp. 230-234; Fagiolo - Madonna, 1972, pp. 386 s.; Zander, 1990, pp. 369-371; Spagnesi, 1995, pp. 38-48; Firpo - Biferali, 2009, pp. 319 s.; Bellini, 2013, pp. 50 s.). La costante minaccia turca provocò una brusca accelerazione dei cantieri militari, soprattutto dopo la notizia della rovinosa sconfitta cristiana del 20 maggio 1560 presso l’isola di Gerba in Tunisia, dove trenta navi del duca di Medinaceli, viceré di Sicilia, furono fatte colare a picco e 5000 uomini fatti prigionieri (Zander, 1990, p. 369).
L’intera riorganizzazione difensiva dell’area vaticana fu affidata dal papa ai due cugini Giovan Battista Serbelloni, castellano di Castel S. Angelo dal gennaio del 1560, e Gabrio, nominato capitano generale della guardia pontificia dopo essersi più volte lamentato, nella primavera del 1560, con l’ambasciatore fiorentino Giovan Battista Ricasoli, «parendoli il papa pensi a beneficare ogn’altro che lui» (Pastor, 1950, p. 80). In questa veste, il 7 giugno 1560 avrebbe fatto arrestare i cardinali Alfonso e Carlo Carafa nella sala delle Udienze dei palazzi vaticani (Besozzi, 1984, pp. 20, 27). Coadiuvato dai magistri viarum, Serbelloni avrebbe scelto Laparelli, già apprezzato durante la guerra di Siena e la riedificazione della fortezza di Cortona, per seguire in prima persona la costruzione dei bastioni nella zona di Borgo e della nuova cinta muraria di Castel S. Angelo, operazioni complesse da affrontare non senza gravi problemi idraulici dovuti alla vicinanza del Tevere con le sue frequenti piene (Fagiolo - Madonna, 1973, p. 200; Bellini, 2013, pp. 52 s.).
L’importanza strategica di questi interventi è attestata indirettamente da una medaglia commemorativa fatta coniare dal Senato romano in onore di Gabrio Serbelloni: se il diritto mostra un’allegoria di Roma assisa su un mucchio di armi e con in mano una Vittoria alata, il rovescio, oltre all’iscrizione in esergo «vrbe commvnita», raffigura l’avanzamento dei lavori a Borgo e a Castel S. Angelo verso il 1563-64 (Toderi - Vannel, 2000, II, p. 717, III, tav. 425, fig. 2251; Bellini, 2013, p. 71).
Serbelloni fu inoltre incaricato da Pio IV di «andare a rivedere tutte le terre dello Stato della Chiesa se hanno bisogno di fortificare», come scriveva Giovanni Andrea Caligari al cardinale Giovanni Francesco Commendone l’8 novembre 1561. Affiancato da Laparelli e da altri ingegneri militari, quali il perugino Ascanio della Cornia e l’urbinate Francesco Paciotto, il «Gran Gabrio» avrebbe dedicato una particolare cura alle torri costiere del Lazio e delle Marche e alla difesa di Ostia e Civitavecchia (Promis, 1874, p. 213; Pastor, 1950, pp. 569, 618; Besozzi, 1984, p. 27).
Nominato all’inizio del 1561 cavaliere gerosolimitano, e il 21 febbraio 1562 priore d’Ungheria con un vitalizio annuo di 500 scudi, alla morte di Pio IV Serbelloni entrò al servizio del re di Spagna Filippo II, trasferendosi nel 1566 a Malta, ben presto fortificata per fronteggiare le incursioni ottomane secondo disposizioni sue e di Laparelli (Promis, 1874, pp. 215 s.; Besozzi, 1984, pp. 21, 28). Dall’agosto del 1567 fu al servizio del duca d’Alba nelle Fiandre, dove nel 1568 venne designato governatore di Anversa (Promis, 1874, pp. 219 s.; Pietromarchi, 1998, pp. 52 s.), mentre il 7 ottobre 1571 partecipò con il grado di capitano generale dell’artiglieria dell’armata navale di don Giovanni d’Austria alla battaglia di Lepanto e l’11 ottobre 1573 alla conquista di Tunisi e alla liberazione dei soldati italiani e spagnoli catturati dai turchi, sovrintendendo fino al 1574 alla costruzione del nuovo forte e finendo anche nelle mani dei nemici, che lo imprigionarono a Costantinopoli (Promis, 1874, pp. 221 s.; Iacobone, 2005, p. 229; Scalesse, 2005). Liberato grazie all’intervento del bailo veneziano Antonio Tiepolo (Promis, 1874, p. 237), nello stesso 1574 effettuò un sopralluogo alle città e alle fortificazioni della costa pugliese, esposte costantemente al pericolo ottomano, riservando una grande attenzione alla cinta muraria e «soprattutto al fronte più vulnerabile nelle città costiere che è quello di terra, con indicazioni per adeguarla attraverso l’uso di terrapieni, cavalieri, bastioni in terra» (Iacobone, 2005, p. 230). Tra l’inverno e l’estate del 1579, facendo affidamento sulla potenza di fuoco dei 50 grossi pezzi d’artiglieria giunti dall’Italia, prese parte all’assedio spagnolo di Maastricht con il duca di Parma e Piacenza Alessandro Farnese, succeduto nel settembre del 1578 a Giovanni d’Austria come governatore e capitano generale delle Fiandre e di Borgogna (Pietromarchi, 1998, pp. 96 s.).
Fiaccato da oltre mezzo secolo di campagne militari in Italia e in Europa e segnato dalla recente carneficina di Maastricht, dove nei primi tre mesi di assedio aveva visto morire oltre tremila soldati spagnoli (p. 97), Serbelloni fece ritorno a Milano alla fine del 1579, morendovi nel gennaio del 1580 (Promis, 1874, pp. 244 s.).
Identificato nel Ritratto di capitano con amorino e cane di Tiziano alla Gemäldegalerie di Kassel (Ost, 1982), dipinto alla metà del secolo e raffigurante invece con ogni probabilità Ferrante Gonzaga (Tiziano, 1990, pp. 290 s.), Serbelloni è stato effigiato da un anonimo scultore lombardo in un busto marmoreo con indosso un’elegante armatura da parata e la croce di Malta appuntata sul petto (collezione privata) e in un’incisione della celebre raccolta di biografie di personaggi illustri pubblicata da Jacob Schrenck nel 1601.
Fonti e Bibl.: C. Promis, Biografie di ingegneri militari italiani dal secolo XIV alla metà del XVIII, Torino 1874, pp. 209-211, 213, 215 s., 219 s., 221 s., 237, 244 s.; L. von Pastor, Storia dei papi dalla fine del Medio Evo, VII, Roma 1950, pp. 51 s., 80, 564 s., 567, 569, 618; C. D’Onofrio, Castel S. Angelo, Roma 1971, pp. 230-234; B. Frescucci, Gabrio Serbelloni e la fortezza di Cortona, in La Martinella di Milano, 1971, vol. 25, n. 9-10, pp. 351-354; Id., La fortezza di Cortona, Cortona 1972, pp. 5 s.; M. Fagiolo - M.L. Madonna, La Roma di Pio IV: la «Civitas Pia», la «salus Medica», la «custodia Angelica», in Arte illustrata, 1972, n. 51, pp. 383-402; Iid., La Roma di Pio IV: il sistema dei «centri direzionali» e la rifondazione della città, ibid., 1973, n. 54, pp. 186-212; H. Ost, Tizians Kasseler Kavalier. Ein Beitrag zum höfischen Porträt unter Karl V. Köln 1982; L. Besozzi, Gabrio Serbelloni nei documenti alla Trivulziana (1527-1566), in Libri e documenti, X (1984), 1, pp. 14-43; G. Zander, Gli anni di Pio IV (1559-1565), in L’arte in Roma nel secolo XVI, a cura di S. Benedetti - G. Zander, I, Bologna 1990, pp. 343-376; Tiziano (catal.), a cura di F. Valcanover, Venezia 1990, pp. 290 s.; P. Spagnesi, Castel Sant’Angelo, la fortezza di Roma. Momenti della vicenda architettonica da Alessandro VI a Vittorio Emanuele III (1494-1911), Roma 1995, pp. 38-48; A. Pietromarchi, Alessandro Farnese. L’eroe italiano delle Fiandre, Roma 1998, pp. 52 s., 96 s.; G. Toderi - F. Vannel, Le medaglie italiane del XVI secolo, Firenze 2000, II, p. 717, III, tav. 425, fig. 2251; D. Iacobone, Città e fortificazioni della costa pugliese: un itinerario militare di Gabrio Serbelloni (1566), in L’architettura degli ingegneri. Fortificazioni in Italia tra ’500 e ’600, a cura di A. Marino, Roma 2005, pp. 229-251; G.C. Romby, Dentro la Fortezza. «Artiglierie, monitioni, vettovaglie e soldati» nelle fortezze di Cosimo I dei Medici, ibid., pp. 95-110; T. Scalesse, Il forte nuovo di Tunisi (1573-1574), ibid., pp. 253-271; M. Firpo - F. Biferali, «Navicula Petri». L’arte dei papi nel Cinquecento (1527-1571), Roma-Bari 2009, pp. 273 s., 319 s.; G. Della Monaca, La presa di Porto Ercole. Orbetello e il Monte Argentario nel XV e XVI secolo fino alla fine della guerra di Siena in Maremma, Arcidosso 2010, pp. 190 s.; F. Bellini, La «Civitas Pia» e le fortificazioni vaticane di Pio IV, in Studi romani, LXI (2013), nn. 1-4, pp. 42-76.