PEPE, Gabriele
Uomo politico, soldato e scrittore, nato a Civitacampomarano (Campobasso) il 7 dicembre 1779, morto ivi il 26 luglio 1849. Suo padre, andato in esilio per cause politiche (1798), si spense di colera appena giunto a Marsiglia; suo cugino era Vincenzo Cuoco. Entrato nella milizia il 2 settembre 1791, combatté contro le schiere repubblicane francesi, quando un corpo d'esercito borbonico tentò affrontarle nello stato pontificio; fu fatto prigioniero a Velletri, ma riuscì a fuggire. Proclamata in Napoli nel 1799 la Repubblica Napoletana, il P. ne accolse i principî; durante la reazione austro-russa fu però arrestato e condotto a Castelcapuano. Scampò alla condanna di morte perché minorenne, e fu costretto all'esilio. Riparato a Marsiglia, s'incorporò nella legione italiana formatasi a Grenoble, e con l'armata del Bonaparte combatté a Marengo. Dal 1803 al 1806 visse da privato a Napoli, poi rientrò nell'esercito, dapprima sotto Giuseppe Bonaparte, poi col Murat, e, nominato capitano, fece le campagne di Spagna dal 1808 al 1811, segnalandosi per atti di grande valore. Promosso (2 aprile 1813) capobattaglione, militò nelle Marche e nelle Romagne col Murat, e dopo la tragica fine di costui, prese servizio nell'esercito borbonico. Durante la rivoluzione del 1820 fu eletto deputato, e in parlamento criticò l'andata di Ferdinando I a Lubiana. Fu partecipe del tentativo di resistenza alle truppe austriache, stroncato a Rieti, e tornata la reazione, fu arrestato e col Colletta mandato in relegazione a Bruna (Moravia), rimanendovi fino al dicembre del 1822, quando gli fu concesso di recarsi a Firenze (marzo 1823). Studioso delle discipline letterarie e storiche, stretta relazione col Capponi e col Vieusseux, pubblicò articoli sull'Antologia. Per avere in una sua interpretazione d'un passo dantesco rintuzzato il famoso giudizio del Lamartine, allora segretario della Legazione francese in Toscana, che l'Italia era "la terra dei morti", ebbe con lui un duello (19 febbraio 1826), terminato con una ferita riportata dal poeta francese, che si riconciliò subito con l'avversario, confessando lealmente il suo torto. Venuto in fama per questo episodio, il P. fu dovunque festeggiato, ed ebbe offerte d'impartire lezioni d'italiano a illustri personaggi residenti a Firenze. Il 26 settembre 1836 gli fu concesso di tornare nella sua città nativa, poi a Napoli, dove attese a studî letterarî. Durante le riforme costituzionali del 1848 fu eletto deputato; rifiutò l'offerta del Ministero della guerra, e invece accettò la nomina a generale della guardia nazionale. Arrestato dopo i fatti del 15 maggio, fu condotto a Castel dell'Ovo, ma due giorni dopo Ferdinando II ordinò fosse reso a libertà. Rieletto deputato, frequentò il parlamento fino a quando fu spenta l'ultima larva di reggimento costituzionale, e il 3 maggio 1849 si ritirò nel suo paese nativo.
Bibl.: A. Ranieri, Notizie intorno alla vita e agli scritti di G. P., Napoli 1867; M. Pepe, Elementi biografici relativi al gen. G. P., raccolti dal nipote, Campobasso 1897; A. Lumbroso, Di G. P. e del suo duello con Alf. Di Lamartine, Torino 1898; L. Ruberto, Un art. di G. P. e il suo duello con Alf. Di Lamartine, Firenze 1898; G. Olivieri, Not. su la vita di G. P. con la giunta di alcune lettere ined., Campobasso 1904; Vita di G. P., da una confer. di F. D'Ovidio, ivi 1913.