PAVERI FONTANA, Gabriele
PAVERI FONTANA, Gabriele. – Nacque a Piacenza verso il 1420 da Pietro Giovanni e da Caterina di Gregorio Lastrilli, entrambi discendenti dal ramo primogenito dell’importante famiglia dei Paveri Fontana. Ebbe due fratelli: Gregorio e Giovanna. Sposato con Caterina Pallavicini di Ravarano, ebbe da lei Celio (m. 1530), anch’egli verseggiatore e retore di qualche notorietà.
Fu allievo di Francesco Filelfo, con il quale entrò presto in durevole amicizia. Questi già in una lettera del 1461 ne parlava come di «vir diligentissimus et peritissimus Latinae linguae», a lui legato «vetere familiaritate consuetudineque» (Filelfo, 1502, cc. 131v-132r). Più tardi, nel giugno 1476, ne avrebbe caldeggiato presso il duca d’Urbino, Federico da Montefeltro, l’incarico di precettore del figlio, che così sarebbe stato affidato a personaggio «satis notus», anche perché da circa quattro lustri docente in Milano «publice oratoriam magna sua cum laude emolumentoque» (Rosmini, 1808, pp. 147-149).
Nei primi anni Cinquanta, infatti, Paveri Fontana era già magister a Milano, dove nel corso del tempo poté vantare tra i propri studenti sia altri umanisti, come Giorgio Merlani (Merula), sia vari esponenti della più alta nobiltà, quali Ottaviano Sforza, fratello del duca Galeazzo Maria, e Carlo, figlio naturale dello stesso duca. In quegli anni Paveri Fontana andava anche inserendosi, ancora sulle orme di Filelfo, nel mondo della corte milanese, nel cui contesto nel 1455 descrisse i fasti delle nozze di Tristano Sforza con Beatrice d’Este sotto forma di lettera all’oratore ducale in Venezia Antonio Guidoboni (Milano, Biblioteca Trivulziana, Trivulziano 766, cc. 49r-63r).
Anche in virtù dei propri successi accademici e di un coinvolgimento sempre più ampio nell’entourage sforzesco, nel 1462 gli fu concessa la cittadinanza milanese, grazie alla quale poté accumulare in luogo un consistente patrimonio immobiliare. Sempre in conseguenza del servizio prestato in corte, nel 1470 fu investito del feudo di Seminò, in Val Tidone. Segno di crescente considerazione appare anche un discorso tenuto nel 1471 da Alberto da Ripalta, in cui egli veniva indicato tra le più illustri figure della cultura piacentina (Antonio e Alberto da Ripalta, 1731, col. 934).
La rilevanza di Paveri Fontana è però forse legata, più che alla decennale operosità didattica e all’instancabile impegno letterario, al suo affacciarsi nella vicenda dei primordi della stampa milanese. Il 20 maggio 1472 partecipava infatti alla costituzione – insieme con Antonio Zarotto, Nicola Capponi (Cola Montano), Gabriele Orsoni e i fratelli Pietro Antonio e Niccolò Castiglioni – di due società tipografiche, rispettivamente intese all’allestimento di edizioni umanistiche e alla produzione di libri di diritto e di medicina. Sebbene nell’ambito delle due associazioni si approdasse a qualche concreto risultato, fra i quali è da annoverare un’edizione zarottiana del 1472 delle Partitiones oratoriae di Cicerone curata appunto da Paveri Fontana, esse però dovettero esser sciolte ben presto, più o meno in coincidenza con la decisione, del febbraio 1473, di espellere Cola Montano dalla compagine.
Si può immaginare in questo episodio l’origine degli attriti che l’anno seguente indussero Paveri Fontana a intentare causa a Montano con l’accusa di avere scritto e messo in circolazione epigrammi diffamatori contro di lui, dando così avvio a un processo che si sarebbe concluso con l’incarcerazione del calunniatore. Esso, in ogni caso, rimarcava la fine dell’esperienza societaria sopra richiamata, tanto da indurre Pietro Antonio Castiglioni e Zarotto, ora in solido con Marco Roma, a formare una nuova compagnia già nel marzo 1473, nella quale Paveri Fontana sembra avere avuto un ruolo sempre più defilato, sino alla definitiva liquidazione delle sue prestazioni avvenuta nel febbraio 1477.
Nel clima di incertezza politica culminato nella congiura contro Galeazzo Maria Sforza, Paveri Fontana dovette assistere a una repentina caduta delle proprie fortune e maturare l’intenzione di allontanarsi dalla capitale ducale. Probabilmente privato dell’insegnamento pubblico nel 1476, in quei frangenti, oltre a regolare, come si è visto, le proprie pendenze economiche a Milano e tentare di spostare il luogo della propria attività a Urbino, riuscì infine a farsi chiamare a Piacenza come lettore artis oratoriae. Nel 1477, inoltre, con evidenti fini di promozione personale fece uscire dalle stampe il De vita et obitu Galeacii Mariae Sfortiae, un poema in distici elegiaci composto in memoria del duca assassinato.
Presto reintegrato nel proprio rango accademico, il suo presunto schierarsi dalla parte di Ludovico il Moro, piuttosto che a sostegno della reggente Bona di Savoia, potrebbe tuttavia essere stato causa, di lì a poco, di una seconda improvvisa destituzione a vantaggio di un altro allievo del Filelfo, il parmigiano Francesco Dal Pozzo (Puteolano), da tempo in contrasto con Paveri Fontana. L’anno seguente egli tornò però in possesso dell’incarico, mantenuto poi ininterrottamente sino al 1490.
Rimasto nel frattempo tra i più fedeli seguaci di Filelfo – al punto da esercitare probabilmente un ruolo di rilievo riguardo alla conservazione del suo epistolario (Milano, Biblioteca Trivulziana, Trivulziano 733, c. 161r) – nel maggio 1481 vide pubblicata a Milano presso Antonio Zarotto la Merlanica, o Invectiva in Georgium Merlanum seu Merulam, dove, in risposta ad alcuni attacchi polemici mossi nei confronti del comune maestro, prendeva animosamente le difese di quest’ultimo, tracciandone parimenti un primo, ossequioso ritratto biografico. I modi di questo intervento, giocato sull’ormai vieto registro umanistico dell’invettiva personale, tradivano però la difficoltà di Paveri Fontana a tenere il passo con le trasformazioni che all’epoca andavano maturando nella cultura milanese: difficoltà che ancora alcuni anni dopo, entrando in nuova controversia con il Puteolano, il retore piacentino confermò ulteriormente.
Morì a Milano il 5 agosto 1490.
Ricordati nella invettiva contro Merula, furono di Paveri Fontana anche alcuni inediti Commentaria in Horatium e le Grammaticae fontes (s.n.t., e di incerta attribuzione, forse Gabriele di Pietro, forse Antonio Zarotto, più probabilmente 1477 o 1478), collegate al ruolo di precettore che egli svolse per gli Sforza. Variamente attestati, ma irreperibili, sono inoltre un «librazolo» di versi dedicati a Gaspare Vimercati (Mazzatinti, 1883, pp. 57-59) e una traduzione del De educatione liberorum di Maffeo Vegio.
Si è invece conservato il manoscritto di un Epithalamion seu oratio in nuptiis Helisabethae Borrhomeae et Francisci Lampugnani composto attorno al 1474 (Milano, Biblioteca Ambrosiana, Ambrosiano T 20 sup., cc. 86r-94r). È controverso, infine, se egli si fosse impegnato anche in un commento alle Eroidi di Ovidio (Sassi, 1745, coll. 187-189).
Fonti e Bibl.: Milano, Biblioteca Trivulziana, Trivulziano 766, cc. 49r-63r; Trivulziano 733, c. 161r; Milano, Biblioteca Ambrosiana, Ambrosiano T 20 sup., cc. 86r-94r; F. Filelfo, Epistolarum familiarum libri XXXVII, Venezia 1502, cc. 66r, 115v, 131r-132r, 225r-256v; Antonio e Alberto da Ripalta, Annales Placentini, in R.I.S., XX, Milano 1731, col. 934.
B. Corio, L’historia di Milano volgarmente scritta, Venezia 1554, pp. 422 s.; G.P. Crescenzi, Corona della nobiltà d’Italia, I, Bologna 1639, p. 479; P.M. Campi, Dell’historia ecclesiastica di Piacenza, II, Piacenza 1651, p. 196; M. Mattaire, Annales typographici ab artis inventae origine, I, Den Haag 1719, p. 763; G. Sassi, Historia typographico-literaria Mediolanensis ab anno 1470 usque ad annum 1500, in F. Argelati, Bibliotheca scriptorum Mediolanensium, Milano 1745, coll. 83, 96, 100, 187-189, 224 s., 237-238, 322, 477-452, 574; G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, VI, 2, Modena 1776, pp. 298 s.; C. Poggiali, Memorie per la storia letteraria di Piacenza, I, Piacenza 1789, pp. 36-47; I. Affò, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, II, Parma 1789, p. 295; C. Rosmini, Vita di Francesco Filelfo da Tolentino, Milano 1808, I, p. VII; II, pp. 385 s.; III, pp. 14, 42, 50, 131, 147-149; C. Castellani, Notizie di alcune edizioni del sec. 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